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Autore: parolecomemarchi    16/02/2014    2 recensioni
-felice che sia io il tuo anonimo?-
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Anonymous

 
Sentii un suono acuto ed estrassi svogliatamente il telefono in blocco dalla tasca anteriore dei jeans che quella mattina avevo frettolosamente indossato e sbuffando aspettai che lo schermo si illuminasse.
Feci scorrere il pollice sul display e finalmente la schermata di sfondo che raffigurava me ed il mio migliore amico comparve regalandomi un piccolo sorriso, solo Dio sapeva quanto tenessi a quel ragazzo.
Entrai sui messaggi e scorrendo ne trovai uno appena arrivato da un numero sconosciuto, aggrottai le sopracciglia confusa e facendo spallucce a me stessa mi apprestai a leggere il testo.
 
Buongiorno fioreria fantasia, ti aspetta una consegna di fiori al bar ‘il principe’ di fronte il liceo scientifico A. Einstein. Grazie e buona giornata. 
 
Il mio cuore prese a tamburellare contro la gabbia toracica ad una velocità totalmente anormale, facendomi portare automaticamente una mano sul petto come se bastasse a controllare i battiti che ora sentivo amplificati nelle orecchie.
Non era mio solito abbandonare l’aula durante l’intervallo, in primo luogo le persone a camminare per i corridoi decisamente sovraffollati erano troppe e poi, preferivo il caldo che il termosifone vicino alla finestra era in grado di trasmettermi piuttosto che congelare aspettando il mio turno alla macchinetta, ma mi precipitai senza esitazione fuori dalla classe masticando spasmodicamente l’ultimo boccone di panino che stavo mangiando.
Camminai velocemente infilandomi tra i minimi spazi che vedevo tra gli studenti che in quell’ora andavano dal primo al terzo anno, le quarte e le quinte erano ancora immerse nelle loro faticose lezioni aspettando il suono della loro campanella d’intervallo, esattamente tra un ora e dieci minuti.
Mi guardai intorno velocemente continuando la mia marcia verso il bar, due piani più giù dal mio, in cerca della mia compagna di banco nonché unica amica con cui poter parlare di queste cose in una classe di ventidue individui maschili la cui unica preoccupazione era quella di far canestro con le carte della colazione.
Spinsi ogni ragazzo o ragazza che mi intralciava la strada, facendomi largo tra la folla ai pressi del piccolo bar all’interno della scuola, gremito di gente come ogni singolo giorno.
Le urla e gli schiamazzi degli studenti parevano non esistere, concentrata fissavo in continuazione quel messaggio e l’unica domanda che riuscivo a pormi nel frastuono provocato dagli altri miei pensieri era: chi mi ha mandato questi fiori?
Avevo da subito preso in considerazione la possibilità che avessero sbagliato numero, o che qualcuno per volermi prendere in giro avesse voluto farmi uno scherzo di cattivo gusto illudendomi che qualcuno proprio il giorno di San Valentino avesse pensato a me, ma in fondo speravo davvero qualcuno volesse farmi una sorpresa proprio oggi.
Finalmente intravidi il viso spigoloso ma dolce di Alena e senza pensarci due volte mi spinsi verso di lei, con il cuore ancora in gola per l’ansia e forse, la felicità.
Giunta sino a lei dopo un intenso sballottamento la osservai per pochi secondi tendere scocciata la mano verso la donna dietro al bancone che impazziva per servire tutti entro i 10 minuti di intervallo concessi dal preside.
Senza aspettare oltre le afferrai bruscamente il braccio che teneva alzato con l’euro per pagare in mano e la feci voltare frettolosamente verso di me, ansiosa del suo giudizio.
-ma cosa diavolo..?! Sarah! Ma che ti prende!- esclama tornando a spintonare per riconquistare la sua posizione in prima fila al bancone, in attesa del suo solito panino con la cotoletta all’interno.
-ehi! Vi serve per caso una mano con quei panini?! Non ho tutto il giorno!- imprecava contro la barista che nel panico più totale le lanciava occhiate imbarazzate e di scusa ottenendo da Alena solo sbuffi e altre occhiatacce spazientite, non era il tipo paziente che mi dimostravo io.
La ripresi per il gomito non potendo attendere di più –occhi a me Alena!- le schioccai le dita davanti alla faccia sperando di ottenere la sua attenzioni, ma l’interesse in quel momento era solo verso il suo panino, stavo odiando la sua fissa per il cibo in quel momento.
La campanella che segnava il termine della pausa ci travolse col suo suono acuto e tirai un sospiro scoraggiato vedendo Alena non arrendersi per ottenere il suo cibo, avevo bisogno di lei ora ed era una questione piuttosto urgente.
-andiamo, smettila di borbottare per quel panino e leggi qua- le posizionai sotto gli occhi il telefono con la schermata già impostata su quella del messaggio, la osservai impaziente battendo un piede a terra aspettandomi una sua reazione, per tornare in classe il prima possibile, senza prendere un ritardo.
Mi guardai velocemente intorno, gli ultimi studenti rimasti in corridoio per parlare prima del vero inizio delle lezioni stavano pian piano tornando nelle rispettive aule, e questo bastò per mettermi in allarme. l’ora che ci aspettava, quella di matematica, non era delle più entusiasmanti e l’insegnante non era molto flessibile in quanto a puntualità, volevo tornare al più presto in classe.
-allora?- mi rivolsi a lei mordendomi nervosa il labbro inferiore –che ne pensi?- il cipiglio di preoccupazione che mi oscurava lo sguardo era ben visibile e ne ero consapevole, chi mai avrebbe pensato di inviarmi una rosa?
La spinsi con un cenno a camminare verso la classe, fortunatamente i corridoi al piano superiore erano ancora semi-pieni, facendo in modo che la nostra presenza venisse oscurata.
Entrammo nella classe aspettandoci un richiamo con i fiocchi dal professore, ma voltandoci verso la cattedra vedemmo solo la sedia vuota e l’appendiabiti al lato in attesa di esser appesantito dal cappotto scuro del prof.
Ci sedemmo evitando le numerose palline di carta dirette verso il cestino vicino la porta, aspettai che anche Alena sistemasse i suoi libri prima di insistere ad avere un parere.
-bhe.. penso che tu debba rispondere al messaggio dicendo di mandare qualcuno a ritirare i fiori per te e, portarli qui. Magari il bidello!- esclamò eccitata quanto un bambino la mattina di natale, con tanto di battito di mani alla fine della frase.
La guardai alzando un sopracciglio scettica –non se ne parla nemmeno! Non farò una figuraccia in pubblico per una rosa- le lasciai una pacca di protesta sul braccio che lei ricambiò senza indugio e anche piuttosto forte.
Massaggiai il punto colpito mentre mi alzavo per accogliere l’entrata in classe del professore, sarebbero state due ore di pura tortura algebrica.
Senza che me ne accorgessi Alena aveva sfilato dalla tasca dei jeans il telefono e aveva mandato un messaggio in tutta fretta prima che il prof la scoprisse in flagrante a usare un telefono, tra l’altro non suo.
-seduti ragazzi!- il primo di una lunga serie di richiami arrivò alle mie orecchie ma non riuscì ad ottenere la mia attenzione ora rivolta al cellulare, ero intenta a scoprire cosa aveva combinato la mia compagna di banco anche se una mezza idea ce l’avevo.
Lessi velocemente il messaggio scritto, alternando lo sguardo dallo schermo a quel pelatone del prof, ci mancava solo che mi scoprisse ritirandomi il telefono con tanto di nota, ciò che lessi non fece altro che aumentare il tasso d’ansia in me, avrei ucciso Alena dopo questo.
 
Non posso ritirarla adesso perché non posso uscire da scuola, puoi consegnarla al bidello?
 
sollevai quasi adirata lo sguardo dal display rivolgendolo alla mia compagna di banco che appuntava annoiata tutto ciò che il professore spiegava e ripeteva per altre dieci volte alla lavagna per, come diceva lui, fissare i concetti.
-ma cos’hai al posto del cervello? Gelatina?- le dissi in un sussurro urlato, le avevo esplicitamente detto di non voler fare una figura di merda davanti all’intera classe solo perché questo ‘anonimo’ mi aveva comprato una rosa e lei cosa faceva? Ordinava di portare i fiori in classe.
-cosa c’è? Ti ho solo aiutato a scoprire chi è l’anonimo- si difese lei non smettendo di scrivere.
- quando ti ho detto di voler scoprire di chi si tratta?- le risposi stizzita guardando il professore con falso interesse per poter continuare la discussione.
-non fare così, so che muori dalla voglia di scoprire chi si cela dietro ad un gesto così carino- mi spinse giocosamente con un gomito lei, sorridendo furba.
In realtà un fondo di verità c’era, chi non sarebbe stato almeno un tantino curioso di scoprire questo anonimo? Sorrisi ipotizzando chi potesse aver ideato un gesto così galante e dolce, appena mi accorsi dello sguardo soddisfatto di Alena su di me ritornai alla mia espressione scocciata e indifferente, odiavo quando aveva ragione.
-non voglio attirare l’attenzione- le sussurrai rivelando quella che era la mia reale preoccupazione, lei mi guardò comprensiva sapendo già il mio rapporto con l’interesse e la curiosità altrui su cose puramente personali.
-non dovresti preoccuparti di loro, è il tuo regalo di San Valentino, e ora devi pensare solo a chi può essere il bel ragazzo dietro tutto questo.- mi rassicurò regalandomi un piccolo sorriso, mentre si apprestava a guardare la lavagna ingessata.
Scossi la testa in un movimento netto e deciso, avrei dovuto mettere da parte tutti quei pensieri e farmi vedere disinvolta quando la rosa arriverà a me, facendomi guadagnare numerosi sguardi incuriositi e ululati di scherno da parte dei ragazzi, eravamo in terzo superiore ma la mentalità maschile era bloccata ai dieci anni.
Passai quelle due ore col cuore in gola ogni volta che la porta si apriva e chiudeva davanti ai miei occhi, ma mai era entrato il bidello dell’atrio con una rosa rossa tra le mani.
Uscimmo dalla classe pronte a tornare a casa, ero delusa da una parte ma sollevata dall’altra, avrei davvero voluto che qualcuno si interessasse a me, anche solo per un giorno.
Non importava chi era, sarebbe potuto anche essere il mio migliore amico o un compagno di classe, avrei ugualmente apprezzato il gesto e sarei tornata a casa con il sorriso e l’imbarazzo di salire sul pullman con una rosa rossa ad indicare l’interesse di qualcuno che neanche io conoscevo per me.
-sai delusa?- mi chiese Alena uscendo da scuola con lo zaino ben issato sulle spalle sottili e la cartella che utilizzava per il disegno tecnico a portata di mano.
Guardai i miei piedi ricorrersi l’un l’altro sull’asfalto freddo, il vento soffiava leggero e il sole riscaldava per quel che poteva la pelle esposta di mani e viso,  mantenni lo sguardo alle mie converse di un blu slavato e le risposi in tutta sincerità –si, non pretendo che ora qualcuno si presenti con rose e cioccolatini dicendomi ‘ti amo’ ma, ora che so che il messaggio non era destinato a me mi sento sola.- sentì il suo sguardo esaminare la mia espressione cercando qualche traccia di lacrime che non trovò, alzai lo sguardo a lei donandole un sorriso finto ma rassicurante del tipo ‘sto bene ma mi dispiace’ che lei capì senza troppi sforzi.
Passammo davanti al bar esterno alla scuola Il Principe dove la ‘mia’ consegna doveva avvenire in mattinata, uno sguardo involontariamente malinconico si posò sulla porta dal vetro oscurato, dove un foglietto rosso era attaccato con dello scotch e su di esso, una scritta nera poco elegante attirava la mia attenzione e potevo scommetterci, quella di Alena che si era avviata verso il piccolo pianerottolo che anticipava la porta d’entrata.
-vieni qui Sasi- mi chiamò utilizzando il nomignolo che mi aveva affibbiato in primo superiore, sbuffai e la raggiunsi mantenendo le spalline dello zaino con le mani.
Osservai la scritta per qualche secondo prima che potessi capire la scrittura e assimilare la frase per capirne bene il senso, rimasi comunque inespressiva, voleva forse farmi sentire peggio?
-quindi Al? È un biglietto che probabilmente un ragazzo ha lasciato qui in modo che la sua ragazza lo trovi per una sorpresa di San Valentino. Cosa c’entro io?- il mio tono era indifferente ma sapevo che in esso  Al aveva trovato della tristezza.
-tu c’entri eccome! Guarda qua- indicò con l’indice quella che avevo scambiato per una macchia d’inchiostro o una cancellatura brutale, aguzzai lo sguardo tentando di comprendere quel geroglifico, chi aveva scritto il biglietto doveva fare un corso di scrittura intensiva, nonostante questo riuscì a capire ciò che c’era scribacchiato sopra: anonimo.
Mi rivolsi ad Alena che saltellava in giro canticchiando felice, cosa diavolo le prendeva? C’era qualcosa che mi era sfuggito o era lei ad avere allucinazioni e problemi a contenere l’eccitazione?
-non capisco come una firma da ‘anonimo’ possa riguardarmi- le rivelai mentre si sgonfiava come un palloncino a quella notizia, assunse una faccia scocciata portandomi con la testa quasi spiaccicata alla porta di vetro, dall’interno il proprietario del bar mi squadrava furioso.
-sotto alla firma anonima c’è scritto ‘per te mia dolce Sasi’- mi fece notare lei riprendendo a saltellare eccitata, mi voltai lentamente deglutendo, il cuore era risalito fino alla gola facendomi provare esattamente le sensazioni di quando avevo letto il messaggio due ore e mezza fa.
Cercai comunque di non illudermi –non vuol dire che questa Sasi sia io- mi torturai le dita pizzicandole e torcendone la pelle ora rossa ed irritata, Alena mi squadrava col suo sguardo di fuoco.
-chi altro viene chiamata Sasi in questa scuola?!- quasi urlò lei, feci per ribattere ma mi anticipò -nessuno! Ora entra ed incontra il tuo principe!- squittì ancora togliendomi lo zaino dalle spalle e spingendomi letteralmente dentro al piccolo abitacolo.
L’aria che respiravo era satura degli odori del caffè espresso e dei dolci appena sfornati, fumo di sigaretta campeggiava pesante sopra le nostre teste, mia e dei due uomini appoggiati al bancone in marmo dove il proprietario sciacquava tazzine da caffè.
Distolsi lo sguardo da uno dei due uomini che mi sorrideva maliziosamente mettendomi una strana paura addosso e avvistai all’angolo del bancone una rosa rossa avvolta nella stagnola alla base in modo da poterla afferrare senza pungermi.
Esitante la presi con una mano mentre il cuore pompava sangue in fretta, anche troppo velocemente di quanto doveva.
Attaccato al gambo della rosa rossa, che portai timidamente al naso annusandola, trovai un bigliettino piegato che aprì in fretta.
 
Sapevo avresti capito e letto la mia scrittura illeggibile, mi conosci e io conosco te, sentimenti inespressi sono rimasti fra noi due, ed è tempo di chiarire.
-anonimo
 
Rimasi immobile socchiudendo gli occhi come se mi aiutasse a capire, ma niente mi portava alla soluzione di quell’enigma romantico, ora ero dentro e volevo scoprire chi fosse il ragazzo che conoscevo e con cui sentimenti ancora non detti erano rimasti da scoprire, come lui stesso aveva scritto nel biglietto.
Camminai lenta scorgendo petali rossi a terra che tracciavano un percorso, sorridi compiaciuta, sicuramente chi si nascondeva dietro questo anonimo ci sapeva fare e aveva pensato da tempo a questa ‘sorpresa’.
Presi un’altra rosa rossa tra le braccia a cui era legato un altro biglietto rosso che lessi velocemente, famelica di scoprire la persona che si celava dietro ad un San Valentino così bello.
 
Voglio farla breve perché ti voglio tra le mie braccia proprio adesso, sono qui più vicino di quanto ti aspetti devi solo trovare la terza rosa, devi trovare me
-il tuo non più anonimo
 
Il respiro scomparve e il cuore prese a battere ancor più frequentemente lasciandomi intuire un possibile infarto, chiunque fosse lo avrei picchiato per tutti i colpi che mi stava rifilando, l’uno dopo l’altro senza tregua.
Sorrisi vagando per la sala che fungeva da ‘sala relax’ per gli studenti, in fondo a destra campeggiavano numerosi divanetti e tavolini in legno dove sedersi e prendersi qualcosa da mangiare e bere per passare il pomeriggio, al lato opposto una televisione a schermo piatto era saldata alla parete bordeaux e il bancone per bibite e cibi vari era sulla sinistra appena dopo l’entrata segnata da un aperto passaggio ad arco.
Il mio anonimo sarebbe dovuto essere facile da individuare, ma dopo alcuni minuti mi trovai a cercare come un’ossessa tra i divanetti, temendo nuovamente in un qualche scherzo.
Quando stavo per arrendermi, dei petali rossi catturarono la mia attenzione e dirigendomi verso il bar, dietro la colonna vidi finalmente colui che si era firmato il mio anonimo.
Rimasi di pietra quando lo vidi, sorridente camminare verso di me con in mano la terza rosa rossa mancante, cos’era una candit camera?!
Niente meno che Justin Drew Bieber mi stava a un mezzo metro di distanza e quella rosa che teneva era proprio per me, che morivo al solo vederlo.
I capelli biondi erano tirati su in una morbida e scombinata cresta, gli occhi mielati mi fissavano sinceri e le labbra lucide sembravano chiamarmi per assaggiarle e posare in un dolce bacio le mie.
Era vestito stupendamente come suo solito, le scarpe bianche si abbinavano alla t-shirt che aveva messo sotto una giacca di jeans dalle rifiniture rosse, i pantaloni dal cavallo rigorosamente basso gli rivestivano perfettamente i fianchi magri e sinuosi, lasciando che la maglia attillata rivelasse il profilo tonico degli addominali, era un gran bel pezzo di ragazzo.
-per te- mi porse la rosa timidamente, abbandonando la sua aria da figo e presuntuoso e rivelandosi come il ragazzino dolce dalle guancie rosee che avevo conosciuto durante una gita in montagna tra la mia e la sua famiglia.
Io ero la migliore amica di sua sorella Jazmine, al tempo delle medie prima che si trasferissero in America lasciando il Canada dove entrambi eravamo cresciuti.
Quando lo conobbi subito una scintilla era scattata nonostante io frequentassi la seconda media e lui il primo superiore, potei capire a cosa si riferisse la frase ‘sentimenti inespressi sono rimasti fra noi due’.
La verità? Io ero ancora cotta di lui, ogni volta che lo vedevo passeggiare a scuola nei corridoi affollati nella sua ora di ricreazione, sentivo qualcosa allo stomaco che mi spingeva a sorridere e quasi a corrergli incontro abbracciandolo, ma fino ad allora non pensavo potesse ricambiare dopo tutti quegli anni.
-felice che sia io il tuo anonimo?- mi domando accorciando le distanze e leccandosi le labbra per inumidirle, lo faceva sempre quando era nervoso.
Sorrisi facendogli intuire che non doveva sentirsi agitato con me, in fondo sapevo che lui era pienamente consapevole della mia cotta per lui, lo sapeva ma il suo ego voleva sentirselo dire.
-si, ma credo tu già sappia cosa mi provochi- gli sussurrai avvicinandomi a lui, incitandolo ad un contatto fra noi che avvenne tempestivamente, mi prese infatti per i fianchi lasciando tra noi qualche centimetro di distanza che ora più che mai volevo annullare.
Non si mostrò sorpreso della mia audacia, sapeva che tipo di ragazza fossi, sicura di se ma non abbastanza presuntuosa da mostrarlo agli altri, ecco spiegato il mio odio verso le attenzioni altrui.
-e cosa ti provoco?- chiese immergendo il volto nel mio collo, piegandosi leggermente per arrivare alla mia altezza, e soffiando leggermente sulla pelle accaldata dalla sua vicinanza.
Baciò lentamente la pelle facendo scorrere le labbra su per la spalla, la clavicola, il collo fino al lobo dell’orecchio che succhiò e morse provocandomi gemiti.
-è questo che ti provoco?- lo sussurrò con il desiderio e la passione nella voce, sorrise quando annuii persa nelle sue attenzioni, avevo detto che odiavo le attenzioni altrui non quelle di Justin.
Ero stanca del suo giochicchiare con me e le mie reazioni, era il suo turno per soffrire e intanto io mi sarei tolta un peso, mi avvicinai lenta baciandogli prima il mento lentamente, mettendoci passione, poi arrivai alle sue labbra piene che assaporai vogliosa, volendone di più desiderando ardentemente il suo tocco sulla pelle.
Attaccai i nostri bacini con uno scatto inaspettato e Justin gemette –è questo quello che ti provoco?- ridacchiai copiando la domanda che aveva rivolto precedentemente a me.
-piccola, tu mi provochi molto di più- mi inchiodò alla parete bruscamente e in modo dannatamente sensuale, e fu il mio momento di gemere provocando in lui piacere.
Mi fece sentire la sua erezione premere contro la mia coscia e sorrise osservando la mie espressione stupefatta, quel coso doveva essere enorme!
Non perse tempo e mi strinse a se fino al limite introducendo con mio consenso la lingua nella mia bocca e presto si trovarono, accarezzandosi e bramandosi, come io desideravo lui e non solo il suo corpo.
Strinse la presa sul mio sedere, aumentando il tasso di passione nell’aria –ci scopriranno e ci vedranno- dissi guardando verso la sala principale dove i clienti giungevano inconsapevoli di ciò che sul retro stava succedendo tra me e Justin.
-che guardino pure, non mi importa di niente se non di te ora.- sorrise mettendomi i brividi, era talmente dolce e passionale, era perfetto in tutti i sensi.
- voglio che sia solo tra me e te- gli confessai baciandolo ancora e ancora, aggrappandomi a lui mentre si dirigeva verso i divanetti.
-scherzavo piccola sarà speciale, solo io e te- mi sussurrò poggiandomi sulla stoffa morbida.
Lo guardai liberarsi dei vestiti, e non lo persi di vista neanche un attimo, nemmeno quando mi travolse il piacere e lo osservai rapita mentre il sudore gli imperlava la fronte e mentre corrugava le sopracciglia folte, lo osservai in ogni singolo particolare ringraziando Alena per avermi spinto ad incontrarlo.
-grazie di essere il mio anonimo-.

 
questa è la mia prima one shot e spero vivamente vi sia piaciuta, l'idea mi è venuta prendendo spunto da quello che  mi è realmente successo il giorno di San Valentino, ma diciamo che non è finita così, avrei davvero voluto fosse stato Justin a mandarmi la rosa!
non ho più niente da dire se non avvisare i lettori della mia ff 'confident' link --->( http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2340442&i=1) che aggiornerò tra molto poco, mi scuso in anticipo per il ritardo.
e naturalmente mi farebbe molto piacere ricevere qualche recensione!
-sara
   
 
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