Crossover
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Autore: Mania    16/02/2014    8 recensioni
{ Loki/Elsa ● CROSSOVER - Frozen/Thor ● What if? }
«Fu nel mezzo di una routine drammaticamente precisa in ogni sua sfumatura, che qualcosa cambiò una mattinata solo apparentemente uguale alle altre. Un visitatore, anzi, un intruso diverso da qualsiasi altro prima di lui si fosse addentrato fino alle porte del palazzo ed Elsa lo comprese subito che da quell’uomo si sarebbe dovuta tener lontana – non avrebbe mai dovuto ribattere, non avrebbe dovuto permettergli di avvicinarsi e, inevitabilmente, non si sarebbe dovuta sentire simile a lui.
Il portamento era intriso di un’eleganza regale con il quale intingeva ogni suo più piccolo gesto nel procedere nella sala d’ingresso, avvolto in un lungo mantello dal pelo pesante a proteggerlo da una temperatura rigida che poi non gli dava così tanto fastidio. Lo sguardo di un verde splendente, profondo nei suoi intagli chiari, si alzò con sicurezza nel cercarla sulla cima della rampa di scale, e sul suo volto appuntito un sorriso si aprì in una piega dai risvolti indecifrabili.
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Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Film
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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PROLOGO

C A P I T O L O   U N I C O ▬
Anche se dovesse essere un inganno




Il silenzio sottile della mattinata, rischiarata dai primi raggi color pastello, era interrotto dal soffio di refoli timidi – tenui, si insinuavano delle fessure del palazzo, portando con loro la notizia del nuovo giorno. Un’alba appena nata intesseva sfumature pittoresche nel cielo, intrecciando il giallo pallido con pennellate di un rosa arcaico, sfociando in un arancione opaco e sul fine l’azzurro spuntava dai rimasugli della notte. Guardando il cielo sporcato da pochi sbuffi di nubi tinte dei riflessi dei raggi, si sarebbe potuto erroneamente pensare che ben preso il calore avrebbe abbracciato gli abitanti della montagna e di chi abitava alle sue pendici. L’inverno, invece, era il padrone di quelle terre nordiche, e da anni propagava la sua morsa su tutto ciò che vi si estendeva per parecchie leghe dal castello della Regina delle Nevi.
Le leggende narravano che una volta il suo nome fosse stato Elsa e fosse stata incoronata da poco sovrana di Arendelle prima di abbandonare il suo regno, imbavagliandolo in ghiaccio perpetuo. Niente l’aveva riportata indietro, né le parole della sorella, succeduta a lei su un trono senza acquistare mai il titolo di regina – una principessa reggente per tutta la vita –, e nemmeno le numerose pattuglie di soldati ben addestrati spediti più di una volta alla ricerca della dama bianca. Rinchiusa, esiliata da sé medesima, aveva perduto il nome con la quale era cresciuta sempre prigioniera e ben presto si era tramutata in un mito terribile.
Il ticchettio dei tacchi sul cristallo ghiacciato della sala principale era regolare, si sarebbe potuto scambiare per quello di un orologio, ma in realtà era solo la Regina delle Nevi diretta al terrazzo ad Est per poter assaporare la bellezza quotidiana di un inizio sempre uguale. Aveva perduto il conto di quante albe fossero trascorse dalla sua relegazione in quel luogo isolato, e anche di quante volte avessero provato prima a riportarla in un posto che loro chiamavano casa e lei cella, e poi provato a imprigionarla e infine a ucciderla.
Troppo dolore e solitudine aveva affrontato il suo cuore per non risentirne, troppi pesi e graffi gelati aveva provato a reggere prima di sprofondare nella coltre di neve che si era accumulata dentro di lei. E ora i suoi occhi chiari non si spalancavano più di meraviglia nel contemplare il sole tornare ad abbracciare la catena montuosa, perché la sua bellezza fredda non era in grado di farle ricordare come fosse il sapore del calore. Uno spettacolo meraviglioso, quello della natura, ma non racchiudeva alcun tempore per riportarle alla memoria ciò che aveva scordato da bambina e che gli anni di emarginazione, reprimendosi, le aveva causato.
Aveva pensato erroneamente di ottenere libertà, invece, nella sua solitudine, si era ritrovata semplicemente più in gabbia. Non poteva usare i suoi poteri se non in quegli antri remoti, non poteva avvicinarsi a nessuno senza aveva la paura di provocare morti che già il suo inverno avevano indirettamente causato. Era destinata a macerare in quello stato in cui nulla poteva donarle un brivido di adrenalina nello scoprire come ci si sentisse a non aver più l’orrore di se stessi.
Fu nel mezzo di una routine drammaticamente precisa in ogni sua sfumatura, che qualcosa cambiò una mattinata solo apparentemente uguale alle altre. Un visitatore, anzi, un intruso diverso da qualsiasi altro prima di lui si fosse addentrato fino alle porte del palazzo ed Elsa lo comprese subito che da quell’uomo si sarebbe dovuta tener lontana – non avrebbe mai dovuto ribattere, non avrebbe dovuto permettergli di avvicinarsi e, inevitabilmente, non si sarebbe dovuta sentire simile a lui.
Il portamento era intriso di un’eleganza regale con il quale intingeva ogni suo più piccolo gesto nel procedere nella sala d’ingresso, avvolto in un lungo mantello dal pelo pesante a proteggerlo da una temperatura rigida che poi non gli dava così tanto fastidio. Lo sguardo di un verde splendente, profondo nei suoi intagli chiari, si alzò con sicurezza nel cercarla sulla cima della rampa di scale, e sul suo volto appuntito un sorriso si aprì in una piega dai risvolti indecifrabili – di una cosa, però, Elsa era certa, ovvero che nulla di buono sarebbe venuto da esso.
Avrebbe voluto parlare immediatamente, non appena fece il suo ingresso nella reggia, ma i suoi occhi si soffermarono incantati a sondare la sua figura più a lungo del previsto, ammaliati da come l’arroganza fuoriuscisse da lui con una nota di fascino puro, capace di tramutarlo in un tipo di signorilità di cui lei mai aveva visto le sembianze.
«Andatevene, qui non sono ammessi ospiti» riuscì infine a pronunciare il suo invito fermo, deciso, nel cacciare l’unica persona che vendeva da molti anni ormai. Forse era proprio per tale ragione che aveva indugiato tanto su di lui, per quella lontananza dal genere umano che le aveva fatto appassire nella memoria come i rapporti si costruissero e saldassero tra di loro – o forse, semplicemente, desiderava fosse così.
«Quanta scortesia, Regina delle Nevi. Ma non è un problema, io non sono un ospite» rispose salendo le scale con le dita a scorrere sul corrimano, facendo aderire la pelle al ghiaccio come se non ne percepisse la sensazione di inteso gelo che da essa naturalmente scaturiva. I passi erano lenti, mangiavano un gradino alla volta con teatralità precisa, a rendere la sua avanzata più sinuosa e melliflua. Non sbatté nemmeno le palpebre, tenendo le proprie iridi smeraldine incollate a quelle di lapislazzuli della Regina, quasi ne dipendesse l’intera esistenza del mondo e se solo essi si fossero persi l’uno dall’altro allora il Ragnarok si sarebbe abbattuto su tutti loro.
«E che cosa sareste, allora?» domandò con alterigia piccata, offesa dal tono del visitatore che si permetteva tante libertà nel suo Regno, squadrandola con una venatura che a Elsa ricordò una compassione di cui non voleva nemmeno sentire l’ombra incombere su di lei.
«La vostra salvezza, ovviamente» replicò con sfacciata tranquillità, completando la sua ascesa a lei, ergendosi a pochi centimetri per poter far pesare la profondità del proprio sguardo con tutta la sua veemenza. La superava di quasi una ventina di centimetri, abbattendo su di lei un’attenzione dirompente, fusa nel verde di occhi che bruciavano di un fuoco perpetuo, una bramosia incapace di placarsi. Ed Elsa si ritrovò a disagio sotto una tale cascata infuocata, si sentiva non solo ustionata da qualcosa di invisibile a penetrarle sotto la pelle, ma anche scoperta in ogni suo più piccolo pensiero, fino al più recondito e impronunciabile.
Avrebbe desiderato avere la forza di pronunciare anche una piccola parola, per prendere nuovamente possesso dalla propria mente e scollarla da quell’immobilismo nel quale era crollata, spinta dalla prepotenza silenziosa del visitatore senza nome. E come se avesse sentito il suo quesito su quale fosse la sua identità, interruppe il silenzio teso da una moltitudine di frasi in attesa di essere sibilate. «Il mio nome è Loki
Fu soddisfacente per lui osservare i muscoli del bel volto della donna contrarsi mentre metabolizzava la dichiarazione. Parve incredibilmente dilatato il tempo nel quale Elsa riuscì ad afferrare la natura dell’uomo a poca distanza da lei, perché per quanto potesse essere folle, davanti a tale sicurezza con cui aveva affermato il proprio nome, la perplessità si dissolse come mai avrebbe fatto la sua stessa neve. Nei vecchi miti scoloriti dal tempo che aveva letto nelle lunghe ore passata sigillata nella propria camera, aveva avuto modo di leggere di quel dio – una reminiscenza antica, di un tempo in cui nelle sue terre egli era adorato come gli altri dei di Asgard. Erano racconti persi, congelati in riti pagani che nessuno praticava più, ma in quell’istante Elsa comprese che se non erano più coltivati come un tempo era unicamente perché Loro avevano volontariamente abbandonato le lande per ragioni ancora sconosciute. E mentre scrutava gli occhi di Loki con il desiderio di abbassare i propri senza poterci riuscire, seppe che lo avrebbe scoperto e che lui era esattamente chi dichiarava di essere.
Terrore era improvvisamente una parola troppo restrittiva per identificare correttamente il sentimento di cui era invasa, e nonostante fosse perfettamente conscia che esso si riversava all’esterno – nei propri occhi, nelle proprie pieghe della labbra, nei propri lineamenti –, rimase immobile d’innanzi a lui, orgogliosa di non doversi chinare a nessuno. Dischiuse appena la bocca, con l’idea di dire qualcosa, ma non le sovvenne alcunché di adeguato da ribattere, così, per non avere il peso della mancanza di dialogo sopra le proprie spalle, ripeté quando già detto. «Andatevene.»
«Avete paura di me, anzi, avete paura di qualsiasi cosa, non è vero, fragile Elsa?» domandò alzando le affusolate dita ad accarezzarle una guancia con gesto lieve a passare sullo zigomo prima di scivolare verso il mento, delineando con pacatezza i tratti del suo volto. «Siete così succube di qualcosa che potrebbe rendervi grande, ne siete così schiacciata che non vi vedete per quello che siete realmente.»
«Non sapete niente di me» sputò con improvviso moto d’irritazione la donna, tirandosi indietro di un paio di passi per schivare il continuo tocco di Loki. Gli riversò addosso l’odio più denso di cui fu in grado di rivestire la propria espressione, chiudendola sotto sopracciglia fortemente corrugate a creare tsunami di rughe a espandersi sull’alta fronte. Un fremito le percorse rapido il corpo, una scarica di adrenalina a espandersi lungo gli arti avvertendola di come il proprio ghiaccio si stesse ramificando prepotentemente in lei, un’esplosione ormai detonata, solamente compressa e che non avrebbe potuto contenere per troppo, nonostante stringesse i pugni portandoli al petto.
«Sono un dio, mia regina, non sottovalutate le mie conoscenze» piano, come del miele a scivolare dal cucchiaio, le sue mani si allungarono nuovamente verso Elsa per prendere quelle della stessa tra le proprie, ripotando i loro corpi vicini. Quanta furia scorgeva nelle pieghe dei suoi occhi, quanta forza conteneva il suo esile corpo – e lui la percepiva, riusciva quasi a respirarla. Aveva percorso tanta strada, sondando sentieri celati, unicamente per scovarla e portarla via con sé, rendendola sua seguace, sua dama prediletta – quando ci fosse riuscito, e ci sarebbe riuscito, un potere enorme avrebbe avuto al proprio servizio. «Voi, il vostro popolo, mi avete adorato per moltissimi secoli, dovreste avere più rispetto
«Che cosa siete venuto a fare qui?»
Una domanda con mutevoli risposte, perché non vi era un’unica ragione ad averlo spinto a trovarla. Ovviamente, desiderarla come strumento al proprio servizio per l’interesse primordiale, la spinta che lo aveva spinto anni prima a far attenzione affinché niente la potesse portare via da quel luogo.
Manipolare le persone era una sottile arte di cui Loki era un vero maestro, il suo progetto aveva fondamenta lontane perché il legame che avrebbe intessuto tra se stesso e la splendida Regina delle Nevi doveva essere indissolubile. Doveva essere certo che mai nulla l’avrebbe ritorta contro di sé e per ottenere un tale risultato da una donna dotata di un simile carattere orgoglioso doveva assicurarsi che dipendesse da lui in modo totale – e per giungere a un simile risultato vi era un unico modo. Le avrebbe regalato l’ebrezza di ciò che più sognava, la cosa di cui era sempre stata privata e le avrebbe insegnato come adoperarla, come viverla, e solo lui sarebbe stato in grado di guidarla in mezzo a quel qualcosa di cui non aveva mai sondato la sostanza, limitandosi a sognare tanto strenuamente.
«A portarvi via, Elsa, avete passato abbastanza tempo rinchiusa in questa prigione di ghiaccio. Ora è tempo di uscire e conquistare.»
«Non verrò da nessuna parte», la voce avrebbe voluto essere ferma, decisa come in precedenza, ma le labbra tremavano riproducendo note stonate. Si sarebbe voluta sentire decisa in quel momento, conscia di non poter abbandonare il luogo in cui si era isolata per tenere tutti al sicuro, per non essere il mostro che tutti avevano pensato che lei fosse, e nel quale si era ancora una volta privata della libertà per sentimenti altruistici – e nemmeno lo avevano compreso, avevano tentato di ucciderla pur di liberarsi del suo ghiaccio. Avrebbe voluto che l’idea di non allontanarsi da quei monti non fosse così allettante, avrebbe voluto poter mentire a se stessa dicendosi che mai aveva pensato in precedenza a una simile eventualità – desistendo, per evitare di portare l’inverno assieme a sé –, e avrebbe anche voluto che le mani di Loki non fossero tanto calde. «Tanto più con voi, anche se siete il dio degli inganni, anzi, soprattutto per questo.»
La curva delle sottili labbra di Loki si ampliò e una risata appena accennata rimbombò negli angoli del bianco palazzo. Si piegò su di lei, fino a quasi sfiorare il volto della Regina delle Nevi con la punta del proprio naso, stringendo con maggior forza tra i propri palmi le piccole dita della donna, avvolgendole in un tepore sotto il quale la sentiva sciogliersi inevitabilmente.
«Ingannare voi non è il mio piano, tutt’altro. Ascoltate con attenzione le mie parole, mia regina, e scoprirete di averle pensate prima di vedermi qui a pronunciarle. Non ha senso alcuno rimanere qui quando potreste avere il mondo intero ai vostri piedi
«Io non li voglio ai miei piedi» provò ad obbiettare Elsa, perché mai avrebbe voluto far del male ad altri – anche se loro ci avevano provato, più e più volte, chiamandola con appellativi che le avevano strappato via il nome e la personalità che un tempo anche loro avevano conosciuto. Non poteva – e mai avrebbe potuto – immaginare come ogni singolo attacco ai suoi danni fossero ripercussioni indirette, ma ben calcolate, del lavoro di insinuazioni compiute dall’uomo ora dinnanzi a lei. Talmente impellente era la necessità di trattenerla al proprio fianco che il piano di Loki era sfociato in una lenta tortura – nessun altro appellativo poteva definire il logoramento di anni a cui l’aveva sottoposta orchestrando nell’ombra.
«Ma è lì che dovrebbero essere, Elsa, è quello il loro posto» chiosò il dio degli inganni, intento a incastrare con dovizia una parola all’altra per distruggere le fragili convinzioni residue, resistite fino a quel giorno. «Tu hai il potere, qualcosa che nessun altro possiede, qualcosa che è stato donato a te per un motivo che sicuramente non è quello di rimanere rinchiusa in questo maestoso, bellissimo quanto solitario palazzo. Sei prigioniera di te stessa, di ciò che ti hanno fatto credere, ma non devi esserlo per forza.»
Si stava sbriciolando sotto il fiato caldo delle sue frasi e quello proveniente dal suo corpo, la sentiva arrendersi nel rilasciare muscoli tenuti tesi fino a quell’istante, per prendere coscienza di un’evidenza che Loki aveva sempre venduto e che a lei era sempre mancata. Le avevano ordinato di aver paura di se stessa, l’avevano cresciuta come se non avesse la forza di poter controllare un regalo che le forze della natura le avevano elargito sapendo che deteneva lo spirito per utilizzarle. Lui era l'unico in grado di dimostrarle quanto potenziale avesse, quanto dalla vita potesse ottenere e come comportarsi per arrivare a tali risultati.
«E cosa dovrei fare? Uscire e… E pretendere che cosa?»
Staccò una mano dal quelle candide della donna, continuando a stringerle con una sola – abbastanza grande per contenere le sue più piccole –, in modo da poter sospingere il mento della donna maggiormente in alto, tanto da far quasi sfiorare le loro labbra mentre riprendeva a parlare. «Qualsiasi cosa, Elsa, è questo il punto. Puoi avere tutto. La libertà, il dominio, il rispetto, tutto se solo cominci a comprendere qual è davvero la realtà.»
«E quale sarebbe?», non fremevano più le sue sillabe, ma il tono si era inevitabilmente piegato. Ora erano quasi suppliche celate quelle che gli rivolgeva, preghiere di mostrarle una via per scappare finalmente, un modo qualsiasi per poter cominciare a vivere seriamente, smettendola di essere segregata su la cima di una montagna che non sapeva come abbandonare senza portare con sé il gelo.
La paura che aveva provato per lui si era tramutata in reverenza ascoltando la sua offerta. Nessuno, fino a quel momento, le aveva promesso una libertà che poteva anche concedergli – Anna, la sua sorellina, per quanto avesse voluto aiutarla, non aveva avuto alcuna abilità per farlo. Loki era un dio, uno dei più potenti e nel lasso della loro chiacchierata era riuscito con il sol tocco delle sue mani a far riemergere dagli abissi oscuri della sua memoria come fosse il calore – quale sensazione precisa avesse.
Scivolarono a fatica gli occhi di Elsa sulle proprie mani trattenuta in quella dell’uomo e si sentì miseramente piccola, indifesa e sola come non mai prima d’allora – come non aveva mai voluto ammettere.
«Che chi è diverso verrà sempre visto come un mostro, che tu non faccia alcun male o meno. Quindi, mia regina, tanto vale assecondare le nostre inclinazioni. Siate la paura, non fatevi divorare dalla stessa. Io posso farvi vedere come, posso mostrarvelo, insieme possiamo avere qualsiasi cosa e nessuno potrà mai dirci cosa è giusto e cosa non lo è», i fiotti di fiato caldo le accarezzavano le labbra, frastornandola quasi maggiormente delle parole disperse ora nelle sue orecchie, a martellarle il cervello con le mille promesse in esse disciolte. E per la prima volta, Elsa ricambiò la stretta delle mani alla ricerca di altro tempore, ne desiderava maggiormente, tanto da spingerla ad avvicinarsi ulteriormente a lui, annuendo ricordando come avessero cercato di eliminarla nonostante le sue azioni mai avevano avuto l’inclinazione al male. «Venite con me, vi porterò in luoghi che mai avete avuto il coraggio di immaginare e vi prometto che insieme saranno nostri. Saremo liberi
Non c’era più alcun motivo per ribattere ulteriormente, alcuna logica ragione per desistere dal seguire Loki e ottenere quello a cui aveva rinunciato da bambina – così tanti anni prima da aver perduto le immagini di quei momenti, erano ormai solo spettri a tormentarla e alimenti alle sue fobie.
Si lasciò guidare dal braccio dell’uomo attorno alle sue spalle, mentre la spingeva sotto il proprio mantello per lasciare depositare sulla sua pelle la sensazione di caldo a trapelare lentamente al di sotto, risvegliando o creato sensazioni di cui aveva forse solo immaginato i contorni. Si strinse a lui, e anche se era il dio degli inganni, quello che stava provando sapeva essere reale e ciò era sufficiente per essergli fedele e riconoscente per il resto della sua esistenza, la stessa che stava ricominciando a vivere. Anzi, iniziando.





M A N I A’ s  W O R D
L’autrice si scusa se tutta questa shot pare assurda, ma in realtà lei questi due li shippa da prima di vedersi Frozen, quindi era più che naturale arrivasse a scriverci sopra. In realtà l’autrice shippa Loki con mezzo universo, sarà che è estremamente shippabile il suddetto soggetto, quindi non è che si assuma proprio grandi responsabilità, anzi, proprio per niente.
Tornando a parlare in prima persona, posso dire che io shippo principalmente Loki con la sua cara sposa, Sigyn, ma è anche vero che quest’uomo non si sottrae a divertimenti con altra gente, quindi perché toglierne? Inoltre le ship-crossover sono qualcosa di assai interessante, quindi ecco qui. E poi, perché c’è un poi, io Elsa che passa al lato oscuro (?) ce la vedo proprio bene – vieni, Elsa, abbiamo Loki noi!
Va precisato che è chiaramente una What if? e che qui Anna non è stata colpita al cuore dal ghiaccio di Elsa, ma è semplicemente stata cacciata, prendendo così lei il posto sul trono di Arendelle – anche se non ha mai voluto il titolo di regina, che spetta a sua sorella. E che non essendo riuscita a far sciogliere il ghiaccio, l’inverno è rimasto per sempre, così sono state mandate diverse pattuglie per provare a fermare Elsa, ma sempre senza successo.
Spero anche che si sia capito che l'isolazione di Elsa e i tentativi di ucciderla siano stati orchestratti da Loki. Non mi sono soffermata molto sul punto perché altrimenti avrei dovuto scrivere una long, ma in sintesi, essendo lui capace di mutare le proprie sembianze, ha alimentato l'odio verso di lei tra gli abitanti in modo da spingerli a provare a eliminarla. In egual maniera, senza essere visibile, si è premurato che nessun loro tentativo potesse andare a segno.
Ci tengo anche a specificare che Arendelle dovrebbe essere in Norvegia se non erro, o comunque sempre nel Nord Europa, dove appunto si sono sviluppati i miti norrenici e la relativa religione, ed è per questo che Elsa già sa chi lui è. Inoltre non me la sono sentita di farla troppo sorpresa, perché in fondo ci sono Troll come se fosse normale e pure lei è dotata di magia, quindi un moderato sconcerto mi è parso sufficiente.
Ho anche immaginato che la magia da cui tra origine il potere di Elsa le abbia anche donato una vita molto più lunga, dato che comunque nel film non fanno riferimento all’origine e alle potenzialità complete di questa magia, ci ho aggiunto del mio – e poi lei e Loki devono dominare l’universo!
Io ci sto provando a fare delle note autrici serie, ma non sono portata oggi, quindi sopportatemi o sopprimetemi, decidete voi in tutta libertà, qualsiasi cosa vogliate fare ricordate che una recensione rende felice me e mi farà gongolare per tutta la giornata, rendendomela incredibilmente migliore, quindi, non siate timidi e compiete questo gesto d’amore nei miei confronti – sìsì, sto continuando a delirare, shhhht.
Bene, vi saluto e vi auguro buon Ragnarok apocalisse a tutti [cit.],

Mania



  
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