Emofobia e
Pittura alla Whammy’s House
26 Ottobre 2002
Era
una notte senza luna, quella. L’aula si era già svuotata da molte ore, eppure
un bambino ostentava a rimanere sdraiato a terra, impegnato a raggiungere il
suo obbiettivo.
Lo
stomaco era divenuto tutt’uno con il pavimento e gli occhi erano arrossati dal
sonno.
La
matita scorreva pesantemente sul foglio, marcando i tratti sottili
precedentemente disegnati. Tracciò gli zigomi e il mento, per poi risalire
lungo la guancia e giungere infine alla frangia scompigliata sulla fronte.
Stette attento a non finire accidentalmente sugli occhi, o il lavoro di una
settimana sarebbe andato irrimediabilmente in fumo.
Ricongiunse
la linea al suo punto d’origine ed osservò il disegno, allontanandosi.
Fatta eccezione per il naso leggermente a patata e l’occhio destro decisamente più grande del sinistro, poteva andare.
Dopotutto
era il pensiero che contava, no?
Inoltre
lui non era mai stato bravo a disegnare, anzi. L’aveva sempre detestato.
Temperò
con foga il pastello nero e si chinò nuovamente sul foglio, passando la punta
proprio sotto il taglio degli occhi, tracciando due spesse linee a semicerchio.
Si
chiese se anche a lui, continuando a restare sveglio ogni notte per preparare
il suo lavoro, sarebbero venute delle occhiaie del genere.
“Sarebbe
fico.” pensò, portandosi una ciocca bionda dietro l’orecchio.
Aggiustò
gli angoli delle labbra sottili, incurvandole leggermente all’insù in un
sorriso appena accennato.
Sospirò
sollevato, constatando che ormai mancava poco al completamento dell’opera.
Avrebbe terminato addirittura prima del tempo prestabilito.
Improvvisamente
avvertì un tonfo alle sue spalle e, allarmato, si voltò di scatto nascondendo
il disegno dietro di sé. Scrutò attentamente la stanza, soffermandosi sulla
rampa di scale, sicuro di aver udito il rumore provenire da là.
-Chi
c’è?- domandò, senza alzare troppo la voce. Ma non ricevette risposta.
Riformulò
la domanda ottenendo il medesimo risultato, così si alzò malvolentieri e, dopo
aver posato il suo lavoro su un banco, si avviò alla ricerca dell’origine del
tonfo.
Gli
occhi ormai si erano abituati all’oscurità, perciò riuscì ad indirizzarsi verso
le scale senza problemi, cominciando a risalirle lentamente. I muscoli erano
tesi, all’erta.
Giunse
nell’atrio desolato e silenzioso, riscoprendosi a ricordare uno o due di quei
film horror di cui aveva visto il trailer alla televisione. Rabbrividì,
portandosi le mani sugli avambracci in un disperato tentativo di conforto.
In
quell’ambiente tetro mettersi a rammentare determinate scene non era certo
consigliabile.
Sobbalzò,
non appena udì un altro tonfo provenire dalla sala mensa.
Deglutì
rumorosamente, mentre tentava di riprendere il controllo delle gambe che,
tremolanti, si rifiutavano di scollarsi da lì. Inspirò profondamente,
riacquistando la calma.
“Sono
o non sono il successore di L, io?!” si domandò, mentalmente, per farsi
coraggio.
Così
si avvicinò lentamente all’angolo della stanza, dietro il quale vi era la porta
della mensa. Afferrò la maniglia e facendoci leva la abbassò, ma tutto ciò che
trovò all’interno furono cinque ordinate file di tavoli e qualche carrello
adagiato contro la parete.
Improvvisamente
avvertì una mano posarsi sulla sua spalla e, balzando in avanti, urlò con tutto
il fiato che aveva in corpo per lo spavento. Fu sicuro di aver sentito il suo
cuore mancare due o tre battiti.
Quella
stessa mano che lo aveva sfiorato si posò velocemente sulla sua bocca,
impedendogli di svegliare tutto l’istituto.
-Mello,
sono io.- disse il suo “assalitore”. Il biondo guardò il bambino davanti a sé,
riconoscendolo.
Indossava
un paio di pantaloni bianchi e una camicia del medesimo colore evidentemente
troppo larga per il suo corpicino esile. I lineamenti del viso erano morbidi,
dolci, benché l’espressione apparisse seria e composta, quasi severa. Gli
occhi, invece, erano due grandi perle color ossidiana incastonate nella pelle
nivea e straordinariamente liscia. Solo i capelli, mossi e selvaggi, tradivano
quell’armonioso insieme, nonostante il colore argenteo.
-Che
diavolo ci fai qui a quest’ora, Near?- domandò il più grande, dopo aver
scansato bruscamente la sua mano dalla propria bocca. Non solo aveva incontrato
il suo peggior rivale, ma aveva fatto anche una pessima figura in sua presenza.
-Non
riuscivo a dormire, così sono venuto a fare una passeggiata.-
“Una
passeggiata nella Wammy’s House? Ma a chi vuoi darla a bere?” pensò
mentalmente Mello, senza però dar voce alle sue riflessioni.
-Tu,
piuttosto, come mai sei ancora sveglio?-
-Non
avevo sonno, così anche io ho pensato di farmi un giro.- mentì, incrociando le
braccia e vagando con lo sguardo per la stanza.
-Strano,
- Near si avvicinò di più all’altro bambino, osservandolo attentamente – mi
sembra invece che tu sia parecchio stanco. Hai quasi le occhiaie come L.-
“Le
occhiaie come L…?”
Un
pensiero attraversò la mente di Mello, fulmineo.
Il
disegno!
Doveva
liquidare il più in fretta possibile Near e tornare a completare il suo lavoro.
Si
stiracchiò, sbadigliando rumoroso.
-Sai,
effettivamente hai ragione, mi è venuto un po’ sonno a furia di gironzolare.
Penso che tornerò in camera.-
Il
più piccolo lo guardò sospetto, senza tuttavia esprimere i suoi dubbi al
riguardo.
-Va
bene. Buona notte, Mello.-
-‘Notte.-
sbiascicò quest’ultimo, strofinandosi allusivamente gli occhi.
Appena
ebbe svoltato l’angolo, però, si diresse con passo felpato ma veloce all’aula
del piano inferiore, andando a recuperare il suo foglio. Ma appena lo ebbe tra
le mani, il sangue gli si raggelò nelle vene nell’udire la voce di Near:
-E’
così che vai a dormire, eh?- disse, avvicinandosi al più grande che,
minaccioso, lo fulminò con uno sguardo.
-Fatti
gli affari tuoi, Near.- sbottò irritato, nascondendo il disegno dietro la
schiena. Non lo avrebbe reso partecipe del suo progetto, per nessuna ragione al
mondo.
-Cosa
stai nascondendo?- gli chiese, sporgendosi un poco per poter vedere cosa
stringeva in mano.
Quando
le sue dita agili si insinuarono tra quelle del biondo nel tentativo di
afferrare il disegno, quest’ultimo reagì d’impulso, tirandogli un pugno che lo
colpì in pieno viso.
Near
si voltò di scatto, in seguito al colpo ricevuto. Portò una mano sulla guancia
arrossata e dolorante, abbassando il capo.
Mello
guardò le sue stesse nocche, incredulo.
L’aveva
colpito. Aveva colpito Near. E gli aveva fatto molto, molto male.
Nonostante
avesse sempre desiderato farlo, non si sentì affatto soddisfatto dell’atto
compiuto.
-Te
la sei andata a cercare da solo, - lo accusò, notando che non risollevava il
volto. – io non c’entro niente!-
Rimase
in attesa di una risposta, una qualsiasi, ma il bambino rimaneva fermo immobile
a massaggiarsi la gote. Mello indietreggiò, stringendo a sé il pezzo di carta.
-Mica
ti metterai a piangere come una femminuccia ora!- disse tremando, senza
riuscire a dare alla sua voce la solita intonazione dura e strafottente.
Il
più piccolo si girò verso di lui di scatto, rialzandosi completamente e
fissandolo.
No,
Near non stava piangendo come una femminuccia, anzi. Lo sguardo era freddo come
sempre, se non addirittura sdegnato.
Fece
per parlare, ma non appena ebbe aperto la bocca un rivolo di sangue si riversò
lungo il mento, tingendo la pelle di un rosso intenso. Si portò una mano alle
labbra, rimanendo ad osservare il liquido scarlatto, come pietrificato.
-Stai
bene…?- domandò il biondo, leggermente scosso. Certo, Near il pugno se l’era
proprio meritato, ma non per questo doveva morire dissanguato!
L’altro
sollevò nuovamente il viso verso di lui, gli occhi sbarrati.
Una
goccia di sangue si tuffò sulla sua camicia bianca macchiandola, quasi violando
la purezza del piccolo e bianco Near.
Mello
era sconvolto. Non lo aveva mai visto così.
Lasciò
cadere a terra il disegno, afferrando il bambino per un braccio e trascinandolo
con energia verso i servizi igienici. Lì gli fece sciacquare la bocca con
l’acqua fredda più volte, notando con sollievo che si era semplicemente morso
la lingua quando lo aveva colpito. Afferrò un fazzoletto di carta e lo inumidì,
poi si apprestò a pulirgli gli ultimi residui di sangue dal mento.
-Levati
la camicia, bisogna lavarla.- disse, ma quando abbassò lo sguardo verso il più
piccolo si accorse che i suoi occhi erano persi, spenti. Sembrava in trance.
Lo
prese per le spalle, scuotendolo.
-Near,
ma si può sapere che hai?!-
L’altro
si ridestò di colpo, trasalendo. Si portò frettolosamente una mano alle labbra,
cercando ancora le tracce di sangue, ma, quando osservando il palmo non ve ne
trovò, il suo sguardo si ammorbidì e il viso si rilassò in un’espressione di
sollievo.
-Bentornato
tra noi.- affermò sarcastico Mello, scocciato dal comportamento sinistro del
più piccolo. –e ora per favore, levati la camicia. E’ meglio sciacquarla prima
che la macchia non vada più via.-
Near
abbassò gli occhi, i quali si dilatarono visibilmente alla vista di quella
minuscola traccia di sangue tra il secondo e il terzo bottone. Se la slacciò in
tutta fretta, porgendola a Mello il quale, sorpreso, guardò di sbieco l’altro
bambino, senza capire il motivo di cotanta foga.
-Il
sangue…- sussurrò Near, quasi gli avesse letto nel pensiero. – Io…non lo
sopporto.-
Il
biondo rimase incredulo, nell’udire quelle parole.
Aveva
scoperto il punto debole di Near, del grande Near, del numero uno. Gioì
interiormente, ma si limitò a borbottare qualcosa molto simile a un “sei
proprio una femminuccia, allora.”.
Vista
la situazione, si ritrovò a dover lavare da solo la camicia dell’altro,
strofinando con forza su quella piccola macchiolina testarda.
-Era
un disegno.- disse ad un tratto, mentre constatava che, finalmente,
sull’indumento non vi era più nessuna traccia di sangue.
Near
si voltò verso di lui, strofinandosi le mani sulle braccia per il freddo.
-Un
disegno?-
-Sì,
- continuò l’altro, strizzando la camicia. – tra poco è il compleanno di L,
così…-
-Capisco.-
-Non
mi copiare però.-
-Non
lo farò.-
Sospirò
di sollievo, nell’udire quelle parole. Gli porse la maglia e fece per
andarsene, ma notò che Near lo stava seguendo. Infastidito, si voltò di scatto
verso di lui.
-Che
cosa vuoi ancora? Va’ a dormire, Near.-
-Non
stavo mentendo quando ho detto che non riuscivo a prendere sonno.-
-Questa
non è una buona ragione per seguirmi.-
-Non
ti sto seguendo.-
-Ah,
no?- domandò ironicamente, inarcando visibilmente un sopracciglio. Spazientito,
gli diede nuovamente le spalle e si diresse verso l’aula in cui aveva iniziato
a disegnare, imponendosi di ignorare la figura dietro di sé.
Si
ritrovò ad affrettare gradualmente il passo, quasi mettendosi a correre giù per
le scale finché, infuriato, si girò nuovamente verso l’altro bambino.
-Near!!-
-Cosa
c’è, Mello?-
Strinse
i pugni, sul punto di esplodere. Vide il più piccolo avviarsi verso un
calorifero, stendervi sopra la propria camicia e accucciarvisi contro alla
ricerca di un po’ di calore.
-Non
ti darò fastidio, voglio solamente rimanere un po’ qui.-
Il
biondo sbuffò rumorosamente, ma alla fine accettò la presenza dell’altro che,
in ogni caso, pareva irremovibile.
Prese
finalmente il suo disegno e afferrò la scatola di pastelli, estraendo un paio
di matite.
-Posso
vederlo?- domandò Near, dal suo angolino.
-Non
dovevi mica evitare di darmi fastidio, tu?-
L’altro
si fece pensieroso, tornando ad arricciarsi le ciocche con le dita.
-Chissà
cosa direbbe Roger se venisse a sapere che non sei in camera tua a quest’ora…-
Mello
si paralizzò, adirato.
-Mi
stai ricattando?!-
-Forse.-
rispose pacato l’altro, impassibile come sempre.
-Near,
io ti…- si bloccò, ricordando ciò che era accaduto poco prima. Pestò un piede a
terra, nel vano tentativo di sfogarsi e prese in mano il disegno. Si diresse
verso il calorifero, porgendo il foglio al più piccolo, indignato. Lo vide
prenderlo per i lati ed osservarlo scrupolosamente.
-Non
ti illudere, questa è solo una bozza. In realtà io so disegnare molto meglio.-
mentì, vantandosi quel tanto che bastava per sentirsi un po’ meno a disagio.
-
Penso che invece sia già molto bello così.- affermò Near, senza distogliere lo
sguardo dal primo piano di L. - E’ proprio uguale a Lui.-
“…Eh?”
-Davvero?-
domandò incredulo, sicuro di aver sentito male.
-Sì.-
Rimase
a fissarlo come un’ameba, mentre l’altro ripercorreva con le dita le linee
tracciate dalla matita, nostalgico.
Mello
andò a prendere la scatola di pastelli, posizionandosi al suo fianco vicino al
termosifone. Il più piccolo lo guardò senza capire, finché il biondo non ebbe
preso in mano una matita nera.
-Tu
colora il viso, mentre io penso ai capelli.- gli ordinò, con un tono che non
ammetteva repliche. Ma, forse, era meglio così.
Near
sorrise impercettibilmente, mettendosi a frugare nella scatola ed estraendo un
rosa pallido.
-Questo
va bene?- domandò al più grande, il quale lasciò trasparire fin troppo il suo
stupore e la sua confusione nel vedere il comportamento insolito del suo
peggior nemico.
-No,
ce ne vuole uno più chiaro.- disse, mettendosi a cercare un colore più adatto.
Perché,
ora, contraddire Near gli appariva così poco elettrizzante?
Sfiorò
appena le sue dita, nell’afferrare quella che pareva la matita più adatta.
Gliela porse.
-Penso
che questa sia la più adatta.-
-Grazie.-
Si
chinarono entrambi sul disegno, iniziando a colorare il faccione del loro amato
L, insieme.
La
mattina seguente, Roger, non trovando i due bambini nelle loro rispettive
camere, si mise alla loro ricerca per tutto l’orfanotrofio, chiedendo aiuto
persino agli inservienti. Uno di questi, dopo ben venti minuti di agonia, gli
riferì che aveva ritrovato i due ragazzini addormentati nell’aula al pian
terreno.
Si
sorprese nello scoprirli sdraiati a terra, l’uno accanto all’altro.
Rimandò
la predica al loro risveglio, constatando che, dato che per una volta pareva
fossero andati d’accordo, non era il caso di infierire più di tanto.
Li
prese in braccio entrambi, rendendo visibile il disegno che fino a poco prima
era rimasto schiacciato sotto il loro peso. Vi riconobbe la stramba figura di
L, con gli occhi notevolmente diversi l’uno dall’altro e il naso esageratamente
pronunciato.
Sorrise,
scuotendo la testa.
Potevano
anche essere i due successori del più grande detective del mondo, ma la verità
era che rimanevano pur sempre dei bambini.
Uno
dei temi assegnatomi dal DarkLord, terminato di scrivere il 23.02.2008. Spero
vi sia piaciuto soprattutto perchè mi ero fatta prendere molto dalla trama
perciò ci sono particolarmente affezionata.
Vi
saluto e ringrazio tutti coloro che mi sostengono ogni volta, soprattutto
quelli che hanno commentato la mia ultima storia. Sì sì, mi riferisco proprio a
quella sottospecie di obbrobrio malsano e contorto dal titolo Protège-moi.
Grazie
davvero.
Alla
prossima!