Spendo
giusto due parole per spiegare
quest’altra one-shot. Purtroppo scrivere fanfictions
è diventata un’impresa quasi impossibile a causa
del poco tempo libero durante
scuola e dei piccoli dilemmi esistenziali, necessari per una
diciassettenne.
Quindi meglio non fare promesse che non posso mantenere: non ho la
minima idea di quando
pubblicherò nuovi racconti.
Tornando
alla ficcy:
è divisa in due parti, la prima ha come fulcro il punto di
vista di Hermione,
la seconda quello di Harry. Ho cercato di creare anche una specie di
evoluzione
dei personaggi, non tanto fisica,
quanto a livello di
valori, anche se “evoluzione” è un
termine improprio. Forse è più una normale
fase di crescita e maturazione. Leggere per capire, direi.
Che
altro dire? Mi sono servita di
alcune espressioni tipicamente rowlinghiane
in alcuni
punti. Spero vi piaccia!
Dedicata
alle persone che amo presenti,
che se ne andranno e che se ne sono andate.
Sempre
vostra,
Drew
Stop and stare
Eravamo
a
C’erano
musica, festeggiamenti, ma anche commemorazione per i caduti durante
quella
terribile battaglia: Silente, Remus, Tonks…
E sempre Sirius. Anche
io mi sentivo molto vicina a lui. Forse
perché ho sempre saputo la natura dei sentimenti di questo
insolito padrino che
amava tanto il suo figlioccio. Una natura pura e totalmente devota a
quel
ragazzo, quasi fosse realmente figlio suo.
I
rumori delle conversazioni e i suoni dei violini e delle trombe
riecheggiavano
per tutta la casa. Poi me ne accorsi: lui non c’era. Cercai
di individuarlo con
lo sguardo in mezzo alle persone che parlavano, ridevano con i boccali
mezzi
pieni di burrobirra e
vino babbano,
ma non lo vidi. Così mi mossi per la stanza con il mio
bicchiere di succo di
zucca tra le mani, facendo attenzione a non farne cadere neanche una
goccia.
Tutte le stanze che attraversavo erano gremite di persone, alcune
persino
sconosciute e fui sorpresa da come quella casa sembrasse
viva, quasi allegra.
Non
capirò mai perché, quando si vuole ricordare
qualcuno che non c’è più, bisogna
bere e divertirsi: è una cosa contro natura, secondo me.
Eppure io ero lì. Per
lui.
Chiesi
a Ronald se lo avesse
visto, ma mi rispose ciò che
temevo e sospettavo. Ci scambiammo un’occhiata rapida, ma
significativa.
-Vai
pure a cercarlo, Hermione.- mi disse stampandomi un bacio fugace sulle
labbra. Sapeva
di burrobirra.
Gli
feci un cenno con il capo, poi gli lasciai continuare la conversazione
con un
certo Mitch non-ricordo-cosa,
un nuovo auror.
This town is colder now,
I think it’s sick of us
It’s time to make our move,
I’m shakin’
off the rust
I’ve got my heart set on anywhere but
here
I’m staring down myself, counting up
the
years
Steady
hands, just take the wheel…
Uscii
anche da quella stanza e iniziai a vagare per la casa.
Posai
il bicchiere di succo sul primo mobile che incontrai. Poi salii le
scale
lentamente, voltando ripetutamente la testa verso gli scalini che avevo
già
percorso, come se mi aspettassi che lui comparisse
all’improvviso alle mie
spalle.
Bussai
alla prima porta che incontrai sul pianerottolo: nulla. Vi entrai: un
letto a
baldacchino sulla sinistra, una finestra con tende candide, nuove
forse. Vuota,
lui non era lì.
D’un
tratto, ebbi come un’illuminazione: la stanza
dell’albero dei Black! Come avevo
fatto a non pensarci? Percorsi velocemente le scale ed aprii la porta
della
stanza, senza nemmeno bussare:
-Harry!-
Vuota. Non
era possibile.
Dove diamine
si era cacciato?
And every glance is killing me
Time to make one last appeal… for
the life
I lead
-Mi stavi cercando?-
La sua voce, dietro
di me.
Mise le sue mani sopra i miei occhi.
-Ti ho trovato?- gli
chiesi,
stando al gioco.
-Tu che dici?-
-Ma devo veramente
indovinare
chi sei?- gli chiesi, quasi seccata. Non poteva credere che io non lo
riconoscessi, proprio io.
-Non penso ce ne sia
bisogno…
ma se vuoi…- lo sentii ridere.
-Piuttosto…
come stai?- gli chiesi
spostando con le mie mani le sue. Mi
voltai: -Tanti ricordi, eh?-
-Sì…-
ammise incupendosi, -
forse troppi.-
-Finalmente
però questo è
tutto tuo. Hai ancora intenzione di lasciare la casa al Ministero?-
-Sì, direi
di sì.-
Sguardo basso. Gli
occhi
smeraldo offuscati da un velo di malinconia e dolore.
-Ron?
Dove
l’hai lasciato?-
se ne uscì, cercando di pensare ad altro e
guardandomi dritto negli occhi.
-Sta parlando con un
tizio…
mai visto prima d’ora…- commentai, voltandomi in
direzione della sala in cui i
due chiacchieravano, poco lontano da dove ci trovavamo.
-Non ti piace, eh?-
-Chi? Mitch?
No, affatto. Ma Ronald
sembra adorarlo… Ginny?-
chiesi d’un tratto.
-Non ha
potuto venire. Aveva qualcosa da fare per il Quidditch,
credo.-
Riabbassò
lo sguardo.
-Oh Harry, ma come
stai davvero?- chiesi preoccupata,
posando
una mano sulla sua spalla.
Sorrise. Un sorriso
sbieco,
appena percettibile, ma
bellissimo.
Stop
and stare
I
think I’m moving but
I go nowhere
Yeah I know that everyone gets scared
But I’ve become what I
can’t be, oh
-Lo sposerai?-
Gli occhi smeraldo
fissi nei
miei.
-Chi?- domandai,
colta alla
sprovvista.
-Ron, Hermione. Lo
vuoi
sposare?-
-Oh,
Harry…- entrai nella
stanza dell’albero dei Black, incredula, sbigottita, -Che
domanda è?-
Lui mi
seguì, stando sempre
almeno due passi dietro di me.
-Legittima, direi.
Perché? Non
lo vuoi sposare?- chiuse la porta.
-Non mi pare stessimo parlando di
questo…- cercai di sviare. Poi, mi
voltai, tenendo lo sguardo fisso sull’albero della parete,
sicura di ciò che
stavo per dire, quasi strafottente:
-Tu invece? Sposerai Ginny?-
-Sì.-
ammise con molta
semplicità, quasi la mia domanda fosse
assurda.
-Anch’io!- sbottai
guardandolo.
-Anche tu sposerai Ginny?- ridacchiò.
Risi a mia volta:
-Certo…
preferirà sicuramente
me, a te, Potter. Lo
sai bene.- scherzai.
-Chi?- si
avvicinò, -Ginny
o Ron?-
Sorrisi, mentre la
distanza
fra i nostri due corpi diminuiva. Capii allora che non aveva intenzione
di
scherzare. Non quella volta.
Per un attimo sentii
qualcosa, un brivido lungo la schiena, una forza che mi spingeva verso
di lui.
Era qualcosa di nuovo, pericoloso, ma che, stranamente, non mi
spaventava. Era
come se fosse normale volerlo,
volere
lui.
-Forse, è
meglio se torniamo
con gli altri. Non ti sei fatto vedere neanche da Ron.- dissi convinta,
superandolo per arrivare alla porta. Mi trattenne per un braccio:
-Fermati.-
Mi bloccai. Il tono
della sua
voce era diventato improvvisamente serio ed era
così… sensuale. Avrebbe potuto
dirmi di buttarmi fuori dalla
finestra: in quel
momento l’avrei fatto.
-Guardami.-
continuò.
Lo guardai.
Attentamente. E per
la prima volta lo vidi come non lo avevo mai visto. Era bello.
Quel fisico ormai cresciuto, alto, gli occhi smeraldo
contornati da quegli occhiali tondi, la sua stretta decisa intorno al
mio
braccio, ma a suo modo dolce.
-Non sarebbe giusto,
Harry.-
sibilai continuando a fissarlo, - Lo
sai.-
Con la mano libera
gli
accarezzai il viso, partendo dai capelli color pece per poi soffermarmi
sulle
sue labbra. Lasciai l’indice e il pollice
nell’aria, sfiorando appena quella
sua bocca morbida. Lo osservai mentre
chiudeva gli
occhi.
-Andiamo- gli sussurrai
interrompendo qualsiasi
contatto con lui e uscendo.
Stop and stare
You start to wonder why you’re
‘here’ not
there
And you’d give anything to get
what’s fair
But fair ain’t
what you really need
Oh, can you see what I see
19
anni dopo
-Ginny,
io
esco. Prendo l’auto.-
-Va bene, ci vediamo
dopo.-
Diciannove anni.
Diciannove
anni lontano dalla mia Hogwarts, da quell’unica casa che
sentivo mi appartenesse e a cui
io appartenevo.
Diciannove anni lontano dalla mia libertà.
Mi precipitai fuori dalla porta di casa e salii
in macchina: ero diventato
un babbano con i
fiocchi se non fosse stato per il
mio lavoro. Da ragazzo di certo non avevo idea di dove la vita mi
avrebbe
portato: mi aspettavo stabilità, serenità, eppure
il brivido, la paura stessa,
mi mancavano terribilmente. Non riconoscevo neanche più il
mio riflesso nello
specchietto a destra dell’auto. Il solo segno di quei tempi
tanto difficili
quanto stupendi era la cicatrice e grazie al cielo questa non mi aveva
mai
abbandonato.
Accesi il motore
dell’auto e
partii. Adoravo fare un giro dopo cena, specie
quando
i bambini si erano finalmente addormentai. In cuor mio sapevo che per
quanto James, Al e Lily avessero potuto
amare quella scuola, non avrebbero mai provato ciò che
provavo io. Per me Hogwarts
era la mia vita. Per loro sarebbe stata solo una
tappa che avrebbero superato da lì a qualche anno. E
James aveva solo cominciato…
Semaforo rosso.
Pensiero dopo
pensiero ero
arrivato proprio nel cuore di Londra. La città vista dal
basso, vista da un babbano,
era molto diversa da come ero abituato a vederla,
ma mi piaceva andarmene a zonzo, verso nessuna destinazione. Adoravo
tutto ciò
che incontravo: le luci, il marciapiede, la miriade di persone che
popolavano
le strade, il venditore di giornali, il tizio che reggeva un cartello
pubblicitario, le due suore che camminavano a braccetto,
Hermione…
Semaforo verde.
Hermione? Era Hermione quella
donna che avevo visto?
Parcheggiai
l’auto come
meglio potevo, in doppia fila, sicuro che di certo mi sarei ritrovato
con una
bella multa. Poi percorsi tutto
il marciapiede di
corsa, nella direzione in cui ero arrivato. I lembi del mio
impermeabile nero
mossi dai miei movimenti infastidivano i passanti, ma io non me ne
curavo.
Avevo visto Hermione alla fermata di King’s
Cross
mesi premi e forse, questa volta, sarei riuscito a parlare con lei
veramente, o
almeno speravo in qualche parola in più di un semplice
“tutto bene. I tuoi
bambini?”
Riconobbi dei
riccioli color cioccolato danzare, supportati da un
giubbotto marrone
scuro.
-Hermione.- la
chiamai ad
alta voce, rallentando finalmente il passo.
Si fermò e
mi fissò. Oddio
com’era bella: magra, longilinea, gli occhi nocciola ancora
luminosi, intensi e
contornati dai primi segni del tempo. Era ancora quel vulcano attivo,
adorabile
e un po’ saccente che avevo conosciuto più di
vent’anni prima. Ero cambiato
anch’io, logicamente: il mio fisico era meno atletico, i
tratti del viso si
erano fatti più duri e lasciavo crescere una leggera barba
nera sul volto.
-Harry!- comparve un
sorriso
sulle sue labbra, -Che ci fai qui?- mi chiese abbracciandomi.
-Che ci fai tu qui, Granger?-
-Ho appena finito di
cenare
con un’amica.- disse
imitando con delle smorfie il
sapore del cibo che di sicuro non aveva apprezzato, -E credo che
declinerò ogni
prossimo suo invito.-
Ridemmo.
-Hai fretta?- le
chiesi,
sperando in una sua risposta negativa.
Osservò l’orologio
da polso.
-Er… No. Posso trattenermi
ancora un po’.-
-Bene.- la presi
sotto
braccio e la condussi al Cafe
Boheme, il mio preferito di tutta Londra.
Mentre camminavamo
una
pioggia leggera inizio a bagnarci, così dovemmo muoverci
più velocemente. Passo
dopo passo, parlammo dei nostri piccoli drammi famigliari, di quanto Ginny fosse presente ora che
scriveva per
Una
volta
entrati, prendemmo
posto nel primo tavolino che trovammo libero, accanto
all’entrata ed
esattamente di fronte all’ampia vetrata del locale. Da
lì, potevamo vedere
tutta la vita di Londra.
They’re tryin’
to come back, all my senses push
Un-tie the weight bags, I never thought I
could…
Steady feet, don’t fail me now
Gonna run till you can’t walk
But something pulls my focus out
And I’m standing down…
-Allora…
come ti senti ora,
Harry?- chiese lei.
Strinsi tra le mani
la mia
tazza di capuccino
bollente, coccolandomi nel mio dolcevita
verde scuro e osservando quanto quel semplice
golfino azzurro le stesse bene.
-Sto bene, Hermione.-
risposi
prendendo un sorso. Sapevo esattamente doveva sarebbe andata a parare.
-Quanto bene?- disse,
imitandomi con la sua tazza di cioccolata fondente.
-Abbastanza.-
-Oh, Harry. Hai una
famiglia,
tanti amici, un buon lavoro e c’è ancora qualcosa
che ti rende la vita, come si
può dire?,
incompleta…- sbottò.
Com’era
vero.
-Non voglio sembrarti
un
ingrato…-
-Non penso che tu sia
un
ingrato, affatto. – mi interruppe, -So che ami e che vivi per
quello che hai
ottenuto. Ma non ti basta, è così?-
Odiavo questo di lei:
riusciva a capirmi, bene, troppo bene. E io non dovevo neanche fare la
fatica
di spiegare ciò che sentivo dentro.
-Rivoglio
l’adrenalina,
Hermione.- poggiai quasi di colpo la tazza sul tavolino, -Rivoglio
poter
sentire nelle vene il sangue pompare a mille, poter urlare al mondo che
sono
vivo…- mi stavo infervorando, - Poter dire che Voldemort
è morto, che io sono…-
-Harry!- mi
interruppe lei,
zittendomi, -Non esagerare… Ci stanno guardando.-
-Penserai che sono
un’idiota…-
-Oh, ce ne sono di
peggiori,
sai?- sorrise.
Mi lasciai andare
sulla sedia,
con lo sguardo basso, pentendomi di aver avuto una reazione simile
davanti a
lei. Forse l’avevo spaventata.
-Non sei cambiato di
una
virgola, Potter.- mi
confessò allungando una sua mano
verso la mia, -E, credimi, ho capito. Da ragazzi i più
sognano un futuro ricco
di emozioni, di novità e di scoperte, tu invece…
oh Harry… tu hai già avuto
tutto questo… L’hai avuto a partire dai tuoi
undici anni… E ora che hai trovato
la normalità, non la vuoi più.
L’irrealizzabilità è ciò che
rende i sogni tanto
belli. Tu li hai raggiunti, forse troppo presto.-
Non era vero: non li
avevo
raggiunti tutti.
Stop
and stare
I think
I’m moving but
I go nowhere
Yeah
I know that everyone
gets
scared
But I’ve become what I
can’t be, oh
Strinse forte la mia
mano.
Poi mi chinai sul tavolino, verso di lei, come se stessi per
confessarle un
segreto che non avevo mai rivelato a nessuno.
-Se penso che non
sentirò mai
più quelle sensazioni, che non potrò
più sentire il sentimento che mi rendeva
così vivo, mi sento morire. Sono diventato quello che non
posso essere,
Hermione...-
-Sei un padre, Harry.
Non
puoi dire di non poter essere un padre. E
un marito. Un
ottimo marito. Non puoi…-
-Io non sono
così.- affermai
deciso, -Non sono così.-
Il suo sguardo si
fece
preoccupato:
-Ginny
lo sa?
Sa quello che
stai provando?-
Feci cenno di no con
la testa.
-Oh Harry, devi dirglielo.- mi rimproverò.
-Non capirebbe.-
-Tu provaci,
diamine.- insistette.
-Lei non è
te.- me ne uscii.
Stop and stare
You start to wonder why you’re here
not
there
And you’d give anything to get
what’s fair
But fair ain’t
what you really need
Oh, you don’t need
What you need, what you need…
Non avrei dovuto
dirlo, lo
so. Ma era ciò che sentivo. Amavo
Ginny,
l’amavo davvero. Ma
Hermione era sempre
Hermione. Hermione era
l’unica che mi capiva senza
che ci dovessimo nemmeno rivolgere la parola, era l’unica che
sapeva come farmi
ridere, era l’unica che era in grado di comprendere quando e
quanto ero
trattabile su determinati argomenti, era l’unica che mi
conosceva per quello
che ero, era l’unica che mi amava
per
quello che ero. Era la donna della mia vita. E lo sapevamo tutti e due.
-Sinceramente, questa
è
grossa, Potter.- rise.
-Non minimizzare.- la
ammonii.
Sciolse il contatto
con la
mia mano e lasciò perdere la tazza di cioccolata, mezza
piena.
-Tu…-
iniziò, ma non la
lasciai finire.
-Non credo di dovermi
spiegare meglio, con te.-
-No, infatti. Ormai
siamo
adulti, Harry…-
-Sì, anagraficamente
ho trentasei anni…- questa volta fu lei a non lasciarmi
terminare.
- Io trentasette.
Sono mamma
di due splendidi bambini, ho un marito che adoro e mi piace il mio
lavoro,
quindi…-
-No.- sbottai
alzandomi.
Infilai velocemente il mio impermeabile, lasciai dei soldi sul tavolo e
uscii.
Feci pochi passi
sotto alla
pioggia flebile, quando udii la sua voce che mi chiamava: non rallentai.
-Harry,
fermati
e guardami.-
-No.-
-Per l’amor
del cielo, Harry,
non fare il bambino.- disse quasi in tono di supplica, fermandosi sul
marciapiede.
Mi fermai a mia volta
e la fissai
dritto negli occhi:
-Non ho intenzione di
lasciartelo
fare, Hermione. Non voglio spiegazioni razionali. Parli come se
avessimo già
vissuto tutto quello che dovevamo vivere. Sono diciannove anni che
cerco una
spiegazione razionale che giustifichi la mia vita fino ad
adesso e ti giuro che se non fosse per i miei figli e per Ginny,
non riuscirei nemmeno a trovare il coraggio per guardarmi in faccia. E
questa
volta non voglio che sia tu a
giustificare quello che ho dentro.-
Abbassò lo
sguardo, ma non mi
fermai: -Mi sembra di vivere dentro una gigantesca farsa, messa in
piedi solo
per rendermi felice, quasi fossi veramente un bambino che ha bisogno di
affetto. Ho incontrato degli ostacoli da ragazzo, certo, forse
più grandi
rispetto a quelli degli altri ragazzi della mia età, ma li
ho superati, e tu ne
sei testimone, prima tra tutti… Non è questa la
vita che volevo. Non era la
normalità che andavo cercando, ma era l’amore. Un’amore tanto passionale quanto
tenero, tanto profondo quanto incondizionato, un’amore
che è diverso dall’amore per i figli e un’amore che
non è ciò che provo per Ginny.
Un’amore
che probabilmente non esiste…-
Alzò lo
sguardo, avendo
finalmente realizzato
ciò che stavo per dire.
-…
se non fosse per te.-
Stop and stare
I think I’m moving but I go nowhere
Yeah I know that everyone gets scared
But
I’ve become what I can’t be
Oh, do you see what I see…
-Oh
Harry.-
-Vedi, adoro anche
questo. Adoro quando
metti quell’“oh”
prima di dire il mio nome…-
Finalmente lo sentii.
Dopo
diciannove anni sentii di nuovo il sangue nelle vene, sentii quella
forza che
mi avrebbe permesso di attraversare l’oceano a mani nude,
sentii quel senso di
completezza con me stesso.
Le cinsi la vita con
le
braccia e la baciai. La baciai cercando di trasmetterle tutta
l’energia che
sentivo dentro, cercando di renderla partecipe di quel mondo di cui era
la sola
a possedere la chiave.
Poi sentii le sue
mani nei
miei capelli, allora la strinsi più forte e la sollevai
appena da terra. Per
quanto fossimo cambiati,
cresciuti e forse
invecchiati, eravamo gli unici rimasti tali e quali dentro, rispetto a
come
eravamo quando avevamo diciassette anni. L’amavo.
L’avevo sempre amata, ma per
volere nostro o per chissà quale strana sorte non eravamo
mai riusciti a
esprimere pienamente quello che provavamo l’uno per
l’altra. Gli scherzi del
destino…
-Harry.-
allontanò il suo
viso dal mio, all’improvviso, -Noi siamo sposati.-, disse
cercando di
cancellare con una mano le tracce di rossetto attorno alle sue labbra,
tenendo
lo sguardo chino.
-Sì.-, fu
tutto quello che
riuscii a dire.
-Ti ricordi a Grimmauld? La festa per i
caduti?-
Feci cenno con la
testa,
senza pronunciare parola.
-Quando ti dissi che
non
sarebbe stato giusto baciarti, te lo ricordi?-
-Vagamente…
- scherzai.
Rise appena:
-Mi sbagliavo. Adesso è ingiusto. Allora
sarebbe stato
normale.-
-Oh sì,
avevamo l’età come
attenuante.- continuai, cercando di smorzare i toni.
-Tu però
mi avevi detto già
allora che avresti sposato Ginny.
Glielo avevi già
proposto?-
-No. Lo feci il giorno
dopo… Speravo
sinceramente che tu tornassi sui tuoi passi, ma capii che dato che ti
eri messa
in testa una cosa, non avevo possibilità.-
-Eppure non penso che
abbiamo sbagliato.
Intendo, i nostri figli…-
-Sì, sono
d’accordo.-
-Stiamo per fare un
passo più
lungo delle nostre gambe, lo sai? E se…-
Stop and stare
I think I’m moving but I go nowhere
Yeah I know that everyone gets scared
But
I’ve become what I can’t be
Oh, do you see what I see…
-Fermati-
Pronunciai, poi mi
portai
dietro di lei e con le mani le coprii gli occhi.
Dovevo farle capire
che anche
lei poteva vedere quello che vedevo io, doveva
rendersi conto che il nostro
futuro non era finito.
La ammonii di tenere
gli occhi
chiusi e la feci voltare
verso di me.
-Guardami-