Dalla vostra affezionatissima Dicembre, in una giornata di pioggia: Rapida come un fulmine °_° Ecco qui il nuovo capitolo. Vorrei arrivare al quattordicesimo quanto prima. Sia perchè, secondo me, lì migliora lo stile, sia perchè, finalmente, lì il racconto prende una piega un po' più definita. Liberaci dal Male ha un che di etereo '^_^ Comunque sia, ovviamente ringrazio tutti quelli che vorranno lasciare un commento, una riga, una parola, un qualcosa, chi legge, chi m'ha messo fra i preferiti, chi rimane incuriosito, ma anche solo chi passa di qui. Mando un bacio.
Capitolo Dieci
- Il Prima e il Dopo -
“Quindi si sposa Rebecca…”
“L’hai sentito anche tu?”
“Me l’ha detto Corliss”
”E chi sarebbe Corliss?”
”La cuoca!”
“Oh Santo Cielo, Dio ci aiuti!”
“Ma perché devi essere sempre così negativo?”
”Non è questione di essere negativo Cencio, è questione che ora sappiamo cosa
farai per metà del tuo tempo qui”
“Che cosa vuoi dire?”
”Voglio dire che passerai giorni interi chiuso in cucina con questa Corliss a
mangiare, senza un minimo di ritegno”
”E qual è il problema?”
”Il problema è che sei ospite e fare la parte dell’ingordo non è né educato né
cavalleresco!”
”Cavalleresco… Ma Luppolo” rispose il ragazzo stringendosi nelle spalle “tu
dimentichi che io sono ingordo e poco cavalleresco. E poi, scusa, Corliss ha
detto che avanza spesso del cibo e che non vuole buttarlo via. Che male c’è se
lo mangio io?”
Luppolo sospirò sconsolato “Vediamo quando Lord Aaron ti caccerà da casa sua
perché rischi di mandarlo in rovina, poi vediamo che male c’è”
”Sei sempre così negativo”
”E tu hai sempre l’aria in testa!”
“Se non vi conoscessi bene, vi scambierei per marito e moglie!” Nero entrò nella
stanza dove c’era appena stato il battibecco fra Luppolo e Cencio. I due lo
guardarono con l’aria di chi è appena stato scoperto a fare qualcosa che non
avrebbe dovuto.
“E’ Luppolo che mi tarpa le ali”
Nero non trattenne il sorriso: “Di divoratore smodato?”
Cencio mise il broncio e cercò di replicare, ma Nero lo interruppe alzando le
mani
“Per carità, lascio a Luppolo il compito di domarti… “ e Cencio non insistette,
rispondendo solo con un sorriso sornione.
“Ho sentito anche” riprese Cencio cambiando discorso “che per l’Avvento verranno
qui Dama Thurlow e suo marito, con i figli, così come i cugini di Lord Aaron”
”Sempre da Corliss?”
Cencio fece di sì con la testa, felice di portare notizie fresche “Si popolerà
parecchio questo posto, dunque… Anche se tre dei nostri se ne andranno. Sono
stupito però” continuò rivolto a Luppolo “Che tu non torni a casa. Pensavo non
vedessi l’ora di tornare in Scozia”.
Luppolo sospirò e non rispose, scollando le spalle per lasciare cadere la
questione.
“Non lo biasimo” lo giustificò Nero “Andare a Nord, questo inverno, non è
saggio. Le strade sono impervie e ghiacchiate. Ho sentito dire che sarà uno
degli inverni più rigidi degli ultimi anni”:
A Cencio, questa, sembrò una giustificazione sufficiente e scosse la testa
alzando le sopracciglia, come se avesse sentito una cosa ovvia alla quale non
aveva pensato.
“Vado da Corliss ora, m’ha detto che avrebbe preparato una torta di mirtilli e
bacche solo per me, vi raggiungo per cena”
Luppolo annuì “Una torta di mirtilli” ironizzò “ è un ottimo spuntino prima
della cena”.
Quando Cencio fu uscito dalla stanza, il cavaliere scozzese si girò verso Nero e
lo scrutò.
L’inverno rigido era una buona scusa per Cencio, ma non per lui.
Si chiese perché, quindi, il capo avesse voluto darla: per far tacere il
ragazzo, oppure per qualche altro motivo?
Si chiese se il loro discorso di qualche giorno prima, nel giardinetto interno,
sotto la pioggia, centrasse qualcosa.
Si chiese se Nero avesse letto nelle sue parole quello che non osava ammettere
nemmeno a se stesso. Ma, come ogni qual volta che ci pensava, scosse la testa e
la liberò da qualunque riflessione che non voleva affrontare. Sapeva che la
tentazione poteva essere superata e che avrebbe solo dovuto seguire la sua anima
cristiana.
“E’ da qualche giorno che siamo qui e ancora non ci siamo mossi . Domani pensavo
di andare in paese, e magari cavalcare verso Nord per vedere i dintorni”
Nero annuì “Sì, penso sia un’ottima idea. Ora che siamo sicuri che Forgia starà
sempre meglio, è inutile che si trascorra tutto il tempo qui”
“Vorrei andare in chiesa” disse d’improvviso Luppolo sorprendendo quasi se
stesso.
“So che nel castello c’è una cappella, ma di certo troverai qualcuno che
t’indicherà la strada per la chiesa nel villaggio più vicino”
Luppolo annuì, voleva pregare e chiedere perdono per qualcosa che non aveva
fatto, ma che comunque bussava alla sua anima e alla sua coscienza.
Luppolo voleva cambiare discorso
“Ti vedo più sereno” osservò
“Rispetto a quando?”
”Più sereno in generale. Non so bene, è una sensazione…”
”Dev’essere il luogo…” ipotizzò Nero
“Questo posto sembra permeato da un’aura di calma, hai ragione” Annuì Luppolo
“Quando siamo arrivati qui, la prima sera, non me n’ero accorto. Ero troppo
preoccupato per le condizioni di Forgia, però è come se ci fosse qualcosa di…”
cercò le parole
“Celestiale?” suggerì Nero
“L’hai notato anche tu?”
”Sarebbe strano non notarlo” annuì Nero pensando a Lord Aaron. Si chiese se non
fosse l’ Alito di Dio a permeare il castello. Anche l’aura che circondava il
padrone era dolce, quieta e da tempo non si sentiva così in pace.
Scrollò la testa ad un pensiero così nuovo: “Sono contento di rimanere un po’
qui, dopo le Fiandre e la Francia, ero stanco di combattere …”
”Mi fa piacere sentirtelo dire” disse Luppolo “Gli ultimi due anni sono stati
così intensi che non so quanto ancora avremmo potuto reggere…e avevi bisogno di
una pausa…”
Nero lo guardò con aria interrogativa
“Ho sentito Chiaro, l’altra sera sul balconcino, il vostro dialogo… Sinceramente
sono contento che se ne vada.” Resosi conto del tono che aveva avuto quella
frase, Luppolo si spiegò meglio “Non mi fraintendere, a volte penso sia un
Inglese aristocratico e spocchioso, ma non mi riferivo a questo. Solo penso sia
meglio che se ne vada per un po’”
Nero lo guardò, aspettando che continuasse
“Sai quello che penso, trovo che abbia un’ossessione e sono contento possa
essere, in qualche modo, arginata”
”Se è vero quel che dici, pensi che pochi mesi a casa possano portare a dei
risultati?”
Luppolo scrollò le spalle “Devi ammettere sia strano che Chiaro abbia deciso di
partire pur senza di te, mi sarei aspettato rimanesse attaccato alla tua
gonnella”
Nero rise “Ora diventi offensivo” disse prendendolo in giro.
Luppolo gli sorrise e non aggiunse altro per un po’
“Vado da Forgia a vedere come sta” disse infine “a dopo”
Nero non rispose, annuì semplicemente.
Rimasto solo nella stanza, il cavaliere si appoggiò pesantemente allo schienale
della poltrona e si perse nei suoi pensieri. Avrebbe mentito se avesse detto di
non sentirsi più sereno sapendo che Chiaro sarebbe stato via per qualche mese.
Era come un fratello per lui, ma ultimamente la sua presenza stava diventando
ingombrante. L’armonia del gruppo, sia in battaglia che nel quotidiano,
rischiava spesso di essere minata dai suoi continui capricci. Forse Luppolo
aveva ragione a dire che quella di Chiaro era un’ossessione: Chiaro voleva con
Nero un rapporto esclusivo. Eppure Nero non aveva mai trovato in lui una persona
con la quale sentirsi in perfetta armonia. Gli era legato dall’affetto dovuto ad
un’infanzia trascorsa insieme e una vita passata fianco a fianco, ma nel suo
cuore non c’era mai stato un attaccamento pari a quello dimostrato dal
fratellastro. L’inquietudine che sentiva dominare il suo animo non poteva né
essere condivisa, né tanto meno sanata da Chiaro.
Sospirò, ogni volta che chiudeva gli occhi rivedeva di fronte a sé il suo
passato e ogni volta che li riapriva era sempre più convinto che per lui non
poteva esserci cura.
Voleva una casa, un approdo dove finalmente poter abbassare le palpebre e
riposare, ma non c’era riposo per lui. Per quanto l’avesse cercato fin
nell’Oriente più profondo, non l’aveva mai trovato.
A questo pensiero gli venne in mente la promessa fatta a Lord Aaron.
Veramente gli aveva promesso di raccontargli del suo viaggio nella terra di
Levante? Si mise a ridere e scosse la testa incredulo. Un cantastorie, pensò
prendendosi in giro. Ma nonostante l’assurdità della sua promessa, anche lì di
fronte al fuoco, questa gli sembrava, come nel pomeriggio, una cosa naturale. Si
stupì ad avere voglia di vedere il Lord e parlargli.
Ripensò agli occhi del padrone del castello quando questi gli aveva chiesto di
poterlo ascoltare. Pur non essendo uomo di molte parole, Nero si rese conto che
per quegl’occhi e per un qualche altro indefinito motivo, quella sera che
avrebbe spese molte e volentieri. Rivangare il passato era spesso stato
doloroso, un passato così frammentato e vissuto intensamente che il più volte
aveva cercato di accantonare. Ma quella sera era diverso, lì seduto, di fronte
al fuoco che emanava un tale calore che lo scaldava fin ne profondo, Nero si
sentiva insolitamente impaziente di farlo e sorrise.
I corridoi del castello erano poco illuminati, tuttavia l’arazzo che si fermò ad
osservare Nero era circondato da diversi candelabri. Rappresentava due ragazzini
biondi intenti a lottare contro un drago. Sebbene la scena fosse intensa e i
contendenti sembrassero all’apice della lotta, Nero non percepiva una situazione
di pericolo, al contrario. Sembrava che quella lotta fosse un gioco, che il
drago fosse quasi un amico e che i due bambini lo conoscessero bene.
“Vi piace?”
Nero non si girò, ma rispose continuando ad osservare l’arazzo “Molto. Mi sono
fermato perché è insolitamente illuminato, a differenza del resto del corridoio.
Ora invece sto cercando di capirlo…”
”Di capirlo?” chiese Aaron incuriosito
“Ho come l’impressione che rappresenti un gioco più che una lotta…”
Aaron lo guardò stupito “Perché lo pensate?”
”Forse per l’espressione dei due bambini, troppo gioiosa, o forse per il drago…”
Aaron scosse la testa incredulo e poi sorrise “Quel drago è mio padre.”
Nero aggrottò le sopracciglia “Vostro padre?”
Aaron annuì “E quei due bambini siamo io e mio fratello…”
Nero si girò verso il Lord, aspettando la spiegazione: “E’ stato fatto in sua
memoria. Nei nostri giochi, quand’eravamo piccoli, lui immaginava sempre che
nostro padre fosse un drago che dovevamo sconfiggere per poter sfuggire alle sue
angherie - lezioni di scrittura, filosofia… Capitava spesso che lui ci scoprisse
mentre tentavamo di escogitare qualche modo per uscire all’aria aperta e
cavalcare”
Aaron allungò la mano e toccò l’arazzo, passò le dita affusolate sulla figura
del bambino che si riparava col proprio scudo dal fuoco del drago. Sospirò,
cercando di non lasciarsi prendere dallo sconforto, ma non riuscì a fare a meno
di dire
“Mi manca molto”. Ma appena pronunciate, si pentì di quelle parole. Si coprì la
bocca con le dita, quasi nel tentativo di fermare altre parole non volute.
“Era vostro gemello?” chiese Nero osservando l’incredibile somiglianza fra i due
bambini ritratti
“Sì, di qualche ora più piccolo di me. William…” pronunciare ad alta voce quel
nome provocò negli occhi di Aaron ondata di malinconia. Nero notò che nel
turchese delle sue iridi, il cambiamento di umore, come qualunque altro stato
d’animo del Lord, veniva testimoniato dallo smerigliarsi di quell’azzurro. Che
fosse un velo opaco, un’ombra bagnata oppure un bagliore luminoso, quel colore
sembrava trascrivere una storia, sembrava raccontare un segreto.
Gli piaceva guardare quel colore ed interpretarlo: quelle storie e quei segreti
erano troppo intensi per rimanere inascoltati.
“E’ successo molto tempo fa?”
Aaron annuì e rispose con un tono leggermente più basso del normale “Quindici
anni fa. Ci siamo ammalati entrambi: lui è morto, mentre io mi sono ritrovato
solamente zoppo”
C’era un profondo senso di colpa in quelle parole, Nero si chiese il perché,
anche se una parte di lui capiva. Aaron era stato risparmiato, e Nero si domandò
se quello non fosse stato il momento in cui il Lord fu prescelto.
“Quindici anni fa…” bisbigliò Nero. Quindici anni fa lui era partito e s’era
lasciato la sua casa alle spalle “Il prima e il dopo…”
Aaron sgranò gli occhi: il cavaliere sapeva?
Il Lord si chiese come fosse possibile che questi conoscesse l’artificio della
sua mente che divideva il suo passato in prima e dopo.
“Forse pecco di presunzione se penso che voi dividiate il vostro passato fra un
prima e un dopo? Forse solo ragiono come se il passato fosse mio… E’ più
semplice dividere ciò che è stato, razionalizzarlo e chiuderlo da qualche parte,
senza che questo crei ingombro e ritorni in superficie quando non deve. E’ una
vecchia abitudine che mi porto dietro a quando sono piccolo…” sorrise quasi
imbarazzato.
“Non penso sia presunzione, e di certo, se è una vostra abitudine, è anche mia”
disse Aaron tornando a guardare l’arazzo e, di nuovo, passando le sue mani sulla
figura del bambino con lo scudo “Ecco perché questa rappresentazione mi piace,
ma non voglio mai guardarla troppo a lungo. Mio padre non è più un drago e noi
non siamo più bambini…ed esistono sempre un prima e un dopo”
Ha senso separare, dividere l’esistenza in due semplici parti?
Probabilmente no, entrambi lo sapevano, ma sia per Nero che per Aaron, l’evento
che aveva segnato la loro infanzia sembrava così forte e resistente, da non
poter essere scalzato da nient’altro e soprattutto, da oscurare qualunque altro
evento.
“Vi chiedete mai se riuscirete a dimenticare?”
”Non penso di poter dimenticare” Scosse la testa Nero, mentre lasciava che i
suoi capelli gli coprissero leggermente gli occhi “E non sono sicuro di voler
dimenticare. Mi chiedo solo se per caso non esisteranno mai un altro prima ed un
altro dopo.” Fece una piccola pausa e poi riprese “Gillian, la cuoca, mi diceva
sempre che niente è immutabile. Mi diceva che per lei esistevano due prima ed
due dopo segnati dalla nascita dei suoi figli. La primogenita, perché l’aveva
fatta diventare madre, il secondogenito perché aveva dato un maschio al marito…”
Aaron annuì. Due eventi, due prima e due dopo… Questo faceva perdere, in qualche
modo, d’importanza ad uno di questi, perché non era più unico.
Era così facile capire Nero e così facile farsi capire. Non sapeva che cosa
fosse successo né perché Nero aveva preferito una vita da nomade, senza casa o
famiglia a quella che all’apparenza sembrava una vita agiata. Era importante
saperlo, ma non lì, non in quel momento.. La curiosità di Aaron nel voler
conoscere quest’uomo esisteva ed era forte, ma quello che gli riempiva la mente
e gli sanava il cuore era il poter condividere quella sensazione di smarrimento
e di paura che l’aveva accompagnato dalla morte del fratello ad allora.
Ancora una volta, ancora e come sempre, quel silenzio che s’era creato non
gridava spavento, non supplicava parole: era invece dolce, quasi morbido.
Aleggiava soffice ed aspettava, senza fretta, di lasciare spazio alla voce dei
presenti.
“Venite” disse infine Aaron “ho un libro da mostrarvi” e così dicendo si
allontanò da quell’arazzo, non voltandosi. Nero invece indugiò su quella
rappresentazione un po’ più a lungo, guardando il bambino biondo che brandiva la
spada e sembrava voler raggiungere il drago prima che questi colpisse l’altro
bambino protetto dallo scudo. Ebbe l’istinto di toccarlo, ma all’ultimo momento
desistette. Sentì un alito caldo sulla mano sollevata, ma pensò fosse il fuoco
delle candele.
***
lili1741 - come sono felice, grasssie. E' esattamente quello il punto di questa prima parte (o cielo, sì, LdM si prende i suoi tempi in ogni senso, perciò ha "qualche" capitolo con sè XD). Ma ad essere onesta, è che mi piace che le storie abbiano i loro tempi e che non sia "tutto e subito". Un po', quindi, lo faccio per la storia, e un po' lo faccio per me XD Baciotto
BiGi
- Ehm, diciamo "tra un po'. Nel senso che la struttura di LdM non è esattamente
lineare, perciò... Mica vorrai che "spoileri" tutto, no? XD Comunque abbi fede.
La mia anima shounen ai mi impone di accontentarla, e io mi sono piegata alla
sua volontà (neanche troppo difficilmente ehehehe )