“Promettimelo.”
“Cosa?”
“Che vivrai…”
“Perché? Perché mi
hai impedito di diventare come te?”
“Tu promettimelo e io ti giuro che ci
rivedremo, che io un giorno
tornerò da te. Mati prego…”
“Io…”
“Promettilo!”
“Non voglio vivere senza di
te!!”
“Si che puoi, io sono un
errore!”
“Non voglio”
“Devi!”
“…”
“Promettilo!”
“…”
“promettilo e io
tornerò…te lo giuro…lo sai che non
posso stare senza
di te, ma in nome dell’amore che dici di provare per me
promettilo!”
“Te lo prometto”
“Grazie…
Mi fermai. Vicino alla balaustra
grigia i fredda pietra, e
guardai giù. La nebbia imbiancava quasi tutto eppure,
riuscivo a scorgere il
luccichio dell’acqua che correva libera sotto di me. Passai
una mano sulla
superficie irregolare davanti a me ed alzai
“Bella donna vero?” una voce tranquilla mi sorprese, veniva da dietro di me dove fino a qualche istante fa non c’era nessuno.
“Si” chiesi cercando di apparire rilassato” Chi era?”L’ombra dietro di me si avvicinò, lentamente.
“è un antenata della direttrice della scuola, fu lei a fondarla. Si dice che fu l’mante del re di Francia. L’attuale preside l’assomiglia molto.”
“Quale?” domandai fulmineo.
“Uhu?”
“Di quale re fu l’amante…” L’ombra dietro di me si lascio sfuggire una risata e si avvicino ancora,affiancandomi. Io però non mi girai.
“ E chi lo sa, magari lo fu pure di più di uno…” lascio la frase in sospeso. Ero tentato di farli notare che quello che aveva appena detto non aveva alcun senso, ma tacqui sperando che continuasse. E continuò. “Comunque ragazzino che ci fai qui?” Mi girai per fulminarla, ma rimasi in silenzio. In vita mia avevo visto poche persone paragonabili a me per bellezza, e ora in meno di dieci minuti avevo già trovato due persone davanti alle quali io scomparivo. Dovevo avere un aria alquanto ebete perché la donna davanti a me ridacchiò compiaciuta. Era alta, snella e con la pelle chiara. Due segni arancioni le macchiavano le guance, non rovinandole il viso, ma al contrario rendendolo più particolare. I capelli erano del colore del miele, tendente al castano e gli occhi brillavano di luce propria.
“Mi chiamo Rin ragazzino e
penso che tu sia il nuovo
arrivato, la preside mi ha incaricato di accompagnarti nella tua
classe.
Seguimi:” Si avviò con passo leggero verso la
seconda rampa di scale, e io la
segui ormai svegliato dal mio stato di trance.
C’èra qualcosa di familiare in
quella donna, qualcosa che mi sfuggiva. Non cercai di memorizzare la
strada che
conduceva alla mia classe, tanto l’avrei ritrovata seguendo
l’istinto. Anche la
donna del ritratto era familiare, anzi ora che ci pensavo bene era
molto più
forte il mio senso d’attrazione verso la preside che verso
Rin. Ma non perché
mi piacessero, ma perché io sapevo di avere qualcosa a che
fare con quelle
donne. Entrai in classe in uno stato i semi-sonnanbulismo, cercando di
ricordare qualcosa che sapevo di non poter ricordare. Non seguii le
lezioni,
non lanciai neanche un occhiata verso i miei compagni. Solo
all’uscita, mentre
mi avviavo con un massa di sconosciuti verso il cancello di ferro
battuto,
notai che tutti gli studenti di quella maledetta scuola erano di una
bellezza
sovraumana, con i capelli e la divisa sempre perfettamente in ordine, e
un
portamento da fare invidia a Naomi Campbell.
Quella sera a casa non cenai, avevo passato il pomeriggio
a girovagare
per quell’assurda città, cercando un volto simile
al mio, ma tutti quei ragazzi
e tutte quelle ragazze sembravano svaniti nel nulla. Mi addormentai
vestito,
incurante delle urla dei domestici preoccupati per il mio stato di
salute.
Tanto non mi ero
Correvo in
un campo
verde, innaturalmente verde, fino a quando il campo non diventava un
occhio, e
intorno all’occhio si materializzava un viso. La pelle chiara
e le labbra
piegate in un sorriso, i capelli rosa corti danzavano mossi da un vento
magico,
rideva e correva con me sul nulla. Poi ad un tratto la fanciulla si
sollevava a
mezz’aria, gli occhi lampeggiavano e un aura diversa
l’avvolgeva. Si
allontanava sostenuta dalle anime di persone morte, ridendo, ma in
maniera
diversa. “Raggiungimi vieni con me…”
Cantava. Sakura dove sei?perché l’hai
fatto? La rosa spariva al suo posto
una
ragazza dai capelli e gli occhi scuri sorrideva felice, poi diventava
piccola,
una neonata e cresceva davanti a me, tornando la ragazza che era, fino
a quando
il fuoco non la divorava un fuoco che portava il nome di Gaara. Masturi
lo
aveva lasciato per lui…l’aveva abbandonato anche
lei…Ora volava, volava e sotto
di lui li vedeva tutti. Ino con i capelli biondi che danzavano e gli
occhi che
fiammeggiavano, Temari libera e selvaggia, Tenten con le sue armi
…lei era solo
un umana… Rock lee cercava la forza, aveva dato via
l’anima, Neji freddo,
distaccato e letale,Shikamaru la pigrizia la sua rovina,
l’intelligenza la sua
salvezza, choji che mangiava seduto sotto un albero, Kiba ridente,
diventava un
lupo e tornava il solito ragazzo sbruffone…era stata la sua
condanna per averla
amata, Shino silenzioso e schivo, ma pericoloso…kakuro che
aveva preferito un
mondo immaginario a una realtà troppo
dolorosa…erano tutti li ad
aspettarlo. Continuava
a volare,
lasciandoli dietro di se, sentiva che lo chiamavano, ma lui non poteva
rispondergli doveva andare avanti. Doveva vederla. Doveva vederlo. Ad
un tratto
il nero intorno a lui diventò un cielo color pece cosparso
di nuvole grondanti
di sangue. Una moltitudine di occhi lo circondavano, e lui sapeva a chi
appartenevano. In mezzo a tutti quegli occhi cercò quelli
rossi. Itachi. Ma
prima di poterli trovare una luce proveniente dalle mie spalle lo
assorbì.
Stava in piedi davanti a lui, le mani in tasca e i grandi occhi neri
che lo
scrutavano. Rideva scuotendo i capelli scuri “Sei in ritardo,
ti sto aspettando
da troppo tempo, finalmente pareggeremo i conti.” Lo sguardo
di Sasuke si
infiammò e una luce azzurra lo avvolse, l’avrebbe
ucciso…lo sapeva…ma era
stanco di combattere. Ma qualcosa colpi il moro che si ritrasse come
fosse
stato scottato. Kakashi. Jiraia. Tsunade. Erano tutti intorno a lui,
insieme a
tutti gli altri, lo proteggevano. a lui doveva andare, doveva trovarla.
E
riprese la sua corsa verso il nulla… Orochimaru, Kabuto,
Tayuya, Karin, e così
via… macchie nere nella luce.
Perché li
ricordava? Perché sapeva chi erano? Perché li
conosceva? La scena cambiò
ancora, era nel giardino della scuola, nel cimitero. E seduta sotto un
olmo
c’era lei. Di cui non vide il volto, ma solo gli occhi.
Bianchi e infiniti.
Puri e delicati. Anche tu sei sempre stata solo un umana… E
nel vuoto di quegli
occhi trasparenti mi riflettevo. Ma non ero io. I miei denti erano
lunghi,
appuntiti. Al mio fianco una lunga spada risplendeva minacciosa. Sogno
o
realtà? Un senso di paura
mi avvolse, lo
sentivo…mi chiamava era dentro di me e si era svegliato .E
non si sarebbe mai
più addormentato. “Ti stiamo
aspettando…” la voce di Sakura. “ti sto
aspettando” la promessa di Sasuke.
“Vieni…” la supplica della mia Hinata.
“vai…” la voce dentro di me, mi aveva
indicato la strada…sapevo cosa fare…e
sapevo che non dovevo farlo. Il buio mi avvolse e caddi, caddi e
caddi…fino ad
arrivare all’unico posto che meritavo e che mi era sempre
stato negato.
L’inferno.
Mi svegliai ansando. Non mi era
“Ti stiamo aspettando…”
La sveglia mi cadde dalle mani,
rotolando sul letto e
andando a sbattere per terra. Quella voce, era la voce della ragazza
dagli
occhi verdi. L’avevo chiamata Sakura,
“Ti sto aspettando…”
Un fulmine squarciò il cielo. Sasuke.Odio, rancore, rabbia, competizione. E un grande amicizia. Scossi la testa confuso. Da quanto tempo pioveva fuori? Non me ne ero neanche accorto, colpa di quel dannato sogno mi aveva sconvolto. mi stiracchiai , riallungaiil braccio verso il comodino per prendere un bicchiere d’acqua.
“Vieni…”
Il bicchiere cadde e si frantumò i mille pezzi. Sarebbe andato. Tutto per far finire quell’agonia, tutto per poter tornare a dormire tranquillamente. mi lasciò cadere sul letto,come un peso morto. Dovevo dormire, ero sicuro che il giorno dopo sarebbe stato molto lungo. La cosa che si era svegliata dentro di me, si placò, dandomi l’illusione che tutto sarebbe stato come prima. Ma tutto era appena cambiato, avrei dovuto fare i conti con un passato che non mi apparteneva realmente e scegliere il mio futuro. Perché la storia è un cerchio, prima o poi si ripete sempre.
“vai…”
Si, sarebbe andato.