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Autore: Bocca Dorata    15/02/2014    2 recensioni
Sarà che ieri era San Valentino, sarà che ho beccato una fanart meravigliosa su loro due, sarà per chissà quale strano motivo, comunque il fato ha voluto che io la scrivessi.
Cosa?
Una Fanfiction su Ted e Andromeda, ovviamente. E su un loro ipotetico primo incontro.
Il titolo è provvisorio e chissà se mi verranno altre idee diventerà una raccolta su loro due (sì boh, ora li amo) ma spero comunque che possa piacervi :D
Dalla storia:
[...] “Le mie cotte non sono assurde!”
“E quella per la Vance dell’anno scorso? Lei era fidanzata già da due anni!”
“Sì, però…” tentò Ted.
“E che mi dici di quella che ti eri preso due anni fa per la Chau? Quella è sempre stata lesbica, amico!” [...]
Andromeda Black sarebbe potuta essere la donna perfetta, se solo non fosse per quel singolo, nobilissimo cognome che portava addosso: Black.
E quel cognome voleva dire soltanto una cosa: guai. Guai belli grossi. [...]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, Nuovo personaggio, Ted Tonks | Coppie: Ted/Andromeda
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Malandrini/I guerra magica
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Quel nevoso natale 1970

 
 
“Ehi, si può sapere che diavolo stai guardando?” Douglas, un ragazzo asciutto e secco quanto il grano che ricordava il colore dei suoi capelli, agitò la mano destra davanti allo sguardo distratto e imbambolato del suo migliore amico, Ted Tonks.
Ted scosse la testa passandosi una mano nei capelli biondicci, risvegliato violentemente dai suoi pensieri rivolse lo sguardo –prima decisamente puntato verso il tavolo dei Serpeverde- in direzione dell’amico.
“Niente” borbottò scordandosi di usare il suo solito tono scherzoso e prendendo in bocca una forchettata di Roastbeef ormai freddo.
“Ah no!” esclamò Douglas “A me non la dai a bere. Tu ti sei appena preso un’altra delle tue cotte assurde e irrealizzabili!”.
Ted non riuscì ad impedirsi in alcun modo di arrossire stupidamente accertando i timori dell’amico.
Douglas gli lanciò un lungo sguardo scettico mentre lui protestava con un debole: “Le mie cotte non sono assurde!”
“E quella per la Vance dell’anno scorso? Lei era fidanzata già da due anni!”
“Sì, però…” tentò Ted.
“E che mi dici di quella che ti eri preso due anni fa per la Chau? Quella è sempre stata lesbica, amico!”
“Lo so, ma…”
“Per non parlare di quella sbandata che ti eri preso per la McGranitt. Quanti anni ha quella? Sessanta?”
“Ne-ne ha quarantasei! Ed è stato un equivoco!” balbettò finalmente Ted che, come sempre, era stato sconfitto dall’inarrestabile parlantina di Douglas.
“Sì, vabbè.” Sminuì in tutta risposta Douglas passandogli una losca mano sulla spalla e guardando nella stessa direzione verso cui lui si era imbambolato prima.
“Dai vediamo chi è la fortunata questa volta!” continuò il ragazzo con un sorriso sornione che gli attraversava il viso da parte a parte “La piccola Caporal? Oppure preferisci quell’acciuga della Bones? O…” e continuò ad elencare nomi su nomi di svariate ragazze Corvonero di cui Ted nemmeno sapeva l’esistenza.
Finchè, improvvisamente, Douglas non parve capire “Oh no.” Esalò “Oh no, no, no, no. Ted, dimmi che non si tratta di una Serpeverde.”
Ted avrebbe davvero voluto semplicemente negare. Ridere e dire all’altro che si trattava di un banale abbaglio e nient’altro.
Ma se c’era una cosa in cui Ted Tonks era sempre stato negato era mentire.
Non che non ci avesse provato –anche ben più di una volta- ma ne era totalmente incapace, anche quando si trattava di una sciocchezza. Anche quando doveva inventarsi una banalissima scusa per il suo ennesimo ritardo all’ennesima barbosa lezione del professor Lumacorno.
Semplicemente gli mancavano totalmente le parole e si sentiva la bocca arida, secca e non riusciva più a spiccicare nemmeno un singolo verbo.
Così mentre era sotto lo sguardo indagatore dell’amico il suo scivolò scioccamente sui lunghi e ordinati capelli della bellissima Andromeda Black.
Sedeva con eleganza al tavolo dei Serpeverde, con quella classe che solo i Purosangue parevano vagamente possedere e sembrava quasi risplendere di luce propria mentre con un gesto aggraziato scostava lungo le spalle una lunga ciocca castana.
Sarebbe stata la donna perfetta, se solo non fosse per quel singolo, nobilissimo cognome che portava addosso: Black.
E quel cognome voleva dire soltanto una cosa: guai. Guai belli grossi.
Douglas, anche se sembrava non aver capito quanto fosse pericolosa la ragazza per cui aveva preso una cotta l’amico, si passò una mano davanti al viso afferrandosi tra l’indice e il pollice la radice del naso con un profondo sospiro.
Assunse uno sguardo serio e lo guardò fissamente con espressione preoccupata: “Ascolta amico, là fuori si sta preparando una guerra, una di quelle serie, non quelle sciocche scaramucce che ci sono state fin ora. E direi, a occhio e croce, che i Serpeverde sono dalla parte sbagliata della barricata”.
“Lo so, lo so!” esclamò Ted assumendo un ghigno per dissolvere la strana tensione che si era creata a quelle parole “Non preoccuparti, non ci tengo a presentarmi ad una famiglia che mi sterminerebbe non appena saputo che mio padre fa il meccanico!”
“Cosa dici? Ma se già mi pare di vedere la scena!” scherzò Douglas iniziando a imitare un tono pomposo e strascicato “E quindi dimmi Ted, i tuoi genitori di che cosa si occuperebbero?” per poi imitare stupidamente la voce dell’amico “Ah, a dire la verità sono babba…Zap! Ciao, ciao Ted è stato bello conoscerti.”
Si guardano entrambi per un attimo prima di scoppiare a ridere rumorosamente. Ma era una risata nervosa e lo sapevano tutti e due quando quella si spense quasi subito.
Fuori da Hogwarts non c’era più un posto altrettanto sicuro per nessuno. Ted era un Natobabbano mentre la famiglia di Douglas era stata definitivamente etichettata come “traditrice del suo sangue” da almeno cinque o sei anni.
La loro, in quel periodo di continue tribolazioni e notizie sempre più sconcertanti sui giornali (soprattutto quando si parlava proprio di Natibabbani), non poteva che essere una brutta situazione.
Ted lanciò un ultimo veloce sguardo in direzione della bella Andromeda Black che in quel momento stava ridacchiando con un ragazzo scuro di pelle.
Doveva scordarla, quella era solo una cotta e gli sarebbe passata.
Sicuramente.
 
Ma la situazione, man mano che i giorni andavano avanti e le vacanze natalizie si avvicinavano, pareva non cambiare affatto, anzi, sembrava quasi tornare continuamente punto a capo.
Per esempio la mattina dopo quella famosa discussione con Douglas, Ted per poco non era svenuto quando si era accorto che con la sua solita sbadataggine e la sua “famosa testa per aria” era riuscito a fare cadere proprio quella Black nei corridoi davanti alla classe di Trasfigurazione.
 Aveva sentito i polmoni svuotarglisi mentre si chinava, senza il coraggio di guardarla negli occhi, a raccogliere le sue cose scusandosi almeno un migliaio di volte.
Ad essere sincero avrebbe voluto fare una qualche battuta e, se quella fosse stata una ragazza normale, l’avrebbe anche fatto, ma Andromeda era una Black, la cosa più lontana da una ragazza normale che ci potesse mai essere.
E quindi si era limitato a scusarsi aspettandosi l’imminente sfilza dei peggiori epiteti che gli era parso di sentire infierire dalla maggiore – credeva si chiamasse Bellatrix, ma non se ne poteva dire sicuro- a qualche ignaro innocente oppure un’occhiata gelida di disprezzo e superiorità.
E invece non gli aveva destinato nemmeno un gesto stizzito e lo aveva addirittura – per i calzini più consunti di Merlino- ringraziato.
Era stato quasi un mormorio delicato. Un timido, piccolo grazie. Il più bel grazie che lui avesse mai ricevuto nella vita.
L’aveva seguita con lo sguardo per un lungo attimo incantato dalla sua voce (era la prima volta che la sentiva parlare!) e ancora incredulo per quello che era appena successo.
Lei, una grande, potente e ricca Black lo aveva ringraziato! Ringraziato lui! L’insignificante, invisibile Ted Tonks, un Tassorosso, un Natobabbano!
Non poteva crederci era…era semplicemente assurdo.
“Beh che fai, vuoi farci la muffa qui?” la voce sgarbata di Douglas lo risvegliò dai suoi sciocchi vagheggiamenti.
L’aveva sentito solo lui quello splendido grazie?
L’amico alzò lo sguardo e notò la lunga, ondeggiante chioma castana della Black svoltare l’angolo del corridoio.
“Ted.” Iniziò prendendo un altro, profondo respiro “Dimmi che non si tratta della Black. Ti prego. Almeno questo.”
“Emh…” borbottò Ted in cerca di una qualche bugia che sapeva che non sarebbe riuscito a dire.
“Prima o poi scopriranno cosa c’è che non va nel tuo cervello.” tagliò corto Douglas sapendo che quella cotta, come le precedenti per altro, era assolutamente irrealizzabile. E per questo neanche tanto pericolosa in realtà.
Ted lo seguì iniziando a parlare delle solite stronzate di cui parlavano di solito (Era meglio il calcio o il Quidditch? Ma esiste un cibo che sa di verde? La musica babbana è meglio o peggio di quella magica? Chi vincerebbe in uno scontro diretto tra un mago e uno di quei cosiddetti supereroi babbani?), ma la sua testa era da tutt’altra parte.
Si stava per caso facendo delle illusioni?
Oh sì, senza dubbio, lo sapeva anche lui.
Ma che vita era senza illusioni? Tanto valeva godersele tutte.
Da quel momento in poi l’aveva incontrata per caso sempre più spesso, tra una lezione e l’altra, nei corridoi e anche nel nevoso parco della scuola. Insomma ormai la vedeva quasi tutti i giorni anche al di fuori dell’orario dei pasti e di questo Ted non poteva che esserne felice.
Ok, magari era perché, se doveva essere sincero, non erano proprio tutti incontri casuali. O magari perché in realtà la stava decisamente pedinando.
E pian piano, vedendola studiare in biblioteca legandosi i capelli in una delicata coda alta o ammirandola passeggiare tranquillamente con le sue amiche o sua sorella minore, si era convinto che Andromeda Black fosse diversa. Diversa dalla sua famosa (o malfamata, a seconda del punto di vista) sorella maggiore e diversa forse anche da tutti gli altri spocchiosi Serpeverde.
Nemmeno lui poteva credere a quanto fosse ingenuo e sciocco a credere una cosa simile, e se ne vergognava già abbastanza da solo.
Per questo non aveva avuto ancora alcuna intenzione di dirlo a Douglas. Non gli serviva affatto un’altra persona- oltre a lui stesso- che lo insultasse o deridesse.
Si sentiva già abbastanza stupido così com’era, a nascondersi dietro una colonna della guferia mentre seguiva la sottile schiena di Andromeda legare una lunga lettera alla zampa di un enorme Gufo Reale.
Era lì, a non molti passi da lui, avvolta nel suo ricco mantello con i capelli che le cadevano morbidamente lungo la schiena, in dolci volute castane.
Ted si sporse scioccamente oltre la colonna per poterla ammirare meglio. Era così bella. Forse sarebbe anche riuscito a sentire il suo profumo leggermente vanigl…
Crack.
Ted sentì chiaramente l’ossigeno morirgli nei polmoni e l’aria attorno a lui condensarsi ancora più gelata di quanto non fosse. Guardò giù e notò un dannato, dannatissimo rametto che aveva deciso di finire proprio sotto la sua scarpa sinistra e rompersi in quel preciso momento.
Merda.
Andromeda si voltò di scatto e si guardò attorno allarmata “C’è qualcuno?” chiese rivolta verso il nulla sperando, forse, che a fare quel rumore fosse stato un gufo, una qualche civetta oppure che se lo fosse soltanto immaginato.
Il ragazzo si impedì a tutti i costi di respirare e trattenne il fiato cercando di rimanere il più perfettamente immobile e maledicendo più e più volte quell’odioso rametto.
La ragazza si lanciò degli ultimi indagatori sguardi intorno, parve poi convincersi che quel suono se lo fosse solo sognato così, scrutandosi attorno un’ultima volta, uscì a passi svelti dalla guferia.
Ted dovette quasi trattenersi per non ridere, per non esplodere in una di quelle inspiegabili risate che sorgono spontanee quando la si scampava da una situazione critica.
Si strinse infreddolito la sciarpa giallonera intorno al naso, ricordando che l’ultima volta che era esploso in una risata simile era stato quando, l’anno prima, era uscito a fare l’idiota nel parco con Douglas nel pieno della notte sfidando per lo meno una cinquantina di regole della scuola. Come minimo.
E quando alla fine erano riusciti a rientrare correndo a tutta birra dentro il dormitorio appena un secondo prima che la ronda di un qualche professore li beccasse si erano guardati per un lungo attimo, accertandosi a vicenda di essere entrambi vivi, ed erano scoppiati a ridere come i due imbecilli che erano.
Ted ascoltò ancora per un po’ il tubare delle civette, dei gufi e il silenzio del parco di inverno prima di convincersi ad uscire dal suo nascondiglio e tornare nel calore della sua amata Sala Comune.
Peccato che appena superò la soglia si ritrovò davanti alla faccia, a pochi millimetri dal naso, il viso di Andromeda aperto nel sorriso più spontaneo che le avesse mai visto fare: “Cissy! Eri t…”
La ragazza smise di parlare, mentre un’espressione di puro terrore gli si dipingeva in viso all’accorgersi che il ragazzo che aveva davanti non aveva proprio nulla in comune con questa fantomatica “Cissy”.
Improvvisamente lei, senza staccargli gli occhi di dosso, fece uno spaventato passo indietro sui gradini ricoperti di ghiaccio della guferia rischiando di scivolare giù fino alla fine della scalinata.
In una situazione normale Ted Tonks non avrebbe mai –e dico mai- avuto il coraggio (nonché l’aspirazione suicida) di toccare in qualsiasi modo una Black.
Ma quella non era affatto una situazione normale e, come sempre quando era sotto stress, Ted decise di agire senza pensare.
Afferrò il polso destro della ragazza con entrambe le mani e la tirò verso di sé in quello che si sarebbe potuto definire un eroico salvataggio.
Se non fosse che, purtroppo, anche lui si sbilanciò in avanti perdendo tutto il suo equilibrio e limitandosi quindi a cercare di tirare la ragazza sopra di sé.
E così (dopo aver scivolato per gradini su gradini) Ted si ritrovò completamente affogato in un alto cumolo di neve con solo il leggero peso della ragazza che si era inspiegabilmente ritrovata comodamente seduta sul suo petto.
Si aspettò, nuovamente, di essere ricoperto dalle peggiori ingiurie, insomma l’aveva fatta cadere due giorni prima, adesso e inoltre la stava pure spiando!
“Stai bene?” la voce di Andromeda lo raggiunse come un soffio preoccupato. Forse non lo aveva riconosciuto. Forse non aveva visto i colori della sua sciarpa. O forse quella voce se l’era semplicemente immaginata lui.
Ted sbucò fuori dalla neve, rabbrividendo, la sciarpa che teneva attorno al naso era diventata completamente bianca e gli si attorcigliava attorno come una lunga barba candida che ricordava vagamente quella di Albus Silente.
Si sentì orribilmente ridicolo sotto lo sguardo della ragazza che pareva squadrarlo con una smorfia di disgusto, ecco, se l’era immaginata la voce, chiuse gli occhi aspettando di essere (per lo meno) colpito da un enorme schiaffo.
Ma lo schiaffo non arrivò e lui riaprì gli occhi lentamente, risvegliato dallo sgraziato suono grugnante che proveniva dalla risata in cui era semplicemente esplosa la Black.
L’aggraziata, elegante e bellissima Andromeda Black in quel momento era scossa da una serie di sciocchi grugniti singhiozzanti, mentre le guance le si tingevano sempre più di rosso e il vento le scompigliava i lunghi capelli castani schiaffeggiandole il viso.
“No-non guardarmi, ho una risata orribile.” balbettò la ragazza coprendosi il volto imbarazzata e lasciando Ted semplicemente senza parole.
Non avrebbe mai pensato che l’avrebbe mai vista così carina, indifesa e, beh, così normale.
“No, no…io… è bellissima” le rispose, scostandosi la sciarpa innevata dalla faccia e unendosi alla risata della Black.
E rimasero lì, seduti nella neve, a ridere stupidamente senza motivo fino a rimanere senza fiato, parlando delle più disparate stronzate e conoscendosi, senza più alcun pregiudizio, senza più alcuna bugia.
Nemmeno quando Ted, preso nei suoi pensieri di rivalsa su quello scettico di Douglas, fu costretto a rispondere alla fatidica domanda che aveva sperato di non sentirsi porre:
“Ma…quindi che ci facevi nascosto nella guferia, Tonks?”
“Promettimi che non riderai!” la pregò lui con un ghigno stupido dipinto in faccia.
“Questo non posso promettertelo!” ridacchio lei “Ma a mia discolpa posso dire che sei tu a farmi ridere.”
“…Seguivo te.”
A quelle parole la ragazza scattò in piedi e Ted sentì l’improvviso, impellente bisogno di picchiarsi fino a ridursi in condizioni pietose.
Ma Andromeda, invece che andarsene piena di risentimento e insultandolo, si voltò verso di lui porgendogli la mano e sorridendogli dall’alto, leggermente arrossita “Beh, vuoi alzarti o no? Qua si gela.”
Per un lungo attimo Ted esitò. Sapeva che toccarla l’avrebbe messa nei guai, li avrebbe messi entrambi.
Insomma, prima era stata una condizione estrema, ma ora…
“Devo aspettarti tutto il giorno, signor Tonks?” lo derise lei scostandosi una ciocca dal volto.
“No, non direi” rispose Ted afferrando quella piccola mano sperando in cuor suo di non doverla lasciare mai più.
E chissà, magari avrebbe avuto addirittura il coraggio di chiederle di uscire con lui al prossimo weekend ad Hogsmeade.

 
 
  
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