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Autore: AbdullallaH    17/06/2008    4 recensioni
Secondo capitolo della serie "Storie del Kaulitz". Questa non è demenziale come la prima, è un po' più seria. Raiting giallo per quel po' di parolacce che ci sono, niente di ché ^^
E se una ragazza spiegasse a Tom cosa prova per lui?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Mezzanotte.
Il loro concerto è finito da un po’, mi sono catapultata nell’hotel dove alloggiano.
Devo parlare assolutamente con te, Tom.
Salgo le scale, coperte da un tappeto di velluto rosso.
Primo piano. Una cameriera mi guarda male.
Secondo piano. Una vecchietta mi guarda male.
Terzo piano. Il direttore dell’hotel mi guarda malissimo.
Inizio a pensare di essere spettinata.
Quarto piano. Mi specchio nelle porte dell’ascensore. No, sono a posto.
Appoggio la schiena vicino alla porta della tua camera. E aspetto.
Aspetto di poterti vedere. Io ti devo parlare.
Mezzanotte e dieci. Non arrivi.
Mezzanotte e un quarto. Quanto ci metti?
Mezzanotte e venti. Eccoti. Il tuo berretto rosso spunta dal fondo del corridoio, insieme ai capelli al vento di Bill e alle teste di Georg e Gustav. Mi fissano. Tu no.
Infili la mano in tasca e scavi a fondo per cercare la chiave.
Gli altri continuano a camminare.
Entrano nelle loro stanze.
Alzi lo sguardo. I tuoi occhi incontrano i miei. Non mi vorresti qui, lo so. Ma fai finta di essere piacevolmente sorpreso. Non puoi mentirmi, Tom.
Infili la chiave nella serratura. Silenzio assoluto.
Mi fissi nuovamente, come per chiedermi che cazzo ci faccio qui.
Giri la chiave due volte verso sinistra.
Mi guardi ancora una volta. Forse intuisci qualcosa, ma quel qualcosa è sbagliato.
«Vuoi entrare?», mi domandi. La tua voce mi scioglie, non riesco a parlare. Annuisco, semplicemente. Spalanchi la porta e aspetti. Aspetto anche io.
Alzi un sopracciglio e capisco che vuoi farmi entrare per prima. Mi stacco dal muro, ti sorrido, sento la tua mano dietro la schiena che mi invita a varcare la soglia.
Sento che accosti la porta. Nascondi la chiave chissà dove.
Hai paura che io scappi? Oh no, non potrei mai scappare via da te.
«Posso sdraiarmi?», ti domando, mentre tiri giù la serranda. Mi rispondi con un «Sì», a bassa voce. Lo so, non mi aspettavi.
Ma ti prometto che non ti disturberò a lungo.
Ho tante cose da dirti, eppure non ho quasi spiaccicato parola ancora.
Aspetta, sii paziente caro Tom.
Vai in bagno. Non chiudi a chiave, allora forse ti fidi di me.
Sento che tiri l’acqua. Qualche minuto dopo arrivi, in boxer e ti sdrai anche tu.
Mi guardi, come se aspettassi qualcosa.
«Ti amo», dico, seria. Non accenno ad alcun movimento.
Mi domandi: «Mi ami?» e scoppi a ridere, come se ti avessero raccontato una barzelletta.
Ti rispondo, fredda. «Sì, ti amo».
Continui a ridere per un po’. «Di solito le ragazze me lo dicono perché vogliono venire a letto con me. Ma non capiscono che non ce n’è bisogno…». Malizioso.
«Non voglio farlo con te».
Sei stupito. Lo so. Anche se cerchi di ingannarmi.
Resti in silenzio, non sai cosa dire.
«Allora, dimmi… Tu saresti innamorata di me eh? Dimostramelo!». Mi sfidi. Non posso rispondere guardandoti negli occhi. Non ci riuscirei. Come te lo dimostro? Sembri leggermi nel pensiero perché continui: «Dimmi cosa ti piace di me». Sei buffo, perché credi sia tutta una stronzata. Invece no. Non è così.
Sto fissando la coperta quando inizio a parlare.
«Adoro le tue mani», le stringo tra le mie. Sono fredde, gelate. Chissà che cosa dicono i tuoi occhi. Ma non ho il coraggio di guardarli e continuo: «Non sai quante volte le ho sognate sulle mie guance bagnate, che mi asciugavano le lacrime. Grandi, forti». Sussurro le ultime parole.
Mi schiarisco la voce, ti fisso negli occhi.
Anche tu mi guardi, come se fossi un mostro.
Probabilmente nessuna ti ha mai detto che hai delle belle mani.
«Hai un salvagente?», ti chiedo, senza distogliere lo sguardo. Mi viene naturale porti la domanda.
Ti sto facendo rincoglionire.
«Un salvagente?!»
«Sto affogando», riprendo a dire. Continui a non capire, non posso biasimarti.
Fai una delle tue battute. «Ma se siamo sdraiati su un letto!». A me non fa ridere.
«Cazzo Tom, sto affogando nei tuoi occhi…»
Forse stai arrossendo.
Noooo, figuriamoci se Tom Kaulitz arrossisce.
Però almeno hai capito.
Vorresti forse scappare?
Ma ti ricordi dove hai nascosto la chiave?
Muovi leggermente le gambe. Il mio cuore inizia a battere.
Ti stringo le mani, sono così rassicuranti che mi viene naturale farlo.
Anche di questo sei stupito.
Con una mano ti sfioro timidamente le sopracciglia.
Mi contempli, ogni secondo più confuso.
Non mi devi guardare così, tu mi hai sfidato e io sto partecipando alla sfida.
Cerco di fartelo capire con gli occhi.
Tocco la punta del tuo dolce naso con un polpastrello.
Mi avvicino con il viso al tuo.
Vorresti scansarti, lo so, ma non lo fai.
Mi fermo. Siamo vicinissimi.
Continuo a venirti incontro, porto il mio naso sul tuo, e inizio a sfregarlo.
Siamo così, naso contro naso, come fanno i bambini all’asilo, come fanno fratello e sorella.
Insieme ci stacchiamo e sussurriamo: «Lo facevo da piccolo con mia madre».
Ti giri verso di me. Ti sorrido.
Tu non mi sorridi. Perché?
«Amo le tue labbra», dico. Gli metto un dito sulla bocca e in un orecchio ti sussurro, un po’ triste: «Perché non saranno mai mie…»
Ti amo Tom.
Ma sono consapevole del fatto che non ti avrò mai.
Che al massimo per te sarò una delle solite ragazze da portare a letto, una sera.
Hai paura di amare? Forse.
Eppure non sarei comunque la ragazza adatta a te.
Volevo solo ringraziarti.
Ti ho detto tutto quello che dovevo dirti.
Sono in una stanza insieme a te.
E sono felice, finalmente.
«Come ti chiami?», mi chiedi. Già, non ti ho detto nemmeno il mio nome.
«Chiara», dico. Che brutto nome che ho. L’ho sempre odiato. Mi rispecchia poco.
Ma che faccio? Penso al mio nome mentre sono appiccicata a Tom Kaulitz?
Ti avvicini un po’ a me.
Il cuore inizia a martellare.
«Chiara, mi insegni ad amare?»
Non posso credere che tu lo abbia fatto.
Davvero, non è possibile.
Sicuramente è stato un sogno.
Come faccio a insegnartelo, Tom? Ma per te farei di tutto. Me l’hai veramente chiesto?
Non so nemmeno con che coraggio, con che voce sono riuscita a risponderti.
«Sì», ti sussurro, prima di accoccolarmi a te.
Sento i tuoi occhi su di me. Non mi importa cosa stai pensando. Non so che cosa ti balena per quella tua strana testolina.
Mi baci sulla fronte.
Chiudi gli occhi. Io ti guardo, non mi stancherò mai di farlo.
Stai sorridendo. Sembri un bambino.

Ci svegliamo. C’è il sole.
Mi saluti con un bacio sulla guancia.
Sei dolce con me. Che ti succede?
Sicuramente non ti ricordi cosa mi hai chiesto ieri sera.
Ti vesti, indossi le prime cose che trovi sparse per la disordinatissima stanza.
Qualcuno bussa alla porta. Vai ad aprire, è tuo fratello.
«Buon giorno Tom!», urla, con il suo sorriso luminoso stampato sul volto.
«Ciao Bill», rispondi tu, ancora mezzo addormentato. Bill mi guarda, tu mi guardi.
«Fratellino, ti presento la ragazza che mi insegnerà ad amare», dici.
Arrossisco, nascondo il volto sotto le coperte.
«Cosa?», domanda tuo fratello. Non crede alle sue orecchie, non ha tutti i torti.
«Lei mi ama, voglio che mi insegni cos’è l’amore, com’è amare». Rispondi come se fosse la cosa più normale del mondo.
Sarebbe normale se tu non fossi Tom Kaulitz.
Ne sei consapevole vero?
«Fratellone, quante fan ti avranno detto ti amo? Dai, sii serio!»
No. Non va così. Non puoi paragonarmi alle altre fan, Bill.
«Lei mi ama davvero, me lo ha spiegato!»
Gli racconti tutto. Tutto quello che ho detto, che ho fatto, che hai detto, che hai fatto.
Bill non dice nulla e va via. Non ha niente da dire, forse crede che tu sia ubriaco.
Esci anche tu dalla stanza. Chissà dove vai, non me lo dici. Sono sola. Non posso credere di aver dormito qui, con te.
Di averti detto davvero tutto.
Di esserci riuscita.
Sei appena entrato nella camera. Mi mancava la tua presenza.
Mi hai portato la colazione.
Perché Tom? Mi stai illudendo come fai con le altre?
Poggi leggermente le tue labbra sulle mie e dici «No, non ti sto illudendo».
Ormai mi conosci. Cazzo.
Ti siedi davanti a me e mi guardi mangiare. Stai sorridendo.
Sei felice mentre mi guardi? Non ti sarà difficile amare qualcuno allora.
«Chiara, mi insegni ad amare?».


Bhè, non è niente di ché, a dir la verità non mi piace molto. Ho sognato la scena e ho pensato di scriverci su una one-shot. Vabbè, spero che vi sia piaciuta almeno un po' =).
  
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