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Autore: Panenutella    10/02/2014    7 recensioni
Lo guardai meglio: era un angelo….
Aveva il viso cordiale e aperto. Gli occhi neri e profondi come due pozzi guardavano attenti il mondo e risplendevano come la luna. I suoi lineamenti era fini e eleganti, proprio come quelli di un Elfo. La sua stretta era gentile, la sua pelle calda. I capelli corti e neri erano pettinati in modo sbarazzino. Indossava una maglietta bianca a maniche corte e mi salutò con un largo sorriso.
Nella mia mente contorta cominciai a sbavare come un mastino.
ATTENZIONE: la protagonista interpreta il ruolo della figlia di Galadriel – ovviamente inventata da me -, Hery, che ha una storia d’amore con Legolas e segue i protagonisti nel loro viaggio.
La maggior parte degli avvenimenti narrati in questa fic sono realmente accaduti, ma sono raccontati dal POV della protagonista.
Divertitevi, leggete e recensite in tanti! :)
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lesley's World'
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La mia vita sul set

Cap. 33 – Epilogo

Ero quasi arrivata a casa dopo aver comprato gli ultimi ingredienti per il dessert, quando Orlando mi chiamò al cellulare.
- Ciao OB! Sto proprio per svoltare l’angolo – risposi.
- Ciao Les! Sai cosa mi chiedo?
- Cosa? – Girai. La casa era proprio in fondo alla strada.
- Ci staremo tutti, stasera? Intendo, siamo invasi dal cibo!
Mi misi a ridere. – Probabilmente ne faremo fuori la metà prima di stasera: siamo dei cani a cucinare. La doccia è rimasta libera dai pacchi di pasta? Sto sudando come un maiale e mi sto amputando due dita.
- Ferma lì, vengo a darti una mano.
Chiuse la telefonata e, in fondo la strada, lo vidi uscire di casa e dirigersi di corsa verso di me. Posai per terra un sacchetto per spegnere il telefono.
Aveva indosso una canottiera blu e dei pantaloncini bianchi e appena arrivò mi diede un bacio, prima di prendere il sacchetto a terra e quello che tenevo in mano.
- Non dubito della forza nascosta nei tuoi ridicoli polsini, ma potevo aiutarti prima che perdessi una mano!
- Ridicoli polsini? – Gli avvolsi la vita con un braccio. – Bene, allora non verrò in tuo soccorso la prossima volta che non riuscirai ad aprire il barattolo dei sottaceti!
Orlando rise. – Chiamerò i pompieri…
Rimanemmo in silenzio attraversando la strada, fino alla porta di casa. Orlando posò i sacchetti sul patio e si stiracchiò.
- Bene – disse voltandosi verso di me. – Apri?
Lo guardai perplessa. – Io non ho le chiavi, Orlie. Sapevo che ci saresti stato tu in casa.
Mi rifilò un’occhiata raggelata. – Io non le ho prese perché pensavo che le avessi tu!
Ah, ok. Meraviglioso! Eravamo chiusi fuori casa. Orlando guardò sconsolato il pomello della porta e sospirò. Restammo qualche secondo a guardare sconsolati la porta.
- Due minuti fa ti sarei saltata addosso. Adesso lo farei solo per strozzarti.
– Mi sa che i pompieri li dovremo chiamare davvero… - Ribatté lui senza prestarmi attenzione.
- Se restiamo a fissare la porta non si aprirà per magia… Non c’è una finestra aperta? – chiesi, sperando di non dover scomodare i vigili del fuoco per una cosa così imbarazzante.
- Al piano di sotto no, o almeno quelle del salotto. Ho lasciato aperta solo quella piccola sopra i fornelli…
Dal patio partiva una staccionata bianca che separava il giardino anteriore da quello principale sul retro. Orlando mi aiutò a scavalcarla e mi seguì a ruota.
La cucina della casa era un’enorme vetrata con una portafinestra che dava sul giardino. Le finestre più grandi non si potevano aprire ma sopra i fornelli, in alto, c’era un piccolo infisso aperto verso l’interno.
Guardammo in alto. Era troppo in alto per poterci arrivare da sola…
- …ma forse se mi spingessi… - mormorai.
- Cosa?
- Prova a spingermi, magari ci arrivo!
Orlie mi guardò apprensivo. – Non sono sicuro, piccola. Potresti farti male… Sarebbe meglio chiamare qualcuno. Sean ha i numeri di tutti i fabbri della città! Mille grazie ad Elijah, ovviamente. – Scherzò.
Sorrisi. – Sarebbe un’idea, ma il burro si squaglierà!
- Da quando il burro è diventato più importante della nostra incolumità?
- Dal momento in cui sono uscita per l’ennesima volta dal supermercato e mi è passata la voglia di tornarci. Dai! Salto in groppa ai cavalli! Ci riuscirò. Forza, cinque dollari che ce la faccio.
Lui sospirò e si incrociò le mani davanti, porgendomele.
- Stai attenta, pazzerella.
Gli misi la mano sulla spalla e il piede sulle mani, poi appena mi alzò piazzai l’altra mano sullo stipite della finestra.
- Su! Su ancora un po’!
Sentii Orlie grugnire per lo sforzo e spingermi in alto e praticamente mi lanciai contro la finestra. Afferrai il davanzale con entrambe le mani e mi alzai sulle braccia. Imprecando, mi misi a cavalcioni della finestra, piegata su me stessa per via delle dimensioni ridotte.
- Les, occhio!
- Oh, zitto! Se tu sei cascato da un tetto non vuol dire che lo debba fare anch’io!
Mi sedetti tenendomi sulla cornice della finestra, allungai una gamba e poggiai il piede tra i fornelli e il bancone. Poi saltai a terra. Alla faccia di Orlando: io mi arrampico su alberi e case!
Corsi ad aprire la porta attraversando la cucina.
- Dovrebbero farci le Olimpiadi su questa disciplina, vincerei l’oro di sicuro! E ho anche vinto cinque dollari!
- Contaci! – Disse superandomi per portare i sacchetti in cucina. Cominciò a mettere le cose in frigo. – Già che ci sei mi lanci una mela?
Lo feci un po’ troppo forte e lo presi in fronte.

Stavo finendo di sistemare i piatti in tavola quando un gran miscuglio di voci e una scampanellata mi annunciarono che gli ospiti erano arrivati. La musica natalizia si diffondeva nell’aria dallo stereo nel salotto e sotto l’albero acceso di luci c’erano i regali.
- Buon Natale!
- Les, hai un po’ di spazio per il carretto in casa? – Fece Dominic avanzando verso di me.
- Il carretto?
Billy si scostò per mostrarmi la carriola piena di regali che Dom si stava trascinando dietro. – Non avevamo abbastanza braccia per portarli tutti, così abbiamo rubato quella da un giardino poco lontano da qui – spiegò.
Li guardai stranita. – E la macchina?
- L’abbiamo lasciata parcheggiata accanto alla slitta! – Rispose sorridendo Viggo.
- Non ci capisco più niente… - borbottai guardandomi in giro. Gli occhi mi si posarono oltre il giardino, lungo il marciapiede davanti alla casa. – Craig! – chiamai. Era proprio lì davanti. – Che ci fa lì la tua Harley?
- Non è la mia Harley – ribatté.
- E di chi è allora?
Gli Hobbit sghignazzarono. – È il tuo regalo di Natale!
Mi ci volle un istante per metabolizzare la notizia.
- Oh mamma mia! Oh mamma mia! – Mi lanciai per strada e corsi ad abbracciare la moto. – Oh mio Dio! Una Harley Davidson! Oddio!
I ragazzi ridevano, felici di vedermi così entusiasta.
– Ma Les, dov’è Orlie?
- E’ di sopra a farsi la doccia! – Risposi afferrando il manubrio della moto.
La mandria di bufali quasi si travolse per sorpassarsi l’un l’altro urlando e correndo verso il bagno. Sentii dal bagno Orlando urlare terrorizzato perfino dal marciapiede. Con uno sbuffo scesi dalla moto e tornai in casa, fermandomi nell’ingresso. Le urla dal bagno continuavano.
Craig spuntò dalle scale.
- A proposito, Lesley, la sai l’ultima? Peter te l’ha detto?
- Che cosa?
- Sorridi, piccola: hai la nomination all’Oscar!

Di tutti i Natali che avevo festeggiato con la mia famiglia, nessuno riuscì a battere quello che celebrammo in Nuova Zelanda. A parte sentirci dire che neanche le mosche avrebbero apprezzato la robaccia immonda che avevamo cucinato io e Orlando, andò tutto benissimo. Anche quando Dom rischiò di mandare a fuoco la casa perché si era messo in testa di saper fare un flambé. A momenti flambé lo diventavamo noi! E finimmo anche per scartare i regali ubriachi, anche se io non riuscivo a distogliere gli occhi dalla Harley parcheggiata nel giardino. Gli altri lo avevano notato, dal momento che non facevano altro che lanciarmi fra le gambe le cartacce dei regali e mettermi in testa i fiocchetti dei nastrini. Che stupidacchiotti.
Non finimmo mai tanto ubriachi quanto lo fummo a Capodanno, però. Eravamo squisitamente, visivamente e perdutamente fuori di testa. Qualcuno di noi era già finito in mare, e tutti avevamo la sabbia dentro alle mutande, anche se la maggior parte di noi non aveva idea di come ci fosse finita. A mezzanotte, sotto i fuochi di artificio, convinsi Orlando ad appartarci dietro ai cespugli. Lui non voleva starmi vicino perché temeva di potermi saltare addosso e non avevamo le protezioni necessarie, ma gli strappai la bottiglia di vodka fra le mani, costringendolo a rincorrermi fin là dietro.
Il mattino dopo ci svegliammo tutti ammassati l’uno sull’altro e completamente bagnati. Il Sole mi faceva male agli occhi e, per quanto mi sforzassi, da mezzanotte in poi non ricordavo più niente. Solo la corsa fino ai cespugli, poi il buio. Nemmeno Orlando aveva ricordi di quel lasso di tempo.
Ma qualcosa di quella notte rimase. Lo capii dalla striscia rosa che campeggiava sul test di gravidanza. Mi ero già accorta sul volo per New York di avere un ritardo di parecchi giorni, e adesso quell’affarino di plastica bianca mi diceva che aspettavo un bambino.
Dalla finestra del bagno di casa mia si scorgeva lo skyline della città, scurito dalle ombre del crepuscolo. Non che in quel momento mi interessasse molto.
- Non puoi dire sul serio – balbettò Orlando, guardando il test che tenevo in mano.
- Se è rosa vuol dire che sono incinta, Orlando!
- Ma… abbiamo usato tutte le protezioni necessarie… - Si sedette sul gabinetto e si passò una mano sugli occhi. – Quando può essere successo?
- Ogni volta abbiamo preso le precauzioni giuste, non può essere stato un incidente! A meno che… - trattenni il fiato. – Oh, Signore! Capodanno!
Mi guardò terrorizzato. – Dio mio, che cosa abbiamo fatto?
Mi poggiai contro il lavandino. Flash cominciarono a balenarmi davanti agli occhi. I fuochi d’artificio che scoppiavano in cielo, le grida di gioia che si levavano dalla spiaggia… e io e Orlando, nudi dietro ai cespugli. – Oh, no.
- Che cosa facciamo? – Farfugliò. – Non posso avere un figlio, non sono pronto! Ho ventun anni, Cristo Santo!
- Credi che io sia pronta invece? Ne ho solo diciotto! Mio padre ci farà secchi!
- Lesley! È pronta le cena! – La voce di mia madre passò attraverso la porta.
- Siamo morti. Siamo fatti secchi, ammazzati, trucidati. Peter ci taglierà la testa. – Borbottai aprendo la porta e andando in corridoio.
- Mi preoccupa di più mia madre, a dire la verità – replicò Orlando, seguendomi a ruota.

Quella settimana ebbi nausee per tutto il giorno. Continuavo a correre in bagno, e a momenti mi strappavo i capelli dalla tensione. Orlando non era da meno.
Ma non ero incinta; poche ore prima della premiere di New York del film, il ciclo arrivò. Feci un altro test di gravidanza, e scoprii che il primo era un falso positivo. Il ritardo era causato dallo stress e dalla tensione provocata dal ritardo, almeno questo lessi sui forum su Internet. Questo però mi fece riflettere ancora una volta sul mio rapporto con Orlando, e da quel momento in poi decisi di assumere la pillola anticoncezionale. Non saremmo incappati in una situazione analoga in futuro.
La Compagnia dell’Anello venne apprezzata in tutto il mondo. Molti attori che erano stati i miei miti mi fecero i complimenti per l’interpretazione, e c’erano sempre più ragazzine che mi venivano a chiedere un autografo travestite da Hery. Il mondo ci amava e non vedevamo l’ora che arrivasse la Cerimonia degli Oscar a Los Angeles.
Quell’anno, però, non vinsi la statuetta d’oro. La giuria ritenne che Jennifer Connelly lo meritasse più di me, ma non li biasimai. La Compagnia dell’Anello si rifece vincendo quattro premi, e il record d’incassi internazionale. Il mio debutto a Hollywood non avrebbe potuto essere migliore.

Le riprese delle Due Torri durarono solo tre mesi, la maggior parte dei quali trascorsi nella ricostruzione del Fosso di Helm. Un’esperienza durissima: dormivamo di giorno e lavoravamo la notte, tutte le notti di quasi tutta la settimana. Eravamo diventati dei fantasmi, ombre verdoline che assumevano un aspetto normale solo grazie agli strati su strati di cerone che ci applicavano tutti i giorni al crepuscolo. Gli unici momenti di svago, in quella location, furono le danze che improvvisavamo con le armi degli Uruk Hai – e le idee che ne ricavava Peter – e gli scherzi a Sir Ian McKellen – Billy che gli rubava il the e i biscotti a metà delle riprese. Molti di noi si beccarono l’influenza per colpa della pioggia, naturale o artificiale che fosse. Orlando si divertiva come un pazzo a combattere, Viggo ci metteva l’anima e io avrei preferito scene più tranquille. Ma si doveva fare, no?
Quasi ci inchinammo al sorgere del Sole, quando girammo la cavalcata dei Rohirrim giù dalla collina del Fosso alla fine della battaglia. Anche se, in seguito, quella scena venne rifatta quasi interamente al computer. Il mio ruolo nel secondo film della saga richiedeva senza dubbio più impegno rispetto al primo ed era senza dubbio più dinamico, dovendo fare molte più cose e recitare molte più battute. Molto spesso, se mi sedevo per terra, non avevo più la forza di alzarmi.
All’uscita del film ci accolsero folle urlanti di fan che gridavano i nostri nomi e ci fermavano sul red carpet sventolando i giornali per farsi fare un autografo. Ci osannavano, e osannavano anche Peter, la mente di tutto. Il nostro giro per il mondo per le premiere richiese molta energia ma ci diede anche gioia e momenti di relax, fra noi che ormai non potevamo fare a meno uno dell’altro. Il film vinse due premi Oscar e ricevette quattro nomination. Un po’ poco, rispetto all’impegno che ci avevamo messo.

Il Ritorno del Re fu l’ultima fase della nostra avventura. Come tappa finale, richiedeva uno sforzo enorme a ciascun membro del Cast e della crew. Era la fine di tutto, anche del mio personaggio. Quante lacrime alla fine delle scene di ognuno di noi. I primi ad andarsene furono Andy, Bernard, Miranda, David, Liv e Cate. Ma non piansi mai quanto alla fine delle scene della Compagnia vera e propria. Non fui l’unica, però. Tutti erano tristi, per la fine della nostra convivenza.
La prima ad andarmene fui proprio io: la mia ultima scena era quella della mia morte. Come “premio del mio impegno” – così disse lui-, Peter mi concesse di non avere un copione: avrei scelto io le cose da dire.
Gli orchi erano tanti intorno al Nero Cancello. Hery era completamente soggiogata al volere dell’Occhio e tentò di fare uccidere Aragorn da un troll. Ma la vista del suo amato Legolas e della fine dell’Anello ormai prossima, rinsavì. Parò il colpo del troll col proprio corpo, mentre Legolas urlava il suo nome e intorno a loro la battaglia cessava.
Sdraiata nella polvere, col silenzio del cast e della crew intorno a me, evitai lo sguardo di Legolas che mi teneva fra le braccia e guardai direttamente il cielo plumbeo. Il silenzio era assoluto, e per darmi la carica giusta pensai un’ultima volta al dolore che avevo provato quando avevo scoperto della morte di Jess.
- Mi sento vuota, come se tutti stessero correndo e io fossi l’unica a non potermi muovere. Che cosa è successo? Pensavo di essere forte, Legolas, ma non lo sono. Quello che ho fatto mi si ritorce contro. Non merito di morire da eroe e di ricevere una sepoltura degna della mia stirpe. Ho infangato il nome di Galadriel Dama della Luce con le mie azioni… Legolas, il cielo si spezza… - Alzai una mano e sfiorai il viso di Orlando, che mi fissava con gli occhi umidi, accarezzandolo. – Ti amo.
Lasciai cadere pesantemente la mano e feci annebbiare il mio sguardo, fissando il vuoto al posto del suo viso.
- Stop! – Gridò Peter dopo un paio di secondi. Orlando si asciugò gli occhi e mi aiutò ad alzarmi, mentre Peter arrivava verso di me con gli occhiali bagnati di lacrime e mi abbracciava. Dalla crew partì un applauso e anche io scoppiai in lacrime.
- Grazie, Peter. Grazie per tutto. – Gli dissi nell’abbraccio. – Grazie, Peter.
- Grazie, Les. – Rispose. Rimanemmo lì a dire “grazie” più e più volte. Alla fine Peter sciolse l’abbraccio, e Fran urlò:
- Hery, signore e signori!
Un altro applauso partì dalla crew e si levò verso il cielo. Orlando mi abbracciò forte, e salutai tutti quanti abbracciandoli uno ad uno.
Avevo finito le riprese del Signore degli Anelli. La mia vita sul set non sarebbe stata mai più la stessa. La mia vita in generale sarebbe stata diversa.
A poco a poco tutti terminarono di girare. Alla sua ultima scena Orlando ruppe l’arco e ci rimase malissimo. Dom non riuscì a terminare il suo discorso di commiato per le lacrime che gli facevano morire la voce in gola, e l’ultima scena di Elijah fu uno spettacolo davvero straziante.
La nostra vita non sarebbe davvero mai più stata la stessa: saremmo rimasti per sempre legati fra noi e legati a quel luogo. E per ricordarci del nostro legame fraterno e indissolubile, tutti noi della Compagnia ci facemmo tatuare il numero “9” scritto in elfico, ognuno su una parte diversa del corpo. Io scelsi il pezzo di pelle poco prima del pollice sinistro.
E così finirono le riprese del Signore degli Anelli.

Qualche giorno dopo la premier di Pechino del Ritorno del Re, Peter mi chiamò per annunciarmi che, come due anni prima, avevo ottenuto la Nomination all’Oscar per la mia interpretazione.

***
29 febbraio 2004, Los Angeles, Kodak Theatre.
76esima edizione degli Academy Awards

Chris Cooper si avvicinò al microfono e iniziò a parlare con spavalda sicurezza.
- Gli artisti scelgono un ruolo perché possono avere un personaggio e farlo proprio. Queste cinque superbe attrici hanno fatto di più che averlo soltanto: hanno creato alcuni dei momenti migliori dell’anno nei film. Le candidate per la migliore attrice non protagonista sono: Shohreh Aghdashloo, per “la casa di sabbia e nebbia”; - Applauso. – Patricia Clarkson, per “le schegge di April”; - Applauso. – Marcia Gay Harder, in “Mystic River”; - Applauso e qualche fischio. – Lesley Dalton, in “Il Signore degli Anelli: il Ritorno del Re”; - Applauso e fischi. La telecamera mi riprese e mi guardai intorno nervosa. – Renée Zellweger, in “ritorno a Cold Mountain”. – Applauso. Chris aprì la busta e lesse il contenuto. - E l’Oscar va a… Lesley Dalton, per “Il Signore degli Anelli: il Ritorno del Re”!
Il pubblicò dal pubblico si levò un forte applauso e delle urla, mentre il mio cuore perdeva un battito. Sorrisi, e mi voltai a baciare Orlando. Poi mi alzai, mentre Dom e Sean si alzavano per farmi passare e mi davano pacche sulle spalle ridendo e applaudendo forte. Passando per il corridoio di velluto mi fermai ad abbracciare forte Peter, mentre l’applauso continuava e nell’aria si diffondeva la musica di Howard Shore. Poi mi avviai verso il palco, salii le scale bianche bordate di nero. Il mio vestito rosa pallido frusciava dietro di me e mi misi a ridere mentre prendevo la statuetta dalle mani di Chris e gli davo un bacio sulla guancia. Strinsi l’Oscar come se fosse stato l’unico pezzo di legno in mezzo al mare durante una tempesta. Lo guardai con adorazione: ce l’avevo fatta!
Mi avvicinai al microfono mentre la musica scemava e l’applauso si placava lasciando posto al silenzio.
- Yuppie! – Squittii nell’apparecchio. Qualcuno ridacchiò. – Sono su di giri! Grazie, grazie davvero. Vorrei ringraziare l’Academy Awards per questo onore; Peter Jackson – lo cercai fra la folla. – Senza di te sarei ancora a scuola! – risate. – La New Line Cinema, e i miei colleghi del cast. Siete i miei fratelli e vi voglio un mondo di bene. E se mi è concesso vorrei dedicare questo Oscar a Jessica Bertram. – Mi schiarii la voce e alzai lo sguardo e la statuetta verso il soffitto. – L’11 settembre ti a portato via troppo presto. A te, Jess. Grazie.
Un altro applauso partì dalla platea. Un applauso commosso dalle mie parole perché, anche a due anni dalla tragedia, ancora nessuno dimenticava. Mi avviai verso le scale per tornare a sedere, ma qualcosa mi fermò.
- Lesley!
Era Orlando. Mentre tutta la platea si girava a guardarlo percorse di corsa il corridoio fra i sedili e salì le scale con due balzi, lasciando tutti a bocca aperta. Mentre lo fissavo esterrefatta si avvicinò al microfono e iniziò a parlare.
- Chiedo scusa per l’interruzione, signore e signori, ma non sarei riuscito a resistere ancora. – Si girò verso di me, impietrita sulle scale. – Les, tesoro. Due anni fa, in Nuova Zelanda, ti chiesi di sposarmi. Tu hai risposto che eravamo entrambi troppo giovani per pensarci. Quindi ora… - Orlando si inginocchiò sul palco e tirò fuori dalla tasca dei pantaloni una scatolina di velluto blu, mentre il pubblico tratteneva il fiato e qualcuno (forse Liv) lanciava gridolini estasiati. – Lesley Dalton, vuoi concedermi l’onore di sposarmi?
Potete indovinare che cosa risposi.

“Il Signore degli Anelli: il Ritorno del Re” entrò nella storia per aver vinto più premi Oscar nella storia del cinema, insieme a “Titanic” di James Cameron e “Ben Hur”: undici, scintillanti e strameritate statuette.
Il colpo di scena di Orlando alla notte degli Oscar fece troppo scalpore e i giornalisti da lì a due mesi non fecero altro che starci col fiato sul collo, perciò decidemmo di non sposarci più. Ufficialmente, almeno.
In una soleggiata e fresca mattina di maggio 2004 mi ritrovai a percorrere un molo di legno chiaro sul lago di Queenstown, nei giardini di Villa del Lago, diretta all’ arco di fiori bianchi poco lontano da me. Passando fra le due file di poche sedie bianche, mio padre mi accompagnava stringendomi il braccio con gentilezza e commozione. Il mio vestito di Lazaro frusciava sul tappeto bianco poggiato sull’erba. Non avevo occhi che per la mia meta. Il vicario che mi aspettava con il libro in mano, Craig alla sua destra, pronto per farmi da testimone, Viggo alla sua sinistra, testimone di Orlando. Liv che mi reggeva lo strascico del vestito. E Orlando, che mi guardava sorridendo emozionato, non vedendo l’ora che io allungassi il passo e lo raggiungessi subito per terminare la tortura dell’attesa. Vestito con uno smoking nero e una camicia bianca, quando ero a due passi da lui si asciugò una lacrima che rischiava di scendergli sulla guancia. Anche io dovevo combattere con le lacrime di emozione per non rovinare il trucco perfetto.
Finalmente arrivammo all’arco di fiori. Mio padre mi fece il baciamano e mi consegnò ad Orlando. Ci sorridemmo estasiati.
- Potete sedervi – disse il vicario rivolto agli invitati. Io e Orlando ci voltammo un momento verso di loro.
Mia madre e mio padre in prima fila. I genitori di Orlando dall’altra parte. E sparsi, Elijah, Sean, Dominic, Billy, Bean, Liv, Sir Ian, zio Ian, Peter, Fran, Philippa, David, John, Bernard, Miranda, Emma, Linnie, Andy e Barrie. In piedi poco davanti al padre la piccola Alexandra reggeva un cuscino di raso su cui erano poggiate due perfette riproduzioni dell’Unico Anello – con l’aggiunta di un minuscolo smeraldo nella mia.
 Avevamo invitato solo i nostri amici più cari e i nostri genitori per la cerimonia più intima della storia dei VIP, facendo loro giurare di non farne parola con nessuno. Quel giorno sarebbe rimasto solo un segreto, per non dare alla stampa la gioia di avere dei croccantini su cui buttarsi.
- Signore e signori, siamo qui per riunire i qui presenti Orlando Bloom e Lesley Dalton nel vincolo del matrimonio. Se qualcuno è contrario alla loro unione, che parli ora o taccia per sempre.
Nessuno fiatò.
Ed ora il mio nome è Lesley Bloom, nata Dalton.

Siamo giunti alla fine. Questa per me è davvero la fine di un’era!
So che nessuno dei miei cari lettori si aspettava di quest’ultimo capitolo così improvviso… avrei voluto continuare all’infinito, ma tutto prima o poi deve finire. Così anche questa fanfiction, con cui ho passato quasi quattro lunghi anni della mia vita. Lesley e i suoi amici mi hanno riempito le giornate per tutto questo tempo, e mi mancheranno molto. Così come mi mancheranno le puntuali recensioni di Tetide e degli altri recensori!
Posso solo ringraziare tutti i lettori che mi hanno seguito con fedeltà e costanza nel corso di tutta la fanfiction, quelli che sono venuti e andati, quelli che si sono affacciati alla storia solo per un paio di capitoli, e anche i lettori silenziosi, quelli che mi hanno seguito senza parlare, come ombre che mi tengono compagnia.
La mia vita senza Lesley, Orlando, gli Hobbit e gli altri non sarà più la stessa. Ma magari torneranno con degli Spin Off, se mi faranno il regalo di farmi ancora visita. Magari mi dedicherò ad altri progetti e non toccherò mai più questa storia. Non si può dire cosa mi riserva il futuro.
Posso solo limitarmi a ringraziare in particolar modo Manubach96, Tetide, Stargirl1998, innamoratahobbit, e Klood e Niniel. Grazie a tutti voi per avermi dato tanto.
Vi voglio bene.
Panenutella, o Nut.
   
 
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