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Autore: Naky94    07/02/2014    5 recensioni
Ci pensa su per un po’ McCoy, prima di arrivare alla verità.
“Oh, No. Jim non possiamo andare in plancia.” Ammette tristemente.
Elle...” sussurra un’ultima volta il cucciolo prima di iniziare a piangere sommessamente.
“Oh e va bene, andiamo in plancia” si arrende Leonard, ma già sa che se ne pentirà.
(Post "A Spasso per l'Enterprise")
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Spock, Un po' tutti | Coppie: Kirk/Spock
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Le Avventure di JJ & Co - Spin Off'
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Note1: Questa storia segue temporalmente “A spasso per l’Enterprise”.
Spero che vi piaccia così come vi sono piaciute le altre due già pubblicate. Mi scuso per eventuali errori ma la fic non è betata e per quante volte potrei rileggerla, qualcosa mi sfuggirà sempre, purtroppo.
Buona lettura!

 

 

 
A Nicoletta.
Che non crede mai in se stessa ma è una persona fantastica.
Ti voglio bene!

 

 

 
Il Compleanno

 
Rottura del femore destro, stabilisce McCoy davanti alla parete luminescente su cui è affissa una radiografia.
E’ un dottore vecchio stampo lui e delle volte gli piace riscoprire quei vecchi e rudimentali metodi medici che ormai sono stati superati da secoli.
Si allontana dalla parete e raggiunge il cadetto disteso sul bio-letto.
“Sei fortunato che una scheggia d’osso non abbia reciso l’arteria femorale, o saresti morto dissanguato. Fortunatamente si risolverà tutto in un paio di giorni di gesso auto-riparante.” Spiega, per poi prendere l’occorrente per la medicazione.
“Un paio di giorni?” urla il cadetto Hurts, “io non li ho un paio di giorni, devo tornare in servizio.”
Leonard guarda il giovane cadetto con fare annoiato.
“Secoli fa avresti avuto un fermo di svariati mesi, non giorni. Ritieniti più che fortunato.” E  spruzza il gesso sulla gamba rotta del ragazzo.
“Posso sapere come ti sei rotto questa gamba?” chiede, non è da lui farsi gli affari degli altri, ma non riesce a immaginare come ci si possa rompere un femore su una nave stellare.
“Io... io..” balbetta il ragazzo con fare incerto. “Io stavo svolgendo una missione altamente pericolosa per il capitano.” Dice fieramente.
“E da quando il capitano affida missioni altamente pericolose ai cadetti? Senza considerare che il suddetto capitano al momento è nella sua culla a dormire, essendo, non si sa come,  diventato improvvisamente un poppante?!”.
McCoy vede la faccia del ragazzo farsi sempre più paonazza. E’ appena stato beccato a mentire da uno degli uomini più importanti della nave.
“Io, bhe.... veramente....” sussurra il cadetto, con fare incerto. “Avevo finito il turno e con altri amici eravamo in sala ricreazione a rilassarci. Non so come, siamo finiti a fare uno stupido gioco. Dovevamo saltare tutti insieme sui tavoli e chi rimaneva fuori doveva fare una penitenza. Durante il gioco ho messo un piede in fallo e son caduto, rompendomi la gamba.”
Ma son giochi da fare questi? Si chiede il dottore.
Ah questi giovani d’oggi! Sospira e, finita la medicazione, lascia il ragazzo sul bio-letto.

 
Finito il giro di visite, Leonard si ritira nel suo studio.
Non vede l’ora di poter sbarcare sulla Terra, sebbene sappia che una volta sbarcati inizierà per lui un periodo di fuoco.
Vorrebbe poter riabbracciare subito sua figlia, ma non sa se la sua ex-moglie glielo lascerà fare. E poi, come spiegarle di Jim? Deve inventarsi qualcosa. Ma intanto non può far altro che aspettare e prendere la situazione per come verrà.
Lo squillo di una comunicazione lo risveglia dai suoi pensieri.
“Qui infermeria, parla McCoy, cosa c’è?”.
“Dottore sono Christine, il capitano vorrebbe vederla.” La voce della Chapel gli ricorda che non può fermarsi nemmeno un attimo per pensare a se stesso. C’è sempre qualcun altro a cui badare.
“Grazie per avermi informato, arrivo subito.” Risponde, ma la Chapel riprende a parlare prima che lui possa chiudere la conversazione.
“Dottore non si scomodi, porto io il capitano da lei.”
“Grazie infermiera” e chiude la chiamata.
Per fortuna, ogni tanto, c’è qualcuno che gli facilita il lavoro.
Qualche minuto dopo Christine entra con in braccio Jj. Appena il piccolo vede l’amico inizia a sbracciarsi per essere preso da lui.
Leonard sorride dolcemente e prende il bimbo con se.
“Ciao Jim.” Dice sorridendo.
“Boo!” urla il piccolo, per poi abbracciare il medico.
“Allora, cosa vogliamo fare oggi? I capricci?” non si è comportato bene negli ultimi giorni Jj.
Non è più scappato dalla sua stanzetta, ma ha fatto i capricci per dormire o mangiare e ogni volta è sempre un terno al lotto capire cosa vuole.
“Elle” dice il bimbo sorridendo.
“Elle cosa, Jim?” che si sarà inventato questa volta? Si chiede il dottore.
“Elle, elle, elle!” urla Jj.
McCoy è ancora lì che tenta di decifrare il nuovo codice del piccolo quando ha l’illuminazione.
Cos’è la cosa che più di tutto piace a Jim? Le stelle, ovvio.
“Ah stelle. Va bene, allora andiamo al punto di osservazione.” Concede il dottore.
“Tiiii elle!” grida il piccolo e poi batte le manine tutto contento.

 

 
Il punto d’osservazione, è una saletta ricreativa in cui una grande vetrata permette di guardare le stelle che L’Enterprise solca.
Quando Leonard e Jim vi arrivano, nella sala ci sono poche persone che chiacchierano sui divanetti di cui la stanza è fornita.
Tutto sommato c’è silenzio e questo a Jim non piace.
“Eccoci qui Jim, davanti alle tue amate stelle” dice il dottore, facendo girare il piccolo verso il vetro.
Ma Jj non è per niente contento della cosa. Si volta verso l’amico e col faccino corrucciato pigola.
“Boo, elle!”.
Leonard guarda il bambino, non riuscendo a capire perché sia scontento.
“Jim ma sono qui le stelle, guarda” e punta un dito verso l’esterno della nave.
“Nooo, elle!” Jj dice solo questo, prima di accoccolarsi sull’amico, dando le spalle al vetro.
Leonard rimane stupito. E’ inusuale che Jim reagisca in questo modo, gli verrebbe da dire, quasi, illogico.
Ci pensa su per un po’ McCoy, prima di arrivare alla verità.
“Oh, No. Jim non possiamo andare in plancia.” Ammette tristemente.
“Se ti porto lì a Spock verrà un altro infarto” cerca di scherzare.
Spock non ha mai posto vieti su questa cosa, ma McCoy sa che se Jim fosse in plancia Spock sarebbe distratto dalla sua presenza.
“Booo, elle.” Piagnucola il lattante, ancora sulla sua spalla.
“Ma perché mi devi mettere sempre nei guai, anche qui hai le stelle, cosa ti cambia?” Leonard sa che Jim non potrà mai rispondere a questa domanda. E non perché sia troppo piccolo per farlo, bensì perché non ci sono parole per spiegare l’attaccamento di Jim per la plancia.
“Elle...” sussurra un’ultima volta il cucciolo prima di iniziare a piangere sommessamente.
“Oh e va bene, andiamo in plancia” si arrende Leonard, ma già sa che se ne pentirà. Non riesce a sopportare di vedere Jj piangere.
Il piccolo si calma istantaneamente e dopo aver tirato su col naso un paio di volte si accoccola ancora più stretto sul collo dell’amico e sussurra “Gatie”.
E questo, fa sciogliere definitivamente il cuore di Leonard.

 
Il tragitto dal punto d’osservazione alla plancia richiede una decina di minuti. Minuti durante i quali Jj non fa altro che pensare alle lucine colorate e il morbido della sedia in cui gli piace tanto sedersi.
E’ stato una sola volta in plancia, quando è scappato dalla sua stanzetta, ma quell’unica volta gli è bastata per capire che quello è il suo posto preferito.
Ci sono tante persone colorate tutte diverse, tanti suoni divertenti e quel calduccio che lo fa sentire al sicuro. E poi ci sono le stelle, che non smettono mai di stupirlo e affascinarlo.
L’unica volta che ha visto le stelle dalla plancia ne era  rimasto ipnotizzato, e ora vuole provare la stessa emozione.
Quando, infine, la porta della plancia si apre la prima cosa che Jim vede è proprio lo schermo dietro al quale sfilano le stelle.
“Elle!” grida tutto eccitato, facendo girare tutti i presenti verso di lui.
McCoy, lieto che il bimbo sia finalmente felice si dirige alla sedia del comando per farlo accomodare lì e bloccarlo con le cinghie.
Sa che da un momento all’altro Spock salterà fuori per lamentarsi.
“Dottore, potrebbe spiegarmi perché lei e il capitano.....” ma McCoy non lo lascia finire.
“E’ colpa sua” dice, indicando il piccolo, già intento a guardare le stelle.
“Io ho provato a dirgli che non potevamo venire, ma ha insistito tanto, così...” tenta di giustificarsi.
“Dottor McCoy sa benissimo che questo non è il posto adatto ad un bambino, per tanto la prego di...” ma ancora una volta il vulcaniano viene interrotto.
“Si, certo. Ci provi lei a dirgli che non può stare qui, e quando ci sarà riuscito mi faccia un fischio.” Dice sprezzante, già sapendo che Jj non si farà convincere tanto facilmente.
Il primo ufficiale rimane in silenzio, cercando di trovare le parole giuste per convincere il capitano ad andare. Quando è convinto di averle trovate, parla.
“Capitano, mi ascolti” e aspetta che il piccolo si giri verso di lui.
Jim alza, per la prima volta quel giorno, gli occhi su di lui e poi chiede “Pok?”
Il vulcaniano tenta di ricominciare a parlare, ma quando vede quelle due pozze color dell’oro fissarsi su di lui, gli manca il coraggio.
“No, niente” sospira, permettendo al piccolo di tornare a guardare le stelle.
McCoy guarda tutta la scena con un sorrisetto tra l’intenerito e il beffardo.
“Va bene, può rimanere” dice Spock. “Ma per quando inizieranno le operazioni di sbarco, dottore lei dovrà essere qui.”.
“Uh, si certo. Va bene. Ora, se permettete avrei dei pazienti da controllare.” Fa per andarsene dalla plancia quando, improvvisamente, si ferma in mezzo alla stanza e dice.
“Ehi, statemi a sentire tutti. Ho avuto una stupenda idea. Una volta tornati a casa, festeggeremo il compleanno di Jim. Una festa in pieno stile, con tanto di torta e regali. Chi ci sta?”.
Subito un chiacchiericcio febbrile si alza sulla sala. Sono tutti entusiasti della cosa.
Passano svariati minuti a mettersi d’accordo su dove fare la festa e quando, ma durante quel tempo Spock si tiene in disparte.
McCoy accorgendosi del comportamento dell’amico, chiude la conversazione ricordando.
“E mi raccomando, nessuno dimentichi i regali. Nessuno escluso, intesi?” tutta la plancia rimane in silenzio, aspettando.
Ma quando nessuno parla, Leonard preferisce andare via, sa che le sue parole sono arrivate a destinazione.
Uscito il dottore, Spock si ferma un momento a pensare.
Anche non considerando che i vulcaniani reputano illogico ricevere e fare regali, cosa potrebbe mai regalare a Jim?
Si gira, un attimo, ad osservare il piccolo. Jj é intento ad osservare le stelle, come sempre.
Eppure, é proprio lo sguardo di Jim catturato dalla bellezza di ciò che vede, che gli da un’idea.
E, per una volta, non la trovava nemmeno tanto illogica.

 

 

 
Jj é davanti l’enorme schermo su cui sfrecciavano le stelle. In barba alle raccomandazioni di Leonard, che gli aveva ordinato di non muoversi dalla sedia, lui é sceso da essa e, gattonando, si é avvicinato allo schermo.
Ma ha un buon motivo, le stelle hanno qualcosa che non va!
Jim aveva avuto tutte le intenzioni di obbedire a Len, poi però gli uomini colorati avevano cominciato ad agitarsi, Pok aveva detto qualcosa che lui non aveva capito e le sue adorate stelle si erano trasformate in delle strisce blu che si alternavano al bianco e al nero fuori lo schermo.
Decise, quindi, di avvicinarsi e di controllare di persona.
Arrivato davanti allo schermo, si alza sulle ginocchia e batte una mano paffuta sul vetro.
Spera che questo basti a far tornare tutto come prima, ma non cambia niente.
Frustrato, riprova a picchiare un po’ più forte il vetro, ma ancora niente.
Scoraggiato, si lascia cadere seduto, borbottando un “Butte elle. Cattive elle.” Per poi mettere il broncio.
Non gli piacciono le scie blu, nient’affatto. Preferisce di gran lunga quei grumi multicolori o gialli, che punteggiano il nero dell’universo.
Mentre é ancora lì che se la prende con le stelle cattive, si sente prendere da sotto le spalle e alzare verso l’alto.
Temendo che qualcuno lo possa allontanare da lì inizia a scalciare e dimenarsi, urlando. “No, no, no, no!” ma quando finalmente il movimento finisce, lui va a scontrarsi contro una maglia azzurra molto familiare.
“Pok?” chiede confuso. Perché l’amico puffo lo ha fatto spostare?
“Capitano, il dottore non le aveva detto di rimanere sulla sedia?” chiede il primo ufficiale, con una leggera vena di rimprovero nella voce.
Il piccolo sorride innocentemente e poi girandosi verso lo schermo e indicando col braccino le stelle dice.
“Elle cattibe.”
Spock guarda il bambino per poi dirgli. “Le stelle sono sempre le stesse, siamo noi che stiamo andando a curvatura.”
Il vulcaniano vede lo sguardo del piccolo farsi confuso.
“Cu... cuba.... cubaura?” chiede stranito.
“Si, vede...” ma vuole veramente mettersi a discutere con un poppante di curvatura e accelerazione? Spock ci pensa per qualche attimo, per poi decidere che intraprendere quella discussione porterebbe solo ad un’inutile spreco di tempo.
“Comandante siamo arrivati, preparo nave a uscire di curvatura?” comunica Chekov.
“Si tenente, proceda” ordina Spock con ancora il bambino in braccio.

 
Quello che Jj vede poco dopo, lo stupisce enormemente. Le scie colorate rallentano progressivamente, fino a lasciare il posto ad un’enorme sfera colorata d’azzurro e verde.
A Jim quella strana apparizione sembra un trucco di magia e si ritrova ad applaudire tutto contento ed eccitato.
“Quella, capitano, è la Terra, suo pianeta natale e casa.” spiega il vulcaniano.
“Cata? Cata Pok?” risponde Jim innocentemente.
“Si, è casa sua.” Conferma Spock, ma, purtroppo non ha colto il vero senso della domanda.
“Noo” pigola Jim, guardando il vulcaniano. Si gira verso la Terra e indicandola, dice “Cata” poi si gira verso l’amico, appoggia una manina sul suo petto e chiede “Pok?”. *
Finalmente il primo ufficiale capisce cosa vuole chiedere il piccolo e quindi risponde.
“No, quella non è casa mia. La mia casa è su un altro pianeta.”
Jj sente mancargli un battito a quella risposta e non può fare a meno di accoccolarsi sul torace del primo ufficiale e chiudere per un breve momento gli occhi.
Non sa perché, ma ha una gran brutta sensazione. **

 

 
°  °  ° 

 
L’atmosfera in casa McCoy è allegra.
Nyota e Janice sono arrivate un paio d’ore prima di quanto pattuito con Leonard per aiutarlo a preparare il cibo. Un buffet è la scelta più indicata per sfamare una trentina di persone.
Pavel intrattiene Jj facendogli fare l’aeroplanino e tutti gli altri chiacchierano tra di loro sorseggiando dai loro bicchieri.
Un pezzo jazz, diffuso dall’impianto stereo, fa da sottofondo alle chiacchiere, mettendo tutti a proprio agio.
L’unico che non si sente del tutto a suo agio è Spock. Il vulcaniano non riesce, del tutto, a comprendere cos’è che lo disturba.
E’ dalla mattina che si sente strano. Si era svegliato con un vago senso in inquietudine a cui non aveva saputo dare una spiegazione.
Era del tutto illogico, per lui, provare quello stato d’animo, in quel momento. Le uniche volte in cui si era sentito inquieto, prima d’ora, erano state tutte sull’Enterprise, in missione o su qualche pianeta pericoloso.
Ora, però, era sulla Terra, un pianeta sul quale regnava la pace ormai da secoli.
Non aveva proprio niente di cui preoccuparsi, eppure non poteva fare a meno di sentire un leggero peso gravargli sul petto.
Aveva cercato di ignorare quel fastidio per tutto il giorno, ma poi era arrivato alla festa e il “malessere” si era accentuato.
Ancora una volta si era ritrovato ad analizzare quanto accadeva intorno a lui. Non c’era nessun pericolo in vista, stavano tutti bene e sembravano anche divertirsi.
Spock si avvicina alla finestra, sorseggiando il suo bicchiere di acqua. Alza lo sguardo verso il cielo e rivolge i suoi pensieri all’Enterprise.
Le modifiche che ha richiesto sono pronte, ha anche avuto il tempo di testarle e tutto si è svolto al meglio.
Si volta a guardare i suoi compagni e li vede intenti in chiacchiere che lui fatica a comprendere. Sembra che gli umani, durante le feste, si divertano a parlare di sport, tempo, vacanze e altre cose che lui stenta a trovare utili.
Guarda tutti con attenzione minuziosa e si sorprende nel constatare che quasi nessuno si preoccupa di essere guardato.
Gli sembra di essere tornato ai tempi in cui studiava su Vulcano e tutti i suoi simili, o almeno quelli che lui considerava tali, tendevano ad evitarlo.
Lo sconforta constatare che, scesi dall’Enterprise, lui sembra ritornare ad essere invisibile, per loro.
Mentre sta ancora guardando gli altri che si divertono, il primo ufficiale sente qualcosa tirargli una gamba del pantalone.
Abbassa lo sguardo e trova Jj che gli sorride.
Spock si abbassa verso il bimbo e lo prende in braccio.
“Pecché Pok tiiste?” chiede il piccolo con fare disinteressato.
Il vulcaniano, sconcertato dall’arguzia di Jim, rimane in silenzio. Non sa cosa dire per giustificarsi, o per spiegare come si sente.
“Non... non sono triste” risponde titubante. Ma Jj non crede alla risposta dell’amico e sta per riprendere il discorso, quando McCoy entra nella sala annunciando a tutti.
“E’ l’ora della torta!”.
Il vulcaniano è lieto di poter troncare il discorso sul nascere, accompagnando il piccolo dal dottore per poi lasciarlo a lui, discostarsi e guardare il piccolo spegnere le candeline.
Mentre guarda Jim, seduto sulle ginocchia di Leonard, mangiare una grossa fetta di torta al cioccolato, Spock ripensa a ciò che il piccolo gli ha appena detto.
Fra tutte le persone che si trovano nella stanza è stato l’unico ad essersi accorto che lui non si sta divertendo.
In effetti, Jim è sempre stato l’unico a capirlo fino in fondo. Ad accorgersi quando qualcosa, in lui, non andava o quando aveva qualche problema.
L’unico a non farlo mai sentire trasparente.
Vorrebbe trovare un modo per dirgli “grazie”. Grazie per non trattarlo come tutti gli altri lo trattano, ma come un semplice essere vivente, degno di rispetto e amicizia.
Purtroppo, sa che non può.

 
Quando tutti hanno finito di mangiare la torta, Leonard, dopo aver fatto sedere Jj sul tavolo, dice.
“E ora è il momento dei regali!” e sorridendo va a prendere un grosso pacco colorato.
Il dottore avvicina il regalo al piccolo e glielo lascia aprire. Jj distrugge tutta la carta con poche mosse e si ritrova nelle mani una scatola contenente tanti modellini, in gomma, di navi spaziali.
Ora ha anche lui la sua flotta personale con cui giocare.
I regali delle tenenti e le attendenti donne si rivelano essere dei vestiti: magliettine, pantaloni, tutine scarpette e altre cose simili.
Si può dire che gli abbiano regalato un guardaroba intero.
Gli uomini, invece, gli regalano un pallone perché, parole loro “Ogni uomo deve saper giocare a pallone”.
Finito di aprire il regalo degli uomini, McCoy si rivolge al primo ufficiale.
“E lei, Spock?” chiede con aspettativa.
Spock inarca un sopracciglio, mostrando così di non aver capito la domanda.
“Il suo regalo?” riprova Leonard.
“I Vulcaniani, dottore, non usano fare regali. O festeggiare ricorrenze quali il compleanno.” spiega pazientemente. McCoy apre la bocca come per parlare, ma poi ci ripensa.
Guarda il piccolo, ancora intento ad ammirare le sue nuove navi.
“Ma, per una volta, non poteva fare un’eccezione? E’ del compleanno di Jim che spiamo parlando!” Leonard non riesce a capire come possa, il primo ufficiale, rimanere così impassibile.
E’ proprio un troll senza cuore!
“Lei non capirà mai!” sussurra stizzito, per poi rivolgersi a Janice e cambiare discorso. Non permetterà ad uno stupido sangue verde di rovinargli la festa.

 
Ore dopo, a festa finita, tutti sono andati via. Leonard è in cucina a sistemare le ultime cose.
“Dottore, dovrei dirle una cosa” la voce di Spock lo fa sussultare, non si aspettava che fosse ancora in casa.
“Cosa ci fa ancora qui?” chiede con astio, girandosi a fulminare il vulcaniano con uno sguardo carico di rabbia.
“Pensavo di averglielo appena detto; devo dirle una cosa.” ripete.
“Allora parli e se ne vada subito!”.
Spock non bada al tono pieno d’ira del dottore, ma prende un respiro e dice.
“Le volevo comunicare che ho intenzione di prendere con me il capitano per qualche ora e portarlo sulla nave”. Parla con voce atona il primo ufficiale, ma ugualmente riesce ad incuriosire Leonard.
“E cosa deve farci lei, sull’Enterprise col capitano?” chiede curioso.
“Temo di non poterglielo dire” afferma il vulcaniano, senza sbottonarsi poi molto.
“Perché non può?”
“Perché è una cosa che non le riguarda”.
McCoy vorrebbe dirgli che la cosa lo riguarda, visto che la responsabilità di Jim è sua, poi però un’idea gli balena nella mente e invece di rispondere al vulcaniano per le rime, sorride.
Posa il piatto che aveva nelle mani e avvicinandosi all’amico, gli da una pacca su un braccio e dice allegro.
“Brutto sentimentale di un vulcaniano, glielo ha fatto allora il regalo!”
Spock sospira affranto, delle volte gli sembra inutile parlare col dottore, dato che non comprende mai ciò che gli dice. Eppure però, si costringe sempre a farlo.
Probabilmente dovrà spendere qualche seduta di meditazione per capire cos’è che lo spinge ad infliggersi la straziante pena del dover parlare con McCoy.
“No, dottore. Le ho già detto che i vulcaniani non fanno regali.” Rimarca, sperando che il concetto venga compreso.
“Sì, sì, dica ciò che vuole, non mi importa. Ciò che conta è che non faccia agitare troppo Jim o stasera non vorrà dormire.”
E dopo aver ascoltato l’ultima raccomandazione, Spock esce dalla stanza, lasciando Leonard ad interrogarsi su cosa mai il vulcaniano si sarà inventato.  

 

 

 

 
°  °  ° 

 
I corridoi dell’Enterprise sono deserti. Solo i passi del primo ufficiale Spock si sentono risuonare nella generale apatia della nave stellare.
Il vulcaniano stringe a se Jj, potrebbe farlo camminare da solo, ma preferisce averlo con se per controllarlo meglio.
Avere il piccolo a così stretto contatto gli permette di notare ogni più piccolo cambiamento nelle sue emozioni, ma per ora sembra che Jim si stia solo godendo la passeggiata.
Non ci mette molto, Spock, ad arrivare alla sua meta: la cabina del capitano.
Digita il codice di apertura sul tesserino e la porta scorre su se stessa. Entra nella cabina e si ferma al centro di essa.
Jj si guarda intorno confuso. E’ sicuro di non essere mai stato in quel posto. Infondo, della nave, ha solo visto la plancia, l’infermeria e la sua stanzetta. Oltre a tanti ponti e corridoi.
Spock fa sedere Jim sul pavimento e poi si inginocchia per poter essere alla sua altezza.
“Questa, capitano, è la sua cabina” spiega con voce atona, sebbene senta distintamente un leggero brivido attraversarlo.
“Bina?” chiede Jj confuso, guardandosi intorno con curiosità.
“Si, vede....... ho pensato di fare qualche modifica.” Spiega il vulcaniano per poi alzarsi e allontanarsi verso una parete.
“Ora, la prego, non si muova e tutto andrà bene.” Ed aziona una piccola levetta.
Istantaneamente tutti i mobili della camera cominciano a muoversi, per poi scomparire, nascosti nelle pareti.
Il bambino rimane a bocca aperta. I mobili si sono mossi!
Quando, ormai, la stanza non è altro che un vuoto quadrato grigio, Spock preme un altro interruttore, spegnendo la luce.
“Pok?” urla Jj, impaurito.
Non gli piace il buio, è per questo che nella sua stanzetta c’è una piccola lucina vicino il suo lettino.
Il buio lo fa sentire scoperto, bersaglio di mostri e Klingon.
Sta quasi per mettersi a piangere quando sente un leggero tocco su una manina e spaventato urla.
“Non si preoccupi, sono io.” Lo rassicura Spock, con la sua dolce voce.
Jim non riesce a contenere la paura e si lancia addosso al vulcaniano, seduto accanto a lui,  nascondendo il faccino sulla sua maglia.
“Riproduttore, esegui cartella alpha, file primo.” Ordina Spock con serietà, per poi accarezzare la testa riccioluta, cercando di calmare il piccolo.
Alle parole del vulcaniano, uno fascio di luce si accende, illuminando solamente i due occupanti della stanza.
Jim si costringe ad alzare il visino, ancora bagnato di lacrime, dal petto dell’amico e inizia a guardarsi intorno.
Tutta la stanza ha cominciato a brillare leggermente di verde.
Jj osserva tutto con attenzione e man mano che lo scenario intorno a lui cambia, si ritrova ad aprire la boccuccia sempre più stupito e felice.
Non sa dire di preciso cosa sia successo, ma l’unica cosa che riesce a capire è che al suo arrivo era dentro una stanza, ed ora è........
Al centro dell’universo!
Tutt’intorno a lui è pieno di stelle colorate, costellazioni, nebulose dalle forme più strane e tante altre cose.
Cose che ancora non comprende, ma che già sa di adorare.
Jim si convince ad allontanarsi da Spock. Gattona verso un grumo luminoso, è così bello che gli verrebbe voglia di toccarlo.
Alza una manina grassoccia e quando le sue piccole dita entrano in contatto con il grumo fluttuante, esso inizia a lampeggiare.
Dopo qualche secondo una voce robotica si spande per il luogo spiegando che quella è la stella doppia Antares.
Eccitato per la scoperta, Jim torna verso Spock gattonando, si ferma davanti l’amico e sorridendo dice.
“Pok, elle pallano!” e si guarda ancora una volta intorno, non riuscendo a credere di trovarsi veramente al centro dell’universo.
Spock sorride intenerito, lieto che la sua idea sia piaciuta al capitano ed inizia a spiegare.
“E’ un metodo d’insegnamento vulcaniano, basato sull’ascolto passivo. Si è osservato che attraverso il gioco simulato, i bambini riescono ad appendere meglio. Inoltre potrà esplorare l’universo nella sua interezza; la nostra galassia o le altre scoperte. Ho inserito nel database tutti i pianeti, le razze...” ma viene interrotto dal piccolo.
“Pok... Elle.... Pallano!” scandisce bene Jj, cercando di mettere in risalto quanto consideri straordinaria la cosa.
“Ma...” inizia il primo ufficiale, per poi interrompersi. Di tutto quello che ha detto gli interessa solo quello? Si chiede stupito.
Poi ricorda che sta parlando con un lattante di due anni che, oltretutto, è Jim e decide di non prendersela per la disattenzione.
“Quindi, che cosa vogliamo esplorare?” chiede al piccolo con un piccolo sorriso a dipingergli il viso.
Sa che non può permettersi di mostrare le proprie emozioni, ma per una ed un’unica sola volta preferisce dedicare tutte le sue attenzioni a Jj.
Jim si guarda intorno, cercando di decidere da cosa iniziare. Lo colpisce una lunga scia di stelle, sembra quasi una sciarpa o una lunga coperta.
Gli ricorda la copertina del suo lettino, quella blu puntellata di piccole stelline bianche.
“Quella!” dice, indicando la striscia.
Spock si gira verso il punto indicato e gattonando anche lui si avvicina per toccarla.
La voce robotica che spiega, questa volta non spaventa Jim, ma anzi lo incuriosisce e si ritrova ad ascoltare con curiosità la spiegazione.
Via Lattea: La Via Lattea è la galassia alla quale appartiene il sistema solare.
In base agli studi dei secoli scorsi pare che la Galassia sia, una galassia a spirale barrata, composta da un nucleo attraversato da una struttura a forma di barra dalla quale si dipartono i bracci di spirale che seguono un andamento logaritmico.”
“Beo, beo... ancoa! ancoa!” applaude Jj tutto contento.
“Vediamo...” sussurra il vulcaniano, guardandosi intorno per poi soffermarsi davanti una costellazione e toccare ancora una volta.
Costellazione del Cigno: il Cigno è una costellazione settentrionale, una delle 48 elencate da Tolomeo.
A causa della disposizione delle sue stelle principali, è a volte chiamato la Croce del Nord . Quella del Cigno è una costellazione brillante e di grandi dimensioni, disposta lungo la Via Lattea in un suo tratto molto ricco e in cui questa appare divisa in due in senso longitudinale da una serie di nebulose oscure nota come Fenditura del Cigno.
La forma della costellazione, ricorda una grande croce, con l'asse maggiore formato dalle stelle Deneb e Albireo;  l'asse minore è formato da Gienah e Rukh. Il punto di intersezione degli assi è rappresentato dalla stella Sadr.”
La voce robotica si spegne lasciando tutto nel silenzio totale.
“Sceggo io! Sceggo io!” urla il bimbo, alzandosi in piedi e correndo per l’universo, in cerca della prossima stellina da esplorare.
 
Costellazione dell’Orsa Maggiore: L'Orsa Maggiore è una costellazione  dei cieli boreali; le sue sette stelle più luminose, raggruppate nel celebre asterismo del Grande Carro, sono visibili per tutto l'anno nell'emisfero nord. Le stelle del Grande Carro sono chiamate, in ordine da ovest ad est, Dubhe, Merak, Phecda, Megrez, Alioth, Mizar e Alkaid.  
La Stella Polare può essere trovata disegnando una linea tra Dubhe e Merak, all'estremo del Gran Carro, e prolungandola di cinque volte.”

 
Una nuova spiegazione finita è un nuovo motivo di gioco, di esplorazione e di divertimento condiviso.
Spock è felice di poter vedere il piccolo Jim così contento della sua idea. Per la verità, è felice di averlo reso tale lui stesso.
D’altro canto, Jj si gode lo spettacolo. Ma anche la compagnia dell’amico vulcaniano.
Per Jim non c’è cosa più bella del poter esplorare, in tutta calma, le stelle con Spock.
“Bene, credo che ora tocchi ad Andromeda.” Dice Spock, e l’allegria è ben udibile nella sua voce.
Tocca la costellazione ed ancora una volta la voce robotica inizia la sua spiegazione.

 

 

 
°  °  °

 

 
Ore dopo, quando è ormai ora di andare a dormire.
“Dottore, le comunico che il capitano ha fatto richiesta di dormire qui sull’Enterprise, questa sera.” Spock si è sentito in dovere di avvisare McCoy.
“Chissà perché ma mi aspettavo una comunicazione simile.” Sorride Leonard, per poi chiedere.
“Dica la verità, lo ha fatto eccitare troppo e ora non vuole dormire. E’ così?”.
“Se così le piace credere, dottore” gli risponde il primo ufficiale per poi tentare di chiudere la conversazione.
“Aspetti Spock!” lo richiama il dottore. Spock capta una nota di curiosità nella voce dell’amico ma non riesce ad immaginare a cosa essa sia dovuta.
“Ora me lo dice? Cosa gli ha regalato?”.
Il vulcaniano lascia in sospeso l’amico per qualche attimo. Guarda Jj ancora impegnato a gattonare fra le stelle e un piccolo sorriso gli sfugge.
“Le Stelle” dice criptico Spock, chiudendo la conversazione senza dare il tempo a Leonard di controbattere.
Si allontana dal comunicatore e ritorna a giocare col capitano.
E per una volta non importa se non dormiranno, stanno esplorando insieme le stelle e non c’è niente che li possa convincere a smettere.

 

 
*  *  *

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
*Giusto per fugare definitivamente i possibili dubbi, Jj non voleva insinuare che Spock fosse casa sua. Non credo che un bambino così piccolo possa concepire una cosa così.
Voleva solo sapere se la Terra è anche casa di Spock; una cosa molto più logica e plausibile.

 
**Prendetela come una premonizione sul futuro anno di separazione.

 

 

 
Note2: NON POSSO CREDERE DI AVER FINITO QUESTA SHOT!
Cominciava ad essere una piccola persecuzione, vi basti sapere che mentre scrivevo il pezzo in cui Jim e Spock giocano fra le stelle, è saltata la luce e non sapevo se il pc aveva salvato quanto avevo scritto. Sono stati attimi di vera paura!
Non mi pronuncio in merito di OOC, perché è talmente tanto che mi viene quasi da cancellare tutto e non pubblicare un bel niente. Ma adoro troppo il prompt per cancellare tutto.
Se non si fosse capito, il prompt era proprio “Spock regala le stelle al capitano”.
Tutti sappiamo che è una cosa impossibile, oltre che illogica, quindi mi sono inventata questa specie di metodo d’insegnamento che prende vita un po’ dalle conche in cui i bambini vulcaniani si esercitano, un po’ da tutti quei giochi interattivi per bambini piccoli, le cui pubblicità ti tartassano sotto natale.
Ovviamente tutte le notizie sulle stelle sono state gentilmente offerte da Wikipedia, io non me ne intendo per niente.
Sono “felice” di aver dovuto invertire le storie, perché così posso ricompensare Jj con questo piccolo regalino, dopo averlo fatto stare un anno intero senza nave.
Inoltre credo che, se prima ci fosse stata questa e poi l’altra, sarei sembrata una grossa stro......
Troppa cattiveria per Jim tutta in una volta, non credete?
Bon, cosa posso dire d’altro? Che ho una paura matta che non vi piaccia ma che devo correre il rischio e che spero vi sia piaciuta e che l’adoriate così come l’adoro io.
Ogni tipo di recensione, positiva o negativa, sarà più che ben’accetta.
Baci a tutti!!!
Naky.

   
 
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