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Autore: saretta_    15/06/2008    6 recensioni
Sasuke, Hinata, Naruto, Anko e Gaara - il buio è la culla dell'intimità maliziosa... o dei mostri?
[Dedicata a Hipatya]
Gli uomini temono la morte come i bambini temono il buio - F. Bacon.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Altri, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Buio




Quando scende il buio, nessuno ti vede, e nessuno vedi: vige la parità dei sessi e della pelle,
della religione e della nazione.
Quando cala il buio, è come se ti circondassi di segreti:
tu non vedi cosa faccio, loro non giudicano come mi comporto, nessuno indovina cosa penso.

Il buio è la culla della intimità maliziosa.
E allora perché i bambini hanno così paura del buio?
Perché loro, menti infantili e schiette, capiscono chi si nasconde veramente nell’oscurità:
i mostri.



Lullaby
«Buonanotte, Sasuke.»
Si ripete da solo il piccolo Sasuke Uchiha, con voce flebile.
La grande casa silenziosa risponde con una voce sconosciuta portata dal vento, che a Sasuke ricorda tanto [desidera, che gli ricordi tanto] la ninna nanna che Mikoto amava sussurrargli prima di andare a letto.
Non la ricorda tutta, tenta di canticchiarla sommessamente per addormentarsi: «nen nen kororiyo, boyano yoikoda nenneshina, boyano komoriwa dokoe it ta, anoyama koete satoe it ta…»
Ricordava la voce morbida e dolce della madre, così diversa dalla sua stridula e puerile, e viene preso dall’angoscia; comincia a piangere.
Ricorda anche che Itachi la mormorava sotto voce durante gli allenamenti, quando tirava kunai sovrapensiero: ma il viso inespressivo del fratello maggiore lo fa singhiozzare più forte [è solo un piccino] e quei kunai lanciati distrattamente deviano il loro percorso e si infilzano nei corpi di Mikoto e Fugako.
L’eco nella casa rimanda gli suo pianto, e lui si fa forza, lui è un Uchiha, lottatori famosi e rispettai nel Villaggio e fuori.
Coraggiosamente, riesce a spegnere la lucina [«Sasuke, i bambini grandi non dormono con la luce accesa!»].
Ma, appena sceso il buio opprimente, i fantasmi della notte cominciano a spuntare fuori, gridano disperati, i vestiti gocciolanti di sangue, e corrono da lui perché li salvi da quella tortura, li vendichi.
E Sasuke, come ogni sera, deve combattere quei famigliari, conosciuti mostri del passato.


White Bedside Table
Hinata si sveglia di soprassalto, il piccolo petto che ansima febbrile.
Si guarda attorno, e vede solo buio. Con molta fatica, dove essersi abituata, intravede le sagome di mobili ed oggetti. Se fosse brava come Neji, il buio non sarebbe un problema… ma il byakugan non si vuole rivelare a lei, non ancora.
Si stringe ben bene sotto le coperte azzurre, lasciando spuntare solo due occhioni bianchi e una frangetta scura che le copre le sopracciglia.
Ripensa a poche ore fa, come se questo si collegasse con la fatto di essersi svegliata.
Quella sera a cena, Hiashi era stato chiaro, e le aveva detto senza peli sulla lingua che lei, la piccola e innocua Hinata, al momento era un peso per la casata Hyuuga.
E, secondo il suo modesto parere, lo sarebbe sempre stata.
Poi aveva iniziato a parlare del tempo. Per lui, una giornata bislacca, un po’ assolata e un po’ piovosa, aveva la stessa importanza della figlia.
E la sua dolce primogenita non aveva pianto, né risposto: sa che l’avrebbe solo infastidito.
E poi, come poteva essere un peso? Un peso era un oggetto, mica una bambina. No, il suo adorato padre stava certamente scherzando, solo che lei non aveva capito, perché era uno scherzo di adulto.
Hinata aggrotta la fronte, concentrandosi su cose più importanti: cosa aveva appena sognato? Si era svegliata all’improvviso come se bagnata con acqua ghiacciata.
Ricorda una nuvola nera, dalla quale scendono gocce di pioggia e un comodino bianco.
Un comodino bianco? Sì, era proprio un comodino, piccolo ed elegante, con cassetti contornati da una linea
blu ben disegnata. E atterrava subito fra le braccia di Hiashi, o era Hizashi?, che nel sogno ha un’aria afflitta da povero contadino.
Più pensa al sogno, più ne dimentica dei pezza, la piccola Hinata.
Ed è meglio che dimentichi, meglio che non capisca, che gioisca come una bimba ancora per un po’; ma quella notte, a sua ignoranza, il mostro della insicurezza entrò per sempre in lei.


Moon
Naruto non riesce a dormire.
Ogni mese la stessa storia: la notte della luna nuova, lui rimane sveglio, a occhi spalancati.
Il debole scintillio delle stelle non gli bastava: lui, senza la confortante presenza della luna, non riesce a dormire.
Perché l’enorme, ingombrante luna era l’unica luce con cui riusciva ad assopirsi.

Con la lampada accesa, si sentiva un bambino vigliacco e debole, senza luce però la paura del buio gli si attaccava addosso, come una fastidiosa colla appiccicaticcia.
Nel buio non vedeva il sorriso di Iruka-sensei, non vedeva i divertenti capelli rosa di quella bella bambina con la fronte alta [«un giorno mi noterà!»], non vedeva niente.
Quel niente che lo circondava ovunque andasse: niente mamma, niente papà, niente amici, niente amore, niente conforto, niente baci prima di andare a nanna.
E allora Naruto si mette a sedere, stringendo le ditina attorno al lenzuolo, occhi spalancati.
No, la luce stellare non basta a illuminare la povera stanza, e tutto gli appare brutto, deforme, pronto ad attaccare.
E in mezzo a quel silenzio, la voce dentro sé è come un urlo in mezzo al deserto, che strepita e fruscia con un gatto [volpe] ammaliatore: «uccidi…uccidi… uccidili tutti…»
Naruto scrolla la testa, tappa le orecchie, ma la voce è dentro di lui, intorno, dappertutto: come cacciarla? E perchè ho una voce dentro me?
Butta la testa sotto il cuscino, e una lacrimuccia dispettosa rotola giù per la guancia rosea e morbida da bambino.
Ma quel mostro di morte dal sussurro persuasivo non si addolcisce, si accanisce ancora più contro il bimbo dai ribelli capelli biondi. E per tutta la notte, le macchie davanti ai suoi occhi chiusi a forza, saranno rosse e gocciolanti come sangue.


Hiroshi the bear
«Voglio andare a dormire…» mormora Anko fra le lacrime, asciugate prontamente dal polso.
Sebbene si atteggi da adulta, ha solo dodici anni.
Non più una lattante, ma nemmeno una vera adolescente.
Un infernale limbo, quando vorresti essere trattata da grande ma tieni ancora ben allineati i tuoi giochi, di cui ricordi tutti i nomi. Hiroshi l’orsetto, Ai la bambola, Yume la macchinina rosa.
Li ripete, Anko, come una litania, ricordo di un passato forse mai esistito.
Sottovoce, con la paura di infastidire lui, lui che le lecca una guancia con quella sua lingua viscida e schifosa, lui che la palpa senza giudizio, lui che la tiene rinchiusa come un animale in gabbia lontana dalla famiglia, lui, lui, lui.
Hiroshi l’orsetto, Ai la bambola, Yume la macchinina rosa…
Cerca di respingerlo, gli occhi nocciola ben chiusi, con la paura di urlare di terrore a incontrare quegli occhi gialli, gialli come il piscio.

-Fino a poco tempo fa, avrei detto gialli come il sole…- pensa scioccamente, mentre Orochimaru non le da tregua, l’attira di nuovo a sé, la tiene stretta.
Eppure non è molto più grande di lei, ha giusto una trentina d’anni, forse un po’ di più [ne dimostra cento].
«Voglio andare a dormire…» ripete Anko, sente i capelli appiccicarsi al viso, sente il fetore di lui addosso.
Hiroshi l’orsetto, Ai la bambola, Yume la macchinina rosa…
Vuole nascondersi sotto le coperte, tornare bambina, sentire [sognare] i passi ovattati della madre che la mattina viene a svegliarla, i suoi baci freschi, non questi umidi di Orochimaru.
Ma soprattutto vuole essere circondata dalle amiche tenebre, dove non riesce a vedere la sua gabbia, non vede lui, non vede niente, e spera sia tutto un brutto sogno, un incubo terribile.
Non può, non deve!, essere vero… ma nel frattempo i ricordi sfuggono, scorrono, si nascondono nella mente giocando, gridando vieni a prendermi!
Hiroshi l’orsetto, la bambola…?
Ma sa, Anko, che anche all’agognato buio, anche sotto le coperte, il mostro davanti a lei non la lascerà andare via. La rincorrerà nei sogni, strapperà i ricordi, afferrandoli con la lunga lingua.
«Perché vuoi andare a dormire, mia piccola Anko? Resta con me ancora un po’…»
Resta con il tuo mostro per sempre.


Dear Mummy
Gaara stringe le manine attorno alle sbarre della ringhiera del balcone, guardando il paesaggio con cipiglio severo.
A Suna è notte, un’altra notte illuminata da infinite, fastidiose, stelle. Preferirebbe non ci fossero proprio.
Preferirebbe ci fosse l’assoluto buio, perché allora nessuno lo noterebbe, cercherebbe, indicherebbe.
Vorrebbe morire, ecco la verità.
Ma non può [è già morto]. E più passano le notti insonni, più le sue occhiaie, spesse e neri, contornano quegli splendidi [diabolici] occhi acquamarina.
È grande, Gaara, per quanto piccolo. È grande dentro, è già cresciuto, ha già vissuto.
 Rimane in silenzio, senza niente da dire, covando odio, come un vecchio che porta rancore.
E rimarrà per tutte le notti future sveglio, aspettando un sonno che non verrà mai [aspettando la morte del corpo], mentre davanti ai suoi occhi scorrono immagini e sussuri del dolce, dolcissimo, mostro di sua madre.





***
Mmh. L'apice dell'ottimismo.
E vabeh, mi sono lasciata trasportare da Buio, l'incredibile, fantastico libro di Dacia Maraini.
Ok, queste mie piccole, minuscole storie [apparte a non essere nulla, in confronto alle sue] hanno tutte il tema del Buio » Mostri, mentre il libro della Maraini tratta di altro.
Comunque, prima di essere sbattuta a calci da Efp per pubblicità occulta, vi consiglio di leggerlo!*.*

Dedicato a Hipatya. Perchè segue le mie stupidissime shot facendomi sbrodolare con i suoi commenti. Spero ti piaccia una ff deprimente e tristissima ^^'

Nota! La ninna nanna di Sasuke ha questa traduzione: Dormi, dormi, piccolo, il sonno. Sei un buon bambino, ora vai a dormire. Sai dove
è andato il tuo infermiere? È andato a suo villaggio, non starà lungo... [è incompiuta, per chi volesse il resto basta contattarmi^^]

Grazie a tutti per aver letto!
sa











  
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