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Autore: Irina_Yermolayeva    15/02/2014    1 recensioni
«abbiamo visto una cosa poco piacevole per noi.» iniziò a parlare Cloto.
«La distruzione dell’Olimpo e di tutti gli dei, comprese noi.» finì Atropo.
«Il Fato è inevitabile anche per noi. Cosa siete venute a fare, quassù? A dirci quanto ci resta da vivere?» chiese Apollo furioso.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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piccola precisazione prima che leggiate. le tre moire... lo so che non hanno un solo occhio e che sono altre divinità e che la disney ha fatto un casotto, però mi piaceva fatto così e l'ho lasciato quindi non guardate questo piccolo errore mmm voluto (?)
non sapevo dove metterla perchè sarebbe una fiaba ma parla di antichi dei e quindi alla fine ho deciso di metterla qui perchè mi piace la sezione epica u.u
questa fiaba è arrivata terza ad un concorso su scala italiana a cui ho partecipato.
per il resto buona lettura
Irina
XXX








 

La Dea della fine

 









In una notte in cui nessuna stella splendeva nel cielo nero e la luna era stata oscurata da Giove, Plutone, suo fratello, comparve accanto al corpo della defunta Scilla e dai suoi resti creò, secondo il suo volere, una dea.
Era una donna bellissima, la cui bellezza non era paragonabile a quella delle tre dee maggiori: Giunone, Venere e Minerva.
Aveva lunghi capelli neri che sembrava si muovessero come serpi intorno al suo corpo formoso, gli occhi neri come la notte ma che diventavano rossi quando veniva fatta arrabbiare o usava i suoi poteri distruttivi.
Omega: questo era il nome della dea, chiamata così per la sua vena distruttiva nei confronti della città di Roma e dell’impero.
Ne avrebbe sicuramente causato la fine se gli altri dei non mettevano in ordine i suoi dispetti fatti agli uomini, ma molto spesso riuscivano solo a limitare i danni.
Omega era stata creata per questo: Plutone odiava gli uomini e non ne voleva più vedere in giro e la figlia aveva il potere per esaudire questo suo desiderio.
La dea, infatti, si divertiva ad incendiare le case, far morire gli uomini, creare carestie, siccità e far perdere guerre importanti però sentiva che le mancava qualcosa ma non riusciva a capire di cosa si trattasse.
Più chiedeva a Plutone e più questo non voleva rispondere.
Gli altri dei decisero così di riunirsi senza Plutone per risolvere il problema.
«Io penso che l’unica sia rinchiuderla in una prigione di buio e fuoco, legandola con serpenti velenosi.» disse Apollo senza pietà.
Ma a Giove non piaceva l’idea di incatenare per l’eternità sua nipote.
«Perché non la uccidiamo.» disse Giunone gelosa della sua bellezza.
Anche Venere concordò con la dea ma Minerva propose un’altra soluzione:«trasformiamola in essere mostruoso.»
Ma a Giove non piaceva nessuna delle due proposte:«Non si può uccidere una dea immortale e non voglio che venga trasformata in un mostro senza ragione. È una dea non una ninfa o una delle dee minori. Pensate agli uomini cosa potrebbero pensare.»
Oltre a Plutone anche le tre dee del destino mancavano all’appello, rimaste nel loro nido in cima ad un monte isolato ma avendo letto nel futuro questa riunione decisero di presentarsi al cospetto degli Olimpici.
Quando Giove le vide rimase sbalordito, non si aspettava il loro ingresso.
Erano tre donne anziane, brutte, con pochi capelli e un solo occhio che usavano a turno per poter vedere fatti che nessuno era in grado di vedere.
«abbiamo visto una cosa poco piacevole per noi.» iniziò a parlare Cloto.
«La distruzione dell’Olimpo e di tutti gli dei, comprese noi.» finì Atropo.
«Il Fato è inevitabile anche per noi. Cosa siete venute a fare, quassù? A dirci quanto ci resta da vivere?» chiese Apollo furioso.
Lachesi prese allora la parola:«No, caro Apollo. Siamo venute qua per dirvi che Ade troverà un modo per calmarla e la sua ira si placherà. Perciò si può evitare che la giovane distrugga l’Olimpo. Giove manda il tuo messaggero a Plutone dicendogli che la figlia si rivolterà contro di lui e lo rinchiuderà nell’Averno in un tornado di fuoco in modo che non riuscirà a liberarsi e lei prenderà sotto il suo potere gli Inferi.»
Deciso ciò Giove mandò Mercurio nell’Oltretomba.
Questo arrivato annunciò al dio ciò che gli era stato ordinato da Giove e le tre Moire.
Plutone, che stava festeggiando e gioendo di tutta quella distruzione e delle anime degli uomini che lo raggiungevano, appena sentita la notizia, salì preoccupato all’Olimpo.
Tutti lo attendevano comprese le tre anziane e quando capì che tutti ne erano al corrente decise di rivelare al fratello e agli altri dei come era nata Omega.
«Quella notte non era morta solo Scilla ma anche un’umana e io non me ne accorsi finché non ebbi finito di plasmare Omega.»
«E questo cosa centra con la dea della fine?» chiese Marte che era rimasto silenzioso fino a quel momento, studiando il modo di agire della giovane dea, incantato dai suoi poteri e riflettendo attentamente.
«C’entra, perché, il cuore di quella giovane è stato messo dentro di lei. Questa donna, che si chiamava Lucia, era innamorata di un uomo e questo desiderio è rimasto nel cuore quando è morta. Per evitare che avesse dentro se questa debolezza, le strappai il cuore, rinchiudendolo in un luogo in cui nessuno umano può entrare e vederlo, così, da far innamorare di se Omega. Purtroppo mi sono accorto che lei sente mancargli qualcosa e chiede spiegazioni che io non voglio dare.»
«Allora rimetti il cuore al suo posto.» disse Nettuno.
«Non è possibile. Ci vuole una persona che voglia catturare il suo cuore e donarle quello che gli ho tolto.»
«Mandiamo un umano nel luogo dove è custodito il cuore, così che Omega possa trovare pace.» disse allora Marte.
«Neanche questo è possibile. Non esiste uomo sulla terra che possa in qualche modo portare fuori il cuore della giovane. Riuscire a vederlo si, ma uscirne vivo no.»
«Chi può farlo?» chiese Giunone irata.
«Solo un dio tra di noi.» rispose Plutone guardando tutti gli dei presenti.
Giunone lanciò un’occhiataccia a Giove:«tu provaci e la prima cosa che faccio è trasformarla in un mostro.»
Apollo orgoglioso lasciò la sala andando a prendere il suo carro dicendo:«non ci penso neanche. Io la rinchiuderei. Così facciamo prima.»
Nettuno scosse la testa:«Non fa per me. Una giovane così distruttiva non è l’ideale per me... lascio il posto a Marte che sembra essere molto interessato. Non è vero?»
Marte rimase pensieroso per qualche istante e poi rispose cercando di sembrare il più neutro possibile, senza far capire agli altri che era totalmente affascinato dalla dea:«L’ho osservata molto attentamente da quando è all’opera e devo dire che mi incuriosisce davvero. Non posso negarlo, trovo il suo modo di fare particolare e piacevole. Essendo io il dio della guerra, una donna del genere non farebbe altro che farmi piacere avere.»
Giove, però, capì cosa passava nella testa di Marte e ridacchiò divertito:«Non mi dire, caro Marte, che mio fratello è riuscito a creare qualcuna che ti ha catturato il cuore.»
Non lo lasciò rispondere e continuò risoluto:«È deciso. Sarà Marte a scendere nel luogo nascosto, prendere il cuore e fare in modo di placare quella sua sete di distruzione.»
Plutone,allora, spiegò a Marte che il cuore di Omega giaceva nei sotterranei di una grotta che un tempo era stato un tempio dedicato agli dei, nei pressi della città di Roma, custodito da una chimera a tre teste e un serpente insidioso e una prova particolare che cambiava a seconda della persona che si presentava davanti ai cancelli dorati.
Nessuno si accorse di Omega che nascosta su una delle nuvole aveva ascoltato tutta la conversazione ed era partita subito per la grotta.
Anche Marte in poco tempo si ritrovò all’entrata di questa caverna ed entrò superando facilmente la chimera e la serpe trovandosi poi davanti al cancello dorato aperto.
Marte rimase sorpreso nel vedere Omega che osservava il cuore pulsante che galleggiava sopra un piedistallo decorato con fiori di loto e gigli.
«Non riesco a prenderlo.» disse lei voltandosi ad osservare Marte con gli occhi rossi che lampeggiavano e i capelli che si muovevano delicatamente.
«Non sei tu che devi prenderlo, e poi non hai superato la terza prova.» disse Marte entrando nel cancello e osservando il cuore.
«Ma è questa la terza prova.» rispose Omega sorridendo appena.
«Chi fra noi due riuscirà a sopraffare l’altro e impossessarsi del mio cuore?» disse mettendosi davanti al piedistallo facendo comparire una spada nera come il carbone, lucente di una strana luce, con due serpenti attorcigliati intarsiati nell’elsa e due smeraldi per occhi.
Anche Marte estrasse la sua spada d’oro splendente e fatto entrambi un piccolo inchino intrecciarono le loro spade in un duello veloce, mortale per un umano ma che per gli dei non erano altro che piccoli graffi.
Marte, però, sentiva che c’era qualcosa che non tornava e allora, immerso nei suoi ragionamenti, si allontanò da Omega e lanciò lontano la spada lasciando la donna interdetta.
«Il dio della guerra che si ritira?» lo prese in giro ghignando.
Lui scosse la testa:«No, non mi ritiro. Vinco.»
«Cosa?» chiese ma non fece in tempo ad esprimere questo pensiero che, Marte, veloce, la raggiunse togliendole la spada dalle mani e riuscendo a sfiorare il cuore che, a quel tocco, si illuminò e volteggiò piano tra i due e tornò al suo posto; nel petto di Omega.
Lei aprì gli occhi, che aveva chiuso a causa della luce accecante, e osservò Marte in modo diverso.
Lui ricambiò lo sguardo immergendo i suoi occhi scuri in quelli neri e profondi di lei e delicatamente si avvicinò per baciarla dando significato a quel turbine di nuove emozioni che ora sentiva Omega.
«Questo è amore.» spiegò il dio.
Omega sorrise:«è bello.»
«Si, con la persona giusta.» rispose Marte.
Insieme uscirono dalla caverna, lasciando Plutone a disperarsi, perché la sua creatura era stata battuta da qualcosa che lui riteneva futile, ma che, sia per gli uomini, sia per gli dei, era la cosa più bella ed importante.
Con l’amore si può sconfiggere tutto, anche un potere creato per provocare distruzione e nessuno può vivere senza e questo Plutone lo sapeva dato che lui stesso era caduto in questa dolce trappola con Proserpina.
Da quel giorno Omega si affianca al marito Marte provocando alcune distruzioni come l’incendio di Roma o l’eruzione del vulcano Vesuvio a Pompei o ancora il sacco di Roma ma tutto sotto il controllo di Marte e degli altri dei e vissero così per l’eternità in armonia tra di loro consapevoli anche che a volte il destino può essere ingannato... o forse no? Forse era già stato tutto scritto e le tre moire si erano inventate la storia della distruzione dell’Olimpo.
Ma questo in effetti importò poco agli dei, l’importante per loro era stata la buona riuscita della missione di Marte. Gli umani saputa la notizia, grazie ai poeti ispirati dalle muse che raccontavano questa storia, fecero una festa ed immolarono in nome del dio Marte e della dea Omega alcuni animali e crearono templi dedicati a loro con all’interno statue che li raffigura abbracciati.
Purtroppo con il passare del tempo e l’arrivo del Cristianesimo i templi andarono distrutti e non sono arrivati a noi ma il loro amore eterno come gli dei stessi perpetua tutt’ora e le muse che mi hanno soffiato nel sonno questa favola mi dicono anche che dalla loro unione nacque una bambina che chiamarono Liliam che significa giglio e rappresenta la purezza d’animo.
Come a sottolineare che anche dalla guerra e dalla distruzione può nascere qualcosa di puro, di gentile e di animo buono che aiuta gli uomini a camminare per la loro strada.
   
 
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