MIA STELLA
Un respiro calmo e regolare contro il mio collo. Da quanto
non avvertivo questa sensazione calda.
Mi sono svegliato improvvisamente, come spesso mi è
accaduto in questi anni di forzata solitudine. Solo che questa volta non grondo
sudore e non ho le lacrime agli occhi. Per me è una gran bella novità.
Soprattutto perché il letto dove dormo non è più vuoto. Ci siamo dovuti
arrangiare per questa sera. Il mio letto è singolo e non c’è molto spazio per
due persone adulte. Ma stando stretti ci stiamo. E questa vicinanza quasi
forzata mi piace da matti.
Mi sono svegliato improvvisamente, senza motivo. Il mio
sonno non era costellato né di sogni né d'incubi. Era semplicemente buio e
piatto. Forse è questo che mi ha fatto svegliare, per interrompere la monotonia.
Ho aperto gli occhi d’improvviso e la prima cosa che vedo è
il suo viso addormentato. Il viso rilassato e ora così angelico del mio
ragazzo.
E’ bellissimo come sempre. Anche se mille stenti e dolori
l’ hanno segnato, è l’uomo più bello che conosca.
La bocca, prima rosea, ora pallida, è leggermente schiusa.
Sembra quasi un invito a sfiorare per l’ennesima volta quelle belle labbra che
così bene conosco, quei petali profumati ed appetibili. E così faccio.
Lo sento mugolare di piacere mentre si accoccola a me
ancora di più, abbracciandomi.
Passo una mano fra i suoi capelli d’ebano, ora morbidi e
profumati. E’ un piacere accarezzarli, soprattutto perché mi diverto a sentire
i suoi mugolii sommessi, come per sollecitarmi a non smetterla. Sembra un
bambino in questi frangenti. Quando è invece un uomo col cuore ferito di un
vecchio millenario.
Abbiamo entrambi graffi e cicatrici nell’animo e siamo la
cura uno dell’altro.
Continuo ad accarezzargli la testa bruna. E’ stata
un’avventura lavarlo per ottenere una pulizia decente.
Per puro divertimento non ha fatto che fare i capricci come
un bambino, battendo i piedi per terra, sostenendo che il bagno da solo non lo
faceva neanche morto e, mentre, esasperato, stavo prendendo il necessario per
lavarlo, di sorpresa mi ha preso in braccio, cingendomi per il bacino,
impedendomi di fuggire e buttandomi assieme a lui nella vasca piena d'acqua
calda, entrambi vestiti.
Ero, a ragione, arrabbiato come una bestia, ma non sono
riuscito a fuggire da quella prigione d’acqua, catturato dalle sue forti
braccia. Così, fra schizzi d’acqua e sapone, ho riscoperto con lui il gusto di
lavarci assieme, l’un l’altro, che avevo scordato.
Nonostante questo ho voluto ostentare un broncio
arrabbiato, di quelli che a scuola l’ hanno sempre fatto capitolare, com’è
accaduto questo pomeriggio.
Ero a preparare la tavola, quando si è presentato nella
forma di Padfoot, con un’aria da cane bastonato e decisamente supplichevole. E’
venuto a leccarmi una mano, e nel suo – che oramai è diventato nostro –
personale linguaggio significa ‘scusa’. Vedendo che mi ostinavo a tenergli il
broncio, rifiutandomi di guardarlo negli occhi, si è trasformato in umano. In
quel momento ho deciso di guardarlo, e mi sono accorto che era mutando nella
sua forma originale mantenendo però le orecchie e la coda canini, e gli occhi
luccicanti da cucciolo abbandonato, come se così tentasse di farmi più pena. Ha
giunto le mani, guaendo, non capendo ancora che recitavo, come tante volte ho
fatto a scuola per punirlo un po’ quando, per esempio, i suoi scherzi ai danni
di Severus o di qualche altro Slytherin si facevano troppo pesanti.
Oramai stanco di fingere, ho cominciato a ridere e l’ ho
baciato, abbracciandolo. E’ tornato subito felice, e ha preso a leccarmi il
volto, totalmente dimentico di essere Sirius e non più Padfoot.
Quando sono riuscito a interromperlo, mi sono avvicinato al
suo orecchio, ancora da cane nero, tirandolo un po’, come si fa con i bambini
disobbedienti, e gli ho sussurrato :
“La prossima volta che mi fai arrabbiare, giuro che ti lego
fuori per tutta la notte con una catena”
Ho sentito distintamente un brivido freddo percorrergli la
schiena, perché sa bene che sarei capacissimo di farlo, la stessa schiena
bianca e segnata da tante cicatrici rosse che ora mi mostra.
Anche se il suo corpo e il suo cuore sono quelli di un
adulto, paradossalmente è ancora un bambino. Il mio dolce, capriccioso,
irascibile, giocherellone, infantile cucciolo. Il mio cucciolo nero dagli occhi
oltremare. E’ strano chiamarlo così, ma a volte non riesco a fare a meno di
considerarlo il mio bambino.
In tutti questi anni gli ho fatto da amico, da confidente,
da amante, persino da padre e da madre … per lui sono stati insieme quei
genitori assenti che lo odiavano solo perché era un Gryffindor, perché stava
con noi, perché era leale e coraggioso, non era una serpe schifosa … quell’odio
che sinceramente ricambiava col tutto il cuore, che innanzi a tutti sopportava
con la testa alta … quell’odio che stillava dalle lacrime calde che versava tra
le mie braccia, quando eravamo soli nel parco, sotto le stelle. Singhiozzava e
piangeva, il corpo tremante, mentre urlava di odiare ogni singolo membro della
sua dannatissima famiglia. Quanto male gli hanno fatto … tanto, tantissimo e,
nonostante odiasse loro come nessuno, era pur sempre un ragazzo cresciuto da
solo, senza amore … privato dell’unica cosa che voleva … ed è solo quello che
chiedeva silenziosamente … ed è naturale scoppiare, prima o poi, quando le due
prime persone che avrebbero dovuto dargliene non se ne curano affatto … colpo
dopo colpo, lui li sopportava tutti … solo quando era con me non ingoiava le
lacrime, non si rifiutava di piangere per orgoglio … solo quando era stretto
fra le mie braccia si permetteva di sfogarsi
… era indifeso come un bambino … era solo un ragazzino, forte e fragile
al tempo stesso, in cerca d’amore … quello che ho tentato di dargli io … quello
che in tutti questi anni ho continuato imperterrito a dargli … insieme abbiamo
superato tutto e tutti, seguitando a tenerci per mano … ed è quello che
continueremo a fare.
Lentamente mi alzo dal letto, attento a non svegliarlo.
Ritto in piedi, l’osservo divertito abbracciare un cuscino mugolando il mio
nome. A passi lenti mi dirigo verso la finestra, osservando il cielo estivo disseminato
di stelle. Mi ricordo che ai tempi della scuola mi divertivo a sfidare il mio
tesoro a trovare le costellazioni … vincevo sempre io, perché era impossibile
ficcargli in mente delle cose del genere in questa testaccia dura. Tutto questo
mi fa ricordare un’altra cosa …
“Che fai … ?” una voce leggermente assonnata proviene dalle
mie spalle, e due braccia forti mi cingono la vita.
“Buonasera, amore mio ! Come hai fatto a svegliarti ?” gli
domando divertito, mentre i suoi lunghi capelli di tenebra mi sfiorano la
guancia destra e comincia a cullarmi lentamente.
“Ho tentato di violentare il cuscino nel sonno e quello non
opponeva resistenza, quindi mi sono insospettito …” mi risponde con la testa
poggiata sulla mia spalla, le mani intrecciate con le mie sul mio ventre.
“Stupido ! Devo forse andare in giro con una cintura di
castità per timore di venir stuprato da un po’ troppo poco casto cane nero ?”
lo provoco divertito.
“Nononononono !! Per favore, no !!” alza di scatto il capo
e mi supplica, disperato e divertito, capendo che sto scherzando, baciandomi il
collo.
“Ma dai … ! Non la userei mai … credi che mi toglierei da
solo un simile divertimento ?” soffio malizioso, alzando leggermente il capo
per baciargli le labbra.
“Non sapevo che fossi diventato così, Remus !!” esclama,
fingendosi scandalizzato “Eri così puro ed innocente quand’eravamo a scuola …
dov’è finito il mio angelo ambrato ?! Lo sapevo, tu sei quell’unto bisunto di
Snivellus, ti sei tramutato nel mio tesoro per stuprarmi !!”
“Sei un cretino !!” lo rimprovero, dandogli un leggero
colpo in testa, scoppiando poi a ridere con lui. Com’è bella la sua risata,
così allegra, argentina, spontanea e contagiosa …
“Tornando ai discorsi seri …”
“Ah, tu sei capace di fare discorsi seri ?” lo interrompo
canzonandolo.
“Tsè, potrei offendermi, sai ? E poi scordati il mio bel
sedere !! Te ne vai poi a dormire sul divano !!”
“A parte il fatto che la casa è mia e se voglio ci mando TE
sul divano a dormire o in una cuccia in giardino … le tue sono tutte minacce false
!”
“Mi arrendo, mi arrendo, mi conosci fin troppo bene, angelo
mio !” ride, baciandomi la base del collo.
“Comunque stavo ammirando il cielo stellato, Sirius” gli
dico, seguitando a guardare la volta celeste.
“Hai trovato la costellazione del cane, per caso ?”
“Conosci il nome di una costellazione ? Sono sinceramente
colpito !”
“Ma che cavolo, sono sveglio da due minuti neanche e mi hai
già ricoperto d’insulti !” esclama offeso, con tono lamentoso.
“Non prendertela, cucciolo mio, sto solo scherzando ! In
ogni modo osservare il cielo stellato mi fa tornare in mente un bell’episodio
del nostro periodo a scuola”
“Ah, ho capito, me lo ricordo anche io !” esclama, con lo
stesso tono contento di un bimbo.
“Me lo ricordo come se fosse ieri, Sirius. Eri seduto tra
le mie gambe, con la testa sul mio petto e, come al solito, t’annoiavi mentre
t’illustravo le costellazioni …”
“Ehi ! Non è vero che mi annoiavo ! Io amo ogni parola
pronunciata dalle tue labbra !” dichiara lui con tono colpevole, come quando lo
beccavo in flagrante nell’atto di compiere qualche scherzo che, sapeva
benissimo, disapprovavo in pieno.
“Sì, sì, come no … comunque, ad un tratto mi chiedesti …”
“come nasce e muore una stella, Remus ?” prosegue la mia
gioia, baciandomi la spalla destra.
“Ottima memoria, signor Black … dieci punti al Gryffindor !
Ricordi cosa ti risposi ?”
“Certo, mio tesoro ! Mi spiegasti tutta la nascita e la
morte scientifica, una palla mortale !”
“Vedi che allora ti annoiavi ?”
“Dettagli, Remus !!” replica, mordendomi un orecchio con
fare giocoso.
“Ahia ! A cuccia, Fido !!” e lo bacio, ridendo “Comunque,
ti ricordi cosa ribattesti ?”
“Ovvio !” risponde, appoggiando il capo sulla mia spalla
destra, così che il suo respiro caldo mi solletichi il collo “Ti dissi : ‘Hai
torto, Remus. Quando vedrai una stella nuova, significa che una persona è nata
; al contrario, se non ne vedrai più una, vuol dire che una persona è morta. Le
vedi, luce mia, quelle due stelle compagne, più luminose delle altre ? Ecco,
quelle sono le nostre stelle, nate con noi, divenute compagne come per
pronosticare la nostra unione, quelle che illuminano e proteggono il nostro
amore’ … vedi che ottima memoria che ho ?” e, come quel giorno, mi bacia il
collo per concludere il discorso, mentre gli accarezzo i morbidi capelli color
notte.
“Un’ottima memoria, amore mio …” confermo, mentre continua
a cullarmi dolcemente.
“Remus, Remus, guarda là !” e, festoso come un bambino a
Natale, mi indica un astro, più brillante degli altri, che non avevo mai notato
prima, durante le mie innumerevoli notti passate ad osservare la volta celeste,
nel tentativo di placare un po’ il
dolore che mi attanagliava il cuore “Hai visto, hai visto che avevo ragione ?
Quella è la mia stella, quella che segna la mia rinascita accanto a te !” e mi
bacia nuovamente, in un modo quasi infantile.
“E le vedi, le vedi le nostre due stelle gemelle ? Sono
ricomparse, Remus ! E più luminose di prima ! Per illuminare la nostra nuova
vita insieme !”
Sì … la nostra nuova vita …
“Ti amo, mia stella …” gli sussurro, mordicchiandogli il
lobo dell’orecchio sinistro.
“Ti amo, mia luna …” risponde.
In un attimo ci uniamo per l’ennesima volta, baciati dalla
tenue luce dei nostri astri protettori.
*OWARI*
Mika : finish !! Una storiella piccola piccola, prima di concludere
You Are e proseguire Notte di San Lorenzo … niente di particolare, solo la
prosecuzione di una semplice frase sulle stelle che mi balenò in mente in una
delle prime lezioni di scienze fatte quest’anno, appunto sulle stelle ^^ spero
vi sia piaciuta !!