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Autore: Shine     16/06/2008    4 recensioni
Flowers è una raccolta di brevi storie, incentrate sul significato dei fiori. Ad ogni fiore, infatti corrisponde un preciso senso ed una determinata storia. E' la mia prima ff su questa categoria, non siate troppo severi. Buona lettura!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Camelia

Simbolo di gratitudine

 

L’ombra della sera andava oscurando il cielo, tingendolo di un azzurro sempre più intenso, fino a trasformarlo in un blu acceso e lucente. L’oscurità che pian piano diveniva dominante, s’affacciava con sforza, attraverso le finestre di una stanza. Ma l’uomo che sostava lì, non si era accorto del precoce scorrere delle ore. Continuava infatti, indifferente, a scrivere, senza prestare attenzione al ticchettio dell’orologio, che interrompeva quel silenzio così cupo. All’improvviso il cigolio della porta interruppe la quiete creatasi. Una bambina dai capelli scuri, ricci e lucenti, entrò cautamente nella stanza. Non appena la vide, l’uomo si illuminò con un grande sorriso. La bimba, rassicurata dalla sua espressione, mosse dei passettini veloci verso la sua sedia. Lui la fissò, colmo di ammirazione. Lei gli porse delicatamente, con la manina minuta, un piccolo fiore appena colto. Egli lo fissò, sorpreso, poi si abbandonò nella dolcezza dei ricordi.

 

“Cosa vuoi da me?”, sbottò lui, rivolgendosi ad una ragazza.

Lei rimase indifferente al suo tono di voce.

C’era qualcosa di angelico nel suo volto, incorniciato da morbidi riccioli neri ed illuminato da occhi scuri e profondi.

“Ti ho visto, oggi.”

“Con quel ragazzo.”, aggiunse, al suo sguardo interrogativo.

“La cosa non ti riguarda.”, esclamò.

La rabbia lo pervadeva completamente.

“Lo so”, rispose tranquilla.

“Allora, che fai ancora qui?”

Era infastidito dal suo tono pacato, dal suo viso sereno.

“Ti faccio compagnia.”

“Non ho bisogno di te. Vattene.”

A questo punto, lei lo fissò dritto negli occhi.

“Perché ti comporti così?”

“Così come?”, era sul punto di dire, ma si trattenne.

“Non mi conosci. Sei solo una mia compagna di classe. Non sono fatti tuoi.”

“Hai ragione”, disse.

Si voltò, dirigendosi velocemente dall’altra parte, ma poi aggiunse:

“Mi dispiace solo vederti così.”

“Che intendi dire?”, le urlò dietro.

“Sei tormentato da una profonda sofferenza. E la sfoghi nell’aggressività.”

Gli aveva fatto un ritratto perfetto, ma lui non era disposto ad ammetterlo. Perché conosceva così tante cose? Perché?

“Ti sbagli.”

“I tuoi occhi  ti tradiscono.”

Quell’affermazione lo trattenne. Rimase interdetto.

“I miei occhi non possono spiegarti tutto.”

“Ma quanto basta, per capire che stai sopportando un enorme dolore.”

“Sei un’osservatrice piuttosto attenta.”, si rassegnò lui.

Lei sorrise.

“Perché ti interessi proprio di me?”

Lo guardò per un attimo, silenziosa.

“Perché ti voglio bene.”

 

L’uomo fissò la bimba, che gli sorrideva. Le sfiorò il viso, con dolcezza. Era così bella. Così innocente. Come quella confessione. Quelle tre parole che avevano fatto crollare il suo piccolo mondo, tanti anni prima. Quelle dolci parole, pronunciate con ingenuità, che avevano risvegliato quella parte del suo cuore, non invasa dal rancore. Già, il rancore. E l’odio di un ragazzino di 16 anni, sbalzato in una situazione a cui non era preparato, senza via di scampo, senza possibilità di scelta. Strinse in un abbraccio affettuoso la sua piccola Sara, guardandola con amore incondizionato.

 

“Ciao, Aurora.”

La ragazzina bruna si voltò.

“Michele”

Un sussurrò sorpreso, gli occhi colmi di felicità.

“Avevi ragione”

Lei lo fissò, corrugando la fronte.

“Sono afflitto da un’insormontabile sofferenza.”

Sorrideva, ma la ragazza intuì quanto quell’affermazione provocasse in lui.

“Non devi parlarmene, se non vuoi.”

“Ed invece temo che dovrai sopportare le mie parole, perché ho urgente bisogno di sfogarmi.”

Lei sorrise, gli si avvicinò e lo invitò delicatamente a sedersi sull’erba.

Lui parve un po’ in difficoltà.

Respirò a fondo.

“Mi manca mio fratello.”

Lei lo guardò, curiosa, ma non lo interruppe.

“I miei non sono più insieme da un po’.”, spiegò lui.

 Aurora sgranò gli occhi, stupita.

“Mio padre è andato a vivere a Roma, con mio fratello.”

“Non ci vediamo quasi mai.”

La ragazza rimase interdetta.

Senza dire una parola l’abbracciò.

Lui la lasciò fare, dimenticando di essere stato il ragazzo più aggressivo della classe.

Dimenticando di non sopportare i suoi compagni, tutti così felici.

Dimenticando di odiare il resto del mondo.

I due si lasciarono.

Scese un silenzio, ma entrambi sapevano che non c’era bisogno di parole.

Poi, Michele posò lo sguardo sulla cartella, che aveva abbandonato accanto a lui, poco prima.

“Ho una cosa per te.”

Mise la mano nello zaino e prese un fiore.

“È una camelia.”

“Per ringraziarti di avermi ascoltato.”

Lei sorrise, con un’espressione di gioia pura.

 

“Dove hai preso questo fiore, tesoro?”, domandò lui.

“Me lo ha dato la mamma. Ha preso una nuova pianta, da mettere sul balcone.”

Lui sorrise, la prese in braccio e si diresse in cucina.

Non ci fu bisogno di domande.

Lei lo guardò, in tutto la sua bellezza, che aveva egregiamente conservato negli anni.

“Per ricordarti che devi essermi grato”, disse, con una punta di malizia.

 

 

Salve a tutti!! Vorrei ringraziare tantissimo tutti lettori di questa raccolta, ma in particolare Blu Rei e Padme Undomiel, per le loro recensioni. Sto aggiornando questo capitolo perché sappiate che questa storia non avrà un seguito almeno fino a settembre. Purtroppo andrò in vacanza in un posto dove, ahimè, non c’è il computer. Vi prego però di aspettare con pazienza, perché la raccolta non è affatto completa. Grazie di tutto!!

 

Shine

  
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