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Autore: giugiboo    11/02/2014    1 recensioni
Portree è una cittadina tranquilla nel nord della Scozia, con pochissimi abitanti.
Per chi la vedesse per la prima volta, non direbbe mai che dietro quelle case colorate vicino ad un porticciolo, si celino personaggi stravaganti.
Nella scuola di Portree ci sono caratteri esuberanti, estroversi, ma anche timidi.
L'amore è uno dei personaggi principali di questa storia, ma anche la vendetta ne fa parte; una vendetta che sarà gustosa e aspirata da anni. Ma la vendetta da parte di chi?
Si sentì un rumore acuto, di un palmo di una mano contro una guancia. Interrompendo ancora una volta James, la preside MacDonald si alzò e diede un manrovescio sulla guancia del ragazzo, lasciando che la parte sinistra del suo viso si arrossasse.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest | Contesto: Scolastico
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Portree era una cittadina tranquilla con circa 2.491 abitanti, con case di tutti i colori e costruita vicino ad un porto. La scuola superiore della suddetta città era l'unica in tutta l'isola di Skye, e perciò abbastanza affollata. Presentava circa 540 studenti con un numero di insegnanti pari a 50. Tra questi studenti ce n'erano due che, proprio in quel momento, stavano architettando uno dei loro ennesimi scherzi.
Era l'inizio di un nuovo anno e la Preside MacDonald stava illustrando ai nuovi studenti il regolamento scolastico.
«Buongiorno e Bentrovati a tutti. Io sono Miss Cathrine MacDonald, la preside dell'istituto. Vorrei iniziare dicendo per chi non sapesse, riferendomi ai nuovi studenti, e ricordasse, riferito a coloro che sono qui già dall'anno scorso, il regolamento scolastico.» Cathine MacDonald era una donna, nonostante si ostinasse a farsi chiamare"Miss", alta e con un portamento regale; portava i capelli, ormai argentei, in una coda alta. I suoi occhi di un azzurro un po' acquoso risultavano ancora più sottili di quello che erano dalla sua espressione minacciosa; con lo sguardo stava cercando i due studenti che più aveva detestato nella sua carriera scolastica, la quale era notevolmente lunga. I due in questione le stavano sorridendo radiosamente, facendola innervosire ancora di più. "Chissà cosa avranno architettato per quest'anno" si chiedeva sempre la preside MacDonald. La cosa che la faceva irritare più di tutte non erano gli scherzi, i quali li considerava da ragazzini immaturi, ma il fatto che non era mai riuscita a beccarli in flagranti. Tutti sapevano che erano loro a produrre quegli scherzi idioti, ma nessuno li aveva mai visti architettarli e metterli in atto. Questo, dava più fastidio alla preside.
«Sorridile, la manda sui nervi.» James MacLeod era un ragazzo di media statura, magro ma robusto e capelli neri sempre in disordine. I grandi occhi color nocciola erano incorniciati da un paio d'occhiali quadrati, appoggiati su un naso sottile. Rivolgeva un sorriso beffardo alla preside, la quale lo chiamava "faccia da schiaffi" ogni volta che glielo rivolgeva. «Voglio proprio vedere la faccia che farà quando la sala si inonderà» Luke Doyle era un ragazzo alto per la sua età, con una corporatura muscolosa e i capelli, al contrario di quelli del suo compagno, erano di un castano scuro sempre in perfetto ordine ma più lunghi. I suoi occhi verdi sorridevano, mentre le sue labbra cercavano a stento di trattenere le urla di una risata che sarebbe stata altrimenti troppo fragorosa.
Nel frattempo che la MacDonald guardava con occhi sprezzanti i due ragazzi, Lily McKinnon sbuffava su un ciuffo ribelle. Lei e suo padre Nathan si erano appena trasferiti da Edimburgo in quella cittadina sperduta, e questo non lo sopportava proprio.
«L'orario delle vostre lezioni vi è già stato spedito precedentemente per e-mail, adesso potete recarvi nelle vostre classi. Senza far baccano, sia chiaro.» Prima che potesse finire la frase, però, un rumore sinistro provenne dal soffitto e, prima che potesse spostarsi, cominciò a scendere una sostanza colorata di blu dagli irrigatori anti-incendio. Tutta la sala si inondò di questo liquido, che poi si venne a scoprire fosse semplice sapone, e di bolle.
L'espressione della preside MacDonald mutò in un piccolo istante; da sorriso incoraggiante a espressione furente. La fronte era corrugata, le sopracciglia si erano abbassate notevolmente dalla loro posizione iniziale, gli occhi erano a fessure, che da lontano sembravano chiusi, e le labbra sottili erano tese e piene di rughe.
Gli studenti, anch'essi pieni di sapone, avevano reagito in modi differenti; alcuni erano entusiasti, mentre altri erano furiosi tanto quanto i professori. James e Luke giocavano con il sapone, quando vennero richiamati da una voce.
«MacLeod, Doyle! Seguitemi.» I due si guardarono, con finto spavento, e seguirono la professoressa. Nel corridoio si sentiva solo il ticchettio dei tacchi e il respiro pesante di rabbia della donna che li stava accompagnando nel suo ufficio. Li avrebbe volentieri uccisi entrambi se avesse potuto.
Arrivati difronte alla presidenza, la preside aprì la porta «Prego, prima le donne.» La sfacciataggine di James era troppo dopo tutto quel trambusto e lei non ne poteva più di quei due. Si disse che fortunatamente quello sarebbe stato il loro ultimo anno, e si era ripromessa che entro la fine di questo, avrebbe fatto passare le pene dell'inferno a quelle due canaglie come avevano fatto loro con lei. «Se fossi in lei, signor MacLeod, non scherzerei con il proprio carnefice.» Spingendoli dentro la stanza con forza, chiuse la porta e si mise seduta alla scrivania, pensando ad una punizione adatta. Avrebbe certamente riferito l'accaduto ai genitori, ovvio, ma non poteva lasciare che se ne occupassero solo loro. No, doveva escogitare una punizione talmente straziante e faticosa che non avrebbero avuto più il tempo né per tramare contro di lei né per studiare e fare attività extrascolastiche. Li avrebbe umiliati davanti a tutti, su questo potevano esserne sicuri.
La preside MacDonald fece un profondo respiro, allargando talmente le froge del naso da farla sembrare una specie di capra.
«Vorrei che mi spiegaste come avete fatto a cambiare l'acqua dell'irrigazione in sapone e a farne uscire una quantità esorbitante da essi. Badate, la mia pazienza è ormai esaurita, quindi non penso gradirete subire le conseguenze di una semplice battuta.» Riaprendo gli occhi, chiusi durante il discorso per mantenere un tono per lo meno isterico al minimo, vide le facce dei giovani ragazzi rilassate. Se fossero stati nervosi, non lo si poteva dire; i loro sorrisi pacati erano irremovibili davanti a quella minaccia velata. Era come se lei li avesse invitati nel suo ufficio a prendere una tazza di tè.
«Spero con tutto me stesso che non mi fraintenda, ma non capisco davvero di cosa stia parlando. Ovvero, so che sta parlando dell'accaduto di pochi istanti fa nella sala delle presentazioni, ma non vedo come quell'evento possa in qualche modo interessare me e il mio...» Cathrine MacDonald ne aveva abbastanza di tutte quelle sciocchezze. Diede un pugno alla scrivania interrompendo il discorso di James e si alzò in piedi tenendo le mani ben salde ad essa. «Adesso mi hai stufato ragazzino, tu e quell'altro. Non ne posso più delle vostre bravate, sono anni che vi sto dietro cercando di beccarvi ma adesso basta, non me la farete più sotto il naso. Ora voglio che confessiate tutto.» Parlò per tutto il tempo con un tono di voce più alto del solito, che non s'addiceva affatto alla sua persona, per poi abbassare il tono sull'ultima parola, per sottolineare il fatto che voleva una confessione completa.
«Mi dispiace professoressa ma...» Si sentì un rumore acuto, di un palmo di una mano contro una guancia. Interrompendo ancora una volta James, la preside MacDonald si alzò e diede un manrovescio sulla guancia del ragazzo, lasciando che la parte sinistra del suo viso si arrossasse. «Questa volta non la passerete liscia, nessuno dei due. Vi infliggerò una punizione talmente grave che macchierà il vostro curriculum per sempre.» Luke si alzò dalla sedia, sovrastando in altezza e in corporatura quelle della professoressa, guardandola con fare minaccioso. «Non ha alcuna prova delle cose di cui lei ci accusa, quindi se non le dispiace, noi ce ne andiamo. Ci potrà richiamare nel suo ufficio quando avrà delle accuse fondate. Arrivederci.» Aiutando l'amico ad alzarsi, se ne andarono dalla presidenza per recarsi finalmente in classe.
«Merda ma ti rendi conto? Ti ha dato uno schiaffo! Lei, quella che tanto ama le regole, ne infrange una, probabilmente una delle più importanti. Dovremmo dirlo a qualcuno, così impara quella vecchia svitata.» Luke era inferocito, non riusciva a spiegarsi come un'insegnante, specialmente una preside, potesse alzare le mani su uno studente. Mentre Luke continuava a sproloquiare su come avrebbero potuto cacciarla dalla scuola, denunciandola, James camminava a testa bassa, immerso nei suoi pensieri senza ascoltare il suo compagno d'avventure, comunemente chiamato migliore amico.
«James, mi stai ascoltando? Scozia chiama MacLeod» Luke prese le spalle del suo migliore amico e le scrollò, ricevendo uno sguardo di rimprovero da quest'ultimo. «Stavo pensando che noi siamo gli unici testimoni di quanto è accaduto. A chi pensi che crederanno, Luke? A noi, due ragazzini dell'ultimo anno odiati da tutti i professori, o alla preside del cazzo? E' inutile.» L'amico ci pensò su, per poi asserire la teoria.
Senza dire altro, entrarono in classe, nella quale tutti erano ancora bagnati di sapone. Non appena li videro, ricevettero dai loro compagni occhiatacce piene di odio. «Finalmente. Il vicepreside Breen, mentre la preside era impegnata con voi, ha ritenuto fosse una buona idea che gli studenti si asciugassero e cambiassero negli spogliatoi della palestra con le tute. Abbiamo ritenuto che lo facessero per primi i ragazzi del primo anno, perciò voi sarete tra gli ultimi. Adesso sedetevi, non voglio perdere altro tempo.» Come al solito, si sedettero nell'ultima fila vicino alla finestra, cosicché avrebbero potuto distrarsi senza che li vedessero e nel contempo guardare al di fuori dalla finestra, il che era molto più interessante di tutte le lezioni alle quali assistivano. Molto spesso passavano le ore a parlare, organizzare scherzi o feste e a prendere in giro i professori. Quando si sedettero, però, fecero una cosa che non avevano mai fatto: stettero in silenzio, o almeno lo era James. Volse lo sguardo verso la finestra, pensando a ciò che avrebbe fatto. L'avrebbe fatta pagare alla preside per aver alzato le mani su di lui o l'avrebbe smessa? Si disse che non ne valeva più la pena, di far ridere la gente. Ora mai doveva pensare al futuro, a ciò che avrebbe fatto di lì a poco, e non aveva tempo per pensare a stupidi passatempi come gli scherzi.
James e Luke, nonostante ciò che pensavano tutti i loro compagni, erano bravi a scuola; avevano avuto una media alta in tutti gli anni e a quasi tutte le materie, l'unico loro problema era il voler cacciarsi sempre nei guai. Nonostante non venissero mai beccati per le loro bravate, erano comunque stati puniti per altre ragazzate.
L'anno precedente, ad esempio, non avevano nulla da fare, e quando ebbero lezione di nuoto, misero dentro il costume di un loro compagno dell'ortica. Inutile dire che non fu un bello spettacolo; non per il mal capitato almeno. L'avevano scoperti perché, per la sbadatezza di Luke, avevano trovati dei residui dell'erba orticante nel suo armadietto. Non vennero sospesi per un soffio, solo grazie al fatto che nello stesso istante qualcuno era caduto gravemente sul bordo piscina; nove punti di sutura per il poveretto. Il fatto era caduto in secondo piano per l'allenatore, anche perché il ragazzo al quale avevano fatto lo scherzo ci aveva riso un po' sopra, dopo aver smesso di grattarsi, ovvio.
James si portò una mano sui capelli, sbuffando, cercando di caccir via i pensieri maniacali che faceva sul suo futuro. Si immaginava sotto un ponte con Luke, due barboni che si guadagnavano da vivere grazie alle loro battute. Altre volte, invece, si immaginava in una prigione, per aver strozzato, o peggio, la preside MacDonald. Molto più frequentemente però, si immaginava un vuoto, e una stretta allo stomaco. Non sapeva cosa immaginarsi. Era questo, per lui, la cosa peggiore di tutte: non riuscire ad immaginare cosa sarebbe successo.
I suoi genitori spesso gli dicevano che era un fallito, seppur andava benissimo a scuola e svolgeva attività extrascolastiche come lo sport. "Ti interessa solo divertirti, non fai mai nulla di serio e sensato. Dimmi, cosa farai quando uscirai da scuola, eh ragazzino? Farai il pagliaccio in un circo? Sappi che appena sarai diventato maggiorenne, ti cacceremo via di casa, e non m'importa se non avrai ancora trovato alcun lavoro". Non li biasimava, lui stesso pensava di essere un perdente, anche se dimostrava di pensare tutto il contrario, con la sua faccia tosta e quel sorriso impertinente sempre sul volto.
«Eccoci, tocca a voi andarvi a cambiare. Seguitemi, senza fare alcun rumore.» Quando arrivarono nella grande palestra, c'erano già altre due classi dell'ultimo anno che stavano entrando negli spoiatoi. Tra queste, Lisa Scott; una ragazza un po' bassa con lisci capelli neri che le arrivavano fino al sedere. Aveva occhi marrone scuro e labbra più che abbondanti, come le sue curve. Era la ragazza, ormai da più di sei mesi, di James. Si conoscevano da sempre, frequentavano sin da quando avevano cinque anni la stessa scuola, e si erano messi insieme quasi per comodità, più che per amore, anche perché di amore, non ce n'era nemmeno l'ombra, almeno per James.
Lisa era una di quelle ragazze appiccicose, che vogliono sempre le coccole davanti agli altri per far vedere che si è una coppia felice, e fare sesso. Non che per lui non fosse bello quando lo facevano, ma era diventata una cosa monotona. Ogni due giorni, quando uscivano da scuola, andavano a casa di lei, perché i genitori erano sempre chissà dove, e facevano sesso. Era una cosa veloce ormai, dato che la passione era finita già dopo la prima volta.
Entravano in camera, già avvinghiati: lui le toglieva la gonna della divisa della scuola, e lei gli sbottonava i pantaloni. Continuava a baciarlo con la lingua, sbavandogli attorno alle labbra, cosa che per lei sembrava provocante, ma per James non lo era, anzi, lo trovava disgustoso.
Gli toglieva le mutande, riuscendo sempre a graffiarlo con quelle unghie sempre troppo lunghe per i suoi gusti, e lui le toglieva a lei, per poi mettersi il preservativo. Non era stretta, quindi era sempre stato facile entrare. Dopo qualche spinta e qualche gemito, le era già venuto dentro.
Dopo solevano stendersi uno di fianco all'altra e fumare qualche canna. Non si dicevano niente, mai una parola, il che era raro di Lisa Scott, con quella sua parlantina che non finiva mai, era l'unica volta in cui James non voleva strozzarla.
Luke gli aveva detto tante di quelle volte di lasciarla e spassarsela con qualcun'altra, ma lui rispondeva sempre di no. Non sapeva nemmeno lui il perché del rifiuto di lasciarla. Le ragazze non erano un problema perché tutte le andavano dietro e poteva avere chi voleva, probabilmente era il rifiuto di un cambiamento, rifiuto del fatto che la sua adolescenza stava per finire, compiuti diciotto anni. Doveva diventare un uomo, ma non ne era ancora pronto. Lisa era stata la sua giovinezza, la sua adolescenza, l'aveva sempre accompagnato, forse l'avrebbe lasciata accompagnarlo anche verso il futuro.
Quando Lisa vide James, gli andò incontro, per poi prendergli il viso e buttarlo letteralmente sul proprio, passandogli la lingua prima attorno alle labbra e poi dentro di esse. Era tutta sporca di sapone e grazie a quel bacio, lo costrinse ad inghiottirne un po'. «Come stai amore, tutto bene? Spero che la preside non ti abbia fatto niente.» Lisa aveva una voce acuta, terribilmente fastidiosa quando si aveva il mal di testa.
«Non preoccuparti, quella testa di cazzo non ha fatto nulla al tuo piccolo Jamie.» Luke, come sempre, la guardava con disprezzo. Non le perdonò mai il fatto di averlo denunciato alla MacDonald per un loro scherzo e per avergli portato via il suo migliore amico ogni volta che ne aveva bisogno. «Invece spero che tu abbia ottenuto la punizione che meriti, l'espulsione a vita da questa scuola. Ne gioveremo tutti se te ne andassi.» James non sopportava quando il suo migliore amico e la sua, ahilui, ragazza litigavano; gli faceva letteralmente scoppiare la testa.
Mentre si sfregava la fronte con la mano destra, notò una ragazza poco più in là che lo colpì all'istante. Aveva capelli color miele rossiccio; occhi verde oliva; labbra carnose a cuore e distribuite sul naso alla francese e su parte degli zigomi e gote, lentiggini dello stesso colore dei capelli, i quali erano tirati indietro da un cerchietto marrone.
Il suo viso aveva un'espressione imbronciata, che le creava una fossetta in mezzo alle sopracciglia.
Lily McKinnon aveva passato a mala pena un paio d'ore in quella scuola e già la odiava. Se avesse scoperto chi fosse stato ad escogitare quello scherzo, lo avrebbe ucciso. Era piena di sapone e non vedeva l'ora di disfarsene.
Quando finalmente finirono di lavarsi, una ragazza le si parò davanti. «Tu sei nuova, non è vero? Non ti ho mai vista in giro.» Una ragazza minuta, con lunghi capelli ricci neri fino alle spalle e grandi occhi occhi azzurri, le tese la mano destra, la quale aveva unghie ben curate e di un rosso acceso, e disse: «Piacere, Cheryl Brown.» Aveva un viso dolce, che le sue labbra rosse mettevano in risalto. «Piacere mio, Lily. Posso farti una domanda? Sai chi ha architettato lo scherzo?» Cheryl si guardò attorno, sapendo che i colpevoli si trovavano a pochi passi da loro. Dopo alcuni secondi di ricerca con lo sguardo la ragazza li individuò e, indicandoli con la testa fece un sorriso ironico. «Di sicuro sono stati loro, sono sempre loro, anche se non vengono mai beccati. Quello più alto si chiama Luke Doyle, tutte le ragazze gli cadono ai piedi. L'altro, quello con gli occhiali, è James. Anche a lui le ragazze gli vanno dietro, ma dato che è fidanzato le sue ammiratrici non si fanno vedere; hanno para di Lisa. Stanno insieme da circa sei mesi ma si conoscono da una vita. Sai, non credo che però dureranno.» Lily guardò i due ragazzi, assorti in una discussione a quanto pareva divertente, giudicando dalle loro risate. Luke non la colpì molto; innegabilmente era un bel ragazzo, non c'erano dubbi, ma quel tipo di bellezza statuaria non l'aveva mai colpita più di tanto. James, invece, la interessava. Aveva qualcosa nel suo aspetto, seppur non bello come quello dell'amico, d'interessante.
Distolse subito lo sguardo dal ragazzo ricordandosi che era già impegnato in una storia, non voleva immischiarsi.
«Spero avranno ciò che si meritano per aver creato un tale disagio a tutti quanti.» disse riportando lo sguardo sulla sua nuova conoscenza.
«Credimi, per tutto ciò che hanno combinato in questi anni, non hanno subito più di quattro punizioni in tutto. E non erano neanche tanto pesanti.» Salirono le scale che portavano al secondo piano, cercando di dimenticare l'accaduto.
«Quindi sei della metropoli eh? Io ci sarò stata a mala pena tre volte in tutto, e quando ero piccola. Un giorno ci vorrei ritornare, ma mia madre dice che è tutto troppo caotico ed è meglio restare qui, dove tutto è più tranquillo e, soprattutto, noioso.» Cheryl le sembrava una di quelle ragazze caste e pure, che non avevano mai fatto pensieri sui ragazzi che oltrepassavano un bacio a stampo sulle labbra. Era ingenua, ma non stupida, anche se la linea era davvero sottile.
«Non credo che qui ci si annoi, dopo tutto ciò che è successo questa mattina mi sorprende che tu la pensi così; e vorrei precisare che siamo solo al primo giorno.»
In effetti, in quella scuola ci si annoiava di rado da quando quelle due canaglie ne facevano parte. Il loro primo scherzo insieme in quella scuola lo fecero al primo anno, quando ne avevano dodici, alla loro insegnante d'inglese.
Era di origini indiane; grassi capelli neri, occhi scuri e baffi molto visibili. Le avevano messo talmente tanta colla sulla sedia della scrivania, che quando si alzò si sentì un rumore acuto di qualcosa che si strappava; ormai la sua gonna marrone faceva parte di quel mobile.
Ovviamente sapevano chi fossero i colpevoli, ma non ne avevano le prove.
Per il resto della giornata, tutti si aspettavano qualcos'altro che avrebbe movimentato quel primo giorno, ma non successe nulla; solo una normale e noiosissima giornata di scuola. James aveva deciso che non avrebbe più combinato nulla; si sarebbe concentrato sugli esami del suo ultimo anno ed avrebbe rigato dritto.
Che lo schiaffo della preside MacDonald lo avesse cambiato? Non diciamo sciocchezze; di lì a poco, si sarebbe ricreduto, tornando ad essere il ragazzo immaturo che tutti amavano e detestavano allo stesso tempo.

N.d.A
Buongiorno a tutti,
io sono Giuls, l'autrice della storia. Volevo assicurarmi che il modo in cui scrivo e soprattutto la storia sia di vostro gradimento, quindi se avete qualcosa da consigliarmi, criticarmi o solamente qualcosa di carino da dirmi, scrivete e non siate timidi. Accetto tutte le critiche (e vorrei sottolineare critiche, non insulti).
Detto ciò spero non ci siano errori di battitura, li odio.
Al prossimo capitolo,
Giuls.
  
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