Serie TV > The White Queen
Segui la storia  |       
Autore: theIrydioner    15/02/2014    2 recensioni
Mentre si sporgeva per coprirla meglio, Richard rimase sorpreso nel notare solo in quel momento i motivi familiari dei sottili fili d’oro ricamati sulla vecchia coperta sotto le sue dita.
La sua coperta preferita di quando era bambino.

Momenti sparsi nelle vite di Anne e Richard, accomunati da un quadrato di stoffa dorata - e dall'amore che li lega per tutta la vita.
Genere: Drammatico, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anne Neville, Francis Lovell, Richard Plantagenet / Richard III
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Middleham, 1464

La sala grande a Middleham era affollata, piena di vita, di colori e di chiacchiere – la cena già servita da un pezzo nei vassoi decorati che ornavano le tavolate – quando Richard fece il suo ingresso con l’onnipresente, sempre fedele Francis al suo fianco, entrambi senza fiato dopo la loro corsa nei corridoi. I loro esercizi di combattimento e di equitazione quel pomeriggio li avevano lasciati completamente affamati; e tuttavia lo sguardo severo di Richard Neville, appuntatosi su di loro non appena ebbero messo piede nella sala, avrebbe prosciugato l’appetito di chiunque.
Seduto alla destra di Warwick come ospite di più alto rango al suo tavolo, George rivolse ai due sfortunati ragazzi più giovani uno dei suoi tipici sorrisetti beffardi, gli occhi castani scintillanti d’ironia repressa. Richard poteva giusto immaginare cosa morisse dalla voglia di esclamare in quel momento, in quel suo odioso tono provocatore: Tu guarda, il mio fratellino tanto serio è nei guai. Voglio proprio vedere come te la caverai questa volta, Dickon!
Francis deglutì nervosamente nel ritrovarsi tutta l’attenzione della tavola grande su di loro, e gettò un’occhiata di sbieco al suo giovane signore ed amico. “E' tutto sotto controllo,” sussurrò, tentando un sorriso tirato. “Il conte non potrà punire te troppo duramente, visto che tu lo sorpassi di grado…giusto?” aggiunse poi, dubbioso lui stesso.
“Beh, questo è davvero molto rassicurante, Francis” ribatté Richard sarcastico. Non era vero per niente, e lui lo sapeva bene; per quanto fosse un duca in miniatura, Richard Neville, il “Creatore di Re”, era pur sempre il suo tutore. Il suo rango, al contrario, comportava spesso che lui fosse il primo ad essere ritenuto responsabile se succedeva qualche guaio tra i numerosi protetti del conte di Warwick: questo per insegnargli che, quando fosse giunta per lui l’ora di condurre uomini in battaglia, sarebbe stato lui il solo responsabile delle loro azioni – che doveva essere preparato ad accettare i fardelli del comando così come i privilegi che esso comportava.
Ad essere sinceri, non avrebbe voluto essere trattato altrimenti.
Tentando di controllare il proprio nervosismo, fece un respiro profondo e si avvicinò alla tavola grande, trascinando Francis con sé; e entrambi i ragazzi offrirono il loro migliore inchino di scuse a Warwick e alla contessa Anne.
Le labbra del suo imponente cugino si arricciarono ironiche.
“Ah, eccovi qui. I miei pupilli dispersi. Gentile da parte vostra concederci la grazia della vostra compagnia.”
Richard combatté contro il rossore imbarazzato che minacciava di spandersi sul suo volto. “Siamo desolati, caro cugino; ma la colpa non è di Francis, è mia.” Vide con la coda dell’occhio che il suo amico faceva per protestare, e lo zittì con un’occhiata determinata. “Sono stato io ad insistere perché indugiassimo coi cavalli nella brughiera, e ci ho fatti attardare.”
Sostenne lo sguardo scrutatore di Warwick, cercando di ignorare quello per nulla convinto di suo fratello. “Saremmo venuti qua subito, ma non volevamo offendervi presentandoci nello stato in cui eravamo, né voi né soprattutto le signore.”
Mentre le nominava, fece un cenno deferente col capo prima alla sempre statuaria contessa, che neanche in quest’occasione tradiva alcuna emozione; poi a Isabel, seduta accanto alla madre e, notò, particolarmente radiosa quella sera, avvolta nel suo vestito più alla moda su cui ricadevano lunghe trecce di capelli scuri – era soltanto un caso che fosse agghindata al meglio proprio quando c’era suo fratello in giro?
Tuttavia, mentre il suo sguardo passava oltre e le sue labbra si curvavano anticipatamente in un leggero sorriso rassicurante per la sua cuginetta più devota, rimase stupito nel rendersi conto in quel momento che ella non era seduta vicino a sua sorella come avrebbe dovuto, né era in vista da nessuna parte nella stanza.
Dov’era finita Anne?
“Mia figlia è nelle sue stanze ammalata.”
Ovviamente il suo breve attimo di sconcerto non era sfuggito all’occhio acuto di Warwick, così come la preoccupazione che seguì quella sua rivelazione, esattamente la reazione che il conte si aspettava da lui – e che anzi avrebbe auspicato. Qualunque altro ragazzino sarebbe stato infastidito di avere una bambina di otto anni a seguirlo ammirata ovunque ogni volta che poteva; ma Dickon mostrava di partecipare ai giochi di Anne e di apprezzare la sua compagnia tanto quanto quella dei suoi amici maschi – forse in modo meno evidente, poiché non era ugualmente appropriato – e il pensiero della loro vicinanza era oltremodo gradito a Richard Neville.
“Oh, ma caro cugino, non fate angosciare così il mio fratellino! Da quanto intendo non è nulla più che una leggera febbre,” s’inserì George, dal suo tono chiaramente intento più a sbeffeggiare il fratello che non a preoccuparsi della salute della piccola. “Non è così, Isabel?”
La ragazza gli indirizzò un’occhiata sorpresa, segretamente lusingata dal suo gesto cavalleresco di includerla nella conversazione – come testimoniato dal rossore lieve ma ugualmente traditore sulle sue guance. Davvero, pareva pendere dalle labbra di George, e Richard per tutto l’amor di Dio era sicuro che non sarebbe mai riuscito a capire cosa lei trovasse di tanto attraente in quel suo atteggiamento esasperante.
“Beh, sì. Una febbre che non si sarebbe presa se non si fosse messa ad arrampicarsi sugli alberi come una scimmietta…un comportamento così poco da lady!” commentò atteggiandosi a scandalizzata, con gli occhi ancora fissi su George come a volergli far notare per contrasto quanto invece lei fosse graziosa e bene educata – al che Richard roteò ancora di più gli occhi.
Almeno lei non è noiosa come te, pensò. Sembravano così lontani i tempi in cui avevano trascorso ore a giocare tutti e quattro insieme, prima che George e Isabel decidessero all’improvviso che non fosse più consono per loro essere visti impegnarsi in attività così infantili; e a volte gli mancavano.
“Ebbene, giacché mia nipote sembra aver combinato qualcosa a sua volta, forse in proporzione dovremmo essere un po’ più indulgenti con questi due signorini qui, non credi, fratello?”
John Neville, anch’egli ospite alla tavolata di suo fratello in quei giorni, ammiccò discretamente ai due ragazzi, e Dickon gli sorrise, grato sia perché stava prendendo le loro parti, sia perché stava evitando che quei due parlassero ancora male di Anne.
Al suo intervento, anche il volto di Warwick di distese in un sorriso bonario.
“Hai ragione, Johnny; non sono nella posizione di sgridare nessuno, e ad ogni modo avranno imparato la lezione, dato che ormai troveranno ben poco con cui saziarsi, oserei dire. Potete sedervi,” concluse, indicando loro i rispettivi posti.
Francis s’inchinò rispettosamente, sollevato di averla scampata, e mentre si allontanava verso il tavolo dov’era seduto il loro amico Rob Percy con gli altri protetti del conte sussurrò un impercettibile “buona fortuna!” all’orecchio di Richard. Per un attimo, il ragazzino si chiese cosa diavolo intendesse con quello; ma non appena realizzò che si sarebbe dovuto sedere accanto a George, e probabilmente sopportare le sue prese in giro per l’intera serata, pensò che forse suo cugino Warwick aveva escogitato per lui una punizione forse poco eclatante ma non per questo meno efficace.
La cena trascorse interminabile; ma la sua preoccupazione per Anne si rivelò quasi un vantaggio, poiché George si stufò presto di provocare un fratello che lo ascoltava solo distrattamente. Quando finalmente decise di lasciarlo in pace, e di chiedere invece ad Isabel di accompagnarlo a passeggiare nei giardini illuminati dalla luna – evocando un'eruzione di rossore molto più evidente sulle sue guance – Richard sfruttò l’occasione per augurare la buonanotte ai presenti ed assentarsi lui stesso, esasperando la stanchezza accumulata quel giorno. La sua mente, tuttavia, era concentrata su una destinazione molto differente dalla sua stanza; e, mentre usciva dal salone mormorando ulteriori scuse affrettate per il proprio ritardo precedente, non si accorse dell’occhiata d’intesa che passò tra Warwick e la sua contessa.
A quanto pareva, per entrambe le loro figlie non avrebbero dovuto sbracciarsi più di tanto a cercare pretendenti.
 

La camera di Anne era mezza sepolta nell’oscurità; soltanto qualche candela resisteva negli angoli, lasciata accesa per la piccola lady finché non si fosse addormentata. E addormentata la bambina lo pareva certamente, almeno fin quando la pesante porta di legno scricchiolò traditrice. Richard si maledisse internamente.
“Izzy?” sussurrò una vocina assonnata.
“No…Dickon.”
“Richard!” Anne cinguettò felice, subito molto più sveglia, liberandosi in un batter d’occhi delle coperte. Richard sorrise nel sentirla chiamarlo col suo nome completo, di cui lei sembrava determinata a continuare a fare uso, visto che – come lo aveva molto seriamente informato, la sua piccola fronte adorabilmente corrugata mentre parlava – tutti già lo chiamavano Dickon, ma a lei piaceva, per le “persone più importanti”, tenere dei nomi che soltanto lei usasse.
(Appena espresso il concetto, era arrossita furiosamente – e in modo ugualmente adorabile.)
“Dovresti stare coperta,” disse Richard, accennando alle pellicce tutte ammucchiate alla sua vita nel suo tentativo di alzarsi. “Non vorrei che tuo padre si arrabbiasse di nuovo con me per averti fatto prendere ancora più freddo.”
Non avrebbe ammesso che, in realtà, il motivo vero della sua preoccupazione era che odiava quando si ammalava, detestava doverla vedere tutta rossa in viso e tremante per la febbre come lo era in quel momento.
“Ma è così noioso starsene qui senza nulla da fare!” protestò Anne, ma finì con l’ascoltare il suggerimento, e si rigettò indietro sul materasso con uno sbuffo.
La sua fronte si corrugò d’improvviso. “Perché di nuovo?”
Il ragazzino si passò una mano tra i capelli scuri, imbarazzato. “Ecco…Francis ed io abbiamo fatto tardi a cena. Tuo padre non era molto contento…e George non ha smesso di tormentarmi per questo per tutta la sera. Sai, il tipico comportamento da George.”
Anne aveva presente eccome e ridacchiò, ma le sue risatine finirono in una leggera tosse. “Però sei riuscito a scappare,” disse, in un tono da cospiratrice che fece ridere anche Richard.
“Per la verità, è stata tua sorella a salvarmi. Grazie al cielo mio fratello mi è parso molto più interessato a lei che non a me.”
La bambina fece una piccola smorfia alla menzione di Isabel. “Non so proprio perché a lei piaccia. A me non piace molto…è antipatico,” s’imbronciò. “E Izzy non vuole mai giocare con me quando c’è lui…”
Un pensiero improvviso sembrò venirle in mente, e d’un tratto un paio di enormi occhi blu erano ansiosamente fissi su di lui. “Non diventerai anche tu così, vero, Richard?”
“Mai!” Il volto di Richard era molto serio ora. “Non potrei mai dimenticarmi di te, Anne.”
“Promesso?” Un tono speranzoso fece capolino nella sua voce.
“Promesso.”
Anne sembrò sollevata, e gli sorrise grata da sotto le coperte, prima che la febbre le causasse nuovi e più violenti tremiti, nonostante le goccioline di sudore che le imperlavano la fronte; e, mentre si sporgeva per coprirla meglio, Richard rimase sorpreso nel notare solo in quel momento i motivi familiari dei sottili fili d’oro ricamati sulla vecchia coperta sotto le sue dita.
La sua coperta preferita di quando era bambino.
Aveva creduto che fosse andata perduta nel caos pieno d'angoscia di quella notte gelida in cui sua madre aveva imbarcato George e lui stesso, spaventatissimi, su una nave diretta in Borgogna, temendo per le loro vite dopo che quella in fiore di Edmund era stata troncata così, senza pietà, a soli diciassette anni. Era stato l’unico oggetto cui era stato affezionatissimo per tutta l’infanzia, come spesso fanno i bambini con qualche loro piccola possessione di cui solo loro capiscono l’importanza; ma quella era stata la notte in cui si era del tutto lasciato alle spalle gli anni spensierati della sua fanciullezza, e con essi le loro vestigia. In qualche modo, il pensiero che Anne avesse conservato con cura per lui quel piccolo, insignificante pezzo di stoffa per tutto questo tempo lo riempiva di uno strano, piacevole calore.
La coperta, tuttavia, sembrava fare ben poco in quel momento per ripagare l'attenzione con cui la piccola l'aveva tenuta: riusciva ancora a distinguere il suo corpicino seminascosto tremare come una foglia dalla testa ai piedi. In un impulso determinato, scostò la stoffa di lato con decisione e salì a sua volta sul letto, sdraiandosi stretto vicino a lei e riassestando la coperta su entrambi.
Anne proruppe in un’esclamazione sorpresa, le sue guance arrossate per una ragione molto diversa dalla febbre in quel momento.
“Richard…che cosa fai? Non voglio…che ti ammali anche tu…” protestò, le sue parole spezzate dai sussulti involontari nel suo respiro.
“Ti tengo al caldo,” rispose lui, come se fosse ovvio. “George ha fatto lo stesso per me quando siamo scappati dalla Regina Cattiva su quella nave. George detesta dover stare stretto, accoccolato a qualcuno…ma non era ancora così "antipatico" allora.”
Il ragazzino sorrise al ricordo. “Ho pensato che fosse il fratello più coraggioso che potessi avere quella notte. Bè…il secondo più coraggioso. Nessuno è più coraggioso di Edward.”
Più sfacciatamente fortunato che coraggioso, pensò Anne, ricordando le parole che aveva udito suo padre mormorare riguardo al giovane re; ma si trattenne dall’esprimerle, a fronte della ben nota, smisurata ammirazione di Richard per il suo splendente fratello maggiore.
“Mi parleresti di quella notte, Richard?” domandò invece, guardandolo speranzosa. “Per favore?”
A Richard non piaceva molto dover rievocare la paura e l’incertezza costanti di quei giorni, poiché, anche se a volte sembravano memorie dalla vita di qualcun altro, si portavano sempre appresso il dolore lancinante della perdita del padre e di Edmund, un senso di mancanza e di nostalgia che non sembrava mai del tutto in via di guarigione. Tuttavia, mentre stavano sdraiati così sotto la sua vecchia coperta – no, ad essere giusti ora avrebbe dovuto chiamarla la loro coperta; e la consapevolezza di condividere qualcosa con Anne era stranamente piacevole – e lei lo fissava in attesa, così vicina che avrebbe potuto mettersi a contare le sue ciglia se avesse voluto, Richard scoprì che non sarebbe stato in grado di rifiutare proprio nulla alla sua cuginetta.
Mentre richiamava alla mente i ricordi di quella fredda notte sul mare, tessendoli in una storia per lei, era solo vagamente consapevole della stanchezza crescente che stava avvolgendo entrambi, annegando le sue parole sempre più in un farfuglio indistinto. L’ultima cosa di cui fu conscio, prima che il sonno rendesse le sue palpebre troppo pesanti, fu che i sussulti che scuotevano Anne, accoccolata stretta contro di lui, si erano infine smorzati, il suo respiro ritornato lento e regolare contro la sua guancia.
Il suo ultimo pensiero fu che, al contrario del suo caro fratello, a lui addormentarsi così abbracciati non dispiaceva proprio per nulla.


 

A.N.: Rieccomi qui! Ora che c'è finalmente una sezione apposita per questo telefilm - yipee! - bisogna sfruttarla, non vi pare? :)
Questa fic è pensata come una raccolta di capitoli che potrebbero esistere anche a sé stanti, ma che hanno un comune denominatore che, ancora una volta, (credo che nessuno ne potrà più di sentirmi parlare di questo libro...^^) mi deriva da una scena del Sunne in Splendour, che però non è strettamente necessario conoscere per ambientarsi. In questa scena, la duchessa Cecily ha appena spedito in Borgogna i piccoli George e Richard, e nel rientrare nel palazzo a Baynard trova una piccola Annie di cinque anni nella camera dei ragazzi, spaurita e confusa su dove siano finiti i suoi cugini. Cecily fa del suo meglio per consolarla, e la piccola finisce per addormentarsi nella copertina gialla di Richard, di cui Cecily le dice che Richard l'ha lasciata lì per lei, e che potrà restituirgliela al suo ritorno... Come si può notare, secondo i miei canon mentali Annie la famosa coperta se l'è tenuta un poco più a lungo :3 in ogni caso, questa è una delle tante scene adorabili del libro, e ci ho dovuto scrivere qualcosa *w*
Saprete in che anno siamo dal titolo e all'inizio di ogni capitolo. Ci saranno cambi di POV in ogni capitolo rispetto a quello prima - se riesco a strutturare la cosa come vorrei. Il prossimo sarà di Anne :)
Spero che non sia un'idea troppo strana e che sia una lettura piacevole! L'ho scritta prima in inglese, quindi non so mai quanto sia scorrevole in italiano...e in più, tradurre il "you" correttamente in epoche storiche è un incubo. "Tu" o "voi"? Con Anne e Richard, visto che si conoscono da quando sono piccolissimi - così come con Francis - ho optato per il "tu", ma non ne sono per niente certa...
I commenti sono apprezzatissimi come sempre!
-Vale
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The White Queen / Vai alla pagina dell'autore: theIrydioner