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Autore: Julia_Fred Weasley    11/02/2014    6 recensioni
Ok, salve. In attesa della long, ho scritto questa one shot. Spero che vi piaccia. Fred non muore non preoccupatevi, non lo farò mai morire! (Ok, forse una volta è capitato) I personaggi li ho messi in OOC dato che il loro carattere per me non si attinge molto a quello originale, soprattutto quello di Hermione. Forse la trama riprende un po' già quello che penso su questa coppia, ma li adoro e non c'è niente da fare, quindi voglio scrivere di loro. Infatti si basa soprattutto sul carattere insicuro di Hermione e come dice il titolo, Fred riesce a portala via. Beh... spero che recensirete e che troverete piacere nel leggerla, sperando che non la troverete banale o noiosa o qualsiasi altra cosa negativa.
Dal capitolo:
- Tieni, prendi – disse una voce.
- Dai Ron, fammi scendere, mi sento meglio adesso.
- Non sono Ron.
Poi, se siete interessati, mi farebbe piacere che leggeste il capitolo! Grazie ancora a tutti voi!
Julia :D
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Hermione Granger | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Takes me Away


Tu eri lì, a camminare, a passo svelto, lo facevi quando non volevi che gli altri, pur se con disinteresse, ti guardassero. Avevi i libri stretti tra le braccia, mentre col mento sfioravi la carta. Quell’aria fredda sul viso e sul collo ti dava fastidio. E volevi andare via, ancora. Eri stanca di scappare, ma eri brava a farlo. Avevi capito che oltre al cervello, dopo non c’era nient’altro. Non era cosi?!
Ti sentivi debole, impotente davanti agli altri. Vedevi ragazze più belle di te, ovunque. Non te ne era mai importato, però ogni tanto ci pensavi. Le belle ragazze non venivano prese in giro. Mentre tu eri sottoposta ad ogni forma di tortura. E quindi ogni volta passavi per l’asociale, l’antipatica, la secchiona e “meglio starle alla larga”.
Ancora non riuscivi a capire perché Ron e Harry erano diventati i tuoi migliori amici, ma sapevi che ormai non si poteva tornare indietro. Provavi affetto per loro e non riuscivi a immaginare una vita sociale diversa, per te. Se anche loro si sarebbero tirati indietro, forse, per te, sarebbe stata la fine. Ancora non riuscivi a capire, che al sesto anno, c’erano ancora queste discriminazioni. Ma tu lasciavi perdere, andavi avanti.
Bastava superare l’anno e aiutare Harry. Quando stavi per raggiungere il tuo agognato dormitorio, da quella pessima giornata, per rifugiarti, notasti che in fondo al corridoio, insieme alle occhiate dei tuoi coetanei, c’era anche la causa del tuo dolore. Che ovviamente loro non notavano mai, erano solo una massa organica insensibile.
Dei mostri, che non vedevano quello che gli si parava davanti agli occhi. Fred e George Weasley, una specie che tu sperassi in via d’estinzione. Strinsi con violenza i bordi dei tuoi amati libri, sperando che i loro occhi furtivi non ti guardassero. Muovevi freneticamente gli occhi sperando di trovare una via di fuga. La stavi proprio per imboccare quando una voce ti fermò.

- Ehi, guardate, c’è la prefetto! – urlò un ragazzino e tu non potevi far altro che pensare di ucciderlo. Tutti alzarono lo sguardo verso di te, e i tuoi piedi istintivamente cominciarono a muoversi. Per istinto di sopravvivenza. Eri impacciata e goffa e avevi paura che anche in quel momento, fare dei piccoli gesti, ti potesse mandare alla rovina. I gemelli furono più veloci, molto più veloci. Lo erano sempre, quando la loro vittima eri tu. Nella tua mente c’era la solita litania, la solita patetica esclamazione: ”vi prego, basta!”. Ma nessuno poteva sentirlo, anche se avresti voluto. Ma la domanda è… l’avrebbero fatto? Avrebbero smesso di prenderti in giro? Di farti soffrire? Tutte domande alle quali tu non sapevi trovare una risposta.

- Ehi, Granger, dove stai andando? – Fred ti parlò, con la sua solita sicurezza. Non l’ammettevi ma la volevi. Agognavi quella sicurezza che tanto era abbondante in lui.

- Io… io… - balbettasti, cercando una protezione dietro i tuoi libri, a tutte quelle pagine numerate e piene di parole che a loro non avevano mai interessato.

- Vuoi provare qualche dolcetto con noi? Non mi pare che l’altra volta ti siano piaciuti. – rise George, guardando il fratello con uno sguardo che avrebbe fatto invidia anche al Signore Oscuro. Basta, vi prego. Non vi ho fatto niente, perché farmi questo. Basta… basta. Non capivano, che per te, tutte le loro prese in giro, rifilarti di nascosto qualche loro scherzo, e tutto questo in pubblico, ti snervava, era insopportabile, e senza via di fuga.
Era sempre la stessa storia: Harry e Ron che andavano a fare Quidditch, tu rimanevi da sola, Fred e George, dormitorio, lacrime. Un circolo vizioso che in quel periodo non voleva smettere di andare avanti. Tu eri una ragazzina, quei due erano più grandi di te. Di solito riuscivi a farla franca con qualche rispostaccia o qualche incantesimo, ma quelle avversioni verso di te, stavano durando così tanto che non sapevi più che arma usare.
La guerra che stava per arrivare non li sfiorava, la Umbridge stava perdendo di interesse, anche se stavano ancora cercando il modo di mandarla via. E tu, eri quella vittima che li teneva in vita. George, rapido, ti prese, mettendoti un braccio sulle spalle. Sapeva cosa stava per accadere, c’erano delle Merendine Marinare, Mou Mollelingua, Pasticcetti Svenevoli, e Torroni Sanguinolenti.
Ti avrebbero costretto a magiare uno di quelli con la forza. Basta. Pensavi, sembrava che la tua voce, anche se nella mente, si stesse affievolendo, come per arrendersi per quella fine, la quale ormai ti eri abituata. George ti afferrò le braccia con violenza e le fermò e l’unica cosa con cui tu potevi scontrarti era il tuo corpo, che dietro di te ti troneggiava. Ti teneva ferma, così che l’altro suo compare potesse farti ingoiare a forza la tua sofferenza.

- Merendine Marinare, George?

- Perché no, Fred! – ridevano alla grande, mentre il gruppo di coetanei in circolo, accompagnavano le loro risate. Basta. Ed era strano di come a infliggerti le sofferenze non fosse mai George, ma lui. Sì, lui, che ti piace così tanto. Non l’avresti detto, vero?! Il tuo amore, la tua rovina. Non sapevi neanche tu cosa provavi per lui, ma sapevi che provavi attrazione. Ti piaceva guardarlo, ma non volevi che ti si avvicinasse. E come biasimarti, dopotutto. Lui era pericoloso, a solo guardarti, già gli venivano in mente molti stratagemmi per prenderti in giro. Tutta colpa del tuo fare insicuro, del tuo carattere, colpa tua. Forse se eri come tutti gli altri, eri salva, ma non lo eri, quindi ti toccava soffrire e combattere.

- Sappiate che io dirò tutto alla McGranitt! Sono un Prefetto! – gridasti, e provocasti una serie di risate di scherno da parte di tutti.

- Sì lo sappiamo Granger, ma non frega a nessuno e poi, non lo farai. Non l’hai mai fatto, e questo è strano. Tu sei strana. – disse Fred con la Merendina in mano. Il respiro di George ti toccava i capelli e sapevi che l’ora era arrivata. No! Basta!. Ancora a ripeterlo, non lo dicevi perché altrimenti la tua reputazione sarebbe cambiata. Ma sapevi che alla fine non cambiava la situazione, perciò stavi zitta. Ti dimenavi e urlavi. Stavi zitta e urlavi.
Poi le tue labbra toccarono il dolce e mandarono giù con violenza. A quel punto ti girò la testa, ti sentivi debole e le mani di George ti lasciarono, e le tue ossa fragili ti obbligarono a urtare le tue ginocchia al pavimento gelido. Alcuni sintomi cominciarono a rivelarsi e poi accadde senza neanche accorgertene. Rigettasti tutto fuori, sul pavimento, mentre le tue mani cercavano di sostenere il tuo corpo.
Le lacrime scesero e continuavi a sforzarti, ti faceva male lo stomaco, mentre le risate e le voci sembravano essere solo nella tua testa. Per un po’ i conati si fermarono e trovasti il tempo di alzarti e reggerti alla colonna della murata del corridoio. Poi alzasti lo sguardo e non sapevi a chi lo stavi rivolgendo dei due ma trovasti il coraggio di dirlo.

- Basta – una debole parola, pronunciata dalla tua debole voce. Con le lacrime che ti rigavano il viso e il tuo corpo che continuava a sussultare sia dai singhiozzi che dai conati. Che ripresero. Ti accasciasti a terra, facendo percorrere la tua mano lungo tutta la colonna sporca. Avevi gli occhi chiusi. Non sapevi cosa stava succedendo, ma ti sei sentita sollevare, la tua mente credette che fosse Ron. Che stava passando di lì e ti aveva vista in quello stato.

- Tieni, prendi – disse una voce, le tue labbra furono sfiorate da dei polpastrelli che ti passarono l’altra metà della pillola. L’antidoto. Ando giù e finalmente trovasti un momento di pace. Respirasti, un sospiro spazientito, tenevi ancora gli occhi socchiusi, mentre le tue gambe dondolavano. Non sapevi ancora cosa stava succedendo, ma sapevi che eri in braccio a qualcuno. E quella situazione stava per innervosirti.

- Dai Ron, fammi scendere, mi sento meglio adesso. – dissi debole, ma sapevi che quella sensazione sarebbe passata a breve.

- Non sono Ron. – fece una voce, più chiara, più grave, che il tuo orecchio appoggiato alla sua spalla, percepì. A quel punto apristi gli occhi, lentamente, no… non era reale, stavi ancora vomitando, ne eri certa. E la tua mente non faceva altro che illuderti. Sapevi dove stavi andando, dove ti stava portando. Nella Stanza delle Necessità. Quando si aprì ai tuoi occhi, entrasti con lui, e finalmente ti posò a terra.

- Lasciami stare – la tua voce tremava, ora a quella figura alla quale attribuivi un misto di attrazione e odio, provavi solo paura. Sperasti che non ti facesse altre delle sue “torture”. Ti allontanasti e la tua schiena andò ad urtare la colonna curva, dietro di te.

- Calmati non voglio farti del male, ok? – disse rassicurante, aveva le mani davanti a te, per farti vedere che erano libere e che con se non aveva portato niente di “atroce”. Fece dei passi avanti, lenti. Cercando di farti capire che non ti avrebbe fatto del male. Ma tu piegasti la testa, non volevi vedere il suo sguardo. Perché sapevi che altrimenti ti saresti imbambolata, e la tua facciata non avrebbe preso spazio. Sentivi che ormai, era a un passo da te, così vicino, anche troppo. Sapevi che ti stava guardando, e quegli occhi insistenti su di te, ti fecero prender parola.

- Non ci credo, sono stanca, Fred. – l’avevi detto. E sperasti che non avrebbe riso, come suo solito.

- Mi dispiace. – fu tutto quello che disse, ma tu non ci credevi comunque. – mi dispiace, mi dispiace. – continuava a ripeterti.

- Questo è uno scherzo, tu non sai come mi sento, perché non mi faccio vedere a cena, perché sto sempre in biblioteca, tu non capisci! Adesso dici così, per convenienza, ma poi tornerà tutto come prima. – Ti sentisti libera, e la consapevolezza che non ci fosse nessuno in quel posto, ti spinse a girare lo sguardo verso di lui. E vedesti che ti stava guardando e non col suo solito cipiglio divertito di sempre. Era serio, e forse pensasti che era la sua prima volta, nella sua vita, in cui lo era. Avevi le braccia conserte, come una sorta di scudo.

- Lo so, che faccio lo stronzo, ma so come ti senti. – con tutta naturalezza.

- ALLORA PERCHÉ CONTINUI! – gridasti, stanca di sentire quelle menzogne da uno come lui. Avevi sciolto le tue braccia, ti avvicinasti più a lui, governata dalla rabbia e avvicinasti il viso al suo, mentre le tue lacrime si facevano vedere senza che tu te ne accorgesti. In quel momento gli occhi di Fred non ti erano mai sembrati così chiari. E per un po’ ti incantasti a guardarli, perché finalmente li avevi visti.
Poi fu tutto così rapido che ti sembrò ancora di essere lì, in quel corridoio, a vomitare e a sentire voci ovattate. Era una strana sensazione, ma che tu agognavi da tanto tempo. Le sue labbra si infransero sulle tue, così, rapide, morbide, violente. Non avevi avuto neanche il tempo di sorprenderti che decidesti di chiudere i tuoi occhi. Ovviamente fu lui a prendere l’iniziativa, ti spinse con delicatezza alla colonna dove prima eri appoggiata.
Le tue labbra si ammorbidirono sulle sue, che decise di prenderti il viso e di accarezzarlo. Approfondì il bacio, prolungandolo, e stranamente anche se per la rabbia che per la sorpresa, tu trovasti altro fiato da conservare per lui. Trovasti anche il coraggio di abbracciargli il collo, di toccargli il viso, di scompigliargli i capelli. E la tua mente andò a scene remote, di quando lo guardavi di nascosto, quando svoltavi l’angolo insieme a Ron e Harry per vederlo più da vicino. Delle giornate passate alla Tana, tenendoti sempre tutto dentro.
E poi eri lì, a baciarlo, e a sentire i suoi sospiri, ad assaggiarlo, a sentire il suo profumo e a toccargli i capelli. Momento che vedevi solo nei tuoi sogni e che sapevi non si sarebbe mai avverato. Quando Fred si staccò, dalle tue labbra sfiorandoti il labbro superiore, riprendesti aria con sospiri affannati. Ma sempre con uno sguardo fisso su di lui, allibito, con le mani che aveva sul tuo viso, ti asciugò le lacrime coi pollici, mentre boccheggiavi cercando di dirgli qualcosa.

- Per questo. Cercavo di distogliere questa idea, ma è tutto inutile, purtroppo mi fai quest’effetto. – emanasti un sospiro sorpreso, alzando quasi un angolo delle labbra, i tuoi occhi schizzavano da ogni parte della stanza, cercando di trovare un rifugio dal tuo labirinto che era la tua mente.

- Stai di nuovo scherzando, non è vero? – chiedesti, come per dargli una seconda scelta, una via di fuga, non poteva scegliere te, avresti solo sofferto, perché poi sapevi che avrebbe trovato un’occasione migliore.

- No, Granger, faccio fatica anch’io a crederci, fidati. – disse lui, sul suo viso tornò il suo solito sorriso malizioso che tu adoravi e detestavi allo stesso tempo.

- Perché me? – domandasti. – Io… non sono niente. Io…

- Non è vero, sei più di quanto pensi.

- Davvero? – chiedesti con voce lieve, credevi che tutto quello che stava succedendo fosse un sogno. Sembrava tutto troppo oltre la norma.

- Sì. – disse approvando con la testa. Dicendolo quasi bisbigliando, come per mantenere l’atmosfera in quel posto. Eri ancora così vicina a lui, ma all’improvviso ti sentisti così a tuo agio che tutto sembrò normale. Tutto era così silenzioso, solo le vostre poche parole riempivano il resto. Ma erano più bravi i vostri occhi. Che a un tratto tu abbassasti, perché tutta quell’attenzione a te non piaceva.

- Ora basta guardarmi, ok? – dissi con un sorriso, il primo che allungasti. Di fronte a lui, durante quel brutto periodo. Lui rise e spontaneamente ti abbracciò, mentre tu eri ancora un po’ distaccata, ancora non ti fidavi. Ma ti sentisti sicura tra le sue braccia, tanto da volertene stare lì e dormire.

- Mi dispiace – bisbigliò – scusami. – I suoi respiri ti colpivano la testa e la sua ansia e il suo battito accelerato ti fece capire che diceva sul serio. La sua mano ti carezzava i capelli, e le sue dita si nascondevano all’interno della tua criniera. Quel tocco ti face rabbrividire e le tue gambe cominciarono a tremare.

- Ok, basta. Ho capito. – ti staccasti da lui, mentre le tue dita cominciarono a dimenticarsi del suo tocco.

- Già, hai ragione, basta con queste cose smielate. – ma tu lo guardavi impassibile, presi la bacchetta gliela puntasti contro, mentre lui ebbe solo il tempo di aprire gli occhi allarmato, feci un incantesimo non verbale e Fred volò in aria, sottosopra. Avendo la sua faccia a portata di schiaffo.

- Osa di nuovo, farmi quello che hai fatto, e giuro che ti uccido! – beh… avevi deciso che una tua vendetta era passibile. Poi lo lasciasti cadere e con soddisfazione posasti la bacchetta. Quando si alzò, si tolse quei pochi capelli che aveva davanti agli occhi.

- Io ti ho baciato, dopo che tu hai vomitato e mi fai questo?! La prossima volta che devo fare qualcosa del genere, mi uccido da solo, grazie.

- Beh… dovevo pur vendicarmi in un modo, adesso portami via. – Fred ti guardò un attimo, capendo le ultime parole.

- E dove? – alzò un angolo delle labbra.

- Non lo so, portami via, fammi ridere. – Fred ti sorrise, mostrando il sorriso più bello che tu avessi mai visto. Ti prese per mano e insieme varcaste la porta della Stanza delle Necessità. I vostri mantelli vi rendevano goffi, ma il vostro sorriso attirava l’attenzione. I ragazzi che prima ridevano per te, adesso erano allibiti, a bocca aperta e così anche lo stesso George. Chiedendosi cosa fosse successo. E così il tuo dolore, si rivelò essere la tua medicina. La quale avresti lottato per tenerla sempre lì con te. E lui avrebbe fatto di tutto per salvarti. Da te stessa, dai tuoi incubi, dalle tue paure, dai tuoi demoni.

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A.A. - Allora, ciao ragazze! Spero che la storia vi piaccia, ammetto che è molto più corta delle One Shot che faccio, ma volevo scrivere qualcosa su di loro e non sapevo che fare, così ho messo le mani sulla tastiera ed è uscito questo. Spero che non sia banale (ok, forse un po' lo è) come storia però l'idea mi era venuta così. Una piccola scena ed è uscito questo. Capirò se non vi piace, però ringrazio tutte voi che avete sempre seguito e messo tra le seguitepreferitericordate le mie storie. E un ringraziamento speciale per chi recensisce, perchè mi ha fatto diventare quella che sono e mi aiuta sempre a migliorare. Perciò grazie a tutti voi! <3
Julia :D

  
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