Serie TV > Glee
Ricorda la storia  |      
Autore: Lady_F    14/02/2014    1 recensioni
"Quando Smythe aveva chiesto a lui, Nick e Jeff un favore si era aspettato di tutto, dal passaggio di compiti alle avances sessuali. O perlomeno, si era aspettato tutto tranne ciò che aveva realmente domandato.
Ed era così che aveva scoperto che Smythe aveva un punto debole. Cioè, proprio Sebastian, che sembrava rimanere impassibile di fronte a tutto, aveva una debolezza."
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeff Sterling, Nick Duval, Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Nick/Jeff, Sebastian/Thad
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

OUR FAIRYTALE


 

Quando Smythe aveva chiesto a lui, Nick e Jeff un favore si era aspettato di tutto, dal passaggio di compiti alle avances sessuali. O perlomeno, si era aspettato tutto tranne ciò che aveva realmente domandato.
Li aveva chiamati nella sala del consiglio il giorno precedente, parlando di crisi familiari o cose del genere. Crisi familiari? Si era domandato allora Thad. Magari i suoi stavano divorziando e gli serviva sostegno morale. Idea che aveva subito eliminato dalla sua mente. Non Sebastian Smythe.
Ed era così che aveva scoperto che Smythe aveva un punto debole. Cioè, proprio quello stronzo del loro capitano, che sembrava rimanere impassibile di fronte a tutto, aveva una debolezza.
Debolezza che si chiamava Céline. E sì, era la nipote di Sebastian.
Neanche sapeva che Smythe avesse una sorella, e dire che condividevano pure la  stanza, lì alla Dalton.
Il problema di Sebastian era che sua sorella era in crisi: il giorno successivo ci sarebbe stata la festa per il settimo compleanno della figlia, e le ragazze che dovevano intrattenere i bambini le avevano dato improvvisamente buca per via di un provino con un qualche teatro itinerante. Aveva chiamato il fratello incavolata nera e lui, in parte per non dover subire oltre la sua furia, in parte perché, insomma, era la festa di Céline!, si era offerto di prendere il posto delle ragazze. Insieme a dei suoi amici. Amici, poi. Be', con Thad parlava, niente confidenze o cose del genere, ma si scambiavano opinioni su macchine, marche dei boxer e cose del genere; ma Nick e Jeff? Thad ipotizzò che avesse imparato a conoscere talmente bene il biondino, il come era un mistero, da sapere che aveva un debole per i bambini e che convinto lui più di metà del lavoro era fatto: di sicuro il suo ragazzo, Nick, non l'avrebbe lasciato solo nel covo di Smythe, anche se era per una festa di bambini. E oltretutto non sapeva dire di no a un Jeff sorridente che saltava su e giù aggrappato al suo braccio.
La verità era che Thad non sopportava i bambini. Più che altro verso i sette anni, ma anche verso i sei, i cinque, i quattro, i tre, i due, gli otto, i nove, i dieci, quando erano capaci solo di fare casino, urlare, fare casino, ingozzarsi e sporcare tutti i vestiti (loro e altrui), fare casino, riempire il pavimento di cartacce, fare casino, distruggere i tuoi libri preferiti, fare casino, storpiare le parole, fare casino, piangere per ogni cosa, fare casino, e oh! fare casino. Difatti alla richiesta di Smythe si era subito tirato indietro con un principio di nausea alla sola idea di quei piccoli mostriciattoli urlanti.
Poi in parte Nick che lo implorava di non lasciarlo da solo in balia di quei due, in parte Jeff che continuava a saltellare entusiasta, e ancora più in gran parte gli occhioni da cucciolo di Smythe, l'avevano fatto definitivamente capitolare.
Ma non pensiate che aveva un debole per Sebastian!
Okay, pensatelo pure.
Thad era completamente, interamente, totalmente pazzo di Sebastian. Solo che non era sicuro di volerlo ammettere a se stesso, e men che meno ad altri.
Così il giorno seguente erano saliti sulla macchina di Smythe alla volta della casa di sua sorella Elizabeth. Casa che si rivelò un'enorme villa, a testimonianza dell'enorme patrimonio della famiglia. Nell'attraversare il giardino Thad si soffermò qualche istante sull'enorme piscina luccicante sotto il sole, per poi realizzare che un bagno a febbraio non gli avrebbe certo potuto fare bene.
Fu solo a quel punto che si fece una domanda che si sarebbe dovuto porre secoli prima: «Ma cos'è che dobbiamo fare per intrattenere gli» stupidi marmocchi non andava affatto bene, «...i bambini?»
Smythe si voltò lentamente verso di lui, con sguardo stupito. A quanto pareva si era appena posto anche lui il quesito. «Elizabeth non me l'ha detto. Ma non credo dovremo fare un granché: controllarli basterà» e sorrise gioviale.
Jeff sembrava un po' contrariato per la risposta, mentre Nick tirò un mezzo sospiro di sollievo.
Okay, quel giardino era davvero enorme. Ci misero un'eternità ad arrivare alla porta di ingresso, e altrettanto tempo ci mise la sorella di Sebastian ad aprire.
Elizabeth Smythe si rivelò un Sebastian al femminile, almeno nell'aspetto, se non si calcolavano i capelli disordinati (alla vista dei quali Thad prese un colpo, sospettando che la causa fossero i mostriciattoli).
«Finalmente, Sebastian. Credevo che fossi già riuscito a infilarti nel letto del giardiniere.»
Smythe fece sfoggio del migliore dei ghigni del suo repertorio: «Ti sbagliavi, sorellona. Allora, dove sono i marmocchi?» e fece per entrare in casa.
Ma la donna gli fece segno di no con le dita. «Non crederai mica di scendere da loro così? Loro non si aspettano certo te e i tuoi amici.»
Il ghignò di Sebastian sembrò gelarsi sul suo viso. Brutto segno, si disse Thad, bruttissimo. «Ah no? E chi si aspettano?»
E il ghigno di Sebastian si trasferì sul volto di sua sorella. «Nessuno di così importante. Dovreste giusto... travestirvi? Vi porto dove potete cambiarvi».
Doveva avere sentito male. Ci aveva messo come minimo due ore e mezza a mettere insieme degli abiti che non lo facessero sembrare uno scappato di casa e che allo stesso tempo fossero sacrificabili tra le mani dei bambini. Nessuno aveva parlato di travestirsi. Forse avrebbe fatto in tempo a correre via in una ritirata strategica. Ma prima che facesse in tempo a muovere il primo passo in corsa Smythe lo prese a braccetto, sibilandogli direttamente nell'orecchio: «Non crederai mica di svignartela, Harwood.»
Adesso gli leggeva pure la mente?
Si fece trascinare da lui fino al piano di sopra, sino alla stanza che gli era stata indicata dalla sorella. «Chiamatemi quando avete finito» esclamò con voce squillante Elizabeth, «Céline e i bambini vi aspettano!» e detto questo li chiuse a chiave nella stanza.
A chiave!
Nemmeno potessero voler scappar-
«State scherzando» esclamò Thad, alla visione dei vestiti sul letto.
Nick sembrò avere un mancamento, mentre Sebastian li osservava inorridito.
Solo Jeff sembrava felice. No, felice era un eufemismo. E gridava, tutto contento: «Ma è stupendo, Nicky! Credi che potrei vestirmi io da Cenerentola? Io adoro le principesse Disney, sapete? Potrei raccontarvi la storia di ognuna di loro a memoria e-»
«Jeff. Stai. Zitto.» gli disse Thad, mentre faceva aria a Nick, sperando si risvegliasse, mentre la sua dolce metà cominciava a osservare i dettagli dell'abito e cominciare a snocciolare le differenze con quello del cartone.
«Smyhte. Tu te lo sogni che io indossi uno di quei- cosi. H0 una dignità da mantenere» affermò Nick appena si fu ripreso.
«Ma quante storie, Ken. Perché non puoi fare come la tua fidanzatina? Guarda com'è felice.»
«Manco morto. E poi perché dovrei farlo io e tu no?»
Smythe lo squadrò con freddezza. «Chi ti ha detto che io non lo farò?»
Al che Thad restò completamente senza parole. Smythe che si travestiva da principessa? «Eh?» domandò a bocca spalancata.
Sebastian alzò gli occhi al cielo. «Senti, Céline aspetta le sue principesse e Céline è Céline.» E detto questo prese il costume da Belle. «Sai una cosa, Duval? Se te ne metti uno anche tu giuro che non ci proverò più, mai più, con» gettò uno sguardo al ragazzo biondo, che stava cercando di capire in che modo si infilasse la gonna «Cenerentola.»
Ecco, era appunto quello il motivo per cui Nick non lasciava più Jeff da solo con Sebastian: due mesi prima il secondo l'aveva fatto mezzo ubriacare e Nick, che per caso era entrato nella sala del consiglio, li aveva trovati a pomiciare sul divano, Jeff  certo di stare baciando Nick, le mani di Sebastian che scivolavano sempre più in giù.
«Mai- mai più?» domandò con gli occhi che si illuminavano.
«Mai più.» confermò l'altro.
«Va bene.» E quando prese quello di Biancaneve Smythe sogghignò.
«Spero che per te vada bene essere Ariel.» gli disse allora, trasformando il ghigno in un sorriso.
«Certo che non mi va bene. Io non mi vestirò affatto da Ariel.» scosse la testa Thad.
«Avanti, Harwood, cosa ti costa? Fa' felice la mia nipotina» e gli fece gli occhi dolci.
Ah no, caro. Non ci sarebbe più cascato. E continuò a fare di no con la testa.
«Non vuoi fare felice una piccola, tenera bambina?» tornò a caricare Sebastian.
«Io odio i bambini, Smythe» soffiò lui.
«Fai felice me, allora»
«Nemmeno per idea. Puoi anche continuare a deprimerti.» Cavolo, sì che voglio farti felice! Almeno finché questo non richiede uno stupido abito identico a quello da sposa della Sirenetta.
«Sei noioso, Harwood. E dai, se ti travesti-»
Ma fu interrotto da Jeff, che, facendo una giravolta con il suo vestito azzurro, esclamò: «Se non vuole lascialo in pace, Smythe. Tanto un principe ci serve.»

Così eccolo lì, mezzora dopo, nell'enorme scantinato della casa di Elizabeth Smythe, mentre se ne stava immobile in un angolo nella stanza, un bicchiere pieno di coca in mano.
L'entusiasmo di Jeff, se possibile, era aumentato alla vista dei bambini, e ora davanti a sé aveva un gruppo di bimbe che pendevano dalle sue labbra, mentre raccontava una delle sue amate fiabe di principi, principesse, regine cattive e anche qualche drago. Una Biancaneve molto poco nel personaggio lo osservava come se il suo destino dipendesse dalle sue parole, seduto (o doveva usare il femminile?) tra le bambine, sgranocchiando popcorn.
Elizabeth, seduta su una sedia, disegnava animali sui volti di altri mocciosi, lanciando di tanto in tanto occhiate alla sala, per controllare che tutto stesse andando per il verso giusto.
E poi c'era Sebastian. Quando era uscito dal bagno, per niente a disagio in quell'enorme abito giallo, si era dovuto trattenere dal ridere. Senza alcun successo, perché era scoppiato direttamente in faccia al diretto interessato, mentre questi continuava a sorridere amabilmente. Probabilmente per non tirargli un pugno in faccia. In quel momento teneva in braccio Céline, che se sembrava adorarlo più di quanto lui adorasse lei, parlandole allegramente. Chissà poi di cosa. Ogni tanto la bambina scoppiava a ridere, per poi rimanere a osservare lo zio con quello stramaledetto sorriso Smythe.
Ignorò ancora una volta il bambino poco distante di lui che lo osservava storto. Perché continuava  a fissarlo, poi? Fece un paio di passi verso destra. Gli occhi del mostriciattolo lo inseguirono. Oddio. Ecco un altro motivo per cui odiava i bambini. Gli mettevano ansia. Seriamente.
Bevve un sorso di coca dal bicchiere, continuando a guardarlo sottecchi.
E poi, improvvisamente, la domanda: «Perché non sei una principessa?»
Spalancò la bocca, senza avere la minima idea di come rispondergli.
«Sei una strega cattiva, non è vero?»
Come? Che aveva detto quel nanetto biondo? Doveva mettere bene in chiaro che lui era un maschio. Maschio. Non una strega. Non una stramaledettissima principessa tutta zucchero e amore, amore, amore.
Ma quando rialzò gli occhi davanti a lui c'erano quattro bambini. Tutti con la stessa espressione truce. «Sei una strega» lo accusò una bimba dai vaporosi capelli rossi.
E quello che prima era un bambino si trasformò in un esercito di mostriciattoli che lo guardavano storto.
Oh no.
Arretrò, ma passo dopo passo loro lo seguivano, finché non si ritrovò intrappolato tra due muri. «Ehm... io non sono una strega-» cominciò, ma si interruppe con un mezzo urlo quando la stessa bambina rossa gli lanciò contro una bacchetta da fata turchina. E le punte della stella sulla cima erano piuttosto affilate.
Nel momento in cui le espressioni di quel mini-esercito si fecero quasi assatanate una voce squillante urlò: «Non è una strega!» e Thad si ritrovò a osservare riconoscente Céline, mentre gli andava incontro assieme a Sebastian, che rideva sotto i baffi.
Quando lo raggiunsero Smythe gli sussurrò: «Muoviti Harwood, ti porto in salvo» e lo prese per la mano, trascinandolo via.
Quando furono in giardino, Sebastian riprese a ridacchiare. «Dovresti vederti, sei tanto pallido che sembra tu abbia visto un fantasma. A sapere prima che i bambini ti fanno questo effetto non ti portavo.»
Thad arrossì appena. In realtà nemmeno lui sapeva che avessero quell'effetto su di lui. Di solito tentava di tenersi ben alla larga da chiunque avesse meno di quindici anni. E pensare che anche lui era stato così...
«Perché ti fanno questo effetto?» gli domandò, facendogli segno di sedersi di fianco a lui su un dondolo.
Thad si lasciò cadere sul cuscino morbido. Ora voleva pure fargli da psicologo? Mio Dio, ma perché i suoi occhi dovevano essere così perfetti? «Non lo so.»
«Qualche trauma?»
Ma che problemi aveva? Thad lo osservò stranito. «Giochi allo psicologo, Smythe?»
«Se non ho di meglio da fare.» E raddrizzò la schiena per osservare qualcosa, o qualcuno, oltre la schiena dell'ispanico.
Thad si voltò e si ritrovò a osservare il famoso giardiniere. Porca miseria, se era figo.
«Nascondimi» gli sibilò Sebastian, facendosi piccolo dietro di lui.
«Eh? Perché?»
«Perché a differenza di ciò che crede mia sorella me lo sono davvero fatto. E non voglio certo che mi veda con indosso uno stupido vestito da principessa! E per la verità non ho nemmeno voglia di rivederlo.»
Thad alzò gli occhi al cielo, ma spostò strategicamente il dondolo con i piedi, in modo da essere coperti dalla quercia al loro fianco. Diede un'ultima sbirciata al giardiniere, maledicendosi per non essere come lui. Cos'aveva in più di lui alla fine? Perché Sebastian si era portato a letto quell'ammasso di muscoli e non lui?
«Harwood?»
«Come?» tornò a osservare Smythe, che lo scrutava con il viso inclinato.
«Ti ho appena chiesto se ti è passata l'ansia. Così possiamo tornare dentro. E magari convinco mia sorella a farmi togliere 'sto coso.»
«Peccato. Ti sta stranamente bene.» Ops.  «Credevo ti piacesse indossarlo.»
«Credo di continuare a preferire dei pantaloni, comunque. E poi pizzica.» Detto questo controllò che il giardiniere fosse sparito e lo costrinse a tornare in casa. Senza prendergli la mano, con grande dispiacere di Thad.

L'ora successiva passò più velocemente del previsto, e alla fine di questa si ritrovò seduto di fianco a Jeff, che ora intratteneva un pubblico ancora più ampio. Senza dubbio sarebbe stato un buon padre. Nick lo guardava con occhi sognanti, sorridendo di tanto in tanto.
Quei due erano cotti a puntino. Beati loro.
Lanciò un'occhiata veloce a Sebastian, seduto di fianco alla nipotina. Sembrava il doppio più rilassato rispetto a quando erano alla Dalton. Li vedeva, zio e nipote, scambiarsi occhiate complici di tanto in tanto. Sembravano quasi aver organizzato qualcosa di losco. E senza dubbio l'accoppiata Sebastian Smythe più mini-Smythe non poteva portare a niente di buono.
Seriamente, come faceva a essere così attraente anche con un vestito da donna e del cavolo addosso? Vestito che in quel momento, mentre si mordicchiava le labbra, gli avrebbe più che volentieri strappato di dosso. Scandalizzando due dozzine di bambini, ma erano inutili particolari.
«E adesso lo zio Thad ci racconterà una bella storia!» proruppe Jeff, interrompendo le immagini di lui che spogliava Smythe che si susseguivano nella sua testa.
Primo: zio? Zio?
Secondo: una storia?
Vide i bambini fissarlo sorridenti e di riflesso si tirò indietro. Incrociò lo sguardo dell'amico biondo, cercando di sottintendere tutte le sue promesse di vendetta, prima di accennare: «C'era una volta in un regno lontano, lontano...» Porca miseria. Ora doveva trovare una principessa. O qualcosa del genere. Si passò la lingua sulle labbra, cercando un'idea. «... un principe, che era stato rinchiuso dalla sua matrigna in una torre altissima, che arrivava oltre le nuvole. Il povero principe non poteva vedere nessuno, e nessuno, vedendo le ripide scale che portavano alla cima della torre sentiva il desiderio di salire a trovarlo.
«Le nuvole erano sempre sotto la sua finestra, impedendogli la visione del mondo e della vita sottostante, mentre era costretto in quella stanza da un potente incantesimo: se fosse uscito da quella porta di sarebbe trasformato in usignolo, senza avere più possibilità di tornare umano.
«L'unica cosa che gli era permesso fare era cantare. Per questo il principe cantava, cantava e cantava, seduto in un angolo della stanza di pietre. Ma un giorno vide il sole brillare fuori dalla sua finestra e si affacciò, continuando a cantare. Oltre le nuvole poteva quasi intravedere la terra e le persone che camminavano.
«Sotto la torre, proprio in quel momento, passava una giovane contadina, che si stava recando al mercato. E la voce del principe con la sua canzone, giunse fino a lei. La ragazza alzò gli occhi, ma non vide nessuno. Solo le nuvole e quella torre viola. E capì che quella voce era il suo destino.
«Quando la voce del principe si spense la giovane riprese il suo cammino, senza tuttavia riuscire a scacciare dalla mente quel canto. Tornata a casa andò dalla sua anziana nonna, e le domandò se sapesse qualcosa su quella torre. La nonna le rispose che secondo la leggenda vi era intrappolato un povero principe, destinato a vivere e morire tra quelle mura. A meno che il vero amore non arrivasse fino da lui a salvarlo.
«Gli raccontò di come quel principe fosse sempre stato amato dai suoi genitori, finché sua madre non morì. Anni dopo il re sposò un'altra donna, che lo avvelenò per avere il regno ai suoi piedi. La matrigna, vedendo nel figliastro un pericolo per il suo potere decise che doveva eliminarlo, e fu per questo che lo rinchiuse.
«L'unica cosa rimasta del principe era il suo canto, che di tanto in tanto veniva trasportato dal vento fino alla città.
«Finito il racconto, osservò per qualche istante gli intensi occhi verdi della nipote e le rivelò che conosceva il modo per raggiungere la cima della torre. Difatti, nel regno vicino, nascevano dei fagioli magici, capaci di creare scale sicure, talmente alte da essere capaci di superare le nuvole.
«Il giorno successivo la contadina tornò sotto la torre e promise al vento di salvare il principe. Così incominciò il suo viaggio.
«Ma sulla sua strada trovò molti ostacoli e riuscì a fare ritorno a casa con i fagioli magici solo un anno dopo. Appena arrivata corse dalla nonna, per dirle che poteva andare a liberare il principe. Ma la donna le disse che erano ormai mesi che il principe non cantava più, e sospettava fosse morto.
«La contadina non poteva crederci. Con i fagioli stretti al petto corse fino alle scale viola e cominciò a piangere. Ma quando finì tutte le sue lacrime cominciò a cantare quella stessa canzone che le aveva indicato il suo destino. E ben presto un'altra voce si unì alla sua. Il principe era vivo! Ritemprata da questa nuova sicurezza piantò due fagioli e aspettò che crescessero.
«Due o tre ore più tardi ecco una pianta, in tutta la sua magnificenza, raggiungere le nuvole e scomparire. La ragazza, allora, cominciò a salire. Quando arrivò a vedere la finestra della torre era ormai il tramonto. Con un ultimo sforzo la raggiunse e si lasciò scivolare dentro alla stanza.
«E il principe era lì, seduto contro un muro, le ginocchia strette al petto. Quando vide la giovane entrare nella stanza si alzò spaventato. La contadina si presentò e il principe, non appena vide il suo sorriso sincero, se ne innamorò.
«Restarono per tre giorni e tre notti nella torre, poi la ragazza gli disse che voleva riportarlo al suo regno, con sé. Ma non conosceva niente della maledizione che impediva al principe di uscire da quella stanza. E in quel momento il principe se ne dimenticò, troppo rapito dagli occhi della ragazza. Prima di uscire dalla finestra e raggiungere l'agognata libertà le disse che una volta a terra la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stato sposarla. I due si scambiarono un bacio. L'ultimo, perché appena il principe, stringendo la mano della contadina, si ritrovò sulla foglia del fagiolo, si trasformò in un usignolo.
«Realizzando ciò che era successo la contadina decise che non poteva più vivere senza colui che amava e decise di morire. Ma il principe, sotto forma animale, le si posò sulla spalla e le cantò la loro canzone.
«La ragazza, sorridendo, gli promise che avrebbe cercato un modo per spezzare la maledizione. E che allora avrebbero avuto anche loro un “e vissero per sempre felici e contenti”.»
Quando smise di parlare si accorse che tutti lo stavano fissando rapiti. Gli sembrò quasi di intravedere delle lacrime negli occhi di Jeff. Tossicchiò per far capire che la storia era finita.
«Ma come? Finisce così? Ma la contadina farà tornare il principe umano?» domandò contrariata Céline.
Thad si guardò intorno, cercando il modo di spiegare che era un finale aperto, che dovevano decidere loro cosa fare succedere. Ma Sebastian lo anticipò: «Ma certo che lo farà tornare umano. E poi si trasformerà da contadina in una bellissima principessa e daranno un grande ballo, prima di sposarsi.»
«Io adoro i balli, zio Bas. Facciamo un ballo?» propose poi, illuminandosi. «Però io devo invitare James» aggiunse sorridendo a un bambino dai capelli neri.
«Tutto quello che vuoi, Céline.» le disse, facendo un segno a Elizabeth, che fece partire un cd. Non passarono nemmeno dieci secondi che già aveva urlato: «Harwood, muovi quel tuo didietro. A Belle serve la sua Bestia. Anche se in questo caso sembra più uno dei sette nani.»
Così Thad si ritrovò a ballare tra le braccia calde di Sebastian.
«Allora, Harwood, nella versione originale l'usignolo torna principe o no?» gli sussurrò piano all'orecchio.
«Non c'è nessuna versione originale. L'ho inventata sul momento.»
«Lo so, stupido. Ma secondo te?»
Thad sbuffò e ci pensò per qualche istante, godendo del tocco caldo dell'altro su di lui, del suo fiato tra i capelli. «Secondo me no. Ma dopo quella vita ce ne sono molte altre, e prima o poi si ritroveranno, entrambi umani.»
Sebastian sorrise. «Mi piace come idea.» Dondolarono ancora sul posto. «Senti, Thad, la contadina ha gli occhi verdi, quindi sono io. Vuoi essere il mio principe-usignolo?»
Thad trattenne per un attimo il fiato. Stava scherzando, ovvio. «Non ero un nano?» domandò, stringendo le labbra.
«Non ti eri trasformato in usignolo?»
«Io sono un Usignolo. Sei stato tu a dire che sono un nano.»
«Quindi ammetti di essere tu il principe?»
«Smythe, ti senti bene? Stai sragionando.»
«Mi sento benissimo. E comunque se io posso essere Belle tu puoi essere un principe usignolo nano.»
Ora cominciava seriamente a perdersi in quel discorso. «Tu non sei Belle, Smythe. Indossi il suo vestito e basta. Sei sicuro che in quel bicchiere ci fosse solo coca?»
«Certo che sono sicuro. È una festa per dei bambini, questa. Ti hanno mai detto che non capisci mai niente?»
«Be', qualche volt-» ma non fece in tempo a completare la frase, perché Sebastian l'aveva preso per i fianchi e l'aveva trascinato nella stanza più vicina. «Ma che-»
«Non volevo traumatizzare i bambini» spiegò, prima di spingerlo contro il muro e baciarlo.
E tutto intorno a Thad sparì. Dimenticò che nella stanza accanto c'erano dei mostriciattoli urlanti che ballavano. Dimenticò il fatto che Sebastian stesse indossando uno stupido costume da donna.
Tutto svanì, all'infuori di lui, Sebastian e le loro labbra a contatto.
Sebastian si staccò con un sorriso: «Credo che la contadina abbia ritrovato il suo principe.»









NdA
Avete presente quando un'idea si fissa nella vostra testa e non vuole proprio andarsene? Ecco, nella mia testa non facevo che vedermi Sebastian vestito da principessa e Jeff come un'esaltata Cenerentola.
Credo di non averci messo così poco tempo a scrivere qualcosa (se non si contano le ore per decidere un finale che mi convincesse almeno un pochino), e boh, lo so che è una mezza cavolata, ma a San Valentino serve un po' di sano Fluff, no?
Grazie per averla letta <3
M
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: Lady_F