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Autore: DanzaNelFuoco    12/02/2014    3 recensioni
Questa storia ha partecipato al contest "Personificazioni linguistiche" indetto da darllenwr sul forum di efp e si é classificata prima a pari merito.
- Intro:
In un edificio particolare si trovano personaggi particolari.
Lingua, popoli e culture.
Giovani, vecchi, lapidi e il desiderio di non morire.
Spaccato di vita.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piccoli drammi antichi
 
"E te soccmel!" (1)
"Andiamo, Tonino (2), non fare così!"
Un ragazzo alto, sulla trentina, cercava di calmare un uomo di circa sessant'anni.
"Alessandro (3)" scandì in un perfetto italiano l'uomo dai capelli grigi. "Al ne brisa pussebel! Inción um guerda!" (4)
"Lo so, lo so." esclamò esasperato l'altro.
Per quante altre volte avrebbe dovuto avere queste conversazioni con Tonino? Alessandro era nel pieno della sua età e già si sentiva messo da parte, poteva capire la situazione di Tonino, ma l'uomo ormai stava per finire i suoi giorni. Si sarebbe spento a poco a poco, proprio come sarebbe capitato a tutti loro. Beh, quasi tutti.
Sospirò vedendo Lucius (5) e Saffo entrare appoggiandosi l'un l'altro.
Lucius teneva tra le mani un bastone da passeggio e la pelle decrepita si arricciava in rughe profonde attorno agli occhi. Le pallide e secche mani della muta Saffo (6) si artigliavano al braccio del vecchio. Dalle narici di entrambi uscivano tubicini, respiratori. Disgustosi metodi per pratiche assurde.
Restare in vita contro la propria volontà doveva essere una tortura, anche se a quanto pareva Tonino non riusciva a capirlo. Neanche Alessandro a dire la verità, ma confidava che quando fosse giunto il suo momento, l'avrebbe accettato. Alessandro aveva già un po' paura, dal momento che cominciava a sentire qualche dolore nella zona dei congiuntivi e sperava che non fosse necessario asportarli per sopravvivere.
Riportò l'attenzione sull'uomo che aveva continuato a blaterare, nonostante il suo interlocutore si fosse mentalmente assentato.
"Cus ai ho da fer?" (7)
"Niente, Tonino, niente! Non fasciarti la testa prima di essertela rotta."
"Non capisci! Io sono il detentore della memoria di un popolo! Quando morirò io cosa resterà? Nokia? An s capess gninta quand al parla!" (8).
Alessandro evitò di dire allo zio che neppure lui era chiarissimo.
Scoccò uno sguardo di sfuggita a Nokia, un ragazzino di appena quindici anni, stravaccato su una poltroncina e perennemente attaccato al cellulare. No, meglio non parlare di Nokia.
"Set te cus vol dir 'sagguel'?" (9)
"No. Suppongo che vorrai illuminarmi."
"È una falce!"
"1 falce? A cs serve 1 falce?" Intervenne, non richiesto, Nokia. (10)
"Vedi? Vedi? Tra pochi anni quando non ci sarò più 'sti ragazuoli, 'sti cinni, non sapranno più niente! Saranno tutti presi dal loro faccebuk!"
"D'accordo Tonino, ma lamentarsi non serve a niente." cerco di consolarlo come poteva.
Lucius si avvicinò lentamente ai due uomini sorreggendosi con il bastone. Alessandro si affrettò a porsi al suo fianco per sorreggerlo, mentre Tonino gli prendeva una sedia.
"'Sti ragazuoli!" Borbottava intanto Tonino. "Ve' mò! Non si è neanche alzato dalla poltrona!"
"Nolite interesse!" Fece Lucius con un cenno della mano. (11)
"Ille solo adulescens est." (12)
Tonino però continuava a borbottare, mentre Alessandro stoicamente sopportava.
"Tonino, smettila di lamentarti della tua vita, la vita non è breve, semplicemente viviamo male e il tempo ci sembra poco." lo rimproverò allora Lucius.
"Ma io non sarò come te, tu sei ancora vivo dopo tutti questi anni, mentre io morirò tra poco! A srev bela mort se non fosse per quei cuntaden ch'ogni tanto scorrono in dialét!" (13)
"Vieni con me..." gli disse Lucius alzandosi a fatica.  
"Dove?"
Uscirono in cortile, Alessandro a spingere l'antico portone. L'erba verdissima e bagnata di rugiada era inframmezzata da gentili non-ti-scordar-di-me azzurri e margherite bianche. Tra i colori vivaci spiccavano macchie grigie, lapidi.
"Observa." (14)  gli ordinò pacato indicandogli una pietra tombale vecchia e ricoperta in parte dal muschio.
Simboli incomprensibili la ricoprivano.
"Chi l'é?" (15)
"Tanaquil." (16)
Tonino gli rivolse uno sguardo scettico.
"Non la conosciamo, visse una generazione prima di me."
"Alaura?" (17)
"Tum ista est nostra finis. Siamo destinati a morire e a far perdere la memoria di noi, non c'è nulla di male in questo." (18)
I due rimasero a guardare la tomba della donna per qualche istante.
"Morire è naturale, è l'evoluzione, lasciamo il posto per coloro che non sono ancora. Tutto il resto è male. Guarda me. Guarda Saffo. Guarda i nostri respiratori. Siamo tenuti in vita a forza."
"Lucius, 'scoltum un atum. Ma l'ne brisa mei vivr pió a long?" (19).
"No. Io sono fatto come sono fatto e così tu. Non si può cambiare il corso degli eventi, né voler modificare quello che si è per vivere più a lungo. A non voler seguire la propria natura si diventa pazzi, come Giovanni (20) ." disse indicando un uomo di età indefinita che seduto sul prato parlava ad un biancospino: "Oh Prunalbo! Non odi tu il fru fru delle fronde fruscianti! Fanno clap clap!!! Brum brum! Hic hic i cavalli!"
Giovanni era decisamente tocco.
Tonino non sembrava tanto convinto dalle parole di Lucius, ma annuì ugualmente in direzione delle lapidi, dopo aver distolto in fretta lo sguardo da Giovanni.
Alessandro da lontano scuoteva la testa. Tonino non sarebbe cambiato mai per quanto Lucius tentasse di fargli comprendere la realtà, ormai la sua saggezza popolare era ormai irrimediabilmente legata ai problemi della vecchiaia che lo assillavano. La sua testardaggine legata all'età e il suo legame alla terra gli avevano sempre impedito di uscire dall'ala italica dell'edificio e questo aveva contribuito al suo avere pochi amici. In effetti Alessandro pensava di essere l'unico, insieme a Lucius, dal momento che Tonino e i suoi fratelli non si parlavano da quando erano piccoli. Un litigio da poco, Tonino non aveva neppure saputo dirgli per quale motivo, esattamente così come Grazia (21), Salvatore (22) e Carlo (23). Per quello che riguardava suo padre Pietro (24), uno dei tanti fratelli di Tonino, non c'era stata nient'altro che una scrollata di spalle indifferente. Così ad Alessandro era toccato fare la spola da un fratello all'altro per cercare di accomodare la situazione, ma non c'era riuscito, tutti presi dallo stesso problema di Tonino si chiudevano in sé stessi lasciando i fratello da soli.
Almeno Alessandro aveva potuto instaurare un'amicizia con Friedrich (25), l'uomo che viveva il piano sopra il suo. Generalmente gli abitanti tendevano a non uscire dalla loro ala, ma Alessandro e Friedrich si erano incontrati per caso in cortile, l'area comune, dove i morti riposavano quasi completamente dimenticati, e avevano cominciato a parlarsi e a far passare il tempo. Passare le giornate lì dentro era tedioso e monotono, ma Friedrich sapeva sempre fargli notare un particolare che lo rendeva di buon umore.
Nonostante l'amico si trovasse nell'ala germanica, a dividerli era soltanto una piccola rampa di scale, che collegava i diversi piani. Nessuno si era mai preso l'incarico di contare i piani che componevano l'edificio, ma sapevano che questo era molto alto. Gli ultimi piani poi erano disabitati e in rovina, pericolanti e in molti punti il tetto era caduto, impedendo i sopralluoghi ai più curiosi.
Le uniche parti in comune tra le ali erano il giardino e le scale per accedervi. Per uscire si attraversava un lungo corridoio alle cui pareti erano appesi ritratti di antichi abitanti della casa. Mano a mano che si procedeva i ritratti ad olio diventarono fotografie in bianco e nero e poi a colori, a simboleggiare il trascorrere del tempo. Un massiccio portone di legno chiudeva l'accesso e per aprirlo bisognava tirare con tutte le proprie forze. Infine si giungeva al giardino, dove spesso è volentieri si poteva udire la voce del povero Giovanni ("La neve, ancora la neve? Guarda Prunalbo, c'è la Standa!"). (26)
Infine davanti all'entrata uno zerbino.
"Benvenuti a Babele."
 
 
 
 
Note:
(1) Espressione dialettale bolognese volgare per invitare l’interlocutore ad andare a quel paese.
(2) Riferimento a Tonino Guerra, scrittore romagnolo, famoso per le sue poesie in dialetto. Personificazione del dialetto bolognese/romagnolo.
Per questa storia non faccio distinzioni tra dialetto Bolognese e Romagnolo perché sono abbastanza simili. Inoltre i dialetti hanno piccole variazioni nelle campagne, quindi non saprei davvero distinguere il dialetto che parlo io da quello di un romagnolo. Per la scrittura utilizzo la pronuncia e non a simboli grafici o la grammatica (so che esiste un vocabolario di dialetto bolognese, ma non è in mio possesso).
(3) Riferimento ad Alessandro Manzoni, a mio parere padre della lingua italiana moderna a causa della “risciacquatura in Arno”.
(4) “Non è possibile! Nessuno mi guarda!”
(5) Riferimento a Lucius Annaeus Seneca per la lingua latina imperiale.
(6) Riferimento a Saffo per il greco antico. La donna è muta perché il greco antico viene solo letto (nel licei classici) e non parlato. Lucius al contrario può ancora parlare in quanto nello Stato della Chiesa alcune funzioni e processi si tengono in latino. 
(7) “Cosa devo fare?”
(8) “Non si capisce niente quando parla.”
(9) “Sai tu cosa vuol dire 'sagguel'?”
(10) “Una falce? A cosa serve una falce?” – traduzione forse inutile, ma ho tradotto tutto quindi anche questo. Nokia rappresenta il nuovo linguaggio dei giovani, nel caso non si fosse capito!
(11) “Che non vi interessi!”
(12) “Lui è solo un ragazzo.”
(13) “Sarei già bello morto se non fosse per quei contadini che ogni tanto parlano in dialetto.”
(14) “Osserva.”
(15) “Chi è?”
(16) Riferimento a Tanaquil, moglie di Tarquinio Prisco, donna etrusca. Il fatto che sia morta e la sua lapide sbiadita riconduce al fatto che sappiamo pochissimo della lingua etrusca.
(17) “Allora?”
(18) “Allora questa è la nostra fine.”
(19) “Ascolta un attimo, ma non è mica meglio vivere più a lungo?”
(20) Riferimento a Giovanni Pascoli per quell’impasto linguistico di linguaggio pre-grammaticale e post-grammaticale, di cui poi si serviranno anche poeti come Andrea Zanzotto.
(21) Riferimento a Grazia Deledda per il sardo.
(22) Riferimento a Salvatore Quasimodo per il dialetto meridionale – mi scuso di fare tutta l’erba un fascio e sono sicura che il dialetto siciliano sia molto diverso da quello campano, etc… ma da profana di questi dialetti mi sono limitata a indicare un unico esponente per le diverse zone di Italia.
(23) Riferimento a Carlo Sgorlon, poeta friulano, per i dialetti settentrionali.
(24) Riferimento a Pietro Bembo per il dialetto toscano. Inoltre linguisticamente parlando sarebbe “padre” di Manzoni in quanto la Ventisettana è stata scritta con un dizionario milanese-toscano letterario di stampo bembiano.
(25) Riferimento a Friedrich Schiller per la lingua tedesca. In realtà non c’è stato un vero motivo per la scelta di questo scrittore, solo sono una fanatica del Romanticismo.
L’amicizia di Alessandro con Friedrich si giustifica dalla vicinanza territoriale, oltre al fatto che alcune  regioni di confine hanno doppia lingua in tedesco.
(26) Citazioni dalle poesie di Andrea Zanzotto “Sì, ancora la neve”. Titolo e v.2. Si riprende in questo caso il plurilinguismo. 
  
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