Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: smile_please    16/02/2014    2 recensioni
"Mi misi le mie calde ciabatte anche se non avevo mai sofferto il freddo.
Il freddo era da sempre stato il mio migliore ed unico vero amico... Fino a quel giorno."
Salve a tutti, questa è la prima storia che pubblico, probabilmente sarà piena di errori, periodi con poco senso e cose simili, quindi perdonatemi. Quello che ho scritto è una one shot su una giornata di Elsa adolescente ed i suoi tristi pensieri. Va be', so che non vi importa tanto quindi vi lascio alla storia! ^^
-smile_please
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Anna, Elsa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Alla mia sorellina, che mi chiede sempre di giocare con lei.
***
-Elsa svegliati, svegliati! Giochiamo assieme!- disse vivacemente Anna.
-Mmmh... Anna vai a giocare da sola!- risposi assonnata.
La mia sorellina riflettè qualche istante e dopo mi sussurò all'orecchio:
- Facciamo un pupazzo insieme?-
Aprii un'occhio sorridendo e risposi:
-E va bene, ma solo uno- 
Ma sapevamo entrambe che  il divertente gioco sarebbe durato tanto come al solito.
Mi misi le mie calde ciabatte anche se non avevo mai sofferto il freddo. 
Il freddo era da sempre stato il mio migliore ed unico vero amico... Fino a quel giorno.
Iniziammo a correre per i corridoi del castello ed arrivammo dentro la nostra stanza preferita: 
l'avevamo chiamata la Stanza dell'Inverno. Pensai al freddo, ai pupazzi di neve e subito dopo sentii un piccolo brivido partire dal cuore ed espandersi per tutto il corpo: in un attimo la stanza fu ricoperta da neve e ghiaccio.
Ci mettemmo a giocare, ma avvenne l'impensabile: Anna si divertiva a saltare da un cumolo di neve all'altro mentre li creavo con un mio pensiero. Ma arrivata ad un certo punto, mentre ne stavo creando uno, scivolai sul mio stesso ghiaccio e vidi Anna lanciarsi fiduciosa dall'ultimo cumolo. Non sarei mai riuscita a crearne in tempo un altro! Spaventata gridai:
-Oh, no!- e nel tentativo di salvarla la colpii con i miei poteri alla fronte.
 La piccola cadde a terra svenuta ed io gridai in preda al panico:
- Mamma, papà!- e poi sussurai ad Anna col cuore spezzato:
-Scusami Anna... Non volevo farti del male-
Ero stata un'incosciente. Come potevo pensare che i miei poteri potessero essere sempre sicuri e divertenti? Ero pericolosa.
Alcuni brividi involontari mi attraversarono il corpo, e iniziò una piccola bufera di neve intorno a me mentre alcune lacrime iniziarono a scorrermi sul viso. 
Dopo attimi che sembravano secoli, mamma e papà arrivarono.
La mamma prese in braccio Anna ma papà mi gridò contro:
-Tu non sei mia figlia, sei un mostro! Sei un strega venuta per ucciderci tutti, vattene via dalla mia famiglia!-
Anna aprì leggermente gli occhi con le poche forze che aveva e sussurò rivolta a me:
-Papà ha ragione... Sei una strega, non sei mia sorella-

Aprii gli occhi e mi accorsi che avevo pianto nel sonno. La luce entrava fioca dalla finestra della mia stanza e la temperatura era sottozero. Mi alzai di scatto, mi guardai intorno e vidi una tempesta di neve sopra il mio letto a baldacchino. Sospirai: avevo fatto l'incubo che mi tormentava da anni. 
Mi misi a sedere e mi asciugai le lacrime che scorrevano lungo il mio pallido viso.
Ormai io avevo 16 anni e mia sorella ne aveva 13, ma ancora ero arrabbiata con me stessa, per questo facevo ogni
notte quell'incubo: un triste ricordo che prendeva sempre la stessa brutta piega...
Ma immaginavo che se i pensieri delle persone potessero parlare, il giorno dell'Incidente sarebbero stati quelli.
Cercai di calmarmi e canticchiai con voce mesta la filastrocca che papà mi aveva insegnato da piccola:
-Celare... Domare... Non mostrare-
La piccola bufera si calmò, ma intorno a me c'era del ghiaccio che non era mai andato via da quando ero chiusa in questa stanza.
Sbuffai, mi alzai dal letto e guardai fuori dalla finestra: erano solo le 7:30, ma tutti gli abitanti di Arandelle erano
già in piedi da un pezzo. Era inverno quindi la neve cadeva lieve sopra i tetti delle case, mentre alcuni bambini si divertivano a giocare con la neve. Mi chiesi come ci si sentisse ad essere normale. Mi immaginai con un ragazzo accanto a me, magari che avesse i miei stessi poteri... Chissà se esisteva qualcuno simile a me... Scossi la testa e mi dissi che nessuno avrebbe mai voluto accanto un mostro... Poi non esisteva nessuno simile a me... Mi chiesi se mamma e papà mi tenessero con loro solo perchè avevano paura che potessi scatenare un inverno perenne con la mia furia. Avvertii il familiare rumore del ghiaccio e subito dirottai i miei pensieri: sapevo che se avessi continuato, la piccola tormenta sarebbe tornata e non sapevo se sarei riuscita a fermarla di nuovo. Sentii bussare alla porta e risposi:
-Avanti!-
Entrò mamma con il vassoio della colazione ed un libro, li poggiò sopra la mia scrivania e  provò ad abbracciarmi
 ma la bloccai dicendo:
-Mamma, ti prego, non rendere tutto più difficile. Non voglio che accada di nuovo ciò che...-
Iniziò a scorrermi una lacrima lungo una delle mie guancie, ma mi ripresi subito e lasciai cadere la frase.
Mamma mi sorrise e disse:
-Calmati tesoro, tu sei una brava persona e io so che tu non faresti mai del male a nessuno.
Vedrai che un giorno riuscirai a controllare il tuo potere-
Fece una pausa e continuò, riferendosi a ciò che aveva portato:
-Ti ho portato un nuovo libro da leggere, così hai qualcosa da fare durante la giornata-
Le sorrisi e risposi sincera con una frase che mi uscì dal cuore:
-Grazie mamma, ti voglio bene-
Un po' del ghiaccio che c'era nella stanza si sciolse per magia, anche se in alcuni punti insisteva a rimanere,
come se facesse parte dei mobili e delle pareti della stanza.

Nel pomeriggio, mentre leggevo sopra la mia poltroncina in compagnia di una lieve nevicata
evocata per sbaglio dopo pranzo, mi venne a fare visita Anna come sempre. 
Recitò la sua filastrocca incitandomi ad uscire, ma non le risposi come sempre a malincuore. 
Passò un minuto silenzioso dove aspettava speranzosa che uscissi, anche se sapeva già che quella maledetta porta non si sarebbe mai aperta.
Improvvisamente fece una cosa mai fatta prima; disse con una punta di tristezza nella voce:
-Elsa... Mi manchi, ma sappi che io ti aspetto sempre- e detto questo sentii i suoi lenti passi trascinati allontanarsi dalla porta.
Chiusi il libro e mi strinsi le braccia al petto, piena di dolore. Pensai di aver capito tutto dell'espressione
"spezzare il cuore", poichè Anna era riuscita ad aumentare l'intensità della nevicata e mi aveva anche provocato un forte dolore al petto, diverso da quello che provavo prima di usare i miei poteri. Quello che provavo di solito lo  avevo definito una forma di liberazione, come se avessi dentro di me un po' di inverno che voleva uscire, stanco come me di rimanere rinchuso dentro una stanza (o meglio, una gabbia).  Il dolore provocato da Anna era una forma di tortura, perchè sapevo che lei aveva fatto (e avrebbe continuato a fare) qualsiasi cosa per me ed io l'avevo ringraziata così: prima quasi uccidendola e poi ingnorandola per anni. Non la vedevo da 10 anni, mi ricordavo poco del suo aspetto. Avevo solo il ricordo di una bambina di 3 anni con dei capelli color del sole quando tramonta e delle piccole lentiggini sparse qua e là che la rendevano dolcissima. Mi chiesi quanto fosse alta ora, se avesse tagliato i capelli o fossero diventati più scuri. Cercai di ricordarmi il colore dei suoi occhi, ma non riuscivo a ricordare se fossero blu, il colore del mio abito e del mare che vedevo giornalmente dalla finestra della mia stanza o verdi, il colore della speranza, la speranza di rivederla.
  
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