Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Clarysage    07/02/2014    5 recensioni
A Hogwarts è stata organizzata una festa per la seconda inaugurazione della Scuola di Magia e Stregoneria inglese, ma Hermione non riesce a seppellire i ricordi di una guerra svoltasi sette mesi prima; per una fortuita coincidenza neanche Draco va pazzo per gli eventi mondani scolastici.
La neve pone un manto gelido su ogni cosa, ma riuscirà la giovane Grifondoro a sciogliere il cuore invernale del rampollo di casa Malfoy?
-
«Perché non apri gli occhi?», le chiese ad un tratto il ragazzo.
«Perché tornerei alla realtà di tutti i giorni».
«E non vuoi?».
«No».
«Perché?».
«Perché la realtà è orribile».
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Unconditionally.



Come just as you are to me,
don’t need apologies
know that you are a worthy.
I take your bad days with your good
walk through this storm

Unconditionally - Katy Perry
 
La neve soffice ricopriva ogni cosa come una spolverata di zucchero su un dolce prelibato, il suolo era reso scricchiolante dal manto candido, mentre il silenzio si era impadronito di tutto lo spazio circostante; le conifere verdi erano spruzzate di bianco, le creature  - magiche e non - si nascondevano nel cuore della Foresta Proibita, zampettando e mugolando nel buio freddo di dicembre, la notte scura era punteggiata di stelle luminose e la grande luna piena brillava in mezzo a loro, sorridendo eterea alla terra ammantata di cristallo.
Hermione era in piedi al centro del cortile, le guance erano rosse a causa dell'aria gelida, il respiro si condensava in nuvole che salivano verso il cielo e gli occhi castani guardavano la volta celeste. Il vestito le svolazzava attorno come vapore turchese, sospinto dalla brezza invernale, i piedi nudi erano affondati nella neve fredda, le scarpe strette nella sua mano sinistra, i capelli acconciati malamente a causa del vento nordico che li districava dalla pettinatura elaborata, le spalle nude esposte ai morsi voraci di dicembre; ma lei era immobile. Niente sembrava toccarla. L'unico segno che testimoniava che fosse viva era il petto che si abbassava e alzava regolarmente e le dita dei piedi che di tanto in tanto smuovevano la neve fresca. Dalla Sala Grande provenivano schiamazzi, musica, tintinnii e urletti eccitati, c'era decisamente troppa confusione per la giovane Grifondoro.
Si era sentita soffocata, così era uscita per prendere una boccata di aria fresca; nel parco dell'imponente castello si stava decisamente meglio, avere tanto spazio per sé era rassicurante e poteva chiudere gli occhi senza il terrore che qualcuno le rovesciasse addosso liquidi di dubbia provenienza. Non ne poteva più di quelle scarpe torturatrici che Ginny aveva costretto a mettersi per compiacere qualcun altro, non ne poteva più dei continui spintoni della folla troppo menefreghista per chiedere anche solo scusa, non ne poteva più del rumore assordante provocato dagli altri studenti, non ne poteva più e basta.
Raccolse il volume della gonna del vestito e si sedette tra la neve fresca, immerse le mani piccole tra i capelli e si tolse lo spillone prezioso che li teneva sollevati per scoprire il collo bianco. La chioma disordinata le cadde sulla schiena, carezzandole la nuca dolcemente, si passò le dita tra essi per districarli e si poggiò all'indietro sulla coltre fredda che le offriva la natura. Si sentiva in pace con se stessa. I ricordi della guerra svoltasi oltre sette mesi prima non erano scomparsi, una mano fatta di terrore e apprensione le artigliava la gola di notte e la testa di giorno, ogni volta che udiva un qualsivoglia rumore molesto sguainava la bacchetta pronta all'attacco, il suo stomaco era perennemente attorcigliato dall'ansia e le gambe tremavano per un nonnulla. Non capiva come gli altri potevano dimenticare tutto ciò che era successo quel due maggio, come potevano divertirsi a una festa nel luogo in cui si era consumato quello scempio e come non pensassero che dentro quelle mura avevano perso la vita oltre cinquanta maghi. Lei non ci voleva neanche andare a quella festa.
Si sdraiò supina sulla neve e chiuse gli occhi.
Si era fatta vestire, truccare e pettinare da Ginevra senza battere ciglio, come se fosse una bambola di porcellana senz'anima, sapeva quanto la giovane Weasley fosse eccitata all'idea di partecipare a un evento del genere, la seconda inaugurazione di Hogwarts, e non aveva voluto deluderla con i suoi soliti lamenti. Dopotutto suo fratello era morto per servire la causa, il minimo che potesse fare era accompagnarla alla festa e farla divertire tra luci e lustrini, farle dimenticare per una sera i pianti notturni e il letto vuoto alla Tana che non si sarebbe più riempito.
Ma ora era lì, con un solo vestito a farle scudo contro il gelo dicembrino, distesa tra la neve, i capelli ribelli intrecciati ai cristalli scesi dal cielo, i piedi e le mani rossi per il freddo, occhi chiusi e lacrime prepotenti che premevano per uscire anche loro.
 
 
***
 
 
Draco Malfoy aveva sempre odiato le feste. Tutti quei pazzoidi che si dimenavano con la più totale mancanza di coordinazione su note che neanche ascoltavano, assassini di alluci e giustizieri dei drink rovesciati. Erano lo squallore più totale.
Lui era più il tipo da Gran Galà, di quelli che si svolgevano al Manor per una qualsiasi occasione, dal suo compleanno alle serate di beneficenza, dove era presente gente raffinata e a modo, non quell'agglomerato disgustoso di plebaglia. Lui, ovviamente, era sempre stato il principe di tutti gli eventi seri e non voleva certo rovinare la sua reputazione facendosi vedere a una festa scadente come quella. Anche se suo padre finito in una cella di massima sicurezza di Azkaban aveva già rovinato il nome dei Malfoy, in effetti. Narcissa era comunque rimasta a Malfoy Manor, dopotutto aveva privato Potter di una fine più che certa, e di conseguenza aveva salvato il mondo magico e babbano. Brava Cissy. Il caso di Draco era stato archiviato, non aveva scontato nessuna pena di nessun genere, ma era costantemente tenuto d'occhio dagli Auror e questa situazione non gli piaceva per niente. Essere controllato ventiquattro ore su ventiquattro, per trecentosessantacinque giorni all'anno non era la sua massima aspirazione, ma sapeva che non aveva scelta. Meglio essere sorvegliare da una manciata di stupidi Auror che da decine di Dissennatori, comunque. Doveva essere grato al Cielo e ad Albus Percival Wulfric Brian Silente, ovviamente.
Adesso voleva solo andarsene a casa. Le scarpe lucide scricchiolarono sulla neve fresca, una folata di aria gelida lo investì in pieno, quasi inciampò in un sasso invisibile e pestò qualcosa di molle e viscido. Imprecò sottovoce e continuò la sua camminata verso la carrozza. Più che camminata poteva definirsi scarpinata attraverso il regno dei ghiacci. Si stava stancando di Hogwarts, davvero. Continuava a rendergli la vita impossibile, non importava da che parte la si prendesse. Lui non voleva neanche andarci a quella stupida festa. L'aveva costretto sua madre, per fare buona impressione, diceva. Ma fare buona impressione a chi? Ormai tutti lo trattavano come un escremento di troll, non che gli dispiacesse, davvero, ma si era impomatato per nulla e lui odiava le perdite di tempo. E comunque era ovvio che nessuno l'avrebbe accolto come si deve, dopotutto lui era un Mangiamorte, e avevano più che ragione. Non ci teneva alla clemenza di quel branco di trogloditi, ad ogni modo. Il suo mondo era limitato a sua madre e… Bhe a moltissime persone che adesso non gli venivano in mente. Era pieno di gente che lo amava, ad esempio… Oh, al diavolo.
Era quasi arrivato, finalmente, alla sua adorata carrozza, quando vide qualcosa - no, qualcuno - gettato tra la neve. Si avvicinò cautamente, si inginocchiò vicino al corpo e osservò chi aveva davanti. Pelle pallida, bocca resa rossa dal freddo, ciglia umide, capelli bagnati e annodati e una spruzzata di piccole lentiggini sul nasino piccolo e congestionato. La Granger. Sembrava morta, più che comprensibile dato che aveva solo un vestito addosso e neanche le scarpe. E pensare che l'avevano considerata la strega più brillante della sua generazione, pfiu. Forse se si sarebbe allontanato subito poteva sperare che nessuno l'avesse visto, forse doveva tornare dentro e avvisare qualcuno - tipo la Piattola - o forse…
«Chi è?», chiese sottovoce la ragazza, senza aprire gli occhi.
Era diventata pazza.
«Chi è?», ripetè un po' più forte, ancora con gli occhi chiusi.
«Dio, Granger, sei proprio fuori come un balcone», rispose il biondo, facendo comparire una smorfia di disgusto sul viso.
«Ah, sei tu», la Mezzosangue sorrise lievemente, ma si ostinò a tenere gli occhi chiusi, «non sapevo fossi qui. Non ti ho visto».
«Ci credo, hai gli occhi chiusi».
Hermione rise, di una risata cristallina e tintinnante, come una campanella d'argento scossa dalla brezza primaverile.
«Intendevo qui alla festa, stupido. Del resto sono rimasta pochissimo, è ovvio che non ti abbia visto».
Era diversa, quella sera. Sembrava priva di qualsiasi freno inibitore, ma non sfacciata o maliziosa, solo… libera. In pace. Non pensava di averla mai vista così. Se la ricordava, e l'avrebbe sempre ricordata, come la ragazzina ligia alle regole, con i capelli crespi e cespugliosi, la gonna rigorosamente sotto al ginocchio e almeno un libro sottobraccio. Ma non l'aveva mai vista così. Sembrava giovanissima, felice.
La voce della ragazza lo strappò alle sue - assurde - riflessioni. «Stavi andando via anche tu?».
«Che vuol dire anche?», domandò sorpreso il Serpeverde, «Non ti stai divertendo?».
In realtà non gliene poteva fregare di meno se si stesse divertendo o meno, ma non poteva farla morire assiderata. Non perche gliene fregasse qualcosa, ma perché non voleva essere accusato della morte di una stupida Mezzosangue che non aveva niente di meglio da fare che sdraiarsi praticamente mezza nuda sul ghiaccio.
«Non proprio», sospirò la Grifondoro, «e a quanto pare neanche tu».
Draco non disse niente. Si aspettava anche una risposta?
«Perché non rimani un po' qui con me? Si sta bene», riprese Hermione con un sorrisetto.
«Vorrei farti notare che siamo a dicembre, fa un freddo cane e tu non hai neanche le scarpe», sibilò Draco, scrutando i piedi nudi e rossi della Mezzosangue. Pazza, completamente pazza.
«Non sento freddo, però puoi andartene se vuoi», ribattè la mora, stiracchiandosi sul manto freddo della neve.
Lo stava sfidando? Che mossa stupida.
«Lo dicevo per evitarti la morte, ma se la metti così…», Draco si sdraiò accanto a lei, sotto la volta stellata, e si mise a fissare il grosso disco latteo che era la luna.
«Evitarmi la morte?», Hermione stava trattenendo la risata che aveva in gola. Non vedeva nulla, solo il buio delle sue palpebre, ma sentiva che Malfoy si era sistemato di fianco a lei.
«Sarebbe una fine davvero ridicola, per la paladina del mondo magico. Non credi?», rispose il biondo con un ghigno sulle labbra.
«Non così tanto, se ci pensi. Cosa c'è di meglio che morire in pace con se stessi? Morire con il cuore libero e la mente leggera?», sussurrò la riccia.
«Sicuramente morire a diciotto anni non è il massimo della vita. E non è il massimo della vita neanche morire di una morte così stupida quando hai appena sconfitto il Signore Oscuro», ribattè piccato il ragazzo.
«Tecnicamente non l'ho ucciso io».
«Hai capito che intendevo, non sei così stupida».
«Ti chiedi mai che cosa c'è da fare ora? Voglio dire, il nostro compito è stato portato a termine, l'equilibrio è stato riportato - più o meno - ma ora? Che faremo ora? Torneremo alle nostre vecchie vite? Penso sia impossibile. Non c'è più niente della vecchia vita che ci appartiene. Si è stravolto tutto», mormorò la Granger, come se fosse una riflessione che stava facendo solo con se stessa.
«Io penso», esordì il giovane, «che bisogna andare avanti. Abbiamo solo percorso un tratto di storia che era stato scritto da altri, ma ora dobbiamo continuare noi. Dipende tutto da noi. Fai ciò che ti senti. Vuoi diventare Auror? Fare il Medimago? La professoressa? Diventare una delle Sorelle Stravagarie? Fallo, Granger. Hai diciotto anni. Puoi decidere il tuo futuro a partire da ora».
Lei rimase in silenzio, Draco poteva sentire il suo cervello ronzare sulle parole che aveva detto. Aveva parlato troppo? Probabile. Trovarsi lì con la Granger - insomma, la Granger - e dire quelle cose era strano? Accidenti, sì. Ma stavano discutendo come due adulti civili e maturi, un buon inizio per lui era quello. Cominciare a socializzare con altri esseri umani che non fossero sua madre. La Mezzosangue poteva essere un buon punto di partenza; lo conosceva, non era stupida quanto la buona parte dei vermi dentro la scuola e sembrava una buona interlocutrice. Forse il ghiaccio le faceva bene.
«Perché non apri gli occhi?», le chiese ad un tratto il ragazzo.
«Perché tornerei alla realtà di tutti i giorni».
«E non vuoi?».
«No».
«Perché?».
«Perché la realtà è orribile».
 
 
***
 
 
Erano rimasti in silenzio per un tempo indefinito, Draco che pensava a ciò che aveva detto Hermione e lei che non pensava a nulla. Anche lui aveva chiuso gli occhi perché aveva ragione lei: la realtà era orribile.
Sentì che la ragazza si stava muovendo, sentì della pelle fredda a contatto con la sua e la mano sottile della giovane che si intrecciava alla sua. Colto da un riflesso incondizionato gliela strinse, una stretta gelata e umida.
«Rivoglio la normalità», soffiò Hermione verso il cielo, quasi come una preghiera.
Draco annuì e aumentò un poco la presa sulle dita di lei per farle capire che anche per lui era lo stesso.
Il Serpeverde percepì che la mora si stava muovendo ancora. Si voltò ed aprì gli occhi, la trovò girata verso di lui su un fianco, ancora con gli occhi chiusi. Si prese la libertà di osservarla meglio. Le lunghe ciglia nere erano posati sugli zigomi e fra loro brillavano perle d'acqua, le labbra si stavano screpolando per il freddo, i capelli erano incollati al viso a causa della neve sciolta, il lungo collo bianco, la porzione di petto che il vestito lasciava scoperto arrossato, le spalle brillavano alla luce della luna e le braccia erano morbidamente posate sulla coltre gelida dell'inverno. Il battito cardiaco di Draco aumentò improvvisamente quando un sorriso spuntò sulla sua bocca rossa.
«Perché mi guardi?», miagolò la Grifondoro.
Il ragazzo arrossì.
«Chi ti dice che ti sto guardando?», ribattè allora, sicuro che lei non avrebbe potuto dire niente date le sue palpebre abbassate.
Hermione spalancò di scatto gli occhi, mostrando al giovane le sue iridi, gli angoli della bocca si alzarono per averlo colto in flagrante.
Lui distolse subito lo sguardo e si mise a fissare le stelle.
«Draco», mormorò lei, «guardami».
Malfoy rimase immobile. Cosa gli era saltato in mente? Mai, mai, familiarizzare con il nemico. Ma era lei il nemico vero?
«Non volevo prenderti in giro, davvero», continuò la ragazza, «guardami».
Silenzio.
«Draco».
Silenzio.
«Ti prego».
Con riluttanza il giovane si voltò verso di lei.
Rimasero a guardarsi per ore, forse minuti, magari anche giorni. Non lo sapevano.
 
 
***
 
 
«Devo andare, mia madre si starà preoccupando», mormorò Draco.
Erano tutti e due voltati su un fianco, uno di fronte all'altra, occhi negli occhi.
«Va bene», rispose piano la ragazza.
Ma nessuno dei due si mosse.
«Draco?», esordì Hermione sottovoce.
«Sì?».
«Ho freddo».
Il giovane trattenne la risata che gli salì in gola e si avvicinò quel tanto che bastava per circondarle l'esile corpicino con le braccia. Lei ricambiò la stretta con la stessa delicatezza.
I loro occhi erano incastrati, attratti, irreparabilmente agganciati, i loro nasi a un soffio di distanza, il respiro di uno si mescolava a quello dell'altra, condensandosi in un'unica nuvola bianca. Per la seconda volta in quella sera il cuore di Draco fece una capriola, deglutì rumorosamente e si accostò ancora di più. Ormai i centimetri che li separavano erano davvero pochi, Hermione poteva vedere i riflessi bianchi della luna che gli occhi grigi del ragazzo catturavano, i capelli biondi brillavano sotto le stelle, le labbra sottili si erano arrossate, così come le guance.
Il respiro di entrambi accelerò, come mossi da una forza esterna si avvicinarono ancora, così che le loro labbra si sfiorarono. Non seppero chi prese l'iniziativa, ma si trovarono le bocche incollate, come se ne dipendesse la stessa sopravvivenza; le mani di Hermione corsero ai crini bianchi del giovane, trovandoli soffici come prime piume di un fringuello, le dita del Serpeverde percorsero la sua schiena, intrecciandosi con i riccioli resi crespi dalla neve sciolta, ma non gli importava.
La lingua del biondo esplorò la bocca della mora, saggiandone la morbidezza e la freschezza, mentre lei si abbandonava sul manto freddo del ghiaccio e lui saliva su di lei con una delicatezza che non sapeva di possedere. Le carezzò il viso, sfregò le braccia per scaldarle, toccò i fianchi morbidi sotto la stoffa liscia del vestito, le gambe ricoperte di tulle, il collo freddo.
Si staccarono per prendere fiato, poggiarono le loro fronti l'una contro l'altra, ma non chiusero gli occhi.
Draco continuava ad accarezzarla con movimenti circolari un po' ovunque.
«Non chiudere più gli occhi, Hermione», sussurrò, «la realtà non è così orribile».
 


 
***
Clary's corner.
Salve a tutti! Se state leggendo questo spazio, significa che avete tenuto duro e siete arrivati fino a qui hahah
Questo è stato il mio primo esperimento in assoluto di scrittura su efp, spero ne sia valsa la pena ☺
Ho avuto l'idea di scrivere questa os guardando la clip di Katy Perry della canzone 'Unconditionally', che personalmente adoro. 
Spero che vi sia piaciuta, è una storia scritta per l'anti-noia, non è una cosa seria. 
Non so che altro dire, grazie per aver aperto la pagina e aver letto il Frankenstein delle os hahahah
Un bacio,
Alessia ☺
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Clarysage