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Autore: Drew    18/06/2008    4 recensioni
"Da ragazzo di certo non avevo idea di dove la vita mi avrebbe portato: mi aspettavo stabilità, serenità, eppure il brivido, la paura stessa, mi mancavano terribilmente. Non riconoscevo neanche più il mio riflesso nello specchietto a destra dell’auto. Il solo segno di quei tempi tanto difficili quanto stupendi era la cicatrice e grazie al cielo questa non mi aveva mai abbandonato[...]-"
Sulle note di "Stop & Stare" dei OneRepublic
Genere: Romantico, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Harry/Hermione
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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La Storia di Un Bacio

Spendo giusto due parole per spiegare quest’altra one-shot. Purtroppo scrivere fanfictions è diventata un’impresa quasi impossibile a causa del poco tempo libero durante scuola e dei piccoli dilemmi esistenziali, necessari per una diciassettenne. Quindi meglio non fare promesse che non posso mantenere: non ho la minima idea di quando pubblicherò nuovi racconti.

Tornando alla ficcy: è divisa in due parti, la prima ha come fulcro il punto di vista di Hermione, la seconda quello di Harry. Ho cercato di creare anche una specie di evoluzione dei personaggi, non tanto fisica, quanto a livello di valori, anche se “evoluzione” è un termine improprio. Forse è più una normale fase di crescita e maturazione. Leggere per capire, direi.

Che altro dire? Mi sono servita di alcune espressioni tipicamente rowlinghiane in alcuni punti. Spero vi piaccia!

Dedicata alle persone che amo presenti, che se ne andranno e che se ne sono andate.

Sempre vostra,

Drew

 

Stop and stare

 

Eravamo a Grimmauld Place. Tutti quanti. Andavamo spesso lì per lui: voleva sentirsi più vicino a chi era ormai diventato suo padre, ma che, purtroppo, lo aveva lasciato troppo presto.

C’erano musica, festeggiamenti, ma anche commemorazione per i caduti durante quella terribile battaglia: Silente, Remus, Tonks… E sempre Sirius. Anche io mi sentivo molto vicina a lui. Forse perché ho sempre saputo la natura dei sentimenti di questo insolito padrino che amava tanto il suo figlioccio. Una natura pura e totalmente devota a quel ragazzo, quasi fosse realmente figlio suo.

I rumori delle conversazioni e i suoni dei violini e delle trombe riecheggiavano per tutta la casa. Poi me ne accorsi: lui non c’era. Cercai di individuarlo con lo sguardo in mezzo alle persone che parlavano, ridevano con i boccali mezzi pieni di burrobirra e vino babbano, ma non lo vidi. Così mi mossi per la stanza con il mio bicchiere di succo di zucca tra le mani, facendo attenzione a non farne cadere neanche una goccia. Tutte le stanze che attraversavo erano gremite di persone, alcune persino sconosciute e fui sorpresa da come quella casa sembrasse viva, quasi allegra.

Non capirò mai perché, quando si vuole ricordare qualcuno che non c’è più, bisogna bere e divertirsi: è una cosa contro natura, secondo me. Eppure io ero lì. Per lui.

Chiesi a Ronald se lo avesse visto, ma mi rispose ciò che temevo e sospettavo. Ci scambiammo un’occhiata rapida, ma significativa.

-Vai pure a cercarlo, Hermione.- mi disse stampandomi un bacio fugace sulle labbra. Sapeva di burrobirra.

Gli feci un cenno con il capo, poi gli lasciai continuare la conversazione con un certo Mitch non-ricordo-cosa, un nuovo auror.

 

This town is colder now, I think it’s sick of us

It’s time to make our move, I’m shakin’ off the rust

I’ve got my heart set on anywhere but here

I’m staring down myself, counting up the years

Steady hands, just take the wheel…

 

Uscii anche da quella stanza e iniziai a vagare per la casa.

Posai il bicchiere di succo sul primo mobile che incontrai. Poi salii le scale lentamente, voltando ripetutamente la testa verso gli scalini che avevo già percorso, come se mi aspettassi che lui comparisse all’improvviso alle mie spalle.

Bussai alla prima porta che incontrai sul pianerottolo: nulla. Vi entrai: un letto a baldacchino sulla sinistra, una finestra con tende candide, nuove forse. Vuota, lui non era lì.

D’un tratto, ebbi come un’illuminazione: la stanza dell’albero dei Black! Come avevo fatto a non pensarci? Percorsi velocemente le scale ed aprii la porta della stanza, senza nemmeno bussare:

-Harry!-

Vuota. Non era possibile. Dove diamine si era cacciato?

 

And every glance is killing me

Time to make one last appeal… for the life I lead

 

-Mi stavi cercando?-

La sua voce, dietro di me. Mise le sue mani sopra i miei occhi.

-Ti ho trovato?- gli chiesi, stando al gioco.

-Tu che dici?-

-Ma devo veramente indovinare chi sei?- gli chiesi, quasi seccata. Non poteva credere che io non lo riconoscessi, proprio io.

-Non penso ce ne sia bisogno… ma se vuoi…- lo sentii ridere.

-Piuttosto… come stai?- gli chiesi spostando con le mie mani le sue. Mi voltai: -Tanti ricordi, eh?-

-Sì…- ammise incupendosi, - forse troppi.-

-Finalmente però questo è tutto tuo. Hai ancora intenzione di lasciare la casa al Ministero?-

-Sì, direi di sì.-

Sguardo basso. Gli occhi smeraldo offuscati da un velo di malinconia e dolore.

-Ron? Dove l’hai lasciato?- se ne uscì, cercando di pensare ad altro e guardandomi dritto negli occhi.

-Sta parlando con un tizio… mai visto prima d’ora…- commentai, voltandomi in direzione della sala in cui i due chiacchieravano, poco lontano da dove ci trovavamo.

-Non ti piace, eh?-

-Chi? Mitch? No, affatto. Ma Ronald sembra adorarlo… Ginny?- chiesi d’un tratto.

-Non ha potuto venire. Aveva qualcosa da fare per il Quidditch, credo.-

Riabbassò lo sguardo.

-Oh Harry, ma come stai davvero?- chiesi preoccupata, posando una mano sulla sua spalla.

Sorrise. Un sorriso sbieco, appena percettibile, ma bellissimo.

 

Stop and stare

I think I’m moving but I go nowhere

Yeah I know that everyone gets scared

But I’ve become what I can’t be, oh

 

-Lo sposerai?-

Gli occhi smeraldo fissi nei miei.

-Chi?- domandai, colta alla sprovvista.

-Ron, Hermione. Lo vuoi sposare?-

-Oh, Harry…- entrai nella stanza dell’albero dei Black, incredula, sbigottita, -Che domanda è?-

Lui mi seguì, stando sempre almeno due passi dietro di me.

-Legittima, direi. Perché? Non lo vuoi sposare?- chiuse la porta.

-Non mi pare stessimo parlando di questo…- cercai di sviare. Poi, mi voltai, tenendo lo sguardo fisso sull’albero della parete, sicura di ciò che stavo per dire, quasi strafottente:

-Tu invece? Sposerai Ginny?-

-Sì.- ammise con molta semplicità, quasi la mia domanda fosse assurda.

-Anch’io!- sbottai guardandolo.

-Anche tu sposerai Ginny?- ridacchiò.

Risi a mia volta:

-Certo… preferirà sicuramente me, a te, Potter. Lo sai bene.- scherzai.

-Chi?- si avvicinò, -Ginny o Ron?-

Sorrisi, mentre la distanza fra i nostri due corpi diminuiva. Capii allora che non aveva intenzione di scherzare. Non quella volta.

Per un attimo sentii qualcosa, un brivido lungo la schiena, una forza che mi spingeva verso di lui. Era qualcosa di nuovo, pericoloso, ma che, stranamente, non mi spaventava. Era come se fosse normale volerlo, volere lui.

-Forse, è meglio se torniamo con gli altri. Non ti sei fatto vedere neanche da Ron.- dissi convinta, superandolo per arrivare alla porta. Mi trattenne per un braccio:

-Fermati.-

Mi bloccai. Il tono della sua voce era diventato improvvisamente serio ed era così… sensuale. Avrebbe potuto dirmi di buttarmi fuori dalla finestra: in quel momento l’avrei fatto.

-Guardami.- continuò.

Lo guardai. Attentamente. E per la prima volta lo vidi come non lo avevo mai visto. Era bello. Quel fisico ormai cresciuto, alto, gli occhi smeraldo contornati da quegli occhiali tondi, la sua stretta decisa intorno al mio braccio, ma a suo modo dolce.

-Non sarebbe giusto, Harry.- sibilai continuando a fissarlo, - Lo sai.-

Con la mano libera gli accarezzai il viso, partendo dai capelli color pece per poi soffermarmi sulle sue labbra. Lasciai l’indice e il pollice nell’aria, sfiorando appena quella sua bocca morbida. Lo osservai mentre chiudeva gli occhi.

-Andiamo- gli sussurrai interrompendo qualsiasi contatto con lui e uscendo.

 

Stop and stare

You start to wonder why you’re ‘here’ not there

And you’d give anything to get what’s fair

But fair ain’t what you really need

Oh, can you see what I see

 

 

19 anni dopo

 

-Ginny, io esco. Prendo l’auto.-

-Va bene, ci vediamo dopo.-

Diciannove anni. Diciannove anni lontano dalla mia Hogwarts, da quell’unica casa che sentivo mi appartenesse e a cui io appartenevo. Diciannove anni lontano dalla mia libertà.

Mi precipitai fuori dalla porta di casa e salii in macchina: ero diventato un babbano con i fiocchi se non fosse stato per il mio lavoro. Da ragazzo di certo non avevo idea di dove la vita mi avrebbe portato: mi aspettavo stabilità, serenità, eppure il brivido, la paura stessa, mi mancavano terribilmente. Non riconoscevo neanche più il mio riflesso nello specchietto a destra dell’auto. Il solo segno di quei tempi tanto difficili quanto stupendi era la cicatrice e grazie al cielo questa non mi aveva mai abbandonato.

Accesi il motore dell’auto e partii. Adoravo fare un giro dopo cena, specie quando i bambini si erano finalmente addormentai. In cuor mio sapevo che per quanto James, Al e Lily avessero potuto amare quella scuola, non avrebbero mai provato ciò che provavo io. Per me Hogwarts era la mia vita. Per loro sarebbe stata solo una tappa che avrebbero superato da lì a qualche anno. E James aveva solo cominciato

Semaforo rosso.

Pensiero dopo pensiero ero arrivato proprio nel cuore di Londra. La città vista dal basso, vista da un babbano, era molto diversa da come ero abituato a vederla, ma mi piaceva andarmene a zonzo, verso nessuna destinazione. Adoravo tutto ciò che incontravo: le luci, il marciapiede, la miriade di persone che popolavano le strade, il venditore di giornali, il tizio che reggeva un cartello pubblicitario, le due suore che camminavano a braccetto, Hermione…

Semaforo verde.

Hermione? Era Hermione quella donna che avevo visto?

Parcheggiai l’auto come meglio potevo, in doppia fila, sicuro che di certo mi sarei ritrovato con una bella multa. Poi percorsi tutto il marciapiede di corsa, nella direzione in cui ero arrivato. I lembi del mio impermeabile nero mossi dai miei movimenti infastidivano i passanti, ma io non me ne curavo. Avevo visto Hermione alla fermata di King’s Cross mesi premi e forse, questa volta, sarei riuscito a parlare con lei veramente, o almeno speravo in qualche parola in più di un semplice “tutto bene. I tuoi bambini?”

Riconobbi dei riccioli color cioccolato danzare, supportati da un giubbotto marrone scuro.

-Hermione.- la chiamai ad alta voce, rallentando finalmente il passo.

Si fermò e mi fissò. Oddio com’era bella: magra, longilinea, gli occhi nocciola ancora luminosi, intensi e contornati dai primi segni del tempo. Era ancora quel vulcano attivo, adorabile e un po’ saccente che avevo conosciuto più di vent’anni prima. Ero cambiato anch’io, logicamente: il mio fisico era meno atletico, i tratti del viso si erano fatti più duri e lasciavo crescere una leggera barba nera sul volto.

-Harry!- comparve un sorriso sulle sue labbra, -Che ci fai qui?- mi chiese abbracciandomi.

-Che ci fai tu qui, Granger?-

-Ho appena finito di cenare con un’amica.- disse imitando con delle smorfie il sapore del cibo che di sicuro non aveva apprezzato, -E credo che declinerò ogni prossimo suo invito.-

Ridemmo.

-Hai fretta?- le chiesi, sperando in una sua risposta negativa.

Osservò l’orologio da polso.

-Er… No. Posso trattenermi ancora un po’.-

-Bene.- la presi sotto braccio e la condussi al Cafe Boheme, il mio preferito di tutta Londra.

Mentre camminavamo una pioggia leggera inizio a bagnarci, così dovemmo muoverci più velocemente. Passo dopo passo, parlammo dei nostri piccoli drammi famigliari, di quanto Ginny fosse presente ora che scriveva per la Gazzetta e di quanto Ron avesse messo su peso negli ultimi due anni.

Una volta entrati, prendemmo posto nel primo tavolino che trovammo libero, accanto all’entrata ed esattamente di fronte all’ampia vetrata del locale. Da lì, potevamo vedere tutta la vita di Londra.

 

They’re tryin’ to come back, all my senses push

Un-tie the weight bags, I never thought I could…

Steady feet, don’t fail me now

Gonna run till you can’t walk

But something pulls my focus out

And I’m standing down…

 

-Allora… come ti senti ora, Harry?- chiese lei.

Strinsi tra le mani la mia tazza di capuccino bollente, coccolandomi nel mio dolcevita verde scuro e osservando quanto quel semplice golfino azzurro le stesse bene.

-Sto bene, Hermione.- risposi prendendo un sorso. Sapevo esattamente doveva sarebbe andata a parare.

-Quanto bene?- disse, imitandomi con la sua tazza di cioccolata fondente.

-Abbastanza.-

-Oh, Harry. Hai una famiglia, tanti amici, un buon lavoro e c’è ancora qualcosa che ti rende la vita, come si può dire?, incompleta…- sbottò.

Com’era vero.

-Non voglio sembrarti un ingrato…-

-Non penso che tu sia un ingrato, affatto. – mi interruppe, -So che ami e che vivi per quello che hai ottenuto. Ma non ti basta, è così?-

Odiavo questo di lei: riusciva a capirmi, bene, troppo bene. E io non dovevo neanche fare la fatica di spiegare ciò che sentivo dentro.

-Rivoglio l’adrenalina, Hermione.- poggiai quasi di colpo la tazza sul tavolino, -Rivoglio poter sentire nelle vene il sangue pompare a mille, poter urlare al mondo che sono vivo…- mi stavo infervorando, - Poter dire che Voldemort è morto, che io sono…-

-Harry!- mi interruppe lei, zittendomi, -Non esagerare… Ci stanno guardando.-

-Penserai che sono un’idiota…-

-Oh, ce ne sono di peggiori, sai?- sorrise.

Mi lasciai andare sulla sedia, con lo sguardo basso, pentendomi di aver avuto una reazione simile davanti a lei. Forse l’avevo spaventata.

-Non sei cambiato di una virgola, Potter.- mi confessò allungando una sua mano verso la mia, -E, credimi, ho capito. Da ragazzi i più sognano un futuro ricco di emozioni, di novità e di scoperte, tu invece… oh Harry… tu hai già avuto tutto questo… L’hai avuto a partire dai tuoi undici anni… E ora che hai trovato la normalità, non la vuoi più. L’irrealizzabilità è ciò che rende i sogni tanto belli. Tu li hai raggiunti, forse troppo presto.-

Non era vero: non li avevo raggiunti tutti.

 

Stop and stare

I think I’m moving but I go nowhere

Yeah I know that everyone gets scared

But I’ve become what I can’t be, oh

 

Strinse forte la mia mano. Poi mi chinai sul tavolino, verso di lei, come se stessi per confessarle un segreto che non avevo mai rivelato a nessuno.

-Se penso che non sentirò mai più quelle sensazioni, che non potrò più sentire il sentimento che mi rendeva così vivo, mi sento morire. Sono diventato quello che non posso essere, Hermione...-

-Sei un padre, Harry. Non puoi dire di non poter essere un padre. E un marito. Un ottimo marito. Non puoi…-

-Io non sono così.- affermai deciso, -Non sono così.-

Il suo sguardo si fece preoccupato:

-Ginny lo sa? Sa quello che stai provando?-

Feci cenno di no con la testa.

-Oh Harry, devi dirglielo.- mi rimproverò.

-Non capirebbe.-

-Tu provaci, diamine.- insistette.

-Lei non è te.- me ne uscii.

 

Stop and stare

You start to wonder why you’re here not there

And you’d give anything to get what’s fair

But fair ain’t what you really need

Oh, you don’t need

What you need, what you need…

 

Non avrei dovuto dirlo, lo so. Ma era ciò che sentivo. Amavo Ginny, l’amavo davvero. Ma Hermione era sempre Hermione. Hermione era l’unica che mi capiva senza che ci dovessimo nemmeno rivolgere la parola, era l’unica che sapeva come farmi ridere, era l’unica che era in grado di comprendere quando e quanto ero trattabile su determinati argomenti, era l’unica che mi conosceva per quello che ero, era l’unica che mi amava per quello che ero. Era la donna della mia vita. E lo sapevamo tutti e due.

-Sinceramente, questa è grossa, Potter.- rise.

-Non minimizzare.- la ammonii.

Sciolse il contatto con la mia mano e lasciò perdere la tazza di cioccolata, mezza piena.

-Tu…- iniziò, ma non la lasciai finire.

-Non credo di dovermi spiegare meglio, con te.-

-No, infatti. Ormai siamo adulti, Harry…-

-Sì, anagraficamente ho trentasei anni…- questa volta fu lei a non lasciarmi terminare.

- Io trentasette. Sono mamma di due splendidi bambini, ho un marito che adoro e mi piace il mio lavoro, quindi…-

-No.- sbottai alzandomi. Infilai velocemente il mio impermeabile, lasciai dei soldi sul tavolo e uscii.

Feci pochi passi sotto alla pioggia flebile, quando udii la sua voce che mi chiamava: non rallentai.

-Harry, fermati e guardami.-

-No.-

-Per l’amor del cielo, Harry, non fare il bambino.- disse quasi in tono di supplica, fermandosi sul marciapiede.

Mi fermai a mia volta e la fissai dritto negli occhi:

-Non ho intenzione di lasciartelo fare, Hermione. Non voglio spiegazioni razionali. Parli come se avessimo già vissuto tutto quello che dovevamo vivere. Sono diciannove anni che cerco una spiegazione razionale che giustifichi la mia vita fino ad adesso e ti giuro che se non fosse per i miei figli e per Ginny, non riuscirei nemmeno a trovare il coraggio per guardarmi in faccia. E questa volta non voglio che sia tu a giustificare quello che ho dentro.-

Abbassò lo sguardo, ma non mi fermai: -Mi sembra di vivere dentro una gigantesca farsa, messa in piedi solo per rendermi felice, quasi fossi veramente un bambino che ha bisogno di affetto. Ho incontrato degli ostacoli da ragazzo, certo, forse più grandi rispetto a quelli degli altri ragazzi della mia età, ma li ho superati, e tu ne sei testimone, prima tra tutti… Non è questa la vita che volevo. Non era la normalità che andavo cercando, ma era l’amore. Un’amore tanto passionale quanto tenero, tanto profondo quanto incondizionato, un’amore che è diverso dall’amore per i figli e un’amore che non è ciò che provo per Ginny. Un’amore che probabilmente non esiste…-

Alzò lo sguardo, avendo finalmente realizzato ciò che stavo per dire.

-… se non fosse per te.-

 

Stop and stare

I think I’m moving but I go nowhere

Yeah I know that everyone gets scared

But I’ve become what I can’t be

Oh, do you see what I see…

 

-Oh Harry.-

-Vedi, adoro anche questo. Adoro quando metti quell’“oh” prima di dire il mio nome…-

Finalmente lo sentii. Dopo diciannove anni sentii di nuovo il sangue nelle vene, sentii quella forza che mi avrebbe permesso di attraversare l’oceano a mani nude, sentii quel senso di completezza con me stesso.

Le cinsi la vita con le braccia e la baciai. La baciai cercando di trasmetterle tutta l’energia che sentivo dentro, cercando di renderla partecipe di quel mondo di cui era la sola a possedere la chiave.

Poi sentii le sue mani nei miei capelli, allora la strinsi più forte e la sollevai appena da terra. Per quanto fossimo cambiati, cresciuti e forse invecchiati, eravamo gli unici rimasti tali e quali dentro, rispetto a come eravamo quando avevamo diciassette anni. L’amavo. L’avevo sempre amata, ma per volere nostro o per chissà quale strana sorte non eravamo mai riusciti a esprimere pienamente quello che provavamo l’uno per l’altra. Gli scherzi del destino…

-Harry.- allontanò il suo viso dal mio, all’improvviso, -Noi siamo sposati.-, disse cercando di cancellare con una mano le tracce di rossetto attorno alle sue labbra, tenendo lo sguardo chino.

-Sì.-, fu tutto quello che riuscii a dire.

-Ti ricordi a Grimmauld? La festa per i caduti?-

Feci cenno con la testa, senza pronunciare parola.

-Quando ti dissi che non sarebbe stato giusto baciarti, te lo ricordi?-

-Vagamente… - scherzai.

Rise appena:

-Mi sbagliavo. Adesso è ingiusto. Allora sarebbe stato normale.-

-Oh sì, avevamo l’età come attenuante.- continuai, cercando di smorzare i toni.

-Tu però mi avevi detto già allora che avresti sposato Ginny. Glielo avevi già proposto?-

-No. Lo feci il giorno dopo… Speravo sinceramente che tu tornassi sui tuoi passi, ma capii che dato che ti eri messa in testa una cosa, non avevo possibilità.-

-Eppure non penso che abbiamo sbagliato. Intendo, i nostri figli…-

-Sì, sono d’accordo.-

-Stiamo per fare un passo più lungo delle nostre gambe, lo sai? E se…-

 

Stop and stare

I think I’m moving but I go nowhere

Yeah I know that everyone gets scared

But I’ve become what I can’t be

Oh, do you see what I see…

 

-Fermati-

Pronunciai, poi mi portai dietro di lei e con le mani le coprii gli occhi.

Dovevo farle capire che anche lei poteva vedere quello che vedevo io, doveva rendersi conto che il nostro futuro non era finito.

La ammonii di tenere gli occhi chiusi e la feci voltare verso di me.

 

-Guardami-

  
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