Storie originali > Generale
Ricorda la storia  |      
Autore: berenis    14/02/2014    0 recensioni
Torno sott’acqua.
È così bello. Perché non posso vivere qui?
Mi giro e nuoto per tornare a riva.
Sono veloce. Taglio le onde, sento l’acqua scivolarmi addosso. Mi riconosce, sa che faccio parte di lei.
Il mare sa che questo è il posto dove devo stare.
Sa che il mio cuore gli appartiene.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


A part of the sea

 



Riemergo.
 
Le quiete che sentivo prima viene sostituita da risate, voci sconosciute e grida di bambini eccitati perché toccano il mare per la prima volta.
 
Torno sott’acqua.
 
Pace. Tengo gli occhi chiusi e mi lascio cullare dalle onde.
Mi sento incredibilmente leggera e la mia mente è libera.
Sembra quasi che l’acqua lavi via ogni mio pensiero.
Non sento niente. Sto bene.
 
Riemergo.
 
Riprendo fiato. Mi guardo intorno e vedo gli altri che giocano in cerchio con la palla. Fanno sei passaggi e al settimo bisogna schiacciare.
Tocca a Matt e ovviamente Elysa non può scampare dal suo tiro potente e viene eliminata.
Silvie mi vede e mi fa segno di raggiungerli, ma io scuoto la testa.
 
Torno sott’acqua.
 
Mi giro e nuoto per allontanarmi ancora un po’.
Non ho voglia di giocare con loro, preferisco la conversazione silenziosa con il mare.
Continuo a nuotare e penso che l’estate non sia mai stata così calda e le mie vacanze così belle.
Ci siamo tutti appena laureati e ci sentiamo così incredibilmente liberi, grandi, autonomi. Abbiamo solo voglia di divertirci.
E cosa c’è di meglio di un mese in giro per l’Italia tutti insieme?
L’Inghilterra non offre decisamente né lo stesso clima, né le stesse spiagge.
Abbiamo alloggiato dai parenti di alcuni di noi: Claire ha i nonni qui in Puglia, mentre Jack li ha a Napoli; Mirabelle ha uno zio a Milano e Lorenzo è originario di una piccola cittadina di Roma.
Ma la nostra compagnia non finisce qua.
Ci sono anche Dave, Charlie, Big Foot – che in realtà si chiama Philip, ma il suo quarantasette di piedi lo indentifica meglio del suo nome, e poi a lui non dispiace –, Mitchell, Georgia e poi ci sono io.
Ariel.
 
Riemergo.
 
Respiro a lungo e con affanno.
Questa volta sono stata sotto troppo tempo, ho esagerato.
Mi volto e mi accorgo di essere lontanissima dalla riva. Credo di aver battuto i miei record, ma ciò non mi sorprende: l’acqua è il mio elemento.
Non per niente mi chiamo Ariel, come la sirenetta dai capelli rossi della Disney, anche se i miei sono biondi.
Magari essere come lei.
E do ragione a Sebastian quando le diceva “vorresti andar sulla terra, non sai che gran sbaglio fai”.
Cederei volentieri le mie gambe per la sua coda, ma lei non esiste e io devo tenermi così come sono. Sbagliata.
Solo il mare riesce a farmi sentire così bene.
 
Torno sott’acqua.
 
È così bello. Perché non posso vivere qui?
Mi giro e nuoto per tornare a riva.
Sono veloce. Taglio le onde, sento l’acqua scivolarmi addosso. Mi riconosce, sa che faccio parte di lei.
Il mare sa che questo è il posto dove devo stare.
Sa che il mio cuore gli appartiene.
Le mie gambe e braccia si muovono con agilità e in poco raggiungo gli altri.
 
Riemergo.
 
«Oh, Ariel! Finalmente ti fai rivedere!» esclama Dave.
Gli sorrido e mi scuso per essere stata lontana, ma loro ormai mi conoscono e sanno che quando si tratta del mare devono lasciarmi libera di andare.
Smettono di giocare con il pallone e torniamo sulla riva sotto i nostri ombrelloni. È facile riconoscerli: sembrano un accampamento.
La sabbia brucia sotto i miei piedi, quindi mi affretto a raggiungere l’asciugamano che avevo steso per terra appena siamo arrivati e mi ci sdraio a pancia in su, lasciando che sia il calore del sole ad assorbire le gocce d’acqua ancora sulla mia pelle e non il tessuto morbido azzurro su cui sono poggiata.
Dave sposta il suo asciugamano vicino al mio e si siede accanto a me, cingendosi le gambe con le braccia.
Tiene lo sguardo fisso davanti a sé e io mi sollevo sugli avambracci per poi fare lo stesso.
«Ti stai divertendo?» mi chiede.
Annuisco. «E tu?»
«Certo. Ci sei tu.»
Lo guardo e si volta anche lui. Gli sorrido affettuosamente e Dave ricambia scompigliandomi con una mano i lunghi capelli bagnati.
Lui c’è stato dal primo giorno di università e so che continuerà ad esserci.
Mi è sempre rimasto vicino, sia fisicamente che moralmente, perché quel primo giorno fu lui a riempire il banco vuoto accanto al mio, e da allora non si è più spostato da lì.
E io non voglio. Non voglio che si allontani da me.
Io ho bisogno di lui come ho bisogno del mare.
Silvie si avvicina a noi,  poggia una mano sulla mia spalla e ci chiede se per pranzo vogliamo un panino, un pezzo di focaccia o la pasta fredda.
Dave ed io ci guardiamo e ci capiamo al volo.
«Focaccia» rispondo, e Silvie sa che ne deve portare due.
Anche lei era nella mia stessa classe, come tutti gli altri, d’altronde.
Sono stata fortunata: non potevano capitarmi compagni migliori.
Compagni che, poi, non sono stati solo di scuola o di studio, anche di avventura, di divertimento, di viaggio.
Finisco di mangiare in fretta e non resisto più, sento il mare che mi chiama, devo tornare da lui.
Ho mezz’ora prima che cominci la digestione e dopo dobbiamo andare via, quindi non posso tornarci.
È la mia ultima occasione.
Afferro la mano di Dave e mi alzo trascinandolo con me.
«Vieni» gli sussurro, e lui mi segue. Mi segue sempre e ovunque.
Non mi dice mai di no. Ma “solo perché sei tu, Ariel”, come ripete sempre.
Infatti non si lascia trascinare facilmente ed è difficile smuoverlo dalle decisioni che ha preso.
Nessuno ci riesce, a parte me, e io sono felice di essere l’eccezione.
«Ariel! Dave! Dove andate!»
«Ragazzi!»
«Tornate qui!» urlano gli altri alle nostre spalle, ma noi ormai siamo troppo lontani.
Arrivo sul bagnasciuga dove la sabbia è umida e subito l’acqua mi bagna il piede.
Corro più veloce senza lasciare la mano di Dave, e poi mi tutto.
Rimango sott’acqua qualche secondo ed è tutto così perfetto.
Sono nel mio mondo.
 
Riemergo.
 
Dave è accanto a me. Come sempre.
Si è tuffato anche lui. Mi guarda e scuote la testa sorridendo.
«Sei un caso perso, Ariel, non c’è più niente da fare con te!» dice, e io rido.
«Lo sapevo che avresti detto così! Lo fai sempre» rispondo, e poi lo abbraccio forte. «Ma per favore, anche se non c’è cura, continua a seguirmi che la mia sei tu» sussurro al suo orecchio. Sono sincera e lui lo sa.
Dave mi dà un bacio sui capelli e mi stringe più forte.
«Tranquilla che non ti perdo di vista» risponde con la sua voce calda e profonda e so che solo di lui posso fidarmi davvero.
Sciolgo l’abbraccio e i suoi occhi scuri fissano i miei chiari.
È serio, ma so che non durerà per molto, non lo fa mai.
Infatti, dopo poco, comincia a schizzarmi e io scappo.
 
Torno sott’acqua.
 
Sono così felice. Così al sicuro, così protetta, mi sento così bene, e questo non succede spesso.
 
Riemergo.
 
Ho Dave e il mare: cosa potrei chiedere di più?
In lontananza vedo gli altri che sbracciarsi per farsi vedere da noi, li sento chiamare i nostri nomi e io torno alla realtà.
Ecco cosa potrei chiedere: più tempo. Un’estate più lunga, una vacanza più lunga.
Perché questo è l’ultimo giorno che stiamo qui e il nostro viaggio stasera giungerà al termine.
 
Torno sott’acqua.
Riemergo.
 
Dave mi guarda e so che mi capisce.
Allunga una mano verso di me e io la afferro senza esitare.
Camminiamo per tornare a riva mentre io inspiro quell’odore di salsedine e tocco quella meravigliosa acqua per l’ultima volta.
Siamo a riva e solo le mie caviglie sono ancora immerse.
Io non voglio andare.
Dave mi strattona il braccio e mi guarda con dolcezza.
Di cosa ho paura? Se non c’è il mare, a salvarmi ci pensa lui.
Mi sorride e riprendo a camminare senza lasciare la sua mano, la mia àncora.
Sento l’acqua sfiorarmi il piede per l’ultima volta e chiudo gli occhi come a volermi imprimere in testa quel momento, poi la sabbia cancella quella sensazione e li riapro.
Mi fermo e mi giro. Dave questa volta me lo permette e rimane vicino a me.
Gli sorrido e poi guardo davanti a me.
 
Ciao, mare.
Devo andare via, ci vediamo tra un po’.
Torno la prossima estate, te lo prometto.
 
Mi volto verso Dave e i nostri occhi si scambiano uno sguarda d’intesa.
Stringo più forte la sua mano poi torno a guardare il mare.
 
Con lui.



 

******
Questa cosa non ha alcun senso e lo so; quello che non so è perché l'ho pubblicata.
So già in partenza che non verrà calcolata, ma, boh, ormai sono qui.
L'ho scritta a scuola, durante una noiosissima ora di italiano con la supplente.
Ho una gran voglia d'estate e mi manca il mare, si vede?
Sappiate che i nomi, il viaggio e il resto è tutto puramente inventato. Non sono laureata e non ho amici così.
Ma questa è una storia e le storie sono fatte per sognare, no?
Bene. Basta.
La parola a voi. Se vi va di dirmi cosa ne pensate mi rendereste molto felice.
Se non vi va... beh, non vi biasimo. È una mezza schifezza.
Se siete arrivati fin qui ditemi chi siete e vi faccio una statua!
Alla prossima,
v.

P.s: ringrazio nuovamente quel tesoro di Dalilah che fa dei banner che sono la fine del mondo. ti adoro.
P.s del p.s: ho cambiato nickname, ma sono sempre true_! (capitan ovvio)
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: berenis