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Autore: KeeptoDream    12/02/2014    1 recensioni
Haily è una teenager di diciotto anni che ha appena terminato il quarto ed ultimo anno delle superiori e si prepara ad affrontare un nuovo percorso di studi. L'amore per l'Hip-Hop, le suggerisce di iscriversi in un'accademia di danza, per inseguire il suo unico e tanto bramato sogno; ballare. Ma niente è semplice come sembra. I genitori di Haily sono delle persone altolocate e vogliono soltanto il meglio per la propria figlia e di certo una carriera da ballerina non promette nulla di buono e di sicuro. Così, la costringono ad iscriversi in un'università di medicina, dove studiare è molto impegnativo. Ad Haily cade il mondo addosso. Abbandonati i vecchi amici e la sua vecchia vita, la ragazza si ritrova ad affrontare un nuovo modo di vivere, con una nuova scuola che non le piaceva. Tutto ormai, le sembrava perduto e il suo sogno irrealizzabile, ma proprio quando stava cominciando a perdere le speranze, cadendo in una voragine di depressione, ecco che incontrerà un ragazzo, che insiene ai suoi amici, le stravolgerà l'esistenza.
*-Sogna i tuoi sogni ad occhi chiusi. Vivi i tuoi sogni ad occhi aperti.- disse stringendomi forte la mano -Non arrenderti mai, Haily!-
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1° Capitolo- Shattered dreams
 
-Cos’è questo Haily?- il rimprovero di mia madre rimbombò violentemente nella mia testa. Sentii la rabbia montare in me, come un fiume in piena pronto a straripare. Di certo sarebbe stato bello risponderle a tono, ma se le dicevo ciò che in questo momento stavo pensando, mi avrebbe fatto immediatamente fuori. Sarebbe stato ridicolo alzarmi da quella sedia e gridarle che mi ero iscritta a quell’accademia di danza, perché io amavo con tutta me stessa l’hip-hop, eppure era la verità. Così rimasi immobile, con le braccia poggiate sulla scrivania, chiusa in un ostinato silenzio. D’improvviso la mia stanza mi parve piccola e soffocante, non sentivo più il senso di protezione che sempre mi regalava quando ero lì dentro. Il letto, l’armadio persino la finestra, che tante volte mi aveva portato conforto, adesso mi sembrava opprimente. Sentivo la testa girarmi e lacrime di rabbia minacciavano di uscire fuori. Repressi il nodo che mi si era formato in gola e senza pensarci due volte, con un gesto rapido delle mie mani, strappai il foglio dal pugno ferreo di mia madre e cercai di nasconderlo maldestramente dietro la schiena.
-Tu non...- cominciai a farfugliare come una stupida, con voce tremante.
-Che cosa?!- mi incalzò lei alzando di proposito il tono della voce. I suoi occhi maligni erano fissi sui miei timorosi.
-T-tu... n-n-non...-
-Come, scusa?! Non ti sento!-
-TU NON CAPISCI!- urlai d’improvviso tutto d’un fiato.
Adesso ero in piedi, la sedia era caduta per terra a causa della violenza con cui mi ero alzata. Sentii le mie gambe diventare gelatina, ma cercai di non far trasparire la paura che avevo dentro, cercando di mantenere una posizione eretta e sicura, con le braccia tese lungo il corpo, le mani chiuse in un pugno e lo sguardo ostile rivolto a mia madre.
SBAM!
Il colpo arrivò improvviso e doloroso. La guancia dove mia mamma aveva dato uno schiaffo cominciò da subito a bruciarmi, ma non ci feci caso e continuai a guardarla, stavolta, però, non riuscii a frenare le lacrime che adesso, silenziosamente, rigavano il mio volto.
Non avrei mai pensato che fosse capace di questo...
Rimasi immobile ancora per qualche istante, finché mia madre non cominciò a singhiozzare e fu in quel momento che decisi di scappare. Non le diedi nemmeno il tempo di avvicinarsi a me per rimediare al suo errore, non le volevo le sue scuse, in quel momento non erano nemmeno tra le cose che meno desideravo. Così, la superai spintonandola un po’ e aperta la porta della mia camera fuggii di corsa da casa.
Non appena fui fuori da quella prigione, ispirai profondamente l’aria fresca di quella giornata, ma non ebbi nemmeno il tempo di rilassarmi un momento che già sentivo mia madre chiamare il mio nome a gran voce. Sentii un senso di rimorso farsi strada nel mio cuore, ma lo respinsi immediatamente. Lei non mi capiva, non comprendeva l’importanza dei miei sogni, non mi aiutava a realizzarli, ma anzi cercava sempre un modo per ostacolarmi il cammino e ciò mi faceva molto male.
-No, non voglio entrarci più là dentro.- dissi in un sussurro, poi mi girai verso la strada e presi a correre veloce verso... dove? Dove stavo andando? Ah sì, verso il ritrovo, o meglio, verso il capannone dove io e i miei migliori amici ci incontravamo e dove insieme agli altri membri della crew provavamo le nostre coreografie. Perrie, Liam e Danielle... giuro, se non fosse stato per loro, per il loro aiuto, io a quest’ora sarei soltanto una marionetta messa in balia dei desideri dei miei genitori. Se adesso sono quello che sono, lo devo soltanto ai miei migliori amici. La passione, l’amore per l’hip-hop ci ha da sempre tenuti uniti e pronti davanti a qualsiasi difficoltà. A noi bastava soltanto mettere un po’ di musica, costruirle qualche passo sopra e tutto l’odio che avevamo provato prima scompariva, la paura si trasformava nel coraggio di andare avanti e la tristezza nella felicità di vivere quella vita così bella, ma terribile al tempo stesso.
 
Spinsi frettolosamente il portone del capannone aprendolo quel tanto che bastava per entrarvi dentro, i cardini arrugginiti stridettero rumorosamente e il rumore rimbombò per tutta la stanza. Infine, quando fui dentro, spinsi con un calcio l’uscio e lo chiusi. Il tonfo che causò fece vibrare le pareti di acciaio di quel vecchio capannone e qualcuno più avanti di me gridò allarmato da quel rumore inaspettato. Ed eccolo lì, in fondo, seduto sul divanetto rosso, unico oggetto lussuoso tra tutte quelle cianfrusaglie presenti in quel luogo, con il respiro ancora affannato per la paura e il cellulare ancora in mano dal quale proveniva una canzoncina allegra di uno dei suoi giochi preferiti, Liam.
Era vero che gli amici c’erano sempre nel momento del bisogno.
Non aspettai altro tempo e senza dire alcuna parola mi fiondai tra le sue braccia  abbracciandolo con vigore. Lui ricambiò la stretta con altrettanto trasporto senza nessuna esitazione e fu in quel momento, nel momento in cui sentii le braccia di Liam attorno al mio corpo, nel momento in cui mi sentii protetta che scoppiai a piangere e a sfogare la mia rabbia. Percepii i muscoli di lui contrarsi di più nel tentativo di stringermi più forte a sé, come se non mi volesse più lasciare andare, e per me andava benissimo così. Sarei potuta rimanere in quella posizione per sempre, ma poi capii che dovevo reagire. Liam, che se ne era rimasto in silenzio per tutto il tempo, non appena sentì la mia stretta attorno a lui allentarsi, ritrasse le braccia dall’abbraccio e sistemandosi meglio sul divanetto, prese ad asciugarmi le lacrime con semplici e dolci carezze.
Io continuai ad osservarlo, finché lui non fissò il suo sguardo su di me. I suoi occhi castani mi ricordarono all’improvviso la cioccolata calda che prendevo sempre in inverno, quando sentivo freddo, talmente dolce e tiepida, mi faceva stare sempre bene, ed era quello che adesso stavo provando con lui. Con un cenno del capo acconsentii alla sua muta richiesta, così Liam mi prese la mano e lentamente ci avviammo al bar.
 
Il locale davanti a noi sembrava uno di quei posti abbandonati dove la gente andava solo per ubriacarsi e dimenticare il dolore che li aveva afflitti. L’insegna “Horan’s” si illuminava ad intermittenza proprio sopra l’uscio spalancato. Le mura di quel luogo erano state rovinate da murales colorati e del cemento non si vedeva nemmeno l’ombra, ciò dava un’aria molto vandala a quel locale, facendolo sembrava un posto non frequentabile da persone per bene. Ma in realtà la gente si sbagliava, quello era il bar. Io, Liam, Perrie e Danielle ci andavamo spesso, era il nostro luogo preferito, dove poter esibirci e dove poter divertirci insieme agli altri nostri amici, tra cui il figlio del proprietario che ogni sera si cimentava a fare il dj. Quello, dopo il capannone, era il posto che più amavo.
Entrammo con le nostre mani sempre incrociate tra loro e ci dirigemmo verso il tavolo tre, quello vicino alla finestra, il nostro tavolo. Sorrisi ricordando i bei momenti passati a scherzare tra quelle mura, seduti proprio su quelle sedie.
-Ti ricordi quando Danielle aveva ordinato un panino vuoto e noi, mentre lei era distratta, lo avevamo riempito di peperoncino?- la voce di Liam interrupe il flusso dei miei pensieri, portandomene di altri ancora più indimenticabili ed esilaranti.
Risi divertita a quel ricordo e poi sedendomi sulla sedia vicino alla finestra cominciai ad imitare la mia migliore amica che si sventolava con la mano la bocca per far passare il bruciore. –Datemi un po’ di acqua, datemi un po’ d’acqua!- dissi fingendo la sua voce –Sto soffocando, non respiro!- ridemmo insieme spensierati, poi Liam si sedette proprio davanti a me e insieme completammo  quella parte di ricordo.
-Giuro che ve la farò pagare!-  dicemmo all’unisono. Scoppiammo nuovamente a ridere, ma questa volta più forte e con le lacrime agli occhi.
Era questo il potere di Liam, quello di farti sentire bene anche se in quel momento non lo eri. 
-Che è successo piccola?- la domanda mi prese alla sprovvista e il ritorno alla realtà fu così violento che sentii di nuovo la rabbia montarmi addosso.
Il mio migliore amico, che notò il mio improvviso sbalzo di umore, prese le mie mani e con piccole carezze mi incoraggiò a parlare, a sfogarmi. Fu come se qualcuno avesse premuto il tasto play e tutto quello che avevo dentro uscì fuori. Gli raccontai tutto per filo e per segno senza risparmiare alcun particolare, alternando parole di rabbia con parole di disperazione, sentii pian piano la collera andare via lasciandomi solo un senso di rimorso dentro e un gusto amaro in bocca. Liam per tutto il tempo in cui avevo parlato era rimasto in silenzio, le sue dita  che accarezzavano continuamente le mie mani, il suo sguardo impassibile fisso sul mio. Ogni tanto, quando mi fermavo per riprendere fiato o per non farmi travolgere dalle emozioni, mi faceva dei piccoli segni di assenso e io successivamente continuavo a raccontare. Vedere lui davanti a me che ascoltava, mi rendeva davvero felice e sicura di non essermi per niente sbagliata sul suo conto, io mi fidavo di lui.
Stavo per finire il discorso, quando, all’improvviso al nostro tavolo comparve il figlio del proprietario raggiante ed allegro come sempre. Ci salutò entrambi con una bella pacca alla schiena poi si sedette accanto a me e non preoccupandosi di ciò che stava succedendo disse: -Ehi ragazzi, secondo voi, cosa fa una televisione sotto il mare?-  sentii Liam spostare lo sguardo verso Niall, mentre io cercavo di nascondere quelle ultime tracce di lacrime dalle guance. Odiavo trovarmi in quello stato, soprattutto nei luoghi pubblici come quello, così cercai di affondare il mio viso nella mia felpa larga.
-No, cosa Niall?-  la voce di Liam mi riportò presente a me stessa e con indifferenza cercai di guadare di sottecchi Niall che stava già per scoppiare a ridere.
-Va in onda!-  esordì infine.
La risata contagiosa di quel ragazzo influenzò anche Liam che prima lo stava guardando con aria impassibile, ma dopo un po’ non resistetti nemmeno io e scoppiai a ridere. I miei occhi si incrociarono in quelli azzurri di Niall, il quale smise subito di sghignazzare e mi guardò con sguardo preoccupato, poi si voltò verso l’altro che nel frattempo era ritornato di nuovo serio. Fu a quel punto che notò le mani mie e di Liam incrociate l’une alle altre e capì di aver interrotto qualcosa.
-Scusa... io n-non... v-volev...-
-Non fa niente.- intervenni immediatamente io.
Niall mi guardò un’ultima volta, poi si alzò dalla sedia e fece per allontanarsi.
-Ehi, ma che fai?- gli chiesi con un sorriso. Avevo lasciato le mani di Liam e adesso con una tenevo il braccio del biondo, nell’intento di non farlo andare.
-Io n-non volevo dis-sturb...- cominciò a balbettare lui.
Quelle parole mi fecero sentire un verme, non era giusto quello che stavo facendo, gli stavo nascondendo qualcosa, anche lui doveva sapere. Anche lui era mio migliore amico.
-No, se vuoi puoi ascoltare anche tu.-
Niall mi sorrise grato riscaldandomi il cuore e si risedette sulla sedia accanto a me, pronto ad ascoltarmi.
Cominciai a raccontare tutto da capo, non risparmiando, anche questa volta i particolari; l’odio provato verso mia madre quando mi aveva sbattuto il foglio in faccia, la rabbia che mi era montata quando aveva di proposito alzato la voce istigandomi a risponderle e infine il dolore dello schiaffo ricevuto e peggio il rancore di averla di averla lasciata da sola a casa, a piangere.
Niall ascoltò tutto senza interrompermi e con i suoi occhi azzurri fissi sui miei, poi quando finii di raccontare mi si avvicinò stringendomi in un lungo abbraccio.
Una lacrima innocente scese sul mio viso ormai salato e incrostato dal precedente pianto. Affondai il volto sulla sua spalla e ancora una volta mi sentii protetta.
Di certo non mi potevo considerare sfortunata in fatto di amici.
All’improvviso sentii la tasca dei jeans, dove c’era il mio cellulare, vibrare.
Un messaggio da Perrie.
Perrie: “Ehi, io e Dan siamo arrivate a casa tua e qui, c’è tua madre che sta piangendo. Se vuoi, possiamo rimanere qui ad aspettare che tu venga... ma che è successo?”
Stavo per rispondere al messaggio, quando la mia attenzione fu catturata da un’altra presenza in quel bar. Alzai lo sguardo e a poca distanza da me vidi la persona che, proprio in quel momento, non volevo vedere, mio padre.
Il mio cuore perse un battito dalla paura e con un moto istintivo mi nascosi dietro la schiena di Niall. Il biondo intuendo ciò che di lì a poco stava per succedere, si parò davanti a me a mo di scudo, mentre con un filo di voce mi sussurrava che sarebbe andata tutto bene. Ma io in fondo sapevo, che invece sarebbe stato tutto il contrario.
Nascosta dal corpo di Niall non riuscivo a vedere ciò che stava succedendo, ma sentivo i passi di mio padre avvicinarsi a noi. Cominciai a contare i secondi di libertà che mi rimanevano, mentre gli occhi cominciarono nuovamente a bruciare.
-Uno...- sussurrai con un singulto. -... due, tre...- i suoi passi erano sempre più vicini. -... quattro, cinque...-
-Haily, esci fuori di lì, subito.- la voce di mio padre suonò alle mie orecchie come una minaccia, una minaccia da cui era impossibile scappare.
 -Sei...- continuai a sussurrare io tra un singulto e l’altro.
-Haily?- disse un po’ più forte. Io continuai a nono rispondere e mi limitati ad un silenzio ostinato. Niall era ancora davanti a me deciso a proteggermi, mentre Liam continuava a fissare mio padre in segno di sfida. 
-Haily, smettila di fare la bambina ed esci subito da lì dietro!- gridò d’improvviso.
-Sette.- sussurrai infine io.
Mio padre a quel punto strattonò via Niall e con la forza di una bestia mi prese dal bacino e mi caricò sulla sua spalla destra come un animale. La gente, che fino a poco tempo fa non si era preoccupata di ciò che stava succedendo in quel tavolo, a vedere quella scena si immobilizzò e restando al proprio posto continuò a osservare la scena esterrefatta.
Io cominciai a ribellarmi dandogli pugni alla schiena e calci alla pancia, mi misi a piangere disperatamente, chiesi aiuto, ma i miei amici furono subito bloccati da mio padre che con un calcio li buttò a terra.
-Smettetela di difenderla voi due! Questi non sono affar vostri, chiaro?-
Con la vista sfocata vidi i loro sguardi malinconici guardarmi impotenti. Sentii la loro delusione di non essere riusciti a proteggermi, ma io che sapevo già fin dall’inizio come sarebbe andata a finire la storia, li incoraggiai con un piccolo sorriso rassegnato e dopo con le labbra mimai: “scusatemi”.
Smisi di ribellarmi nell’istante in cui vidi i miei amici cadere per terra per il calcio di mio padre, e con loro tutte le mie speranze. Mi ero stancata di quella vita, eppure, la forza che fino a poco prima mi aveva portato a rivoltarmi contro di lui era sparita. E adesso, avevo soltanto un senso di enorme stanchezza addosso.
 
Una volta usciti dal locale, l’aria fresca di quel giorno mi investì regalandomi un unico ed ultimo momento di libertà, prima che mio padre aprisse lo sportello della macchina e mi ci buttasse  all’interno. Poi si accomodò anche lui, girò le chiavi mettendo in moto e partimmo.
Il viaggio di ritorno a casa fu lungo, sembrava non terminare mai e per tutto il tempo si sentirono soltanto i miei singhiozzi strozzati che, seduta accanto al posto del guidatore, cercavo di controllare.
Quando mio padre parcheggiò, sentii il cuore andare in tilt, aprii lo sportello e lentamente uscii fuori dalla macchina. Lui mi raggiunse posando una mano sulla mia spalla.
-Forza entriamo, tua madre ci starà aspettando. Non vogliamo farla soffrire ancora, vero?- disse quelle ultime parole guardandomi intensamente negli occhi, facendomi capire che le avevo fatto del male, e facendomi sentire in colpa. Alzai lo sguardo verso la casa, mentre la paura si faceva spazio nel mio cuore. Ed eccomi di nuovo lì, davanti alla prigione da cui ero evasa, ma da cui sempre avrei fatto ritorno.
Forse era proprio questo il mio destino, forse io non avrei mai fatto avverare i miei sogni.
Così, con passo rassegnato mi  diressi verso l’entrata, dove mio padre mia stava aspettando. Non appena gli fui accanto aprì la porta e mi fece cenno di entrare. Io entrai incerta, ma non feci nemmeno un passo che fui investita da Perrie e Danielle.
-Haily!- esclamarono all’unisono. Io ricambiai quella stretta così confortevole e piacevole, mi ero dimenticata che loro erano a casa mia ad aspettarmi.
La vista di quelle ragazze fece subito innervosire mio padre che ci staccò immediatamente dall’abbraccio.
-Papà sono soltanto le mie amiche!- ribattei con le lacrime agli occhi. –Non puoi privarmi pure di questo!-
-Sì che posso, se questo vuol dire far soffrire tua madre!-
-Ma cosa dici? Loro la stavano aiutando. Sono rimaste qui per non lasciarla sola dato che io non ero a casa.-
-E dimmi Haily, perché non eri a casa?-  ed ecco che colpiva ancora, diretto e fermo, puntando all’obbiettivo. Perché non ero a casa? Perché ero scappata? Perché mamma si era arrabbiata? Semplice, perché io amavo ballare... era questo il mio sbaglio e dato che anche Perrie e Danielle amavano l’hip-hop, mio padre le considerava colpevoli di tutto ciò. Perché loro avrebbero soltanto potuto incrementare quella passione, quando invece lui voleva soltanto stroncarla.
-Esatto Haily, vedo che hai capito. Voi due – disse indicando le mie amiche ­­-fuori di qui!- quelle parole mi scossero dalla mia posizione di arresa e cominciai ad urlare e a piangere come una, mentre mio padre mi tratteneva con un braccio e le mie due uniche salvezze andavano via.
-ADESSO BASTA HAILY!- quell’urlo mi fece rizzare i peli sulla pelle, ma non mi trattenne nell’innervosirmi. Era come se tutto fosse cominciato da capo, come se il nastro si fosse riavvolto, perché adesso provavo le stesse sensazioni di quella stessa mattina, prima di scappare, prima che fosse accaduto tutto quello. E me ne fregavo se mia madre piangeva seduta in cucina, con la testa nascosta fra le braccia. Me ne fregavo dello sguardo truce di mio padre. Così, mi girai di spalle e corsi verso la mia camera.
-Dimenticati la vita di prima, da oggi in poi si cambia stile! Il mondo a cui appartenevi prima sarà soltanto un brutto ricordo, perché mia figlia non è la ragazza che si veste come una barbona e balla per strada, no. Mia figlia è una ragazza per bene che non sta con amici come quelli...-
-TI ODIO!- risposi io, prima che lui finisse la frase, e con una violenza che pensavo non mi appartenesse sbattei la porta che poi, chiusi a chiave. Mi buttai sul letto avvilita e cominciai a piangere tutte le mie lacrime, anche se ormai, ne erano rimaste poche.
 
La mia vita era finita. Adesso, sarei stata soltanto una marionetta in balia dei desideri dei miei genitori. Quello che i miei amici avevano cercato sempre di farmi evitare, ma adesso loro non c’erano più, e stavolta, per sempre.




Ciaoooo principesse,
come va?! Io sto benissimo, perchè finalmente dopo taaaanto tempo sono riuscita a pubblicare questo primo capitolo scritto a quattro mani, da me e dalla mia dolcissima cupcake :3 ti voglio tanto bene tesoro <3
Dico dopo tanto tempo perchè sto capitolo è pronto da una vita e non sono riuscita ad inviarlo per problemi tecnini, del tipo che internet non prendeva bene e stavo ammazzando qualcuno :) AHAHAH

Comunque, ritornando a noi, vi ringrazio tantissimo per essere arrivati sin qua, spero che il capitolo vi sia piaciuto e se è possibile, potete lasciare qualche recensione?! A noi farebbe tanto piacere sapere cosa ne pensate, se ci sono errori... accettiamo tutto: consigli, critiche e complimenti :) grazie tante ancora... alla prossima xx

 
 
 
  
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