L’ora
della verità
P.O.V
SEBASTIAN
-Come
cazzo si fa a perdere una persona
dentro ad un ospedale? !- urlai vicino ad un esaurimento nervoso; da
quando ero
arrivato non avevo fatto altro che urlare contro tutto e tutti: le
pareti, le
infermiere, le lacrime inutili di Jeff e gli ingombranti silenzi di
Nick; ma soprattutto
avevo urlato contro il suo letto freddo,vuoto e troppo candido per
immaginarmelo lì: Thad era un tipo da rosso, una persona che
arde e non se ne
accorge mentre il bianco era morte,purezza e immobilità,
tutto l’opposto di
Thad.
Guardando
quella stanza pensai che era tutto sbagliato: avrei dovuto stargli
accanto,
avrei dovuto assicurarmi che quel bastardo ,che lui chiama padre, fosse
rinchiuso in una cella così stretta da soffocare ma adesso
Thad non si trovava
e il mostro é in circolazione pronto a fargli del male.
I
poliziotti non facevano nulla e forse era
quella la cosa che mi faceva venire voglia di uccidere e urlare contro
tutto e
tutti, loro se ne stavano lì ,davanti a me, a sorseggiare
stupidi caffè e
bisbigliare tra loro come se si stessero svelando segreti mistici.
Loro
ripetevano a chiunque chiedesse che “Il
signor Thaddeus Harwood è al momento non rintracciabile,
siamo in attesa di
altri ordini, senza di essi non possiamo attivarci per
ritrovarlo” e questo era
il cumulo di stronzate più grande che avessi mai sentito,
forse è per quello
che mi misi a ridergli in faccia appena me lo dissero con la voce
robotica di
chi sa tutto a memoria .
-SMETTETELA-
urlai dopo tre ore dalla sua
scomparsa, i piedi mi facevano male e la testa sembrava scoppiarmi -Lui
è
scomparso e noi non stiamo facendo un cazzo- dissi trattenendomi a
stento dal
piangere.
Jeff
sobbalzò continuando poi a singhiozzare
mentre Nick mi guardò.
Gli
occhi del moro parvero rianimarsi e -Alzati
amore- disse dolcemente a Jeff togliendogli piano le lacrime secche
dalle
guancie.
Il
mio stomaco si strinse dolorosamente a
quella vista: i suoi occhi, la sua bocca, il suo modo di muoversi,
tutto mi
ritornava in mente a ripetizione. Il moro mi fece un cenno con
la testa e si
incamminò verso il parcheggio ignorando le mie domande e
quelle singhiozzate
del suo ragazzo.
-Andiamo
alla Dalton- disse solo dopo essersi
messo al volante. Subito milioni di domande: Perché voleva
andare alla Dalton? Voleva
arrendersi? Voleva andare a farsi un sonnellino ristoratore per
affrontare
meglio la sua scomparsa e mettersi l’anima in pace? Oh ma io
non ci stavo, sarei
andato da solo a cercarlo lasciando quei due smidollati a fare la nanna
come
dei poppanti.
-Andiamo
a cercarlo Sebastian ora molla la
presa sul sedile- disse ancora Nick con i suoi modi pacati che tanto
odiavo, sembrava
avesse sentito tutti i miei dubbi e fui tanto stupito che -Leggi nel
pensiero
Duvall?- chiesi accasciandomi sul finestrino dell’auto, non
ricevetti risposta
alla mia domanda.
P.O.V
THAD
Le
pillole erano per terra, le avevo fatte
cadere per sbaglio.
Le
finestre spalancate mi facevano sentire il rumore del vento che
ululava, due
occhi neri che odiavo mi guardavano.
-Che
c’è Thaddy, pensavi che il tuo papino ti
avesse dimenticato?- il cuore pompava impazzito, la pelle perdeva
colore, la
vista si annebbiava, il corpo tremava come una foglia e la testa mi
diceva solo
una cosa “Sei in trappola”.
Non
mi ricordo molto del viaggio, le sue mani
mi graffiavano e mi tiravano i capelli costringendomi a non perdere
conoscenza perché
“Thaddy devi stare sveglio per papà, altrimenti
come fai a farmi divertire?”
aveva detto, la macchina nera che sapeva di muffa si sbilanciava sempre
verso
sinistra.
I
suoi occhi continuavano a guardarmi come se
fossi una gazzella che scappa dal leone, come una gazzella con una
zampa ferita
e che perde sangue, come una persona condannata per farla breve.
Non
mi ricordo neanche i calci e i pugni che
incassò il mio corpo, mi ricordo l’odore di whisky
sul tappeto, i suoi occhi
che mi guardavano e il mio sangue che colava ovunque guardassi, ero
insensibile
ai suoi colpi, alle sue parole piene di disprezzo che meritavo di
sentire ma
che la mia mente non riusciva a capire né a registrare.
La
testa diventava sempre più pesante eppure
ero immobile, le mani, le gambe, i piedi e tutti i miei muscoli non si
muovevano, sembravano paralizzati.
Stavo
chiudendo gli occhi quando due iridi
verdi mi guardarono, non riuscii a far altro che svenire.