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Autore: Tomocchi    09/02/2014    6 recensioni
Una sera, mentre sei immersa nei tuoi pensieri, ti fa visita uno gnomo armato di ascia.
Cosa farai?
Genere: Demenziale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Lo gnomo

 

È sera tardi. Sto riempiendo le bottiglie con l’acqua filtrata del depuratore, perché qui è, a quanto pare, piena di ferro. Risulta dannosa.
Solo che il processo è lentissimo. A riempire una bottiglia ci metto come minimo un minuto e mezzo, se non di più, e perciò capita spesso che mi perda nei miei pensieri, guardando scorrere il liquido trasparente in una bottiglia d’acqua di colore giallo, che una volta conteneva della cedrata.
Sospiro, mi appoggio al lavandino e penso, esausta.
Le riempio a quest’ora di notte perché l’elettricità in questa fascia costa meno, e dobbiamo fare economia su tutto, a cominciare anche dalle cose più piccole; non siamo poveri, ma facciamo davvero troppa fatica ad arrivare in fondo al mese, i soldi contati che ci dà mio padre non bastano.
Tra meno di un mese dovremmo lasciare questa casa, causa sfratto. Ormai è un anno che non paghiamo l’affitto, e ovviamente il proprietario, dopo aver portato pazienza, ha dovuto procedere per vie legali per sbatterci gentilmente fuori. Non gli do certo torto.
All’udienza in questione, il tribunale aveva assicurato a mia madre che il nostro comune di residenza ci avrebbe dato un aiuto, un lavoro per me e una casa popolare dove poter pagare di meno.
Tutte balle.
Quando è andata a chiedere appunto questa casa, abbiamo scoperto che c’è una lunghissima lista di famiglie che devono averla prima di noi. Io non so in che situazione siano queste famiglie, mi spiace per loro, ma io non capisco perché non possiamo averla. Nonostante la carta del tribunale in cui c’è scritto che abbiamo diritto a questa casa, nonostante la nostra situazione economica faccia pena.
Il lavoro per me non esiste, qui in zona non assumono nessuno, e anche perché quel genio di mio padre non mi ha mai fatto prendere la patente quando i soldi c’erano, perciò sono senza mezzo e senza nulla in mano. La scuola di cui ho il diploma non serve praticamente a nulla, e l’università non l’ho fatta.
L’aiuto economico, la nostra ultima speranza, ci è stato negato proprio questa sera stessa. Un assistente sociale ci ha chiamati per dire che con quello che prende mio padre di stipendio non ci serve aiuto. Solo che, come gli abbiamo già detto, quel bastardo non ci dà alcun soldo, o ci fa bonifici a dir poco miseri, che bastano appena a pagare una bolletta su tre.
Io sono a dir poco incazzata e triste per tutto questo: i ragazzi della mia età, di vent’anni o poco più, dovrebbero pensare al lavoro, a dove uscire il sabato sera per incontrarsi per gli amici, a ridere e scherzare su tante cazzate che ci sono nel mondo, alcuni a mettere su famiglia.
E invece no, io sono qui a preoccuparmi dove andremmo poi, quando ci sbatteranno fuori di qui.
Odio piangere, ma sento gli occhi pizzicare e il respiro venir meno, e cerco di mantenere il controllo: piangere non serve a nulla, proprio a nulla.
Alzo il volume della musica che mi risuona nelle cuffie, sono i The Passenger, un gruppo Nu Metal svedese, non quel tizio o tizi inglesi. Quando cerco le loro canzoni escono fuori prima quelli che questi svedesi, e la cosa è piuttosto irritante. Stupidi casi di omonimia.
Ultimamente ho una fissa particolare per tutto ciò che ha a che fare con la Svezia, tante canzoni che ascolto scopro che sono di artisti di quel paese. È già deciso che la mia casa, se mai un giorno riuscirò a uscire da tutto questo e rimettermi in piedi, sarà interamente piena di mobili Ikea. Ah ah ah.
Nell’avere questi pensieri inutili, mi sento già meglio, perlomeno riesco a distrarmi da quelli più gravi già sopra citati.
Io almeno lo faccio per distrarmi. Su Facebook leggo di stupide ragazzine che piangono per non aver trovato il biglietto del concerto di questo o di quell’altro artista, e le trovo ridicole. Ok, anche io ci rimango male nel sapere che Avicii non farà date qui nel mio paese, ma ci sono cose ben più gravi! Mi chiedo cosa faranno quando arriveranno i problemi veri. Forse tenteranno il suicidio.
Solo che costa anche morire, tra funerale, bara o cremazione, cerimonia e tanto altro. Trovo tutto così ridicolo. E ritorno al pensiero del soldi.
Scuoto il capo, quando con la coda dell’occhio vedo qualcosa di strano, lì in taverna con me. E non è il mio cane che, curioso, è sceso a guardare cosa facevo.
No.
Quello è uno gnomo armato di ascia.
Sgrano gli occhi, mentre un pizzico di paura mi assale. Vorrei urlare, chiamare la mia famiglia che è proprio a una rampa di scale da me, ma mi sento come paralizzata. Vorrei sbattere gli occhi, pensare che è un’allucinazione, ma non riesco a fare nemmeno quello, non riesco a distogliere lo sguardo da lui, quel coso minuscolo alto meno di trenta centimetri.
Che poi, è uno gnomo o un nano? Al momento non ricordo la differenza.
“Aspetta. Tu sei quello della tivù. “ boccheggiò, dicendo l’unica cosa che mi passa per la testa.
Di solito il martedì sera fanno un programma in televisione che tratta di cose misteriose, e che io e miei familiari seguiamo tanto per prendere in giro e farci due risate.
Spesso passano filmati di youtube dove la gente riprende eventi o fatti o apparizioni soprannaturali. Io mi chiedo come sia possibile che quei tizi riescano sempre a fare un filmato proprio in quel momento.
Io ho cellulare a portata di mano ma non farei mai un video a quel coso.
Interromperei la musica.
Comunque, ricordo che di quest’essere ora di fronte a me, la gente ne parla terrorizzata. Lo gnomo armato di ascia, che di solito bazzica in Argentina.
Quindi che accidenti ci fa qui? E da dove diavolo è entrato, se la porta del garage è chiusa?
Dai, deve essere un’allucinazione. Eppure non faccio uso di droghe o altro, e non credo che degli hamburger possano provocare simili reazioni.
Si avvicina a me con un ghigno sul volto, e l’ultima cosa a cui penso è…
Sollievo.
Se muoio, sarà tutto finito. Basta tasse, basta pagare, basta tutto. Non so perché ma spero che la gente si senta in colpa quando leggerà della mia morte. Un po’ mi dispiace invece per un paio di amici che sono sinceramente affezionati a me.
Ma non ne posso più.
“Grazie.” Gli dico, e questo lo disorienta, perché si ferma e mi fissa stranito.
“Fai in fretta. E ti prego, uccidi anche tutti i miei familiari, così non dovremmo pagare le spese del funerale.” Aggiungo, con un filo di voce.
Si, è la soluzione migliore.
Quello gnomo è di sicuro la cosa migliore di questo mese orrendo e pieno di delusioni.
Ma lui arretra, e stavolta sono io ad essere stranita.
“No. Io i pazzi non li uccido. Tu sei pazza.” Dice, dando una veloce lucidata alla sua arma con il bordo della sua veste. “Fatti curare da uno bravo.”
Non ci posso credere. Uno gnomo che mi dice di andare dallo psicologo.
“Ma non abbiamo soldi.” Lo imploro.
“Cazzi tuoi.” Mi risponde prima di fuggire velocemente sulle sue gambette tozze, sempre verso il garage. Lo seguo un po’, e noto lo squarcio. Probabilmente si è fatto strada con la sua ascia.
Sospiro, e scopro che il cuore batte velocissimo, probabilmente ancora dalla paura. Ma ho l’amaro in bocca. Perfino lo gnomo non ha voluto aiutarci.
Che tristezza.
Speravo di morire, e invece eccomi qui, condannata a vivere.
Rivolgo lo sguardo alla bottiglia, dove l’acqua fuoriesce perché ormai piena.
Chiudo il rubinetto, faccio uscire l’eccesso e chiudo con il tappo.
Quello gnomo è stato davvero un’allucinazione dovuta alla disperazione?
Questa cosa non ha né capo né coda.
Non dirò nulla ai miei familiari, mi prenderebbero davvero per pazza. Già mi contraddicono su cose vere, figuriamoci su uno gnomo.
Con stanchezza, spegno la luce ed esco dalla stanza.

 

 

Note Finali: Storia nonsense un po’ introspettiva e un po’ soprannaturale, forse sì o forse no, scritta tanto per sfogarmi. Ogni tanto mi capita di avere pensieri illogici e quindi ho deciso di mettere nero su bianco queste cose, ma con un pizzico di stramberia con questo gnomo. Vabbeh.
Non mi importa ricevere commenti. Questa è la prima volta che scrivo in prima persona al presente, non è nel mio stile, ma mi sono divertita in un certo senso.
Oooook. Spero di non dover scrivere più cose simili.
Alla prossima v.v
   
 
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