Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: grietwriters    06/02/2014    6 recensioni
Il giorno più brutto è stato quando mi ha chiesto di tagliarle i capelli.
Le continue chemio la indebolivano, e non aveva più le forze di fare qualcosa, così, armatami di rasoio elettrico, avevo obbedito.
Era strana senza la sua chioma di ricci a contornarle il viso.
Quella notte avevo pianto tanto perché stavo iniziando a realizzare che il suo tempo a disposizione era poco.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
13 Settembre 2009
 
Da oggi sono ufficialmente  una liceale.
Niente più compitini semplici o autori accennati, da quest’anno si studia tutto più approfonditamente.  Niente più solite facce, ho l’opportunità di ricominciare tutto dall’inizio.
Tre mesi fa ho concluso le scuole medie e, per il lavoro di mio padre, ci siamo trasferiti in un’altra città. Per tre anni non ho avuto amicizie, tutti mi evitavano senza un motivo valido. Nessuno mi ha mai rivolto la parola, nonostante ho provato a fare amicizia con qualcuno.  Sono sempre stata sola, e questo mi ha permesso di avere una media alta perché, dato che stavo sempre in casa, ho sfruttato il tempo per studiare. Infatti sono stata l’unica ad esser uscita con la media del dieci e lode.
Ma da quest’anno voglio cambiare vita. Ho deciso che farò amicizia in questa nuova scuola continuando, ovviamente, a tenere la mia solita media.
Quando papà mi aveva detto che ci saremmo trasferiti in una nuova città ero la ragazza più felice del mondo.
Diciamo che l’ha fatto più che altro per me. Sapeva qual era la situazione con i miei coetanei, cioè che non avevo rapporto con nessuno, e quindi ha cercato in tutti i modi di cambiare ufficio, riuscendoci.
Io e lui abbiamo lo stesso carattere. Mi ha fatto appassionare ai grandi del rock trasmettendomi un amore infinito per la musica ma soprattutto per la poesia.
 Lui è insegnante di letteratura all’università. Mi ha spiegato sin dai tempi delle elementari di come funziona la vita.
-Ci sono sempre dei problemi, di quelli-mi ha detto- non ci libereremo mai-
Ed aveva ragione. Anche lui alla mia età ha passato momenti di solitudine e depressione, ma col tempo ha capito che non doveva piangersi addosso, fino a quando alla fine del liceo ha dato una svolta alla sua vita. Ha accantonato tutte le sue debolezze e ha iniziato a riprendersi poco a poco, finché non ha conosciuto mia madre.
Era al suo ultimo anno di liceo, e mi racconta sempre che fu lei che a cambiare qualcosa dentro di lui, spronandolo a vivere il momento e non pensare al futuro. E da lì mio padre ha ripreso a vivere.
Per me è stato sempre un modello da seguire, per questo con lui ho il classico rapporto padre-figlia con la differenza che lui non mi dice : “Sei la mia principessa” ma “Sei la mia camionista”
Lo so, è un nomignolo un po’ strano, ma dopo essere cresciuta in mezzo a tre maschi sono sempre stata abituata ad atteggiarmi come loro.
 Le ragazze le odio: troppo principesse, troppo rosa e fucsia, troppe cose confettose. E’ una cosa rivoltante. Sin da piccola ho avuto ribrezzo per i giochi femminili come bambole e quant’altro; ho sempre avuto a che fare con playstation, o macchinine. Tutte le bambine mi vedevano come  un maschiaccio e anche io mi ritenevo tale e forse è stato proprio questo il motivo per cui mi sono sempre sentita diversa rispetto ai miei compagni.
Con i continui insulti del tipo : “Sei proprio un maschio” “Esistono le gonne” “Guardati che strana che sei non voglio essere tua amica”  la mia autostima non ha mai avuto un inizio o una fine, non è proprio esistita. Per questo sono sempre stata insicura e debole, tanto da prendermi insulti fino a qualche mese fa.
Solo una è la persona che nonostante la mia “diversità” non mi ha mai abbandonata , cioè la mia migliore amica Serena, per il semplice fatto che anche lei è come me. Da subito c’è stata intesa tra di noi, dalle elementari fino adesso.
Sfortunatamente però, per colpa del mio trasferimento non ci vediamo più come prima, anzi, non ci vediamo proprio più tranne quando tutte le sere ci sentiamo tramite webcam. Ci siamo promesse di non perderci di vista neanche a centinaia di kilometri di distanza.
E’ come se fosse la sorella che non ho mai avuto.
Ho solo due fratelli più grandi e sono la più piccola della famiglia, ma questo non mi è mai dispiaciuto, sono sempre stata coccolata da tutti. Ho un bellissimo rapporto con la mi famiglia, non hanno mai fatto niente senza prima interpellarmi e chiedere cosa ne pensavo. Ho sempre voce  in capitolo per tutto, non mi hanno mai fatto mancare niente, ho sempre il loro supporto in tutto ciò che faccio.
 
Da oggi voglio cambiare come persona. Ma non per indossare una maschera e diventare quello stereotipo di ragazza di oggi. No, sarebbe troppo per  me. Voglio semplicemente farmi degli amici e non nascondermi nei bagni per scappare dai numerosi insulti.
Voglio prendere esempio da mio padre, non sono mai stata positiva per qualcosa, ma è il momento di dare una svolta in tutto e non chiudermi a riccio.
 
 
 
 
20 Novembre 2009
 
Due mesi.
Sono passati due mesi dall’inizio della scuola. Due mesi di inferno. Tutte le aspettative che mi ero prefissata sono andate a puttane già dal secondo giorno di scuola.
Ho provato a fare amicizia con qualcuno, ma nella mia classe provengono tutti dalla stessa classe delle medie, e sono tutti formati in gruppetti che mi hanno esclusa sin da subito.
Hanno iniziato a sparlare alle mie spalle, e qualcuno anche a prendermi in giro.
No, no, no! La storia si ripeteva, non volevo. Stavano accadendo le stesse cose.
Ma ho capito che non avrei potuto far nulla.
Per questo non ho fatto amicizia con nessuno, anche qui nessuno mi vuole come amica.
In classe sto sempre all’ultimo banco per i fatti miei e nessuno mi pensa. Mi sento così inutile e ridicola. Come ho potuto pensare che sarei cambiata? C’è qualcosa che non va bene in me. Sono io quella sbagliata, non gli altri.
 Il mio destino è quello di rimanere sola. Nessuno mi può capire. Ora come ora ho solo bisogno di Serena. Per colpa dello studio non ci sentiamo neanche spesso. Tra l’altro lei non sta neanche bene, non si sa di preciso cosa abbia ma è quasi un mese che  non fa altro che tossire, e ogni due settimane le sale sempre la febbre.
Sono andati più volte in ospedale per capire di cosa si trattasse ma nessun medico è riuscito a trovare una risposta. Ha dovuto perfino abbandonare la scuola perché non è più cosa continuare in quelle condizioni.
Per la settimana prossima sono riuscita a prenotare un biglietto del treno e la vado a trovare.
Come mi sento inutile.
Come vorrei starle accanto, farle sapere che andrà tutto bene, dirle che io ci sono e ci sarò sempre, che non l’abbandonerò mai. Proprio come mi sento io, da sola in quella stupida nuova città.
Abbandonata.
Mio padre che inizia a non essere più tanto presente in casa per colpa del lavoro che diventa sempre più impegnativo. E la sua mancanza si sente, perché la sera non ricevo più il suo bacio della buonanotte che per quanto infantile possa sembrare per me non lo è affatto. Mia madre, invece, non si prende neanche la briga di cercare un minimo di lavoro. Molte volte la vedo che esce e ritorna solo dopo un paio d’ore. E io, per due ore, sto sola, senza sapere dove va, ma io una vaga idea già c’è l’ho. Da quando ha l’amante non si vede più in giro.
Non ho mai avuto  rapporto con lei, forse perché è il classico stereotipo di persona che non si degna neanche di sapere se la mia vita è ok.  È come se una madre non ce l’avessi, anzi, cerco di autoconvincermi di essere uscita dall’uovo di Pasqua. Mi è indifferente la sua presenza.
L’indifferenza è peggio dell’odio a parer mio.
Tanto ho mio padre che compensa, anche se non vederlo più come prima mi distrugge.
 
 
 
 
 
8 Giugno 2010
La scuola è finita, l’estate è cominciata, e io la trascorrerò chiusa in casa perché non ho amici.
Questo è stato uno degli anni più infernali di tutta la mia vita scolastica.
Più volte mi sono ritrovata a pensare che se non mi fossi trasferita forse sarebbe stato meglio.
Non è cambiato nulla dagli anni precedenti. A scuola mi ignorano, i miei fratelli sono in giro per il mondo, mia madre non so più com’è fatta per la sua continua assenza, e mio padre continua a lavorare tanto.
Forse l’unica nota positiva in tutto ciò c’è.
Da quando mio padre si è deciso, grazie a non so quale grazia divina, di chiedere il divorzio da mia madre avremo la casa unicamente per noi due.  Sì, sono contenta che si separino, perchè era diventata un’agonia sentirli tutti i giorni litigare per ogni minima fesseria. E poi non la vedrò più, non che prima fosse diverso, ma mi si alleggerisce il cuore sapere che non condivideremo neanche più lo stesso tetto!
Anzi, forse cambierò proprio tetto.
Sì, papà ha richiesto nuovamente il trasferimento in un’altra città. E ricominceremo da zero anche questa volta.
Ma non ho intenzione di provare a fare amicizia. Si sa che non andrà a finire bene e io starò nuovamente male e depressa, per cui lascerò passare l’estate a poltrire nel letto e cazzeggiare come sempre sul computer.
Magari potrei iniziare a scrivere qualcosa.
 
 
 
 
 
24 Novembre 2010
 
Altro anno, altra vita.
Questa nuova città è migliore rispetto a quella precedente.
Questa volta ho avuto il permesso di scegliere io la meta.
Firenze.
La città che mi ha sempre attirata artisticamente  e, soprattutto, culturalmente.
Sì, da quando ho intrapreso storia dell’arte al liceo me ne sono totalmente innamorata. Al di là della scuola ho fatto ricerche più approfondite su tutto.  Ho trovato rifugio in qualcosa che non sia la lettura. Devo pur cambiare, no?
Sono successe numerose cose nel corso di questi mesi.
I miei sono in trattative di separazione e ho conosciuto nuove persone.
Con l’ingresso nella nuova scuola ho conosciuto un ragazzo, Francesco, che mi ha introdotto nel suo gruppo  di amicizie. Diciamo che non è la compagnia che ho sempre desiderato, ma meglio di niente.
È stato facile fare amicizia con lui, anzi a dir la verità è stato lui a fare amicizia con me. Ero sempre sola, fin quando non si è avvicinato iniziando a chiacchierare, e siamo finiti a scoprire che abbiamo gli stesso gusti musicali e in un certo senso mi piaceva.
 Da allora ho conosciuto i suoi amici, tipi alternativi quanto lui, e mi ci sono trovata a mio agio da subito. Persone rifiutate dalla società, come me, che si sentono nullità e che preferiscono vivere sfruttando tutto ciò che la vita può offrirli.
E da quando esco con loro sono cambiata notevolmente. Ho iniziato anche a fumare.
La mia media non è mai diminuita, sono comunque la prima della classe, nonostante i professori non mi abbiano considerata una brava ragazza solo per il mio aspetto esteriore.
Mi sono anche fatta un piercing. Beh, forse più di uno, ma questo è irrilevante.
Esco quasi tutte le sere per vedermi con questi nuovi amici. Li posso definire tali? Condividiamo le stesse passioni, abbiamo gli stessi problemi. Figli abbandonati dai genitori, con la paura di non vivere abbastanza. Per la prima volta forse mi sento felice.
Ma lo sono?
 
 
 
 
 
13 Gennaio 2012
 
Leucemia.
Tumore.
Cancro.
Chiamatela come volete, ma è questo ciò che hanno trovato a Serena.
-Tesoro, ho parlato con la mamma di Serena. Ha la leucemia-
Ero appena tornata a casa dopo la solita uscita serale con i miei amici e queste erano state le ultime parole dette da mio padre prima che corressi di nuovo fuori casa.
Non ho capito più niente e sono scappata via da tutti.
Non voglio vedere nessuno.
Non voglio sentire nessuno.
Voglio solo stare sola.
La mia migliore amica ha il cancro, uno dei peggiori. A soli sedici anni.
Sopravvivrà? Morirà?
Sto camminando da ore per le strade della periferia della città non sapendo dove andare.
Negli ultimi anni la sua situazione è andata sempre peggiorandosi. Era sempre stanca e affaticata. Dormiva spesso, e nessun dottore è mai riuscito a dare una risposta concreta, fino ad ora. Sapevo che circa un paio di settimane fa era andata a Nizza con la madre all’ospedale di oncologia per una cura più dettagliata e capire cosa cazzo potesse avere.
La rivedrò di nuovo? Non mi basta una fottuta web per sapere che respira ancora, ho bisogno di toccarla, di rassicurarle che io ci sono e ci sarò sempre. Lei è il mio angelo, la persona che mi è sempre stata vicina. Non voglio che se ne vada via.
Perché cazzo sto supponendo che morirà? No, non morirà. Farà le cure giuste e vivrà e realizzeremo i nostri sogni, quelli che sin da piccole progettiamo, fine della storia.
 
Non mi interessa quanto lontane possiamo essere, la devo raggiungere.
Devo sapere se sono gli ultimi mesi della sua vita, e non li deve passare lontana da me. Dobbiamo restare unite e combattere. Sì, combatterò io per lei.
Mi accendo l’ennesima sigaretta nel giro di un paio di ore per colpa del nervosismo. Devo calmarmi, o la mia rabbia prenderà il sopravvento.
Appena decido di ritornare finalmente a casa, la chiamo.
Uno, due, tre squilli. ‘rispondi cazzo’.
-Pronto?- Dall’altro capo, non è la voce che mi aspettavo.
-Salve, c’è Serena?-
-Adesso sta dormendo, appena si sveglia se vuoi ti faccio richiamare cara. Te l’ha detto tuo  padre?
Che domande da idiota, ovvio che me l’ha detto.
-Sì, okay anche se si sveglia alle due di notte, mi faccia chiamare la prego. Buonasera.
E senza dire né a né o chiudo la telefonata incazzata e nervosa come sempre nell’ultimo periodo. Perché doveva capitare tutto a me? Ho bisogno di distrarmi.
 Mando un messaggio a Francesco e la risposta non tarda ad arrivare.
Quando dopo mezz’ora bussa alla porta di casa mia gli dico apertamente che voglio ubriacarmi e lui, senza chiedermi il motivo, acconsente.
Diciamo che in questi due anni lui è stato una specie di fratello. Non è mai impiccione, non mi ha mai chiesto niente, semplicemente mi ascolta. Una specie di psicologo, ma odio usare quell’appellativo, per cui lo definisco semplicemente il mio migliore amico.
 
Siamo seduti sulla solita panchina del parco abbandonato in periferia, con tre o quattro bottiglie di vari liquori. Dopo aver fumato e parlato un po’, scoppio a piangere e lui mi accoglie come sempre tra le sue braccia, rassicurandomi di stare tranquilla per qualsiasi cosa sia successa.
E io ringrazio il signore di avere almeno lui.
 
 
 
 
 
3 Maggio 2012
 
Serena tende solo a peggiorare. Sono tre settimane che sto a casa sua per starle vicino, e distrarla dalle continue cure che fa, dai continui dottori che le fanno visita.
Il mio letto è proprio vicino al suo, ma è sempre perfetto e immacolato perché la notte dormo con lei, carezzandole i capelli, abbracciandola forte e odorando  il suo profumo  per non scordarlo mai.
La mattina, quando i suoi genitori sono a lavoro, le leggo sempre qualcosa dai libri di scuola, per farle sapere cosa si perde. Sì, lei ama la scuola come, soprattutto la storia. Si diverte quando insceno qualche battaglia degli antichi, giusto per farla ridere. Ne ha bisogno dopotutto, e anche io.
Oppure, la delizio con qualche poesia che ho iniziato a scrivere, chiedendo un suo parere, oppure le scriviamo insieme.
Progettiamo la nostra vita dopo il liceo. Ci vediamo noi, nel nostro appartamento disordinato che ci godiamo la vita da indipendenti.
Ma forse non ci sarà mai un noi, solo un io.
 
 
Il giorno più brutto è stato quando mi ha chiesto di tagliarle i capelli.
Le continue chemio la indebolivano, e non aveva più le forze di fare qualcosa, così, armatami di rasoio elettrico, avevo obbedito.
Era strana senza la sua chioma di ricci a contornarle il viso.
Quella notte avevo pianto tanto perché stavo iniziando a realizzare che il suo tempo a disposizione era poco.
Un barlume di speranza era riapparso quando il dottore, trasferitola in ospedale, aveva informato la madre di una possibile operazione al midollo osseo. Ma aveva avvertito che sarebbe potuta andare bene, ma anche male.
Lei aveva acconsentito e le mie preghiere erano state infinite.
Dopo due settimane dall’operazione è morta.
E io con lei.
   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: grietwriters