Siamo
tornate :D con una fic
ispirata settantatreesimo prompt della BDT, Luce,
appunto<3 fic piccina, senza pretesa alcuna.
Enjoy =ç=
Luce
Lo spirito
d’inverno – un vecchio burbero iracondo con la barba lunga fatta di neve, che
sembrava odiare ogni cosa – aveva avuto la malaugurata idea di sfogare tutto il
proprio acidume quella sera di metà gennaio. Tuoni e fulmini, e una pioggia
così battente da sembrare grandine.
Edward
decise, forse un po’ contrariamente alla propria natura, di trarne profitto.
In punta di
piedi, si mise dietro al fratello, porgendogli una tazza di cioccolata calda.
“Il tempo
fa talmente schifo che mi pare l’unica cosa da fare, no, Al?”
Il
minore, stretto nelle sue stesse braccia, si sciolse e voltandosi prese tra le
mani l'offerta del fratello, sentendo il calore spandersi velocemente sulle sue
mani.
"Già,
- rise, avvicinando la tazza al naso - Insomma, a qualcosa dovrà pur servire
no?"
Osservò
per un attimo la scura distesa liquida che si prostrava davanti ai suoi occhi -
un mare di dolcezza rara, adatta ad occasioni speciali.
Come
un noioso e terribile temporale, appunto.
Ed saltò
sul divano, incrociando le gambe, prendendo poi la tazza sua che aveva prima
appoggiato sul tavolino.
Non si
sentivano che i rumori delle loro labbra e delle loro gole toccate dalla
cioccolata – più il ticchettio dell’orologio a pendolo (un regalo un po’
esagerato della Sensei, ma di ottimo gusto – fatto
sostenendo la tesi che altrimenti Edward avrebbe reso quella casa una piccola
bottega degli orrori, constatato la totale mancanza di gusto estetico del
Fullmetal) e i rumori dell’esterno.
Si stava
davvero bene, nella pace perpetua. Nella calma più piatta. A dir di molti
noiosa, e che invece loro apprezzavano così tanto, dopo tutto quel tempo
passato solo tra i guai più grossi che umano possa toccare.
Fermo, a
fissare il fratellino – momento perfetto versione Edward Elric. Seguiva i lineamenti
del suo viso - il profilo perfetto delle labbra che sfiorava la porcellana
della tazza, in un meraviglioso contrasto tra il caldo della sua bocca e il
bianco della materia. Era un quadro perfetto, la sua figura vicino alla
finestra, i fulmini che sbattevano con violenta la sua ombra su di sé.
"Che
buona…" fece Al, voltandosi verso il fratello ed
agitando la tazza.
“Vedi che
in qualcosa ci so fare, eh?” rispose quello, spavaldo, muovendo la tazza verso
l’alto come fosse un calice, con l’unico risultato di
scottarsi la pelle e tirar giù i santi del cielo con le bestemmie.
"Scemo!"
rise l’altro, indicandolo col dito - un po' come quando erano piccoli e si
divertivano a prendersi in giro (più che altro per piccola e semplice vendetta,
giacché era sempre lui la vittima delle burle del maggiore).
Si
avvicinò a lui, piazzandoglisi davanti e sorseggiando
cautamente la bevanda - onde evitare un'emulazione.
"Fa
male?"
“Sì, fa!”
Mentre
tirava degli accidenti, non si accorse di avere il fratello così vicino.
Cioè, le
sue labbra.
E neppure
si era accorto di come il suo cuore batteva.
Che schifo!
Cazzo,
neppure in uno di quei film strappalacrime che Winry amava tanto guardare (a
sorpresa, con
Si schiaffò
le mani sulla faccia. Edward Elric, fatti
schifo da solo per tutta ‘sta stucchevolezza!!
Eppure, sì…
Era
un’occasione. LA occasione.
Si allungò,
quasi impercettibile, verso Al.
Vicino…
vicino… vicino…
“CHI CAZZO
HA SPENTO
Era
come se qualcuno avesse bendato gli occhi ad entrambi - forse cavato loro gli
occhi rende meglio l'idea.
Nel
silenzio si sentì la porcellana infrangersi il pavimento - e addio alla
cioccolata in pace di Al - mentre le mani del più
piccolo andavano a cercare quantomeno un appiglio sicuro.
"Niisan
che diamine...?" fece, poggiandosi alle sue
spalle, mentre fuori il vento tirava e il cielo scaricava rabbia ad
intermittenza.
“Non lo so,
non lo so!! Sarà partita la luce, porco cavolo!! Stupido temporale del ca…”
Si alzò di
scatto, tentando di fare il gatto e dirigersi nel buio verso la cucina.
Riuscendo solo a prendere in pieno grugno la porta.
“… che
palle…”
"Niisan,
resta qua, tornerà..." fece, battendo
pesantemente la mano sul cuscino del divano, dove si era comodamente seduto. "A
meno che tu non voglia ritrovarti più viola che rosa."
“No!! È mio
dovere riuscire ad accendere di nuovo la luce in quanto uomo più grande della
casa!!”
Massaggiandosi
il naso – che ancora pulsava per il dolore – tentò di procedere ancor più
dentro la cucina.
Prendendo
in pieno, nell’ordine: uno sgabello basso, un cassetto aperto, una gamba del
tavolo.
“… io… io…”
"Tu
mi fai il favore di tornare indietro, adesso. Non voglio portarti al pronto
soccorso ed essere sospettato di picchiare mio fratello maggiore!" fece il
più giovane alzando la voce, agitando il pugno in aria che era sicuro non
avrebbe visto.
Un
altro fulmine tracollò verso il suolo.
“E come
facciamo senza luce?! Devo trovare il modo di farla
tornare!!”
Il
Fullmetal cominciò a grattarsi il mento, poi la testa – come se il gesto gli
portasse più idee del solito.
“… la luce
non si trasmuta, vero?”, domandò sconsolato, facendo appello all’unica sua vera
qualità.
Il
minore rise, rilassandosi sul divano.
"Non
penso, niisan." rispose, battendo la mano sul
cuscino di fianco al suo.
"Tornerà
da sola, sarà un problema della centrale... Con questo tempo..."
“Che paaaalleeeee…”
Facendo
grandissima attenzione, il più grande si diresse verso il divano. Con un balzo
non esattamente felino vi sprofondò sopra, sbuffando.
Altro
silenzio.
Sentiva il
respiro del fratello. Bello.
Non
erano decisamente abituati a quel rumore nullo. Solitamente se nella loro casa
c'era silenzio era solo colpa dei libri che catturavano la loro attenzione.
Ma
quella volta era diverso.
Non
c'era nulla che potesse distrarli da quella vicinanza, nulla che distogliesse
la loro attenzione da quell'occasione così surreale.
"Mh... Eh, ecco..."
Alphonse
si portò una mano alla testa, grattandosela per qualche secondo.
"Che...
si fa?"
Beh, visto che è una situazione da
film, e mi faccio già abbastanza pietà da solo, tanto vale approfittarne.
Senza
proferir parola alcuna, si sdraiò, e appoggiò la testa sulle gambe del più
giovane.
“Ho
lavorato troppo ieri, sono stanco.”, sentenziò, quasi una giustifica
anticipata per un gesto ritenuto troppo infantile.
"Ehi,
non dormire però."
Al affondò il dito nella guancia di suo fratello, sentendone la
pelle calda.
"Che
poi mi annoio."
Sollevò
lo sguardo, osservando fuori dalla finestra e notando
con poco piacere che il tempo non sembrava avere intenzione di migliorare.
“Sei
abbastanza morbido per essere scambiato per un
materasso. Hai messo su parecchi chili dopo essere tornato umano, eh?”, lo
punzecchiò l’altro, molestandogli la pancia.
"Me
li sono meritati, i miei chili in più!", e giù, un pugnetto
sulla testa, con la sua risata in sottofondo.
...
gli faceva strano avere suo fratello sulle ginocchia. Solitamente non si
lasciava andare a cose del genere, ma probabilmente la stanchezza doveva essere
tanta, se riusciva a fare cose simili.
...
il buio fa fare davvero cose strane.
“Mah, io
dico che non ti farebbe male perderli.”
… e gli
avrebbe anche suggerito in che modo, se, da film dolciastro di serie B, la
situazione non sarebbe così scesa in un porno di serie D.
"A
me sembra che in questo momento i miei
Al afferrò
la carne morbida del suo viso, tirandogli la guancia e mollandola di colpo.
“Sì, sì,
rigirala come ti pare…”
Edward si
era messo mille volte in quella posizione. Ma non era mai stato così… bene.
Aveva
sognato spesso il momento in cui avrebbe di nuovo provato quel calore. Ma non
era così bello, nei suoi pensieri.
Era caldo, per quanto fosse
banale – era un tepore commovente quasi sino alle lacrime.
(Ma non
davvero. Sì, insomma, contegno, eccheccazzo.)
Colpa
degli anni passati a poggiare la mano su un pezzo di ferro.
E
dire che di mesi ne erano abbondantemente passati, da quel giorno.
"Mph..."
Eppure
nessuno dei due riusciva a riabituarsi. Sembrava tutto troppo bello, dopo anni
passati a seguire illusioni e sogni dietro armature e arti d'acciaio.
"Almeno
stai comodo?"
“Come su un
materasso nuovo.”
Continuava
a tirare la conversazione per le lunghe. Non aveva voglia del silenzio.
(Il
silenzio aveva un retrogusto di ferro che lui aveva mandato giù sin troppe
volte, negli anni.)
Al alzò un sopracciglio, scuotendo poi la testa e rilassandosi
sullo schienale.
"Quando
dimagrirò dovrai trovartene un altro di materasso, eh!" buttò sullo scherzo,
fissando il soffitto – cosa avesse da fissare poi, se
non il buio disturbato ogni tanto dai lampi.
Era
un po' angosciante, tutta quell'oscurità. Gli
ricordava le notti passate da solo mentre era ancora
l'anima vagante di un bambino in un'armatura di dubbio gusto.
Edward
mugolò in risposta. Poi tacque.
Il tempo veniva scandito solo dal ticchettio dell’orologio, e dal
frusciare del capelli del più grande che ogni tre per due cambiava posizione.
Era
inquieto.
Quel calore
era… troppo vicino.
Troppotroppotroppo.
Soprattutto
alla luce dei fatti che aveva da poco concepito.
Cavolocavolocavolo.
Il tempo
aveva un tempismo del cazzo, davvero.
"...
niisan."
Abbassò
lo sguardo, cercando tra le ombre qualche barlume del suo tipico oro. La mano
vagò per qualche momento sul petto, poggiandosi poi sulla spalla che cercava.
"Che
hai?"
“Nulla.”
Le bugie
hanno le gambe corte, ma visto che lui era già basso
di suo non lo avrebbe mai scoperto.
D’accordo
ch’era sempre stato sfacciato, e che le cose non le aveva mai mandato a dire.
Ma
uscirsene con un “Sai, Alphonse, credo di amarti, e non solo a livello
fraterno, ma di quell’amore che mi porterebbe a
sbatterti in ogni angolo possibile in cui si riesca a scoparti, più tutte le
cose sentimental/amorose per cui
io butterei via la mia vita per te, ma questo lo sapevi già… beh, tutto bene?” non
sarebbe stato il massimo, no.
"Allora
perché continui a girarti e rigirarti?"
Era
già imbarazzante così, pensava. E espletare i suoi pensieri in modo così...
carino e garbato non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione.
"Paura
del buio?" lo sfotté, sorridendo.
“Ma ti pare?
Non sono mica te, IO!” rispose con lo stesso tono Ed, tirandogli un pugnetto sulla pancia. “Mi giro e rigiro per cercare una
posizione comoda. Ovvio e scontato, direi.”
"Non
più di tanto."
Si
portò la mano allo stomaco, massaggiandoselo mentre
tirava fuori la lingua in risposta al fratello.
"E
poi io non ho paura!"
“Visto che sei piccolo, davo per scontato che ne avessi.”
Okay, tutto
ciò è ridicolo, pensò subito dopo. Stava tirando avanti, di nuovo, il discorso
per nulla.
Di scatto,
si alzò su dal fratello.
“Io… devo…”
"E'
buio."
D'istinto
l’altro lo prese per la spalla, riportandolo alla posizione originaria - suo
fratello pareva manifestare una certa riluttanza a tornare sulle sue gambe, o
almeno questo percepì quando sentì i suoi muscoli
irrigidirsi al suo tocco.
"Tu
non ti muovi, non voglio portarti in ospedale!"
“No!”
Tornò in
piedi, indispettito. Sentiva il viso andargli a fuoco.
“Io… devo…
dirti una cosa…”
Le ultime
parole furono ammutolite da un tuono, e tutta la casa per un momento s’illuminò
a causa del fulmine.
“… CAZZO!”
Vide
per qualche frazione di secondo gli occhi di Alphonse corrucciarsi in
un'espressione confusa.
"Non
ho sentito, niisan!" fece, mentre le sue orecchie fischiavano infastidite
- un po' per il tuonare violento, un po' per il silenzio che calava ad
intermittenza.
“… è
uguale!”
Emise un
ringhio basso, di stizza, e girò i tacchi, tentando di andarsene. E l’unica
cosa che ottenne fu un altro bernoccolo.
“Perché
diavolo è così piena di colonne sta diavolo di casa?!”
"Perché
non stai un po' fermo invece?!"
Si
alzò in piedi anche il minore, una mano parata davanti per cercare nell'ombra
un arto, i capelli, qualunque cosa che potesse fare ritornare Edward indietro
al suo posto.
"Cosa
hai detto?" insistette poi, curioso
“Lasciami!!”
Il
Fullmetal si dimenò come un gatto randagio e cominciò a girovagare per la casa,
agitatissimo, facendosi solo un sacco di male.
“Non
te lo ripeto!!”
"Niisan
non fare l'idiota!" sbraitò, stringendo con forza il lembo della sua
maglia e seguendolo - evitando
"Fermati!"
“No,
non mi fermo!!”
Sentiva
come un vortice nello stomaco che gli impediva di stare calmo.
“Lasciami,
piuttosto!!”
"Mi
spieghi che diavolo ti prende?"
Alzò
la voce, sperando che sortisse qualche effetto alla testa del maggiore, che sembrava di botto impazzito.
"E
no che non ti lascio!"
“Aaaaargh, non ho niente, mi fa solo imbestialire sta cavolo
di luce saltata!! Nient’altro!!”
"Non
dire fesserie."
Lo
strattonò per portarselo vicino, e lo fissò negli occhi nel momento in cui per
l'ennesima volta la stanza s'inondava di momentanea luce.
"Non
ti conosco da ieri sai?"
Anche
solo il fissarlo nelle iridi quel decimo di secondo provocò in lui un moto
assurdo, di proporzioni gigantesche.
“Lasciami
andare!!”
Tentò
di fuggire verso la camera, ma continuò a sbattere ovunque.
Alphonse
sbuffò, sbattendosi le mani sulle cosce spazientito.
"EDWARD
ELRIC VIENI SUB-"
E
poi, silenzio.
“Hai
sbattuto?! Idiota!!”
Si
buttò sul fratello, preoccupato. Okay ch’era grasso, ma lo vedeva al contempo
ancora così fragile…
“Se
non mi avessi seguito, stupido..!!”
AH-AH!
E
subito si sentì stretto il braccio.
"Mi
dici cos'hai?" chiese il minore, un bisbiglio dato al buio con voce ferma.
“Al, non ho nulla…” sospirò Edward, leggermente piccato per
essere stato fregato così.
"Non
ti conosco da ieri, non ci credo manco se me lo dimostri, sai?"
Lo
spinse più vicino a sé, mentre stava in equilibrio precario sulle punte dei
piedi.
“In
ogni caso non puoi farci niente, anche se ti dicessi
qualcosa!”
Sospirò
pesantemente.
“Se
ti dicessi che sono innamorato e quella persona non mi calcola tu non potresti
fare nulla!!”
"...
sei inn... no non credo di
aver capito!"
Si
allungò di più sul fratello, dondolandosi sugli arti inferiori in maniera
pericolosa. Cercava di scrutare nell'ombra una minima espressione del fratello,
senza riuscire a vedere che l'umido dell'occhio che rifletteva i lampi lontani.
“E’
un’ipotesi, un’ipotesi!! Un’ipotesi a
cui tu non potresti porre rimedio, quindi fatti gli affari tuoi!!”
Stava
per diventare isterico. Anzi, lo era già.
"Se
fosse stata una ipotesi non saresti così
esagitato!"
Al voleva sapere ogni cosa. Forse più per puro egoismo che per
risolvere il problema di Edward. Perché alla parola
innamorato, sentì prudergli qualcosa nel petto, e non era proprio una
sensazione piacevole.
"Parlamene..."
“…
no!! Sei piccolo per certe cose!!”
Come
poteva mentirgli e spacciarsi per innamorato di una persona che non fosse lui?! D’altronde, come poteva dirgli di essere
innamorato… di lui, di suo fratello!
Aveva
le gote in fiamme e la testa che stava per esplodere.
"Ho
solo un anno meno di te, niisan, non dire stupidaggini!"
Anche
Alphonse cominciava ad alterarsi, più per gelosia che per altro. Era geloso
marcio e neanche se ne rendeva conto: sapeva solo che suo fratello innamorato
gli dava... fastidio.
“E’
uguale!! Sei… piccolo dentro!!”
Si
alzò, filando in camera da letto – questa volta, miracolosamente, senza andare
a sbattere contro alcunché –, buttandosi sul
materasso.
Da
una parte desiderava che Alphonse lo lasciasse in pace.
Dall’altra
che venisse e, parlando, scoprissero insieme di provare le medesime sensazioni.
… ma
l’ultima era un sogno. Un’utopia.
Tuttavia,
sapeva che suo fratello non lo avrebbe lasciato così, se non prima di aver
capito.
O se
non prima di sentirselo dire a chiare lettere.
"Niiisan, aspe... ouch..."
Stavolta
fu Al a beccarsi qualche botta qua e là -
probabilmente la sbadataggine aveva contagiato anche lui.
Cercò
a tentoni la strada sicura, sperando di non incappare
in qualcosa di più grosso e duro di una trave di legno.
“Stai
fermo, che finisci che diventi tutto bernoccoli come me!!”
Ed riusciva solo a provare un moto d’odio nei propri confronti, per
essere così stupido ed infantile.
Ricevette
solo un no in risposta, e poi di nuovo silenzio.
Si
senti probabilmente spiazzato quando sentì il
materasso accogliere un'altra persona.
“Al, per favore…”
Era
oramai sull’orlo della disperazione pura.
"Mi
dici sempre tutto. Perché questo no?"
Sentiva
una nota di malcelato dispiacere nella sua voce. Probabilmente stava scuotendo
la testa, o guardando fuori dalla finestra.
Al
avrebbe voluto toccarlo, anche solo la spalla, ma non sapeva se ciò lo avrebbe
incoraggiato.
E
soprattutto non era neanche tanto sicuro di voler sentire ciò che Ed aveva da
dire.
“…
capita.”
Edward,
stupido, stupido! Stai solo rovinando ancor più le cose!!
“Non
ci si dice sempre tutto, no, tra fratelli? A volte capitano i segreti…”
Teneva
lo sguardo basso, stringendo gli occhi.
"...
mh..."
Si
guardò simbolicamente le mani - nella camera il buio sembrava ancora più pesto
non riusciva a vedere niente ad un palmo dal naso.
"Io
non voglio che ce ne siano. Questo non conta?"
Ed si ammutolì. Non sapeva più come ribattere, aveva finito le risposte.
Certo
che contava, cazzo!
Neppure
lui voleva che ce ne fossero, cristo!
Ma
come diavolo poteva fare?!
Al sospirò.
Non
poteva obbligarlo a dire qualcosa che non voleva, ovvio. Nella sua mente
pensava che probabilmente a suo fratello piacesse Winry, e che per qualche
stupido motivo pensasse che anche a lui piacesse, e
questo lo portava a tenersi il segreto.
...
o forse no.
Eppure
non riusciva a vedere motivi per i quali non avrebbe dovuto confidarsi con lui.
"Non
importa, allora."
Oh
sì che importava.
Importava
enormemente.
Ed sentì un muro alzarsi fra loro. Ed era una delle cose che non poteva
assolutamente sopportare.
“…
scusa, cazzo…”
Si
sentiva così terribilmente in colpa…
"Nah, non... importa. Se non vuoi
mica posso..."
Guardò
al soffitto, diventato improvvisamente bianco e poi di nuovo nero. Tuono.
"...
obbligarti, se non vuoi."
Nuovamente
il maggiore si ammutolì. La colpa continuava a schiacciarlo.
“…
io…”
Sentì
il frusciare del materasso.
Al
si era voltato, sperando forse invano che suo fratello riuscisse a dirgli per
lo meno qualcosa. Avrebbe voluto guardarlo negli occhi - e Ed
forse ringraziò il temporale per aver fatto andare via la corrente.
"...
tu?"
E
ora, che cazzo faccio?
“…
ho fame.”
E Al
sentì le braccia cadergli a terra, insieme a
qualcos'altro.
"Ah...
- scosse la testa, pensando che in fondo, forse era meglio così. - Vuoi...
qualcosa?"
“…
no, in verità nulla…”
Si
mise la testa tra le mani, e poi lanciò un grido.
“CAZZO
NON NE POSSO PIU’!!”
Era
lì lì per esplodere.
Ad Al saltò il cuore in gola a sentirlo gridare.
Non
che non ci fosse abituato, ma in quel momento ogni cosa sembrava così...
strana.
Aprì
e chiuse la bocca un paio di volte, nel tentativo di dire qualcosa, ma non gli
vennero che dei mugolii sommessi, per di più coperti dai tuoni lontani.
“Al, non ce la faccio più!! Impazzirò!! Hai presente l’amore,
quello vero?! Ecco!! Io lo sto provando!! Lo provo da diversi anni!! Lo
provo per--”
E un
tuono coprì l’ultima parola di Edward.
"...
non... non ho sentito..."
Sentiva
la mano sulla gamba tremargli, mentre l'altra stringeva il lenzuolo del letto -
muoveva la mano quasi come fosse la zampina di un
gatto, si rilassava e si tendeva, si rilassava e si tendeva.
"Non
ho sentito, niisan..." ripeté ancora,
balbettando.
Oramai
poteva fottersi così.
“DI
TE, CAZZO!! E ora che lo sai sei più felice?!”
E pum, un battito forte come una martellata al muro decretò
lo shock più forte mai subito nella sua vita.
Aveva
davvero sentito bene, oppure era semplicemente una sua illusione, e aveva detto
un qualunque altro nome che non era lontanamente simile a quel te che
rimbombava nella sua mente?
Tuttavia,
non ci pensò due volte.
Andò
a cercare il suo braccio, a tirarlo verso di sé e a cercare frettolosamente il
suo viso con le mani.
Edward
aveva il fiatone.
“Cristo,
Al…”
Aveva
una mano tra i capelli e una sulla pancia – aveva lo stomaco in totale
subbuglio, delle fitte assurde.
“Cazzo, scusami…”
Al
non riuscì a dire una parola di più. Sentiva il suo fiato vicino, e lo seguì
senza pensarci sopra.
Erano
più morbide di quanto pensasse, le sue labbra.
Rovinate
un po' da quel porco vizio di mordersi e strapparsi le pellicine quando non
aveva niente da fare.
Ma
morbide.
Il
più piccolo stava gettando il fratello nella più totale confusione.
Che
diavolo stava succedendo?
Al, Al lo ricambiava?
“…
Al…”
"Mi
hai fatto... prendere paura sai? - disse, ridendo nervoso. - Lo sai, eh?"
Le
sue mani ero scese lungo le braccia, a cercare quelle del maggiore.
Non
sembrava vero ad entrambi.
“Perché?”
Dio,
non poteva immaginare la paura che aveva avuto lui.
Per
un attimo, gli si era parato davanti un mondo senza Alphonse – lo avrebbe
odiato, come si può odiare un fratello che prova certe cose.
La
peggiore visione del mondo.
"Perché
pensavo che mi avresti detto... che ti piaceva Winry e non volevi dirmelo
perché pensavi piacesse anche a me..."
Non
riusciva a smettere di tremare. Gli sembrava così assurdo... così strano...
Così
bello.
Trovandolo
a tentoni, Edward lo abbracciò. Cominciò ad
accarezzargli i capelli, sussurrando al suo orecchio.
“Che
fervida fantasia…”, ridacchiò sul suo collo.
Dal
canto suo, Alphonse lo strinse nella vita, poggiando il mento sulla spalla.
"Sai,
tu non mi volevi dire chi fosse..." disse, tirando fuori la lingua - ben consapevole che non
l'avrebbe vista.
“Non
è facile, sai, dire al proprio fratello di essere innamorato di lui.
Solitamente, chi riceve questo tipo di dichiarazione fugge urlando.”
"Io
non sono un fratello qualsiasi..."
Lo
cantilenava, quasi, ma si sentiva talmente libero ora
che non gli importava niente.
“Lo
so…”
Piano,
Ed appoggiò la fronte a quella di Al. Aveva una voglia matta di baciarlo. Ma
preferiva aspettare lui.
"E
allora..."
Il
fratellino gli rise sulle labbra. Bianco, candido, pulito. Di un sorriso che
sarebbe sempre stato per lui.
Strofinò
il naso contro il suo, come i bambini che giocano agli eschimesi, e poi di
nuovo incontrò le sue labbra.
In
modo diverso.
Lasciò
che la sua lingua scivolasse tacitamente dentro la bocca del fratello,
sentendone il suo sapore buono, appena dolce.
Rimase
piacevolmente sorpreso dall’intraprendenza di Alphonse. Lo abbracciò piano,
mentre si godeva appieno il bacio.
Si
staccarono dopo un mezzo minuto, e Edward lo guardò dritto negli occhi.
“…
lo sai quello che voglio dirti, intuiscilo.”
Quelle
due parole erano troppo vergognose, per lui.
"E
se volessi sentirmelo dire?" rise, baciandolo ancora sulle labbra.
Poggiò
nuovamente la testa sulla spalla, sospirando leggermente.
"Non
c'é bisogno che tu lo dica, lo so. Anch'io."
“Bene,
è bello comunicare anche senza parole!”, ridacchiò, schioccandogli un bacio a
fior di labbra.
Si
accoccolò, e poté percepire distintamente che non ci sarebbe mai stata più
felicità più grande. E che non si sarebbe mai estinta. Alphonse gli accarezzò
la testa. Era strano come per anni fossero stati
insieme e non si erano mai accorti l'uno dei sentimenti dell'altro. Ma in quel
momento sembrava tutto così bello, così...
Non
lo avrebbe mai immaginato.
Gli
baciò la fronte, il naso, e di nuovo le labbra.
Non
ne avrebbe più fatto a meno.