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Autore: Elric_Kyoudai    17/06/2008    8 recensioni
{ BDT. 073. Luce}
Un improvviso black out, si rivelerà essere per i giovani Elric l'occasione migliore della loro vita. (nonostante tutti i bernoccoli di Ed.)
(Elricest velato)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Siamo tornate :D con una fic ispirata settantatreesimo prompt della BDT, Luce, appunto<3 fic piccina, senza pretesa alcuna.

Enjoy =ç=

 

Luce

 

Lo spirito d’inverno – un vecchio burbero iracondo con la barba lunga fatta di neve, che sembrava odiare ogni cosa – aveva avuto la malaugurata idea di sfogare tutto il proprio acidume quella sera di metà gennaio. Tuoni e fulmini, e una pioggia così battente da sembrare grandine.

Edward decise, forse un po’ contrariamente alla propria natura, di trarne profitto.

In punta di piedi, si mise dietro al fratello, porgendogli una tazza di cioccolata calda.

“Il tempo fa talmente schifo che mi pare l’unica cosa da fare, no, Al?”

Il minore, stretto nelle sue stesse braccia, si sciolse e voltandosi prese tra le mani l'offerta del fratello, sentendo il calore spandersi velocemente sulle sue mani.

"Già, - rise, avvicinando la tazza al naso - Insomma, a qualcosa dovrà pur servire no?"

Osservò per un attimo la scura distesa liquida che si prostrava davanti ai suoi occhi - un mare di dolcezza rara, adatta ad occasioni speciali.

Come un noioso e terribile temporale, appunto.

Ed saltò sul divano, incrociando le gambe, prendendo poi la tazza sua che aveva prima appoggiato sul tavolino.

Non si sentivano che i rumori delle loro labbra e delle loro gole toccate dalla cioccolata – più il ticchettio dell’orologio a pendolo (un regalo un po’ esagerato della Sensei, ma di ottimo gusto – fatto sostenendo la tesi che altrimenti Edward avrebbe reso quella casa una piccola bottega degli orrori, constatato la totale mancanza di gusto estetico del Fullmetal) e i rumori dell’esterno.

Si stava davvero bene, nella pace perpetua. Nella calma più piatta. A dir di molti noiosa, e che invece loro apprezzavano così tanto, dopo tutto quel tempo passato solo tra i guai più grossi che umano possa toccare.

Fermo, a fissare il fratellino – momento perfetto versione Edward Elric. Seguiva i lineamenti del suo viso - il profilo perfetto delle labbra che sfiorava la porcellana della tazza, in un meraviglioso contrasto tra il caldo della sua bocca e il bianco della materia. Era un quadro perfetto, la sua figura vicino alla finestra, i fulmini che sbattevano con violenta la sua ombra su di sé.

"Che buona…" fece Al, voltandosi verso il fratello ed agitando la tazza.

“Vedi che in qualcosa ci so fare, eh?” rispose quello, spavaldo, muovendo la tazza verso l’alto come fosse un calice, con l’unico risultato di scottarsi la pelle e tirar giù i santi del cielo con le bestemmie.

"Scemo!" rise l’altro, indicandolo col dito - un po' come quando erano piccoli e si divertivano a prendersi in giro (più che altro per piccola e semplice vendetta, giacché era sempre lui la vittima delle burle del maggiore).

Si avvicinò a lui, piazzandoglisi davanti e sorseggiando cautamente la bevanda - onde evitare un'emulazione.

"Fa male?"

“Sì, fa!”

Mentre tirava degli accidenti, non si accorse di avere il fratello così vicino.

Cioè, le sue labbra.

E neppure si era accorto di come il suo cuore batteva.

Che schifo!

Cazzo, neppure in uno di quei film strappalacrime che Winry amava tanto guardare (a sorpresa, con la Sensei) succedeva una squallida cosa simile!

Si schiaffò le mani sulla faccia. Edward Elric, fatti schifo da solo per tutta ‘sta stucchevolezza!!

Eppure, sì…

Era un’occasione. LA occasione.

Si allungò, quasi impercettibile, verso Al.

Vicino… vicino… vicino…

“CHI CAZZO HA SPENTO LA LUCE?!

Era come se qualcuno avesse bendato gli occhi ad entrambi - forse cavato loro gli occhi rende meglio l'idea.

Nel silenzio si sentì la porcellana infrangersi il pavimento - e addio alla cioccolata in pace di Al - mentre le mani del più piccolo andavano a cercare quantomeno un appiglio sicuro.

"Niisan che diamine...?" fece, poggiandosi alle sue spalle, mentre fuori il vento tirava e il cielo scaricava rabbia ad intermittenza.

“Non lo so, non lo so!! Sarà partita la luce, porco cavolo!! Stupido temporale del ca…”

Si alzò di scatto, tentando di fare il gatto e dirigersi nel buio verso la cucina. Riuscendo solo a prendere in pieno grugno la porta.

“… che palle…”

"Niisan, resta qua, tornerà..." fece, battendo pesantemente la mano sul cuscino del divano, dove si era comodamente seduto. "A meno che tu non voglia ritrovarti più viola che rosa."

“No!! È mio dovere riuscire ad accendere di nuovo la luce in quanto uomo più grande della casa!!

Massaggiandosi il naso – che ancora pulsava per il dolore – tentò di procedere ancor più dentro la cucina.

Prendendo in pieno, nell’ordine: uno sgabello basso, un cassetto aperto, una gamba del tavolo.

“… io… io…”

"Tu mi fai il favore di tornare indietro, adesso. Non voglio portarti al pronto soccorso ed essere sospettato di picchiare mio fratello maggiore!" fece il più giovane alzando la voce, agitando il pugno in aria che era sicuro non avrebbe visto.

Un altro fulmine tracollò verso il suolo.

“E come facciamo senza luce?! Devo trovare il modo di farla tornare!!

Il Fullmetal cominciò a grattarsi il mento, poi la testa – come se il gesto gli portasse più idee del solito.

“… la luce non si trasmuta, vero?”, domandò sconsolato, facendo appello all’unica sua vera qualità.

Il minore rise, rilassandosi sul divano.

"Non penso, niisan." rispose, battendo la mano sul cuscino di fianco al suo.

"Tornerà da sola, sarà un problema della centrale... Con questo tempo..."

“Che paaaalleeeee…”

Facendo grandissima attenzione, il più grande si diresse verso il divano. Con un balzo non esattamente felino vi sprofondò sopra, sbuffando.

Altro silenzio.

Sentiva il respiro del fratello. Bello.

Non erano decisamente abituati a quel rumore nullo. Solitamente se nella loro casa c'era silenzio era solo colpa dei libri che catturavano la loro attenzione.

Ma quella volta era diverso.

Non c'era nulla che potesse distrarli da quella vicinanza, nulla che distogliesse la loro attenzione da quell'occasione così surreale.

"Mh... Eh, ecco..."

Alphonse si portò una mano alla testa, grattandosela per qualche secondo.

"Che... si fa?"

Beh, visto che è una situazione da film, e mi faccio già abbastanza pietà da solo, tanto vale approfittarne.

Senza proferir parola alcuna, si sdraiò, e appoggiò la testa sulle gambe del più giovane.

“Ho lavorato troppo ieri, sono stanco.”, sentenziò, quasi una giustifica anticipata per un gesto ritenuto troppo infantile.

"Ehi, non dormire però."

Al affondò il dito nella guancia di suo fratello, sentendone la pelle calda.

"Che poi mi annoio."

Sollevò lo sguardo, osservando fuori dalla finestra e notando con poco piacere che il tempo non sembrava avere intenzione di migliorare.

“Sei abbastanza morbido per essere scambiato per un materasso. Hai messo su parecchi chili dopo essere tornato umano, eh?”, lo punzecchiò l’altro, molestandogli la pancia.

"Me li sono meritati, i miei chili in più!", e giù, un pugnetto sulla testa, con la sua risata in sottofondo.

... gli faceva strano avere suo fratello sulle ginocchia. Solitamente non si lasciava andare a cose del genere, ma probabilmente la stanchezza doveva essere tanta, se riusciva a fare cose simili.

... il buio fa fare davvero cose strane.

“Mah, io dico che non ti farebbe male perderli.

… e gli avrebbe anche suggerito in che modo, se, da film dolciastro di serie B, la situazione non sarebbe così scesa in un porno di serie D.

"A me sembra che in questo momento i miei    chili di troppo     ti facciano comodo o mi sbaglio?"

Al afferrò la carne morbida del suo viso, tirandogli la guancia e mollandola di colpo.

“Sì, sì, rigirala come ti pare…”

Edward si era messo mille volte in quella posizione. Ma non era mai stato così… bene.

Aveva sognato spesso il momento in cui avrebbe di nuovo provato quel calore. Ma non era così bello, nei suoi pensieri.

Era caldo, per quanto fosse banale – era un tepore commovente quasi sino alle lacrime.

(Ma non davvero. Sì, insomma, contegno, eccheccazzo.)

Colpa degli anni passati a poggiare la mano su un pezzo di ferro.

E dire che di mesi ne erano abbondantemente passati, da quel giorno.

"Mph..."

Eppure nessuno dei due riusciva a riabituarsi. Sembrava tutto troppo bello, dopo anni passati a seguire illusioni e sogni dietro armature e arti d'acciaio.

"Almeno stai comodo?"

“Come su un materasso nuovo.”

Continuava a tirare la conversazione per le lunghe. Non aveva voglia del silenzio.

(Il silenzio aveva un retrogusto di ferro che lui aveva mandato giù sin troppe volte, negli anni.)

Al alzò un sopracciglio, scuotendo poi la testa e rilassandosi sullo schienale.

"Quando dimagrirò dovrai trovartene un altro di materasso, eh!" buttò sullo scherzo, fissando il soffitto – cosa avesse da fissare poi, se non il buio disturbato ogni tanto dai lampi.

Era un po' angosciante, tutta quell'oscurità. Gli ricordava le notti passate da solo mentre era ancora l'anima vagante di un bambino in un'armatura di dubbio gusto.

Edward mugolò in risposta. Poi tacque.

Il tempo veniva scandito solo dal ticchettio dell’orologio, e dal frusciare del capelli del più grande che ogni tre per due cambiava posizione.

Era inquieto.

Quel calore era… troppo vicino.

Troppotroppotroppo.

Soprattutto alla luce dei fatti che aveva da poco concepito.

Cavolocavolocavolo.

Il tempo aveva un tempismo del cazzo, davvero.

"... niisan."

Abbassò lo sguardo, cercando tra le ombre qualche barlume del suo tipico oro. La mano vagò per qualche momento sul petto, poggiandosi poi sulla spalla che cercava.

"Che hai?"

“Nulla.”

Le bugie hanno le gambe corte, ma visto che lui era già basso di suo non lo avrebbe mai scoperto.

D’accordo ch’era sempre stato sfacciato, e che le cose non le aveva mai mandato a dire.

Ma uscirsene con un “Sai, Alphonse, credo di amarti, e non solo a livello fraterno, ma di quell’amore che mi porterebbe a sbatterti in ogni angolo possibile in cui si riesca a scoparti, più tutte le cose sentimental/amorose per cui io butterei via la mia vita per te, ma questo lo sapevi già… beh, tutto bene?” non sarebbe stato il massimo, no.

"Allora perché continui a girarti e rigirarti?"

Era già imbarazzante così, pensava. E espletare i suoi pensieri in modo così... carino e garbato non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione.

"Paura del buio?" lo sfotté, sorridendo.

“Ma ti pare? Non sono mica te, IO!” rispose con lo stesso tono Ed, tirandogli un pugnetto sulla pancia. “Mi giro e rigiro per cercare una posizione comoda. Ovvio e scontato, direi.”

"Non più di tanto."

Si portò la mano allo stomaco, massaggiandoselo mentre tirava fuori la lingua in risposta al fratello.

"E poi io non ho paura!"

“Visto che sei piccolo, davo per scontato che ne avessi.”

Okay, tutto ciò è ridicolo, pensò subito dopo. Stava tirando avanti, di nuovo, il discorso per nulla.

Di scatto, si alzò su dal fratello.

“Io… devo…”

"E' buio."

D'istinto l’altro lo prese per la spalla, riportandolo alla posizione originaria - suo fratello pareva manifestare una certa riluttanza a tornare sulle sue gambe, o almeno questo percepì quando sentì i suoi muscoli irrigidirsi al suo tocco.

"Tu non ti muovi, non voglio portarti in ospedale!"

“No!”

Tornò in piedi, indispettito. Sentiva il viso andargli a fuoco.

“Io… devo… dirti una cosa…”

Le ultime parole furono ammutolite da un tuono, e tutta la casa per un momento s’illuminò a causa del fulmine.

“… CAZZO!”

Vide per qualche frazione di secondo gli occhi di Alphonse corrucciarsi in un'espressione confusa.

"Non ho sentito, niisan!" fece, mentre le sue orecchie fischiavano infastidite - un po' per il tuonare violento, un po' per il silenzio che calava ad intermittenza.

“… è uguale!”

Emise un ringhio basso, di stizza, e girò i tacchi, tentando di andarsene. E l’unica cosa che ottenne fu un altro bernoccolo.

“Perché diavolo è così piena di colonne sta diavolo di casa?!

"Perché non stai un po' fermo invece?!"

Si alzò in piedi anche il minore, una mano parata davanti per cercare nell'ombra un arto, i capelli, qualunque cosa che potesse fare ritornare Edward indietro al suo posto.

"Cosa hai detto?" insistette poi, curioso

“Lasciami!!”

Il Fullmetal si dimenò come un gatto randagio e cominciò a girovagare per la casa, agitatissimo, facendosi solo un sacco di male.

“Non te lo ripeto!!

"Niisan non fare l'idiota!" sbraitò, stringendo con forza il lembo della sua maglia e seguendolo - evitando    abilmente     ogni ostacolo grazie alla sua guida masochistica.

"Fermati!"

“No, non mi fermo!!

Sentiva come un vortice nello stomaco che gli impediva di stare calmo.

“Lasciami, piuttosto!!

"Mi spieghi che diavolo ti prende?"

Alzò la voce, sperando che sortisse qualche effetto alla testa del maggiore, che sembrava di botto impazzito.

"E no che non ti lascio!"

Aaaaargh, non ho niente, mi fa solo imbestialire sta cavolo di luce saltata!! Nient’altro!!

"Non dire fesserie."

Lo strattonò per portarselo vicino, e lo fissò negli occhi nel momento in cui per l'ennesima volta la stanza s'inondava di momentanea luce.

"Non ti conosco da ieri sai?"

Anche solo il fissarlo nelle iridi quel decimo di secondo provocò in lui un moto assurdo, di proporzioni gigantesche.

“Lasciami andare!!

Tentò di fuggire verso la camera, ma continuò a sbattere ovunque.

Alphonse sbuffò, sbattendosi le mani sulle cosce spazientito.

"EDWARD ELRIC VIENI SUB-"

E poi, silenzio.

“Hai sbattuto?! Idiota!!”

Si buttò sul fratello, preoccupato. Okay ch’era grasso, ma lo vedeva al contempo ancora così fragile…

“Se non mi avessi seguito, stupido..!!”

AH-AH!

E subito si sentì stretto il braccio.

"Mi dici cos'hai?" chiese il minore, un bisbiglio dato al buio con voce ferma.

“Al, non ho nulla…” sospirò Edward, leggermente piccato per essere stato fregato così.

"Non ti conosco da ieri, non ci credo manco se me lo dimostri, sai?"

Lo spinse più vicino a sé, mentre stava in equilibrio precario sulle punte dei piedi.

“In ogni caso non puoi farci niente, anche se ti dicessi qualcosa!”

Sospirò pesantemente.

“Se ti dicessi che sono innamorato e quella persona non mi calcola tu non potresti fare nulla!!

"... sei inn... no non credo di aver capito!"

Si allungò di più sul fratello, dondolandosi sugli arti inferiori in maniera pericolosa. Cercava di scrutare nell'ombra una minima espressione del fratello, senza riuscire a vedere che l'umido dell'occhio che rifletteva i lampi lontani.

“E’ un’ipotesi, un’ipotesi!! Un’ipotesi a cui tu non potresti porre rimedio, quindi fatti gli affari tuoi!!”

Stava per diventare isterico. Anzi, lo era già.

"Se fosse stata una ipotesi non saresti così esagitato!"

Al voleva sapere ogni cosa. Forse più per puro egoismo che per risolvere il problema di Edward. Perché alla parola innamorato, sentì prudergli qualcosa nel petto, e non era proprio una sensazione piacevole.

"Parlamene..."

“… no!! Sei piccolo per certe cose!!

Come poteva mentirgli e spacciarsi per innamorato di una persona che non fosse lui?! D’altronde, come poteva dirgli di essere innamorato… di lui, di suo fratello!

Aveva le gote in fiamme e la testa che stava per esplodere.

"Ho solo un anno meno di te, niisan, non dire stupidaggini!"

Anche Alphonse cominciava ad alterarsi, più per gelosia che per altro. Era geloso marcio e neanche se ne rendeva conto: sapeva solo che suo fratello innamorato gli dava... fastidio.

“E’ uguale!! Sei… piccolo dentro!!

Si alzò, filando in camera da letto – questa volta, miracolosamente, senza andare a sbattere contro alcunché –, buttandosi sul materasso.

Da una parte desiderava che Alphonse lo lasciasse in pace.

Dall’altra che venisse e, parlando, scoprissero insieme di provare le medesime sensazioni.

… ma l’ultima era un sogno. Un’utopia.

Tuttavia, sapeva che suo fratello non lo avrebbe lasciato così, se non prima di aver capito.

O se non prima di sentirselo dire a chiare lettere.

"Niiisan, aspe... ouch..."

Stavolta fu Al a beccarsi qualche botta qua e là - probabilmente la sbadataggine aveva contagiato anche lui.

Cercò a tentoni la strada sicura, sperando di non incappare in qualcosa di più grosso e duro di una trave di legno.

“Stai fermo, che finisci che diventi tutto bernoccoli come me!!

Ed riusciva solo a provare un moto d’odio nei propri confronti, per essere così stupido ed infantile.

Ricevette solo un no in risposta, e poi di nuovo silenzio.

Si senti probabilmente spiazzato quando sentì il materasso accogliere un'altra persona.

“Al, per favore…”

Era oramai sull’orlo della disperazione pura.

"Mi dici sempre tutto. Perché questo no?"

Sentiva una nota di malcelato dispiacere nella sua voce. Probabilmente stava scuotendo la testa, o guardando fuori dalla finestra.

Al avrebbe voluto toccarlo, anche solo la spalla, ma non sapeva se ciò lo avrebbe incoraggiato.

E soprattutto non era neanche tanto sicuro di voler sentire ciò che Ed aveva da dire.

“… capita.”

Edward, stupido, stupido! Stai solo rovinando ancor più le cose!!

“Non ci si dice sempre tutto, no, tra fratelli? A volte capitano i segreti…”

Teneva lo sguardo basso, stringendo gli occhi.

"... mh..."

Si guardò simbolicamente le mani - nella camera il buio sembrava ancora più pesto non riusciva a vedere niente ad un palmo dal naso.

"Io non voglio che ce ne siano. Questo non conta?"

Ed si ammutolì. Non sapeva più come ribattere, aveva finito le risposte.

Certo che contava, cazzo!

Neppure lui voleva che ce ne fossero, cristo!

Ma come diavolo poteva fare?!

Al sospirò.

Non poteva obbligarlo a dire qualcosa che non voleva, ovvio. Nella sua mente pensava che probabilmente a suo fratello piacesse Winry, e che per qualche stupido motivo pensasse che anche a lui piacesse, e questo lo portava a tenersi il segreto.

... o forse no.

Eppure non riusciva a vedere motivi per i quali non avrebbe dovuto confidarsi con lui.

"Non importa, allora."

Oh sì che importava.

Importava enormemente.

Ed sentì un muro alzarsi fra loro. Ed era una delle cose che non poteva assolutamente sopportare.

“… scusa, cazzo…”

Si sentiva così terribilmente in colpa…

"Nah, non... importa. Se non vuoi mica posso..."

Guardò al soffitto, diventato improvvisamente bianco e poi di nuovo nero. Tuono.

"... obbligarti, se non vuoi."

Nuovamente il maggiore si ammutolì. La colpa continuava a schiacciarlo.

“… io…”

Sentì il frusciare del materasso.

Al si era voltato, sperando forse invano che suo fratello riuscisse a dirgli per lo meno qualcosa. Avrebbe voluto guardarlo negli occhi - e Ed forse ringraziò il temporale per aver fatto andare via la corrente.

"... tu?"

E ora, che cazzo faccio?

“… ho fame.”

E Al sentì le braccia cadergli a terra, insieme a qualcos'altro.

"Ah... - scosse la testa, pensando che in fondo, forse era meglio così. - Vuoi... qualcosa?"

“… no, in verità nulla…”

Si mise la testa tra le mani, e poi lanciò un grido.

“CAZZO NON NE POSSO PIU’!!

Era lì per esplodere.

Ad Al saltò il cuore in gola a sentirlo gridare.

Non che non ci fosse abituato, ma in quel momento ogni cosa sembrava così... strana.

Aprì e chiuse la bocca un paio di volte, nel tentativo di dire qualcosa, ma non gli vennero che dei mugolii sommessi, per di più coperti dai tuoni lontani.

“Al, non ce la faccio più!! Impazzirò!! Hai presente l’amore, quello vero?! Ecco!! Io lo sto provando!! Lo provo da diversi anni!! Lo provo per--

E un tuono coprì l’ultima parola di Edward.

"... non... non ho sentito..."

Sentiva la mano sulla gamba tremargli, mentre l'altra stringeva il lenzuolo del letto - muoveva la mano quasi come fosse la zampina di un gatto, si rilassava e si tendeva, si rilassava e si tendeva.

"Non ho sentito, niisan..." ripeté ancora, balbettando.

Oramai poteva fottersi così.

“DI TE, CAZZO!! E ora che lo sai sei più felice?!

E pum, un battito forte come una martellata al muro decretò lo shock più forte mai subito nella sua vita.

Aveva davvero sentito bene, oppure era semplicemente una sua illusione, e aveva detto un qualunque altro nome che non era lontanamente simile a quel te che rimbombava nella sua mente?

Tuttavia, non ci pensò due volte.

Andò a cercare il suo braccio, a tirarlo verso di sé e a cercare frettolosamente il suo viso con le mani.

Edward aveva il fiatone.

“Cristo, Al…”

Aveva una mano tra i capelli e una sulla pancia – aveva lo stomaco in totale subbuglio, delle fitte assurde.

Cazzo, scusami…”

Al non riuscì a dire una parola di più. Sentiva il suo fiato vicino, e lo seguì senza pensarci sopra.

Erano più morbide di quanto pensasse, le sue labbra.

Rovinate un po' da quel porco vizio di mordersi e strapparsi le pellicine quando non aveva niente da fare.

Ma morbide.

Il più piccolo stava gettando il fratello nella più totale confusione.

Che diavolo stava succedendo?

Al, Al lo ricambiava?

“… Al…”

"Mi hai fatto... prendere paura sai? - disse, ridendo nervoso. - Lo sai, eh?"

Le sue mani ero scese lungo le braccia, a cercare quelle del maggiore.

Non sembrava vero ad entrambi.

“Perché?”

Dio, non poteva immaginare la paura che aveva avuto lui.

Per un attimo, gli si era parato davanti un mondo senza Alphonse – lo avrebbe odiato, come si può odiare un fratello che prova certe cose.

La peggiore visione del mondo.

"Perché pensavo che mi avresti detto... che ti piaceva Winry e non volevi dirmelo perché pensavi piacesse anche a me..."

Non riusciva a smettere di tremare. Gli sembrava così assurdo... così strano...

Così bello.

Trovandolo a tentoni, Edward lo abbracciò. Cominciò ad accarezzargli i capelli, sussurrando al suo orecchio.

“Che fervida fantasia…”, ridacchiò sul suo collo.

Dal canto suo, Alphonse lo strinse nella vita, poggiando il mento sulla spalla.

"Sai, tu non mi volevi dire chi fosse..." disse, tirando fuori la lingua - ben consapevole che non l'avrebbe vista.

“Non è facile, sai, dire al proprio fratello di essere innamorato di lui. Solitamente, chi riceve questo tipo di dichiarazione fugge urlando.

"Io non sono un fratello qualsiasi..."

Lo cantilenava, quasi, ma si sentiva talmente libero ora che non gli importava niente.

“Lo so…”

Piano, Ed appoggiò la fronte a quella di Al. Aveva una voglia matta di baciarlo. Ma preferiva aspettare lui.

"E allora..."

Il fratellino gli rise sulle labbra. Bianco, candido, pulito. Di un sorriso che sarebbe sempre stato per lui.

Strofinò il naso contro il suo, come i bambini che giocano agli eschimesi, e poi di nuovo incontrò le sue labbra.

In modo diverso.

Lasciò che la sua lingua scivolasse tacitamente dentro la bocca del fratello, sentendone il suo sapore buono, appena dolce.

Rimase piacevolmente sorpreso dall’intraprendenza di Alphonse. Lo abbracciò piano, mentre si godeva appieno il bacio.

Si staccarono dopo un mezzo minuto, e Edward lo guardò dritto negli occhi.

“… lo sai quello che voglio dirti, intuiscilo.

Quelle due parole erano troppo vergognose, per lui.

"E se volessi sentirmelo dire?" rise, baciandolo ancora sulle labbra.

Poggiò nuovamente la testa sulla spalla, sospirando leggermente.

"Non c'é bisogno che tu lo dica, lo so. Anch'io."

“Bene, è bello comunicare anche senza parole!”, ridacchiò, schioccandogli un bacio a fior di labbra.

Si accoccolò, e poté percepire distintamente che non ci sarebbe mai stata più felicità più grande. E che non si sarebbe mai estinta. Alphonse gli accarezzò la testa. Era strano come per anni fossero stati insieme e non si erano mai accorti l'uno dei sentimenti dell'altro. Ma in quel momento sembrava tutto così bello, così...

Non lo avrebbe mai immaginato.

Gli baciò la fronte, il naso, e di nuovo le labbra.

Non ne avrebbe più fatto a meno.

 

  
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