“Si avvicinava il
giorno in cui io, Bella Swan,
sarei passata a miglior
vita.
In tutti i sensi.”
E’ la prima volta che
mi cimento in una fanfic su Twilight,
anche perché non ho mai frequentato molto il fandom. Questa
improvvisa
redenzione è dovuta al fatto che mi sono letta Eclipse tutto
d’un fiato,
solamente ieri. E be’, ho rivangato le mie vecchie
conoscenze ed eccomi qui,
dopo che questa notte ho dormito particolarmente male, e non so se
questa
visione sia dovuta ad un sogno, al dormiveglia, o a qualche
psicofarmaco che mi
viene somministrato di nascosto XD Fatto sta, che mi sono alzata con
delle
parole precise in mente, e delle immagini. Le parole sono poi quelle
che vedete
qua sopra. Sono gli psicofarmaci, sicuro XD
So che non è granché, e spero di non essere
andata OOC con i
personaggi, poi mi saprete dire, se ne avrete voglia ^^
A
comfortable bed
« E questo cosa
significa? ».
Fissavo accigliata il negozio dove Edward mi aveva portata,
quel pomeriggio. C’era una nebbia paurosa che avvolgeva tutto
in una patina
sfocata e umida. Che novità.
« Semplice: vorrei solamente che tutti i preparativi per la
partenza fossero perfetti ».
Lo guardai, mentre quel suo dannato sorriso sghembo mi
faceva perdere come sempre un battito. Pochi mesi, e dei battiti persi
sarebbe
rimasto solo l’eco nei miei ricordi. Cercai di combattere
contro il calore che
si stava lentamente diffondendo sulle mie guance, passando prima per il
collo.
Presto, sarebbe passato anche quello.
Mi concentrai nuovamente sull’insegna del negozio, non mi
voltai fino a quando non formulai la domanda precisa nella mia testa e
gliela
esposi.
« Sì, ma che ci facciamo proprio qui?
».
Lui ridacchiò piano, mentre la mia faccia esprimeva
chiaramente tutto il disappunto che potevo esternare. Come
già detto, eravamo
davanti ad un negozio. Un negozio di letti.
Non sapevo neanche che esistessero veramente! Insomma, sicuramente non
mi
aspettavo che il mobilio piovesse dal cielo direttamente nelle case, ma
non ci
avevo mai pensato. E trovarmi lì davanti, a poche settimane
dal matrimonio, – e
un nuovo capogiro mi colse, a quella parola – era decisamente
l’ultima cosa che
avrei mai potuto immaginare quando Edward era piombato in casa mia,
poche ore
prima, insistendo a che andassi con lui per
una certa faccenda che si era rifiutato di specificare.
« Bella, tesoro, non ricordi per caso una certa
conversazione che abbiamo avuto nella mia camera, proprio qualche
settimana fa?
»
Avvampai di vergogna, mentre sentivo il riso di Edward
rimbombare nel suo petto. E come avrei potuto dimenticare quella notte?
Anzi,
una qualsiasi delle notti passate insieme a lui… Ma avevo
capito a cosa stava
alludendo esattamente. Si riferiva a quella
notte. Alla notte in cui mi ero addormentata sul suo divano e mi ero
risvegliata sul suo letto. Su quel comodo letto che a lui non serviva
e che
aveva acquistato solo per me, perché in quanto essere umano
io avevo bisogno
di dormire e voleva che lo facessi nel migliore dei modi, al solito.
Per un
attimo fui presa dal panico. Se eravamo lì, significava
forse che lui stava
rinunciando a…
« No! », strillai, e lui si voltò
sorpreso verso di me.
« No, cosa? Non ricordi? »
Lo guardai, sopraffatta per qualche istante dal terrore.
« Io… Io ricordo, sì, ma non riesco
ancora a capire.
Insomma, quando sarò una vampira, a cosa ci
servirà un letto? »
Forse stava nuovamente cercando di combattere la mia
decisione, di convincermi che l’eternità non
faceva per me. Forse non voleva
più trasformarmi. Mi si strinse lo stomaco al solo pensiero.
Edward si accorse
del panico che verteva sui miei lineamenti, e mi prese il viso con una
mano.
« Calmati. Temo proprio che tu abbia frainteso le mie
intenzioni ».
Sospirò e mi baciò la fronte, mentre me ne
rimanevo
imbambolata a fissarlo. Poi mi prese una mano e la strinse con la sua,
ghiacciata come sempre.
« Bella, non infrangerò i patti, stai tranquilla
».
Solo in quel momento tornai a respirare normalmente. Mi
sorrise e si guardò intorno per vedere se arrivavano
macchine, prima di
attraversare la strada. Gesto assolutamente inutile perché,
tanto per dirne
una, la strada era praticamente deserta – tranne una
vecchietta che neppure ci
aveva degnato di uno sguardo – e poi il radar perfetto nella
sua testa lo
avrebbe avvisato anche se fosse arrivata una macchina a chilometri di
distanza.
Aprì la porta del negozio e subito ci trovammo in una
specie di sala, strapiena di intelaiature per letti, molle e montanti
vari.
Tossii per la polvere che avevo fatto alzare sollevando appena un
oggetto di
bronzo accanto a me e mi chiesi perché Edward, una delle
persone più ricche
del Paese (ma come sospettavo, grazie alle previsioni di Alice
probabilmente il
capitale della sua famiglia superava di gran lunga quello dello stesso
Presidente) si fosse disturbato a far tanta strada solo per visitare un
negozio
di letti di seconda mano. Be’, ok, magari non erano
già stati usati da
qualcuno in precedenza, ma non avevano neppure l’aria di
essere appena usciti
dalle mani del loro artefice. Lo guardai, in attesa che mi dicesse
qualcosa,
che mi spiegasse finalmente. Vidi il suo volto distendersi in un
sorriso
mentre salutava qualcuno. Mi voltai anch’io per vedere e mi
trovai davanti ad
un anziano signore, che ci guardava con una serenità che si
spandeva anche
negli occhi, oltre che nei gesti.
« Signor Cullen, che sorpresa rivederla qui! Come posso
esserle
utile? »
Guardai sospettosa Edward. Che sorpresa rivederla?
La cosa mi puzzava, e non ero affatto a mio agio.
« Scusi il disturbo, signor Aldrich. Mi chiedevo solamente
se potessimo dare un’occhiata in giro e se avesse ancora
l’articolo dell’altra
volta ».
Il vecchio sorrise, rivelando una dentatura tutt’altro che
perfetta, e rispose:
« Ho ancora tutto, qui è difficile vendere
qualcosa! » Poi
mi fissò per un attimo e soggiunse:
« Dunque questa è la sua fidanzata, signor Cullen
».
Non c’era traccia di malignità in quella domanda,
puramente
retorica, ma arrossii comunque. Sentì la risata di Edward e
questo mi fece
desiderare di sprofondare ancora di più. Come se essere
timidi fosse una colpa.
« Sì, lei è Bella ».
Lo guardai titubante mentre mi tendeva la mano, e gliela
strinsi con poca foga. Mi sentii in dovere di precisare.
« Isabella Swan, piacere ».
Il solo pronunciare il mio nome di battesimo mi fece
arricciare il naso, però mi sembrava un nome appropriato per
quel posto. Come
se migliaia di Isabelle mi avessero preceduta e fatto strada.
Guardandomi
intorno, fra tutte quelle testate di letto antiche, mi dissi che poteva
anche
essere così.
Il vecchio scoppiò a ridere e ricambiò la
stretta con più
forza di quanto potessi immaginare per una mano all’apparenza
così fragile.
« Il piacere è mio, signorina Swan ».
Ci guardò, sempre sorridendo, e aggiunse:
« Vi accompagno di là, allora ».
Edward annuì e mi prese per una spalla con gentilezza,
conducendomi
davanti a sé. Ero sicura che sarei inciampata tra tutta
quella paccottiglia
stesa a tradimento sotto i miei piedi, era solo questione di attimi. Il
signor
Aldrich ci guidò attraverso quel labirinto fino a portarci
in un angolo più
nascosto rispetto agli altri. Rise quando vide il mio stupore ed
Edward
sorrise, orgoglioso. Con discrezione, si allontanò e ci
lasciò da soli.
« Allora, cosa ne dici? »
Ero troppo stupita anche per parlare. Continuavo a fissare
quel letto, incantata. Al confronto, quello che aveva acquistato Edward
per me
era solamente una merce rozza, dozzinale. Quel letto stupendo, a
paragone con
quello che mi stava davanti, risultava grezzo, addirittura pacchiano.
Mi
avvicinai, per toccare con la punta delle dita il materiale.
Una complicata serie di incisioni rendevano il pezzo di
bronzo della testata e della parte inferiore del mobile un capolavoro.
Volte
che si intrecciavano ad altri fili attorcigliati fra loro stessi,
creando complicati
disegni, impossibili da riprodurre. Ma ciò che colpiva di
più erano
i due angeli, scolpiti in modo che sembrassero quasi vivi e che
osservavano
i
guanciali con aria pura ed innocente, di fianco alla testiera
superiore. Erano
meravigliosi, sembravano quasi opera del Canova, l’autore di
Amore e Psiche. Il
baldacchino era fissato negli appositi fermi e ricoperto di polvere.
Eppure,
questa polvere non sapeva di sporco. Aveva il profumo di altre storie,
altri
amori, dietro di sé.
« È… ».
« È stupendo, vero? »
Notai il sorriso che gli increspava le labbra, ma non era un
sorriso beffardo. Era un sorriso sincero.
« Già ».
Rimanemmo in religioso silenzio per un po’, fino a quando mi
tornò in mente la domanda che continuavo a pormi da quella
mattina e che mi
era solo temporaneamente uscita di mente.
« Edward… ».
Mi fissò per un momento, in attesa che continuassi il
discorso. Presi fiato due volte, prima di riuscire a dirgli
ciò che pensavo.
« Ecco, continuavo a domandarmi il perché di tutto
questo… ».
Sorrise, per qualcosa che solamente lui poteva sapere, per
la risposta che mi stava dando nella sua mente. Prima che potessi
accorgermi
del suo gesto, mi trovai il suo respiro gelido soffiare sul mio
orecchio, la
guancia fredda sulla mia nuca. Rimasi immobile, e il mio cuore
cominciò a
battere furiosamente.
« Ti ricordi del nostro impegno dopo il matrimonio, vero?
»
« Sì, certo… La trasformazione
».
Lo sentii ridacchiare.
« Diciamo dopo il matrimonio e prima della
trasformazione… ».
Quando capii, diventai paonazza. Lo guardai esterrefatta ma
non riuscii a dire nulla, perché il signor Aldrich soggiunse
proprio in quel
momento. Naturalmente Edward l’aveva sentito molto prima di
me, quindi gli
disse, senza smettere né di sorridere né di
fissarmi:
« Lo prendiamo ».
« Secondo me, andrà benissimo per la nostra camera
da letto ».
Lo fissai. Quel suo sorriso non accennava ad andarsene. Buttai
uno sguardo sul ciondolo a forma di cuore fissato sul braccialetto che
avevo al
polso, ripensai ad Alice e mi chiesi con orrore se il fatto di fare le
cose in
grande fosse una caratteristica di famiglia, se ne potessi venire
contagiata
anch’io. Magari, abituandosi ad avere tanti soldi dopo un
po’ si cominciava
a usarli come acqua.
Chinò il volto per guardarmi e, lasciando una mano dal
volante, mi accarezzò una guancia.
« Sempre agitata, Bella? »
Sbuffai. Lui parlava di letti nuziali e io non dovevo
essere preoccupata?
« No », mentii. Tanto ero sicura che mi avrebbe
scoperta.
Infatti lo vidi sospirare e mi strinse una mano.
« Bella, è solo un letto… ».
Scossi la testa, non era solo una questione di letto. Poi mi
ricordai del motivo per cui avevo deciso di diventare vampira. Lo amavo
sopra
ogni cosa. Sopra ogni altra cosa.
Pazienza per il letto, tanto prima o poi ci avrei fatto
l’abitudine.
« Più che altro, mi sembra uno spreco. Per usarlo
una notte
sola… ».
Uno scintillio malizioso gli bruciò nello sguardo, e allora
capii. Avvampai dalla vergogna, di nuovo, e gli diedi uno schiaffo sul
braccio,
simbolicamente, tanto sapevo che non potevo fargli del male. Lui
cominciò a
ridere mentre io prendevo la decisione che, una volta neonata, mi
sarei
vendicata.
In più, avevamo un’eternità da dividere
insieme.
Al nostro secondo matrimonio, mi sarei presa la mia
rivincita.
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