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Autore: giulyfran    15/02/2014    0 recensioni
Nei suoi 60 anni di vita la tv è diventata una presenza fissa nella nostra vita, come una persona invisibile che non si nota ma c'è. Come appare tutto ciò ad un'anziana nonnina di circa 70 anni? Che ne penserà?
"Ogni sera non riesco a fare a meno di rammentare quelle cene che, nonostante non fossero piene di episodi emozionanti, mi trasmettevano il calore e la consapevolezza di essere in famiglia, di farne parte. E le confronto a queste, in cui so già che se osassi parlare sopra a Gino per domandare a Elena come vanno le prove del saggio di ballo, mi sentirei rispondere: “Zitta nonna! Non vedi che Mick è al momento clue? Voglio sentire se quella è la risposta giusta!” "
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PRONTO, MICK? PRONTO, GINO?
 
“Nonna, è pronta la cena!”

E’ Elena che mi chiama. Un altro pasto mi attende. Mi alzo dalla poltrona in cui stavo riposando per andare in soggiorno. Lì trovo la tavola apparecchiata per sei, con mia figlia in cucina che finisce di mettere il formaggio sulla pasta. I miei due nipotini, Elena e Simone, sono già a tavola, mentre Sara, la più grande, è ancora sul divano: non verrà a tavola fino a che non l’avranno chiamata altre tre volte. Marco, il padre, arriva dalla cantina con una bottiglia di vino, che posa a tavola, per poi andare ad aiutare Sofia a portare i piatti pieni di pasta a noi commensali.

Finalmente Sara si unisce a noi, siamo tutti e sei assieme a mangiare. Spero, almeno stavolta, che Loro non si uniranno a noi.
Speranza vana: mentre ero distratta, sono arrivati e si sono seduti con noi. Non è che Mick Buonagiornata o Gino Cotti siano antipatici, anzi sono veramente cortesi e spiritosi, dei perfetti intrattenitori. Il problema è che sono invadenti. Monopolizzano la conversazione e, se i miei familiari non stanno parlando con Loro, stanno parlando di Loro.

Non posso evitare con la mente di pensare alle cene della mia infanzia, quando mia madre portava in tavola deliziosi manicaretti cucinati da lei, senza aiuto dei vari Bimby o aggeggi simili. Mio padre, stanco dal lavoro al negozio, era già in tavola che sorseggiava il suo bicchiere di vino, prodotto dalle vigne di zio Bruno. La sorella di turno in cucina aiutava mamma a portare la cena in tavola, non senza aver prima discusso con le altre, sostenendo di averlo già fatto solo due giorni prima. Noi altri eravamo a tavola, dove commentavamo a bassa voce il menù del giorno, attenti a non farci sentire da papà, che ci avrebbe ripreso rammentandoci la penuria di cibo che c’era stata a causa della guerra, finita da poco più di un decennio. Ecco che la mamma deponeva una pentola di polenta e stufato al centro della tavola, facendo sorridere papà: quando lui aveva la nostra età, ci raccontava, la carne era un lusso da ricchi. Papà chiedeva a mamma come c’eravamo comportati, lei rispondeva riferendogli di piccole litigate, marachelle e scherzetti vari, che facevano sorridere papà. Le cose serie, se erano accadute, le tenevano per il dopocena. Poi noi iniziavamo a raccontargli com’era andata a scuola, gli riferivamo i voti (ma solo i positivi, quelli negativi erano anche quelli per il dopocena). Mangiavamo ripulendo il piatto e poi li riportavamo in cucina, dove i due fratelli di turno li lavavano. A quel punto finivamo i compiti sotto lo sguardo di papà, che seduto in poltrona leggeva il giornale, fino a un quarto alle nove, quando iniziava “Carosello”.

Ogni sera non riesco a fare a meno di rammentare quelle cene che, nonostante non fossero piene di episodi emozionanti, mi trasmettevano il calore e la consapevolezza di essere in famiglia, di farne parte. E le confronto a queste, in cui so già che se osassi parlare sopra a Gino per domandare a Elena come vanno le prove del saggio di ballo, mi sentirei rispondere: “Zitta nonna! Non vedi che Mick è al momento clue? Voglio sentire se quella è la risposta giusta!” Sostenuta ovviamente dai “ ssst!” dei suoi fratelli e di Sofia (Marco non osa per non mancarmi di rispetto).

Non è sempre stato così. Ricordo che quando Elena, Simone e Sara erano piccoli, Mick Buonagiornata e Gino Cotti venivano raramente a cena, anzi quasi mai: solo quando Marco era via per lavoro, perché Sofia aveva bisogno di una mano con i bambini. Ma pian piano la situazione è cambiata: Mick e Gino, approfittando delle continue assenze di Marco, col loro modo di fare accattivante, allegro e coinvolgente, si sono sempre più intrufolati nella nostra famiglia, facendo sì che col tempo anche Marco li accettasse. Elena poi è la più coinvolta: Sara e Simone hanno iniziato ad averli come presenze fisse a cena solo attorno ai dieci, dodici anni, mentre lei li conosce fin da prima delle elementari. Ormai Mick e Gino fanno parte della famiglia e partecipano a ogni cena, monopolizzando il discorso su di Loro, grazie al fatto che cresciuti i ragazzi, il chiacchiericcio a tavola si è ridotto e i silenzi più frequenti. Addirittura, se per qualche motivo Gino e Mick non vengono, siamo tutti in imbarazzo. Ma tutto ciò causa che Sofia e Marco non si accorgano dei problemi dei ragazzi, come Simone che ha problemi a scuola non perché non studia, ma perché non capisce, come Sara che è stata mollata per l’ennesima volta dal proprio ragazzo (o scaricata, come si dice oggigiorno), o come Elena che è presa in giro in classe, come io so grazie ad un ottimo udito e a un ottimo spirito d’osservazione. Beh, non è un problema facilmente risolvibile visto che i ragazzi, se vengono interrogati, li accusano di essere impiccioni. E’ in questa situazione in cui perfino parlare tranquillamente rischia di causare scoppi d’ira da parte dei ragazzi, che si sentono attaccati, che Gino Cotti e Mick Buonagiornata vengono ad inserirsi. Purtroppo i membri della mia famiglia non possono evitare di preferire la comodità offerta loro dai due intrattenitori, che offrono argomenti tranquilli di cui parlare su un piatto d’argento, alla difficoltà di instaurare una pacifica conversazione coi figli adolescenti. E’ molto più facile e meno faticoso aggiungere dei posti a tavola per Loro, che neppure mangiano, ma così il calore e l’affetto di una famiglia sono spazzati via rendendo tutti estranei da quella stessa scatola fredda che sessant’anni fa ci univa tutti in soggiorno con “Carosello”.
  
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