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Autore: monsieur Bordeaux    09/02/2014    2 recensioni
Anno 2030. Il mondo è scosso dallo scontro di due fazioni che lottano per il predominio globale. Da una parte l'Esercito Regolare, formato da soldati di diversa nazionalità e ben organizzato, che cerca la supremazia sulla Ribellione, divisa in piccole cellule di lotta sparse un po' ovunque. La guerra tra le due fazioni prosegue da molti anni, ma nessuna delle due riesce a spuntarla e per questo motivo viene allestita una squadra d'elite, detta "Falchi Pellegrini", il cui compito sarà quello di risolvere una volta per tutte le sorti del conflitto.
Come avrete intuito dal titolo, è una mia personale rivisitazione di questa saga.
Genere: Avventura, Comico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Serie: Metal Slug
Rating: Giallo
Genere: Comico/Parodia, Guerra, Azione, Avventura, Fantascienza
Avvisi: Crossover
Disclaimers: Tutti i personaggi presenti in questa fan-fiction appartengono ai loro rispettivi autori.
Note dell'autore:
- Per chi non lo sapesse, Metal Slug è una storica saga di videogiochi: è uno sparatutto bidimensionale in stile comico-demenziale, disegnato come se fosse un cartone animato. Durante la storia ripercorrerò alcune tappe, o per meglio dire missioni.
- Questa è una fan-fiction commemorativa, ovvero è una mia dedicata al "Scrivartista appassionato" e a tutto il forum. Per questo motivo compariranno nella storia, sottoforma di personaggi, il fondatore Hell-Boy e le due amministratrici Westlife e Mirai.
- Oltre ai personaggi di Metal Slug, compariranno anche alcuni personaggi tratti dagli Anime (Keroro, Black Lagoon e Excel Saga).



Capitolo 1 - Missione d'esordio
 

Un elicottero militare stava sorvolando una lussureggiante foresta tropicale, in un punto non precisato della Thailandia. Al suo interno due militari si stavano preparando alla loro missione, i loro nomi in codice erano Marco e Tarma. Il primo era il capitano dei "Falchi Pellegrini", un giovane soldato americano di origini italiane. Aveva i capelli biondi e sulla fronte indossava una fascia bianca, in parte coperta da un lungo ciuffo dorato. Quel giorno Marco indossava una maglietta bianca, un gilet rigido rosso senza maniche, pantaloni di tipo militare marroni e scarponi neri.
Seduto dall'altra parte dell'elicottero c'era Tarma, il vice di Marco. Soldato dai capelli marroni tendenti al rosso, era facilmente riconoscibile dai suoi occhiali da sole scuri, da cui non si separava mai. Aveva una tenuta simile a quella di Marco: il gilet era dello stesso modello, ma di color giallo e sulle spalle portava uno zaino con tutto il necessario per la missione.
Vicino al portellone dell'elicottero, in attesa di ordini, Marco continuava a fissare il paesaggio che aveva davanti a sé: l'intera foresta era illuminata dai raggi del sole, che esaltavano con intensità il verde degli alberi. La temperatura era molto alta e il cielo era del tutto sgombro, ma lentamente all'orizzonte si stavano formando delle nubi temporalesche; entro poche ore sarebbe arrivata la pioggia. Il capitano rimase ad ammirare questo spettacolo finché non vide una spia rossa accendersi sopra la sua testa. Era il segnale per i due soldati di prepararsi al lancio col paracadute.
«E' pronto, capitano?» domandò Tarma sistemandosi l'imbracatura.
«Certo!» esclamò Marco. Facendo un respiro profondo, i due si lasciarono cadere nel vuoto.

Accompagnati dal vento, i due spericolati militari atterrarono nelle vicinanze di una colossale statua in pietra che riproduceva la testa del Buddha, in una zona non troppo lontana da un accampamento della Ribellione. Proprio in quel momento Marco ricevette via radio una chiamata urgente: si trattava di colui che aveva fondato e addestrato i Falchi Pellegrini, il Boss. (Questo è il fondatore del forum, alias Hell-boy. N.d.A.)
Di questo individuo alquanto misterioso si sapeva poco o nulla, in pochi lo avevano incontrato di persona e solo Marco sapeva la sua vera identità. Il suo compito principale era quello di tenere costantemente informati i suoi sottoposti.
«Qual'è la situazione, capitano?»
«L'atterraggio è stato tranquillo, Boss! Ora ci muoviamo verso il campo nemico» rispose Marco rimanendo all'ombra della statua.
«Ottimo! Ma da adesso in poi dovrete fare molta attenzione: la zona davanti a voi è impervia ed è piena di ribelli! Detto questo... Good Luck!»
Nonostante la fiducia del Boss, Tarma non sembrava del tutto ottimista sulla missione e perciò si lamentava non poco...
«Dobbiamo affrontare un intero plotone di soldati armati solo di coltello, pistola e di una decina di bombe? Ma stiamo scherzando?!? Vorrei sapere chi è stato il cretino che ha ideato questo piano!»
«Sono stato io...» commentò il Boss, sentendo benissimo la lamentela in sottofondo. Tarma era così imbarazzo che a momenti stava per far cadere gli occhiali da sole.
«Lo scusi, Boss! E' la tensione che lo fa parlare!» chiarì Marco, cercando una scusa per giustificare le parole di Tarma.
«Ok. Però vi ricordo che avete l'autorizzazione ad usare qualunque tipo di arma troverete sul vostro cammino. Viaggiare leggeri è fondamentale in questo tipo di missione!» spiegò il Boss con voce un po' seccata. Questa volta Tarma sottovoce commentò: «Ci mancava proprio un pignolo in squadra!»
«Lo sappiamo, Boss!» rispose Marco. «Qui chiudo!»
Appena il capitano dei Falchi Pellegrini ripose la radio nella tasca del gilet, si voltò verso il suo compagno d'armi: «Smettila di fare quella faccia da pesce lesso e andiamo all'attacco!»
«Non aspettavo altro...» disse Tarma accennando un sorriso.

Attraversato qualche metro di giungla a colpi di machete, i due militari si ritrovarono all'entrata del campo dei ribelli. Si trattava di una zona paludosa, su cui giacevano dei rottami di sottomarini e di aerei di grossa stazza. La palude era in gran parte coperta da una foresta di mangrovie e da lontano si poteva intravedere un accampamento di palafitte, costruite in legno e fango.
A prima vista sembrava un villaggio di pescatori, ma in realtà era la base dei ribelli, brillantemente mimetizzata per ingannare i nemici.
«Bel trucco, ma ci vuole ben altro per fregarci!» affermò Tarma osservando l'accampamento con un binocolo.
«Ben detto!»
I due si scambiarono uno sguardo d'intesa e si lanciarono all'attacco di corsa, attraversando un vecchio pontile di legno, che finiva su un fiume prosciugato. Appena videro le sentinelle nemiche, riconoscibili dalle loro divise verdi, Marco e Tarma iniziarono a sparare all'impazzata. Superati i primi avversari, i due soldati saltarono giù dal pontile, per atterrare nei pressi di un sottomarino abbandonato, ricoperto di alghe: sembrava la carcassa di una balena sventrata.
In zona stavano per arrivare i rinforzi dei ribelli, ma prima di attaccare Marco notò una curiosa cassa bianca, su cui era impressa una grossa "H". Il capitano capì al volo che si trattava di un aiuto ricevuto dal Boss, in fondo era un tipo previdente! Nella cassa era presente l'Heavy Machine Gun, una mitragliatrice d'assalto che Marco usò subito per liberarsi dei ribelli che comparvero davanti a lui. Proseguendo la loro avanzata, la coppia arrivò finalmente alla base nemica. Rimanendo riparati dietro alcuni sacchi di sabbia, Marco e Tarma aspettarono l'arrivo dei ribelli.
Qualche secondo dopo spuntò da sopra una palafitta un ribelle, che si avvicinò ad un vecchio modello di altoparlante, di quelli che funzionavano a manovella.
«Stanno per dare l'allarme! Muoviamoci!» commentò Marco tenendo d'occhio il nemico.
«Un momento!» esclamò Tarma. «Cosa diavolo sta facendo quello lì?»
Il soldato avversario con una mano stava girando la manovella, mentre con l'altra stava ballando come John Travolta in "La febbre del sabato sera"!
«Ci sono problemi, capitano?» intervenne via radio il Boss.
«C'è un cretino che sta suonando l'allarme...» spiegò Marco.
«E allora? Che c'è di strano?»
«Lo sta facendo cantando "Stay alive"!»
Per mettere fine a quella scena, Tarma pensò bene di lanciare una granata verso l'improvvisato ballerino, facendolo saltare in aria.
«Ben fatto!» esclamò Marco.
«Già, ma avrei una domanda da fare al Boss: perché ci portiamo dietro granate della Seconda guerra mondiale e siamo nel 2030?»
«Problemi di budget!» rispose il Boss.

Avanzando nella base nemica, gli attacchi dei ribelli diventarono più insistenti. Si difendevano con tutto quello che avevano, perfino con delle grosse pietre appese alle palafitte, ma ci voleva ben altro per fermare i due militari dei Falchi Pellegrini. Quando la situazione si fece un po' tranquilla, Tarma notò qualcosa di familiare sotto una palafitta: era un piccolo carro armato grigio chiamato "Slug". Se all'apparenza sembra un rottame abbandonato, in armonia con il resto dell'ambiente, in realtà era un mezzo eccezionale, dotato di grande leggerezza e di agilità, tanto che riusciva anche ad effettuare dei piccoli balzi. Appena lo vide, Tarma ci salì subito a bordo.
«E vai! Funziona ancora!»
«Dal tono di voce, sembri un bambino che scarta i regali di Natale!» affermò il Boss.
«A questo punto, le chiedo scusa Boss!»
«Ma che furbacchione...» mormorò Marco.
L'entusiasmo di Tarma però durò poco, perché davanti a lui e al suo compagno c'era un nuovo ostacolo, un muro di tronchi molto resistente dove si erano rifugiati alcuni soldati nemici. Tarma era un po' preoccupato, il punto debole dello Slug era la resistenza, aveva una corazza piuttosto sottile.
«Merda! Non ci fanno entrare!» urlò Marco rifugiandosi dietro il carro armato.
«Ci penso io!» esclamò Tarma «Provo a bussare...»
Vedendo la torretta muoversi all'indietro, Marco capì che Tarma aveva sparato un colpo di cannone. Gli effetti del proiettile da carro furono devastanti, il muro e tutto ciò che c'era dietro vennero spazzati via in un attimo!
«Visto che con la gentilezza si ottiene tutto?» disse Tarma ridacchiando all'interno dello Slug.
«Attento! Ci attaccano da sopra!» gridò Marco correndo in avanti. Sopra il carro armato comparve un elicottero nero, che sganciò alcune bombe al suolo. Tarma riuscì ad evitarle all'ultimo secondo, poi gli sparò con la mitragliatrice dello Slug. Con l'aiuto di Marco, in breve tempo l'elicottero venne abbattuto. I due si ringraziarono a vicenda per il lavoro di squadra, ma non c'era tempo per rilassarsi: da lontano stavano arrivando alcuni carri armati nemici, dipinti di nero.
Lo scontro tra mezzi pesanti si svolse nei pressi di una cascata, che scendeva lungo una riva a gradoni. Nonostante i carri nemici fosse più potenti, l'agilità dello Slug era nettamente superiore e per Tarma fu facile sconfiggerli, grazie anche all'aiuto delle granate lanciate da Marco.
Arrivati in cima, Marco e Tarma si fermarono perché improvvisamente su tutta la zona si era creata una strana atmosfera. Tutto era diventato calmo e l'unico rumore udibile era l'acqua che scendeva lungo la riva: un suono veramente rilassate, irreale fino a qualche secondo fa. Sospettando una trappola, Marco avanzò con cautela, finché non si ritrovò davanti un cacciabombardiere abbandonato. Era come tutti i mezzi che aveva visto in precedenza, tranne che per un particolare: al posto del portellone c'era un grosso telo grigio.
All'improvviso il telo si sollevò, sotto di esso era nascosto un potente cannone al laser, con più bocche da fuoco. Appena lo vide Marco si gettò a terra per evitare i suoi colpi, mentre Tarma a bordo dello Slug si dovette impegnare per schivare i colpi successivi.
La tensione sul viso di Marco era evidente: i proiettili del suo Heavy Machine Gun era quasi finiti e Tarma nella battaglia precedente aveva consumato quasi tutte le munizioni del cannone. A quel punto il capitano decise di rischiare, sparando contro il cannone tutti i proiettili che gli erano rimasti nel caricatore. Anche il suo compagno stava per fare la stessa cosa, ma dovette rinviare l'attacco perché il cannone laser stava per sparare con tutte le bocche da fuoco, creando un potentissimo raggio laser dalle sfumature azzurre. Con abilità Tarma schivò il primo colpo abbassando il più possibile lo Slug, poi fece eseguire al suo carro un leggero salto, quanto bastava per evitare il secondo colpo, radente al suolo.
In seguito ci fu un attimo di tregua e Tarma ne approfittò per sparare le ultime munizioni che aveva a bordo. Dopo pochi secondi, davanti allo sguardo sollevato di Marco, il cannone laser si surriscaldò e poi esplose in maniera spettacolare, facendo quasi crollare la struttura dell'aereo su cui era appoggiato. Poco dopo un soddisfatto Boss contattò nuovamente i suoi sottoposti.
«Ottimo lavoro, ragazzi! Mission complete!»
«Siamo dei miti!!!» urlò Tarma uscendo dallo Slug e scambiando un cinque con Marco. «Non ci ferma nessuno!»
«Però questa volta ce la siamo cavata per il rotto della cuffia!» affermò Marco, un po' insoddisfatto.
«Ora non lamentarti anche tu della missione!» ribatté il Boss.
«Cambiando discorso, dov'è il resto della squadra, Boss? Non dovevamo incontrarci da queste parti?»
«C'è stato un cambiamento di programma... ma tranquilli! Saranno da voi entro poche ore. Voi intanto prendetevi un po' di riposo, ve lo siete meritato!»
Finita la conversazione, un pensieroso Marco si rivolse al suo compagno d'armi: «Non so perché, ma ho una brutta sensazione...»
«Riguardo alla missione di oggi?» chiese Tarma.
«No, parlo in generale. Temo che da qui in avanti le cose potrebbero prendere una brutta piega.»
«Io certe volte non ti capisco. Dovresti essere contento, e invece...»
«Già, hai ragione! Ora occupiamoci di sistemare la tenda per la notte!»
Improvvisamente sul volto di Tarma comparve una faccia terrorizzata, sembrava che avesse visto un fantasma. Marco lo fissò per qualche secondo e poi gli domandò: «Cosa c'è adesso?»
«Oh cazz... mi sono dimenticato la tenda!!!»
«COSA?!?»
«Ecco perché lo zaino mi sembrava troppo leggero!»
«Ma va a cagare!»


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