Pioveva a dirotto eppure io ero comunque uscita di casa senza avvisare nessuno.

Quella giornata rispecchiava perfettamente il mio stato d'animo: buia, piena di pioggia che non
smetteva di scendere. Il tempo per dava ancora più tristezza di quanto ne avessi già dentro di me.

Ero pure senza ombrello ma non importava.

Volevo solo scappare da tutto e da tutti, volevo solo stare da sola eppure volevo anche qualcuno
che si importasse di dove fossi andata e di come stavo.

Mi sentivo completamente vuota, senza riuscire a capire che succedeva dentro di me, che mi stava
succedendo. Sapevo solo di odiare qualunque cosa a questo mondo, tranne la musica.

Continuavo a camminare sotto la pioggia, con lo sguardo fisso sulle mie scarpe fradice e la musica
risuonava nelle mie orecchie ormai da ore, senza sosta.

Senza accorgermene, arrivai al parco della città dove mi sedetti sotto un albero. Non c'era nessuno,
ovviamente, e questo era un punto a mio vantaggio. In caso fossi scoppiata a piangere, nessuno mi
avrebbe visto e potevo starmene tranquilla sotto quell'enorme albero ricoperto di foglie stranamente
verdi anche se ormai era inverno inoltrato e le temperature erano bassissime in quei giorni.

Mi strinsi nel giubbotto mentre la mia mente non smetteva di passare da un pensiero all'altro, da una
ferita ad un'altra, da delusioni a delusioni. Non c'era niente di bello nella mia mente ormai da anni, tranne
i ricordi di quando ero ancora piccola, di quando avevo un amico, l'amico perfetto, perso di vista da dieci
anni a causa di un suo trasferimento in un altro paese.

Tutti pensavano che mi fossi dimenticata di lui, dei suoi capelli biondissimi e sempre perfetti, dei
suoi occhi azzurri più del cielo limpido senza nuvole, del suo sorriso capace di farmi dimenticare
tutto in meno di un secondo, dei suoi abbracci che mi rassicuravano sempre, delle sue braccia
che sembravano sempre così forti e che mi proteggevano sempre da tutto e da tutti, dalle cose
brutte e molte volte erano il mio rifugio.

Non avevo dimenticato nulla di lui, niente, neanche la sua voce quando parlava o cantava, delle
sue mani perennemente attorno alla sua chitarra che sapeva suonare benissimo anche se aveva
solo otto anni. Non potevo e non riuscivo a dimenticarlo.

Tutti quei pensieri risuonavano nella mia mente insieme alla musica mentre continuava a piovere
e io, senza accorgermene, ero scoppiata a piangere pensando a quel bambino tanto importante per me.

Passarono ore lì sotto a quell'albero eppure nessuno era passato per il parco e la pioggia non
aveva intenzione di cessare neanche per un attimo, come la mia mente che non aveva intenzione di fermarsi.

Mi asciugavi il viso e guardai l'erba bagnata davanti a me, fino a due secondi prima c'era solo
quella vicino a me. Ora la calpestavano un paio di vans nere immobili davanti a me.

Alzai lo sguardo verso l'alto e un ragazzo mi porse la mano.

«serve aiuto?» il ragazzo mi sorrise.

Appoggiai la mano sulla sua e mi aiutò ad alzarmi.

Quella voce, quel sorriso, i suoi capelli, i suoi occhi, soprattutto. Mi ricordava quel bambino
di tanti anni fa, quel bambino così perfetto per starmi sempre accanto.

Non smisi neanche un secondo di sorridere tenendo lo sguardo basso fino a quando il ragazzo
non decide di parlare.

«ellie, sei tu?» alzai lo sguardo e visi il suo volto diventare serio guardandomi.

Volevo parlare, volevo aprire la bocca ma da li non uscì niente così annuii solamente.

Lui subito mi abbracciò e mi sentii subito al sicuro.

Si, era lui. Era quel bambino perfetto.

Mi strinsi fra le sue braccia e sussurrai. «Luke.»

Lo sentii sorridere e mi diede un bacio sulla fronte.

«finalmente, finalmente ti ho ritrovata.»