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Autore: _Jaya    09/02/2014    1 recensioni
Normalmente non venivamo mai chiamati per dei casi: i clienti si presentavano direttamente alla nostra porta per proporcene uno o mandavano una mail. Il numero di telefono di Sherlock è sul suo sito, La Scienza della Deduzione, e ogni tanto riceve qualche telefonata da numeri sconosciuti alla sua seppur limitata agenda.
Ma la pigrizia di Sherlock Holmes di pigiare un pulsante e portare un telefono accanto all’orecchio è seconda soltanto alla sua genialità.
Spoiler 3x02
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Elephant in the room


 
Normalmente non venivamo mai chiamati per dei casi: i clienti si presentavano direttamente alla nostra porta per proporcene uno o mandavano una mail. Il numero di telefono di Sherlock è sul suo sito, La Scienza della Deduzione, e ogni tanto riceve qualche telefonata da numeri sconosciuti alla sua seppur limitata agenda. Ma la pigrizia di Sherlock Holmes di pigiare un pulsante e portare un telefono accanto all’orecchio è seconda soltanto alla sua genialità.
Fu quindi solo un caso che Sherlock avesse risposto a quella telefonata.
Fu breve, ma vidi un’espressione molto strana sul suo volto. Un’espressione che non vidi molte volte, non su quei lineamenti.
Paura.
Sherlock era spaventato, lo si capiva da come i suoi occhi fossero diventati improvvisamente immobili, da come non muovesse nemmeno un muscolo.
Riattaccò dopo pochi secondi e cominciò a muoversi, rapido come un ragno per tutta la stanza, dal computer alla finestra, poi si sedette sulla poltrona, congiunse la mani sotto al mento, ma solo per qualche attimo. Si rialzò, andò in camera da letto, tornò con un blocco di fogli in mano. Si risedette, e questa volta ci rimase per quasi dieci secondi. Rifece più volte questi movimenti in rapidità.
 
« Spaventato? John io non ero spaventato. Ero nel mio palazzo mentale per riconoscere quello che avevo sentito. »
« Sherlock, è il mio blog e racconto io come vanno le cose. Scrivi la tua versione sul tuo sito. »
 
Dopo quasi una mezz’ora di questa iper-attività e diversi tentativi da parte mia di riuscire a capire cosa passasse in quella testa, decisi di andarmene.
Avevo appena sceso le scale e mi accingevo a salutare la signora Hudson, la padrona di casa, quando Sherlock mi raggiunse vestito di tutto punto per uscire.
« Andiamo John, ho capito. »
« Dove andiamo? Io devo trovarmi con Mary tra mezz’ora. »
« Più che sufficiente per raggiungere il posto dove dobbiamo arrivare e tornare a casa per andare al corso pre-matrimoniale. »
Non mi soffermai neppure a fargli osservare che non avevo mai nominato il corso con lui, e mi accinsi ad uscire di casa.
 
« Era ovvio John! »
« Ovvio per te, non per me! »
« Era oggettivamente ovvio. »
 
Prendemmo un taxi e Sherlock ordinò all’autista di portarci in una delle strade più conosciute di Londra: Oxford Street.
« Perché andiamo in Oxford Street? »
« Per un caso. »
« Che caso? Non stai lavorando a niente. »
« Sì invece, abbiamo un caso. »
Non parlammo più fino a che non arrivammo a destinazione. Scendemmo dalla vettura e fummo subito assaliti dalla miriade di londinesi e di turisti che si accalcavano sempre in una delle più importanti vie della città.
Sherlock svicolò subito in una breve strada laterale, su cui si affacciava solo un portone verde. Niente di elegante ma nemmeno troppo malfamato.
« Perché siamo qui? »
« Il caso John, il caso! »
 
« John, perché stai raccontando questa storia? Non siamo riusciti a risolverla. Ce ne sono dieci migliori e risolte. »
« Ne vale la pena. »
 
Entrammo nell’edificio e venimmo accolti da una scala piuttosto fatiscente. Al piano terra non c’era niente di niente, così le due rampe di scalini.
Ci fermammo qualche istante sul pianerottolo. Sherlock si guardò intorno e annuì. Io lo imitai: alla fioca luce che traspariva dalle tende tirate potevo vedere che le pareti erano blu, un tempo brillante, ma ora sporco e la carta da parati era squarciata in qualche punto, facendo vedere sotto la decorazione precedente. Il corrimano era in legno, ma c’erano frequenti segni di botte e in diversi punti era più chiaro, come se qualcosa ci avesse sbattuto contro con violenza.
Sherlock fece qualche passo e si fermò davanti all’unica porta. Studiò brevemente la maniglia impolverata e annuì un’altra volta.
Stavo per chiedergli cosa stessimo cercando, ma lui spalancò la porta all’improvviso, svelando una stanza molto illuminata.
 
«Quanto romanzi la storia! »
« E’ il mio blog e decido io come scrivere il racconto! »
« Ma il soggetto sono io, quindi ti vieto di usare un tono così… »
« Gentile? »
« Romantico. »
 
Raggiunsi subito Sherlock ed entrai nella stanza. Rimanemmo paralizzati.
C’era un elefante nella stanza.
Uno di quelli grossi, enormi e grigi.
« Sherlock? » dissi sorpreso, continuando a fissare l’animale.
« Dobbiamo parlare John » rispose subito il mio amico.
Distolsi lo sguardo dall’elefante e guardai Sherlock.
« Non posso non dirlo. Sono il tuo migliore amico, no? »
Sorrisi alle sue parole: da quando avevo detto a Sherlock che avevo scelto lui come mio testimone perché mio migliore amico, lui continuava a ripeterlo, almeno una volta al giorno.
 
« Non sono così John. »
John rise debolmente.
« Non nasconderti amico, sei un gran sentimentale. »
 
Dopo qualche istante mi rivoltai verso l’elefante.
Rimasi attonito per qualche secondo.
« Lo sai che quando si dice “c’è un elefante nella stanza” si usa come una metafora, vero? »
« Cos’è una metafora? »
« Una forma retorica Sherlock. » La sua faccia non diede segno di aver capito, quindi ritentai. « E’… come un modo di dire. »
Sherlock abbassò lo sguardo a terra, verso le enormi zampe dell’elefante.
« Ah… » sussurrò. Poi rialzò leggermente la voce. « Quindi non era necessario trovare un elefante in un salotto a Londra per dirti che manterrò la casa esattamente come se ci abitassi ancora anche tu? »
« Oh Sherlock! »
 
« Non ho ancora capito perché lo devi scrivere. »
« Oh, Sherlock, stai zitto! » interruppe Mary, seduta accanto a me. « E’ così dolce! »
« Già, anche se non sembra ha un cuore anche lui. » 



Spazio autrice:
Eheh. Eheh.
Chi non ha pensato "Cosa?!" quando ha visto quei pochi secondi di video? Un elefante in una stanza? A Londra? Mi sono ricordata in seguito di aver letto in una ff di Harry Potter (non ricordo quale, Sorry, ma era sulla next-generation, coppia Scorpius/Rose credo) in cui usava questa espressione affrontare l'elefante nel salotto per dire che c'era una cosa sottointesa non ancora affrontata, ma che nessuno vuole discutere. Se volete una spiegazione più approfondita, wikipedia spiega tutto!
Che dire d'altro? Lasciate un commentino se vi è piaciuta/non vi è piaciuta, magari dicendomi perché.
Ciauuuz!

 
   
 
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