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Autore: Bale    13/02/2014    0 recensioni
Il dolore di una donna che vede la sua vita messa completamente in discussione dopo la partenza della figlia per l'università
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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VI

 
 
Finisco di lavare i piatti e mi asciugo le mani con un canovaccio, che poi appoggio sul termosifone. Stefano dorme sul divano. E’ distrutto. Credo abbia operato oggi.

Gabriele è disteso sul suo ventre, con il telecomando tra le manine paffute che sembra più grande di lui. Guarda i cartoni animati con aria beata ed io evito di disturbarlo.

Passo dietro al divano e raggiungo le scale.

Mi ritrovo in camera di Aurora senza neanche sapere come ci sono finita. Mi manca. Ogni giorno il dolore si fa più intenso, spinge contro le costole, mi stravolge il cuore.

Raggiungo il letto e mi siedo su un lato, afferrando Giorgio, l’orsetto, e stringendolo tra le braccia. Mi illudo di stringere lei, mia figlia, la mia bambina lontana che ormai è già una donna. Diventerà una dottoressa, una mamma, una persona forte, in grado di affrontare quella vita che ci fa sempre un po’ paura, quel mondo che ci sembra sempre un po’ troppo grande.

A volte vorrei essere come lei, per non soffrire così tanto, per avere la forza di fare delle scelte che non ho mai osato fare. All’improvviso mi compare davanti l’immagine di due occhi neri e profondi. E’ un ricordo non ancora sbiadito, di stamattina. Quello sguardo così intenso mi è rimasto impresso nel cuore ed io non posso proprio dimenticarlo, non ci riesco. Ci provo, ma, per quanto ci provo, proprio non ce la faccio.

Ho voglia di rivederlo e neanche so perché. Un brivido, lo stesso della mattina precedente, mi attraversa di nuovo la schiena.

Lascio andare Giorgio e vado in bagno. Dallo specchio sopra il lavandino, una donna stanca, vecchia e sfiancata dal dolore, mi restituisce lo sguardo.

Cerco di darmi una pettinata, sistemo il trucco, mi cambio ed esco.

Stefano continua a dormire e non si accorge di me. Anche Gabriele si è addormentato, sul torace di suo padre, con la televisione ancora accesa.

Non la spengo, non ho tempo. Devo uscire.

Raggiungo in macchina il lago, ma, ovviamente, non busso al cancello della villetta. Non posso farlo, mi sono già spinta troppo oltre.

Mi stringo nel cappottino e raggiungo la riva. C’è una panchina vecchia e logora, quella sulla quale, ai miei tempi, i ragazzini andavano a sbaciucchiarsi. Quasi tutte le ragazze della mia generazione hanno dato lì il primo bacio, compresa io. E’ stato con Stefano, a quindici anni. Fu molto dolce, delicato. Fu bellissimo e, a quel pensiero, non posso fare altro che sentirmi in colpa.

Cosa ci faccio qui? Cosa mi aspettavo di trovare? Devo tornare a casa dalla mia famiglia, o almeno da ciò che ne resta. Aurora se n’è andata e mi manca. Non riesco a non pensare a lei, lontana, sola, senza la sua mamma.

Lancio un’ultima occhiata malinconica all’acqua immobile del lago, poi mi volto per raggiungere la mia auto e ritornare a casa mia, al calore del mio focolare.

-Salve-   

Qualcuno mi ferma. Io sobbalzo, poi alzo lo sguardo. E lui, il notaio.

Sorrido nervosamente.

Ha in mano il sacchetto dell’immondizia. Contiene perlopiù giornali e riviste ed io mantengo lo sguardo fisso su di esso per evitare quello di Francesco.

Lui sorride. Non lo vedo, ma lo sento. Lo percepisco. Il suo sorriso mi riscalda il petto.

-Va tutto bene?-    mi chiede notando il mio atteggiamento un po’ strano.

-Facevo una passeggiata-    rispondo passando a guardarmi i piedi.

-Oh-    esclama lui e il suo tono sembra quasi deluso   -Pensavo ci fossero problemi con l’affitto-

Credeva fossi lì per lui e, anche se non lo sa e io non lo do a vedere, è proprio così che stanno le cose.

-Nessun problema-    rispondo e, finalmente, alzo lo sguardo su di lui.

Un fremito mi sconvolge ed io mi stringo ancora di più nella mia giacca.

Non è bello, non lo è in maniera chiara e decisa. Non è un sex symbol, ma ha qualcosa che mi attrae. I suoi occhi mi penetrano l’anima, il suo sorriso mi contagia. Non posso fare a meno di rivolgergli il mio, quello che ho messo sotto chiave da quando Aurora ha deciso di partire.

-E’ un sorriso quello?-   mi chiede, chinandosi leggermente per vedere meglio.

Io mi giro di lato, come per nascondermi.

Mi sento una ragazzina, la stessa quindicenne che, su una panchina un po’ più in là, ha dato il primo bacio al suo primo ragazzo.

Non rispondo e non riesco più a guardarlo. Sento le viscere contorcersi, il cuore accelerare i battiti.

-Ho tirato fuori il mio lussuoso servizio da the, sai?-    dice all’improvviso   -Posso offrirtene una tazza come si deve ora-

Sollevo lo sguardo e con un cenno del capo gli faccio intendere che accetto il suo invito.

Ci incamminiamo verso la villetta, in silenzio. Improvvisamente quel senso di colpa e di angoscia è svanito. Sto bene, mi sento bene. Non soffro neanche più tanto per il distacco da mia figlia.

Francesco sembra proprio essere la mia medicina.


 
   
 
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