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Autore: DoyouknowDumbledore    10/02/2014    1 recensioni
-'giorno- dissi, con la voce impastata dal sonno. Più che altro, sembravo un orso che si svegliava dal letargo.
-Buongiorno, tesoro… Giornata no?- chiese mio padre in tono apprensivo, chiudendosi la porta alle spalle -Agitata per la scuola?
BAM, colpita in pieno. La scuola aveva sempre rappresentato un problema per me. Ero sempre nel mirino degli scherzi più idioti, e quando ero un po' più fortunata semplicemente mi ignoravano.
La mia ultima e vera amica risale ai tempi delle elementari. Poi lei si trasferì in Giappone con la sua famiglia, e io rimasi sola. Mio padre lo sapeva, e ogni anno mi faceva andare in una scuola diversa. [...]
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Lindsay è una ragazza timida. Sin dal primo giorno di scuola viene odiata da tutti. Le affibbiano il primo soprannome e la deridono.
Tutti tranne Alex. Sempre circondato da amici, è la fonte dell'interesse di Lindsay.
Riuscirà la ragazza a sconfiggere la timidezza e dichiararsi?
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Driin
Aprii gli occhi lentamente. La testa mi faceva malissimo e il suono della sveglia mi rimbombò nelle orecchie, diventando insopportabile.
Driin
Quando mi sarei decisa a buttare quell'affare del demonio? Essere svegliata ogni volta a quell'ora era già un trauma di suo; figuriamoci il rumore che faceva...
Driin
Presi la sveglia e la lanciai dall'altra parte della camera, la testa ancora affondata nel cuscino. Emisi un mugolato di gioia quando quel coso smise di suonare. 
Mi alzai lentamente, guardandomi attorno. La luce di un sole settembrino irrompeva dalla finestra, urlando "SVEGLIA! INIZIA UN ALTRO SCHIFOSO GIORNO!". Come se non bastasse, era anche il mio primo giorno nella nuova scuola.
Mio padre entrò in camera.
-Lindsay, che succ..- cominciò, ma si interruppe quando vide la sveglia a terra. 
-'giorno- dissi, con la voce impastata dal sonno. Più che altro, sembravo un orso che si svegliava dal letargo.
-Buongiorno, tesoro… Giornata no?- chiese lui in tono apprensivo, chiudendosi la porta alle spalle -Agitata per la scuola?-
BAM, colpita in pieno. La scuola aveva sempre rappresentato un problema per me. Ero sempre nel mirino degli scherzi più idioti, e quando ero un po' più fortunata semplicemente mi ignoravano.
La mia ultima e vera amica risale ai tempi delle elementari. Poi lei si trasferì in Giappone con la sua famiglia, e io rimasi sola. Mio padre lo sapeva, e ogni anno mi faceva andare in una scuola diversa. Penso fosse convinto che avrei finalmente fatto amicizia, da un momento all'altro, ma a me non è mai risultato possibile. 
-Un po'.- ammisi.
-Vedrai, andrà bene!- lo diceva ogni volta, ma non andava mai bene. Mi diede un buffetto sulla fronte e uscì dalla mia camera.
Mi cambiai, mi spazzolai i denti e scesi a fare colazione. Per poco non venni travolta dai miei fratelli, che sono sempre stati molto poco delicati: Jonah aveva 18 anni, mentre Alec 6. Io ero la secondogenita, ne avevo 17. Ed ero l'unica ad avere i capelli rossi e gli occhi grigi di mia madre.
I miei fratelli avevano i capelli neri e gli occhi azzurri, come mio padre.
Ci sedemmo attorno al tavolo per fare colazione. Da quando i miei avevano divorziato, mio padre aveva dovuto imparare cucinare... ma ancora non gli riusciva molto bene. I toast erano completamente bruciati, quindi optai per il succo d'arancia; avrei mangiato qualcosa a scuola.
-Oddio, L! Dobbiamo andare- disse Jonah dopo aver guardato l'orario ed essersi alzato di scatto dalla sedia -Le lezioni iniziano tra dieci minuti, e in più devi presentarti in auditorium a prima ora: ti sei iscritta al club di teatro!
Io e mio fratello nella stessa scuola. Un incubo che diventava realtà. Ma mio padre aveva pensato che sarebbe stata un'ottima idea, e che mio fratello mi avrebbe protetta dai bulli. 
Certo, come no.
Mio fratello si preoccupava tanto solo perché doveva arrivare in tempo al suo appuntamento con la fighetta della scuola, Karen Forbes, saltare le lezioni e fare chissà cosa con lei.
La conoscevo molto bene, visto che era sempre a casa nostra e costantemente attaccata alle labbra di mio fratello. In più non m'è mai piaciuta: chili di trucco, vestiti scollati... E non l'ho mai tenuto nascosto! La sua gamma di soprannomi (Che non usavo mai davanti a lei, ovviamente) era vastissima, ma il mio preferito era Karen-Reggisenoimbottito. E comunque, speravo soltanto di non ritrovarli nei corridoi mentre si scambiavano "effusioni".
Mi alzai, presi le mie cose e salutai mio padre e Alec prima di uscire di casa.
Il cielo era grigio, proprio come il mio umore. Era a dir poco incredibile la velocità con cui era cambiato il tempo. 
Presi il casco che mi porgeva mio fratello –Come va con MissTetteFinte?- chiesi, salendo sulla moto.
-Mi ha piantato.- rispose, senza giri di parole.
-Oh, davvero?- chiesi, con finto tono addolorato. Niente più limonate imbarazzanti. Niente più gemiti dalla camera di Jonah, talmente forti da farmi venir voglia di trasferirmi in Messico e vendere Tacos.
-L'ho trovata con un altro.
-Aspetta… e ti ha scaricato lei?!- dissi trattenendo una risata.
-Sì, la cosa è alquanto strana.- disse lui, ridendo e mettendo in moto. Gli edifici della città iniziarono a sfrecciarmi accanto mentre l'Harley di mio fratello volava sull'asfalto. L'aria di metà Settembre mi schiaffeggiava il viso furiosamente, mentre la moto prendeva sempre più velocità. 
Avevo giurato a me stessa che prima o poi avrei rubato quella moto a mio fratello e sarei andata a fare un giro dell'America. Ma poi pensavo agli anni di lavoro che mio fratello aveva dovuto fare per permettersela, al proprietario del ristorante dove aveva lavorato che lo trattava come un Elfo domestico di Harry Potter, e decidevo che era meglio tralasciare. Avrei lavorato per comprarmi un'Harley tutta mia. 
-Se stai pensando di fregarmi la moto, scordatelo.- disse mio fratello non appena arrivammo davanti al cancello della scuola. Sapeva benissimo che amavo la sua moto, e d'altro canto io non facevo niente per nascondere la mia passione. 
-Sai come la penso. Ne voglio una tutta mia, e mi metterò a lavorare duramente pur di comprarmene una.- dissi fiera, scendendo dalla moto a malincuore. Feci segno a mio fratello di aiutarmi a togliere il casco, e si mise a ridere.
-Vorresti una moto tutta tua, ma non sai nemmeno toglierti il casco. Tu si che arriverai lontano, sorellina.
-Sta' zitto e aiutami.- dissi seccata.
-Comunque, il padre di un mio compagno di classe è il proprietario di una biblioteca. Il mio amico lavora lì, e mi ha chiesto se conosco qualcuno che potrebbe essere interessato ad un lavoro. Roba del tipo sistemare i libri, se non ricordo male. Gli ho detto che avrei cercato, e dato che sei fissata con i libri…- non ebbe il tempo di finire la frase perché gli saltai addosso, abbracciandolo.
-Tu che mi aiuti… il tuo amico ti ha pagato per cercare qualcuno?- chiesi, staccandomi da Jonah.
-No- rispose lui -ma mi avrebbe fatto piacere. 
Gli diedi una gomitata sull'avambraccio, ma sbagliai la mira e presi il casco. Trattenni un urlo di dolore e feci finta di niente, giocando con il mio casco. Era una scocciatura dovermelo portare in giro. 
-Almeno adesso hai qualche speranza di comprarti la moto, no?- disse, mentre ci incamminavamo verso l'ingresso, accompagnati dal suono della campanella. 
-Vuoi che ti ringrazi? 
-Beh, mi farebbe piacere!
Presi fiato, prima di cominciare a parlare senza pause: -Oh mio giovane, prodigioso, bellissimo eroe, non dovevi! Grazie mille, mi hai salvato la vita! Non so come avrei fatto senza di te. Sarei morta con il solo sogno di un'Harley fantasterrima come la tua! –Espirai soddisfatta. -Contento?
-... Ricordami di non chiederti più di ringraziarmi.
-Come vuoi tu!
Attraversammo il cortile ed entrammo nell'edificio. 
A confronto, Versailles era una catapecchia. La scuola sembrava quasi un albergo. L'atrio era enorme: pavimenti in marmo bianco e muri che sembravano appena dipinti. Davanti a noi c'era una grande scala che portava alle aule, tutte posizionate al piano superiore. Il piano inferiore era riservato al bar, alla segreteria, gli uffici dei professori e del preside, alla palestra e all'auditorium. 
-La segreteria è da quella parte!- disse mio fratello, guidandomi verso una finestrella dalla quale potevo intravedere la sagoma di una donna.
-Salve. Sono nuova…- dissi alla segretaria.
-Oh, ciao tesoro. Dammi solo un attimo!- Disse la donna grassoccia senza alzare lo sguardo dalle mille carte che aveva sotto il naso. Aveva un aspetto un po' strano: capelli castani raccolti in uno chignon che sembrava una patata, occhiali dalla montatura rosa che facevano a cazzotti con la maglia rosso vivo. 
–Come ti chiami?- chiese lei.
-Lindsay Gardner.
-Lindsay Gardner…- ripeté la donna cercando qualcosa in quella montagna di fogli. -Ecco a te.- Mi fece, passandomi due fogli. -Quella è la piantina della scuola, mentre sull'altro foglio c'è l'orario delle lezioni della tua classe. Sei nella 3ª A. Le classi sono tutte al piano di sopra!- e mi sorrise materna. Poi si voltò verso mio fratello, e il suo sorriso svanì. 
-Jonah.
-Elizabeth.
-Siete davvero fratello e sorella?- chiese stupita la donna.
-Se i test del DNA non sbagliano, sì.- disse mio fratello ridendo.
-Oh cielo…- Elizabeth si avvicinò al mio orecchio -Tesoro, non farti portare sulla cattiva strada da tuo fratello, intesi?- sussurrò, in tono abbastanza alto da farsi sentire da Jonah.
-Ok, ci manca solo che tu e mia sorella iniziate a cooperare per farmi impazzire!- disse lui per tutta risposta, prendendomi per il polso.
-Quando smetterai di essere continuamente chiamato nell'ufficio del preside, forse ti lascerò vivere in pace!- Disse la donna, mentre io e mio fratello ci allontanavamo.
-Sembra simpatica.- dissi ridendo.
-Non sai quanto.- rispose ironico -Non puoi neanche lontanamente immaginare il gusto sadico che prova nel venirmi a chiamare in classe, quando devo andare dal preside.
-Beh, non la biasimo! Anch'io ci troverei gusto!
-Hey, non costringermi a chiedere a qualcun altro per quel lavoro!
-Ok, ok. 
-Comunque la tua classe è questa.- disse Jonah, fermandosi davanti ad una porta.- Io devo andare, sono già abbastanza in ritardo. Per l'orientamento non contare più su di me. Perciò ciao, arrivederci, au revoir, in bocca al lupo, bla bla bla…
-… Wow.
-Che cosa?
-Probabilmente è stata la cosa più carina che tu mi abbia mai detto nei diciassette anni della mia vita. Sono commossa.
-Come no.- disse lui sorridendo, e si allontanò. 
E poi, d'un tratto, mi sentii vuota. Sola. La temperatura sembrava essere scesa velocemente, e le mie gambe avevano la consistenza del budino. Feci per bussare timidamente alla porta, quando mi trovai Elizabeth accanto. Per poco non urlai.
-Non puoi entrare sola, tesoro.- Disse, bussando. Entrò in classe e mi annunciò con fare teatrale- Ragazzi, una nuova alunna! Tesoro, come ti chiami?
Voglio sparire. -Lindsay… Lindsay Gardner…
-Accoglietela con calore! Era la prima della classe!
Perfetto. Quella donna mi aveva scavato la fossa. Abbassai lo sguardo. Sorprendentemente, le mie scarpe erano diventate veramente interessantissime. Elizabeth uscì dall'aula, ed io rimasi in piedi accanto alla porta.
-Bene, Lindsay, puoi andare a sederti in fondo alla classe. Lì c'è un posto libero.- disse il professore con un sorriso.
Andai a sedermi nell'angolino, cosa che sembrò non fare molto piacere alla ragazza seduta accanto a me.
"Iniziamo bene." Pensai.
La lezione di letteratura fu orribile. Fui l'unica ad alzare la mano per rispondere alle prime quattro domande del professore. Smisi quando mi accorsi che praticamente tutta la classe mi guardava male, e mi limitai a segnare le risposte sul quaderno.
Fui sollevata quando una donna sulla quarantina entrò in classe, annunciando l'incontro del club di teatro.
Uscii dalla classe insieme ad altre sei ragazze. Mi accorsi che il professore stava leggendo le risposte sul quaderno, e successivamente guardò me, sorridendo amaramente. 
Sapevo che le risposte erano giuste. Questo mi fece arrossire, e quando tornai in me seguii le altre e andammo in auditorium. 



Al contrario di ciò che mi aspettavo, in auditorium non c'era quasi nessuno. Presi posto tra le ultime file, circondata da poltrone vuote. 
Tutti si conoscevano probabilmente dai tempi dell'asilo, ed io ero assolutamente fuori posto lì. 
Arrivò un gruppo di ragazzi, forse di quarto. Quando presero posto, la donna che ci aveva accompagnati salì sul palco ed iniziò a parlare della storia del teatro, a partire dai Greci.
- L'origine del teatro occidentale come lo conosciamo è senza alcun dubbio riferibile alle forme drammatiche sorte nell'antica Grecia, così come sono di derivazione greca le parole teatro, scena, dramma, tragedia, coro, dialogo…- non la smetteva di parlare. Andò avanti così per dieci minuti, ed io sembravo l'unica interessata.
-Adesso, le presentazioni. Chiamerò i vostri nomi e dovrete salire sul palco, presentandovi.- disse la donna senza nome, iniziando a leggere una breve lista- Alex Bennett
Un ragazzo alto e moro salì sul palco, presentandosi. Non capì praticamente niente a causa degli altri ragazzi che ridevano e urlavano in prima fila. Salirono altre cinque persone prima di me.
-Lindsay Gardner!
-Garnier?! Ma non è una marca di prodotti per capelli?- urlò la voce di una delle mie nuove compagne di classe. La frase non mi toccò minimamente, e salii sul palco.
-Sono Lindsay Gardner.- dissi, enfatizzando il mio cognome, ma non feci altro che far aumentare le risatine sommesse.- Ho diciassette anni, sono nuova in questa scuola e amo leggere.
Dalle poltrone arrivarono colpi di tosse, che però suonavano come "geek", o "nerd". L'unico che sembrava impassibile era il ragazzo moro che era salito per primo sul palco. Anzi, sembrava quasi infastidito. Scesi dal palco per far posto agli altri, e passai il resto della lezione di teatro come un vegetale.
Tornai in classe, e dopo altre quattro ore di lezione, suonò la campanella che segnava la libertà. 
Misi i libri in cartella il più lentamente possibile: volevo essere l'ultima ad uscire dalla classe. 
E fu fatta la mia volontà.
La classe era deserta, tranquilla. Quasi quasi era piacevole… Misi gli ultimi libri nello zaino, quando mi sentii chiamare. 
-Gardner, giusto?
Mi voltai di scatto, e vidi il professore di letteratura che entrava in aula, con il mio quaderno in mano.
Non aspettò risposta. -Perché non hai risposto al resto delle domande?- chiese curioso.
-Ehm… io… n-non sapevo la risposta...- Ed eccola. La Lindsay timida, balbettante e disadattata che era il bersaglio perfetto per i bulli.
-Davvero?- chiese stupito il professore, girando il quaderno. -Eppure qui hai scritto tutte le risposte. E sono sicuro che tu sia a conoscenza del fatto di non averne sbagliata neanche una.
Abbassai lo sguardo imbarazzata, il viso che mi andava a fuoco. 
-Ti consiglio di partecipare di più alle lezioni. Hai un ottimo potenziale, non sprecarlo.
Annuii, sempre con lo sguardo basso e incapace di spiccicare una parola.
-Scommetto che tu leggi molto, ho ragione?- Annuii un'altra volta. "MA QUANTO SEI STUPIDA?!" -Bene, allora devi scrivermi un tema del tuo libro preferito. Non ti do una scadenza precisa, l'importante è che me lo consegni prima della fine dell'anno, intesi?
-… s-si…
-Bene. Sono il professor Gilbert.- disse, uscendo dall'aula e lasciandomi sola. Mi affrettai a chiudere la borsa e scappare nel parcheggio, da mio fratello.
Corsi a perdifiato, il casco che sbatteva continuamente contro il ginocchio, e andai a sbattere contro Jonah.
-EHI EHI EHI, calmati. Perché corri? È andata davvero così male?- chiese lui, in un vano tentativo di sembrare preoccupato.
-Possiamo evitare? Tu di' a papà che è andata una meraviglia. Tienimi il gioco, non voglio che si preoccupi.- dissi, il fiato corto per la corsa.
-Va bene. Comunque, da domani inizi a lavorare. 
-Oh.- Tra le altre cose, m'era completamente sfuggito di mente! Finalmente uno spiraglio di luce in quella giornata nera come la pece. Mi misi il casco e tornai a casa con mio fratello, volando sull'asfalto. Per un momento, i problemi svanirono. Eravamo soltanto noi: io e la sensazione di libertà che avevo stando sulla moto. Sperai che quel viaggio non finisse mai, ma in poco tempo fummo già a casa. Andai diritta in camera, cercando di evitare Alec e mio padre, per quanto mi fosse possibile. La prima cosa che feci, appena entrata, fu salire di corsa le scale, buttare a terra lo zaino e a casa fu lanciarmi di peso sul letto. Era solo il primo giorno di scuola, e già volevo cancellare dalla mia vita quell'orribile giornata.






NOTE DELL'AUTRICE
Ed eccomi qui, dopo due mesi di blocco, con una nuova storia.
Solitamente non scrivo cose romantiche o fluff... mi escono meglio le demenziali o le drammatiche :')
Ma ho voluto cambiare un po'. 
Allora, questa storia è ispirata a Kimi ni Todoke, anime che ho finito di vedere da poco e che ho amato. Vorrei sapere cosa ne pensate come inizio della storia, per capire se ne vale la pena continuarla. 
Cercherò di aggiornare ogni lunedì o martedì, studio permettendo.
Ringrazio Mimmo e Dandi, che hanno betato questo capitolo <3
Ah, non so se anche gli altri capitoli saranno così lunghi. In questi giorni ero molto ispirata :')
Al prossimo capitolo! 
  
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