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Autore: passiflora    10/02/2014    10 recensioni
Qual è il miglior rimedio per un cuore spezzato?
Una piccola favola amara su una ragazza sfortunata che ha trovato il rimedio più dolce.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La chiamavano “la mangiatrice di cuori”. Un nome davvero macabro e terribile, degno di un efferato assassino, di un mostro senz'anima, di una famme fatale priva di ogni scrupolo! E invece era solo una ragazza, poco meno che una donna. Non aveva più di trent’anni, la sua fedina penale era immacolata ed era la mia dirimpettaia.

La chiamavano così perché aveva una bizzarra abitudine e tutti, dal giorno stesso del suo trasferimento, l'avevano notata: ogni mattina si recava alla pasticceria del centro, poco lontano dalle nostre case, e ritirava i suoi pasticcini a forma di cuore. Mangiava solo quelli, solo pasticcini a forma di cuore.

Era stata proprio lei a chiedere di persona al pasticcere se per favore poteva farle dei pasticcini di quella forma; aveva anche detto che era disposta anche a pagare di più pur di averli, perché per lei era una questione davvero importante. Il pasticcere, che è un vecchietto gentile e sensibile, aveva accettato. Da quel momento lei aveva iniziato a passare per la pasticceria tutte le mattine.

 

Lo stesso accadeva in panetteria. Anche lì, lei aveva le sue pagnotte a forma di cuore, di diversa forma e gusto. Insomma, se ne usciva ogni mattina, sempre con un'aria mesta e malinconica che non l’abbandonava mai nemmeno quando rideva e se ne ritornava indietro ancora più triste. Una volta a casa cominciava a divorare i biscotti con in faccia uno sguardo così truce che sarebbe stato bene sulla faccia di uno che sta per ammazzare una volta per tutte il suo peggior nemico.

 

Io la guardavo dalla finestra della cucina, incuriosita e affascinata. Sapevo che nessuno conosceva quello sguardo. Tutti credevano che lei fosse solo una golosa dai gusti particolari ma io sapevo che non era così. O meglio, che non era del tutto così. Bisogna anche dire che ero una bambina fantasiosa a cui piaceva scrutare le persone ed inventare per loro vite incredibili celate sotto la patina grigia della quotidianità e segreti inconfessabili, nascosti dietro a gesti bizzarri e strane abitudini. Io ero rimasta colpita da quella ragazza, mi ci ero appassionata come ci si appassiona alla lettura di un libro interessante. Dovevo scoprire qual'era il segreto che nascondeva. Ero certa che ne avesse uno, non potevo sbagliarmi.

 

La osservai per mesi producendo le ipotesi più sgangherate senza preoccuparmi mai nemmeno di informarmi su quale fosse il suo nome.

Non avevo il coraggio di avvicinarla perché la mia timidezza era sconfinata tanto quanto la mia fantasia, così decisi di scriverle una lettera; poche righe per dirle chi ero e chiederle di svelarmi il suo segreto, se era possibile e non la disturbava.

Si, ero anche una bambina piuttosto ben educata.

Quando venne il momento di copiare in bella il testo che avevo prodotto, scelsi di scrivere su un foglio verde menta profumato, proveniente da una risma da me gelosamente custodita e riservata solo alle comunicazioni davvero importanti. Scritto il mio messaggio mi diressi verso il palazzo di fronte al mio e mi feci aprire il portone del palazzo dal portiere, poi mi feci dire il numero del suo appartamento. Lo trovai, infilai la busta sotto la porta e scappai sperando che lei trovasse la lettera e mi rispondesse senza pensare di essere in realtà spiata da un maniaco amante della carta verde al profumo di gelsomino.

 

Pochi giorni dopo ebbi la conferma che il mio tentativo era andato a buon fine: una busta indirizzata “alla mia dirimpettaia” giaceva nella cassetta delle lettere. Mi chiusi subito in camera per leggere la risposta.

Dentro la busta, oltre ad un foglietto di carta giallo limone profumata alla vaniglia, c’era un biscotto di pastafrolla a forma di cuore.

La lettera diceva così:

Cara dirimpettaia,

sono onorata di questo tuo interessamento. Pochi sanno la storia di questa mia strana abitudine e quelli che ne conoscono il motivo sono proprio coloro che l’hanno causata.

Sai, nella mia vita mi sono fidata molto della gente e per questo ho molto sofferto. Sono stata davvero tanto sfortunata.

Ho amato uomini che mi hanno tradita, ho avuto amici che mi hanno trattata come con un amico non si dovrebbe mai fare, una famiglia che per me non ha mai avuto altro che disappunto: “parenti serpenti”, lo conosci il detto, vero?

Mi crederai esagerata, forse. Mi dirai che tutti hanno i loro problemi, grandi e piccoli. Ed hai ragione.

Io però i miei li risolvo così.

Tutti quelli per cui ho sofferto non mi hanno mai fatto nulla di irreparabile o insopportabile. Si sono solo sbocconcellati il mio cuore come se fosse un biscotto dolce.

Insomma, sono viva e sto bene e non voglio vendicarmi su nessuno. La mia piccola vendetta sono proprio i cuoricini, dolcetti o pane, che mi faccio preparare ogni giorno.

Il cuoricino al cioccolato fondente è per l’uomo che mi ha lasciata con l’amaro in bocca, quello coi granelli di cocco è per la mia migliore amica che è scappata ai tropici col mio ragazzo, quello col ripieno all’arancia per la mamma secondo cui non ero mai bella e brava come lo era stata lei alla mia età.

Potrei farti una lunghissima lista ma ecco, il succo è questo: io mi mangio i loro cuori come loro si sono mangiati il mio.

Forse mi crederai pazza ma non lo sono affatto.

Grazie di avermi chiesto di raccontarti tutto questo, piccola dirimpettaia. Ti ho messo un cuoricino nella busta. L’ho fatto io. Penso che mangiarlo sia la più dolce vendetta del mondo, ma se non hai nessuno nessun torto da vendicare, beh, è pur sempre buonissimo da mangiare!”.

   
 
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