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Autore: Vahly    16/02/2014    1 recensioni
Un filo alla volta, la corda si stava spezzando.
Matt la stringeva con tutte le sue forze, e chiedeva a Foggy di provare almeno ad arrampicarsi, perché lui non ce la faceva, non ce la faceva più. Continuava a stringere e a tirare, e le mani gli bruciavano, ma non lasciava la presa. Non poteva lasciarla, o tutto sarebbe stato perduto.
Eppure, in cuor suo sapeva che, a un certo punto, sarebbe accaduto. Che il suo amico di sempre sarebbe infine caduto nella voragine oscura che si spalancava sotto di loro, e che non ci sarebbe stato modo per salvarlo.

[Spoiler per la serie "Devil e i cavalieri marvel, fino a tutto il 2013. Leggero Matt/Foggy per chi lo vuol vedere]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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A broken rope
Capitolo 1



Un filo alla volta, la corda si stava spezzando.
Matt la stringeva con tutte le sue forze, e chiedeva a Foggy di provare almeno ad arrampicarsi, perché lui non ce la faceva, non ce la faceva più. Continuava a stringere e a tirare, e le mani gli bruciavano, ma non lasciava la presa. Non poteva lasciarla, o tutto sarebbe stato perduto.
Eppure, in cuor suo sapeva che, a un certo punto, sarebbe accaduto. Che il suo amico di sempre sarebbe infine caduto nella voragine oscura che si spalancava sotto di loro, e che non ci sarebbe stato modo per salvarlo.
Sia lui che Foggy erano stanchi, disperati, e lui poteva leggere negli occhi dell'altro quanto profonda fosse la sua rassegnazione.
- Non temere, amico, ti salverò, - gli diceva, con voce sempre più stanca. - Ti salverò, lo giuro.
E aveva voglia di piangere, di gridare, ma non lo faceva. Preferiva concentrare tutte le sue forze in quel disperato tentativo di tirar su il suo migliore amico.
Uno strattone, solo per avvicinarsi di qualche centimetro, e avrebbe potuto afferrargli la mano.
Respirò. Una, due, tre volte. E poi lo fece.
Tirò a sé la corda, con un movimento brusco e veloce.

E questa si ruppe.

L'espressione spaventata e allo stesso tempo sollevata dell'amico fu l'ultima cosa che vide.

Spalancò gli occhi, spaventato, mentre si tirava su dal letto. Si sforzò di respirare tranquillamente, di riprendere fiato.
Ultimamente faceva sempre questo genere di incubi. Il setting era sempre diverso, lo svolgimento anche, una sola costante: alla fine, perdeva Foggy. Per sempre.
Non che ci volesse un genio, per capire quale parte del suo su conscio gli stava parlando.
Da quando Foggy gli aveva rivelato della sua malattia, l'uomo senza paura aveva avuto una sola paura, costante e che lo logorava dentro: la paura di perderlo.
Foggy era sempre stato il suo migliore amico, il suo socio, il suo sostegno. Forse anche qualcosa di più, come gli ricordava sempre un angolino della sua mente. Ma che questo fosse vero o no, una cosa era certa: senza di lui, la vita di Matt Murdock sarebbe stata totalmente diversa. Lo sarebbe diventata, nel momento esatto in cui Foggy fosse spirato.
Certo, i medici continuavano a dare speranze, ma lui non riusciva a fidarsi. L'amico stava sempre male, sempre peggio; la chemio non faceva che mostrare i suoi effetti collaterali, senza portare a un effettivo miglioramento. Non sapeva più a cosa aggrapparsi per avere un briciolo di speranza.
E il suo subconscio, traditore, non faceva che mostrarglielo ancora e ancora.
Come se non fosse già abbastanza stressato di per sé.


* * *



La notizia arrivò come una secchiata di acqua fredda.
Fu durante una delle sue visite abituali. Un medico lo prese da parte e gli chiese di potergli parlare. Sapevano che Matt era la cosa più vicina a una famiglia che Foggy potesse vantare, il suo appoggio e il suo sostegno in quel periodo della sua vita.
E il rosso poteva sentire chiaramente dai battiti del cuore del medico che non erano buone notizie - se mai la sola espressione non avesse parlato da sé.
- Mi spiace, ma la terapia non sta avendo l'effetto sperato, - cominciò l'uomo. - Il glaucoma continua ad avanzare, e le metastasi si stanno diffondendo. Le ultime lastre non sono buone.
Matt si sentì come se il terreno gli stesse cedendo sotto i piedi.
- Non c'è nient'altro che possiate fare?
Il medico non rispose.
No. Era evidente.
- Quanto gli resta da vivere?
- Difficile dirlo. Qualche settimana, o qualche mese. Alla fine, dovremmo dargli la morfina contro il dolore, e in quelle condizioni non sarà comunque molto cosciente.
Matt strinse i pugni. No, non ce la poteva fare. Non questa volta.
- Ho capito. Cosa... Cosa mi consiglia di fare? Dovrei dirglielo?
Il medico scosse la testa. - Si limiti a rendere felici questi ultimi giorni della sua vita.
Il rosso cercò di trattenere le lacrime.
- Ho capito, lo farò.
La corda si era spezzata, ed era troppo tardi per tutto.


* * *



- Quando tutto questo sarà finito, dovrai portarmi a Disneyland.
Matt guardò Foggy come se gli fosse spuntata un'altra testa.
- Scusa?
- Dai, quando starò bene, dovremo proprio fare qualcosa di divertente, di leggero. E io non sono mai stato a Disneyland. Tu sì?
L'uomo si sforzò di sorridere. - No, neppure io.
- Allora è deciso. Sarà bello, ne sono sicuro.
- Ne sono sicuro anch'io.


* * *



Matt saltò dal tetto, cercando di concentrarsi sul proprio radar. Sentiva che qualcuno era vicino, qualcuno che gli dava la caccia. Ma non riusciva a capire chi.
Sentì un ovattato rumore di passi. Aveva smesso da poco di piovere, e se una persona comune avesse camminato sulle strade bagnate, nelle pozzanghere, avrebbe fatto senz'altro più rumore.
No, doveva essere qualcuno di molto esperto.
Si girò di scatto, il bastone stretto nel pugno.
- Chi sei? - domandò nel buio.
Nessuna risposta.
Impugnò il suo bastone, stringendolo saldamente nella mano.
Sentì una risata.
- Chi sei? - domandò di nuovo.
- Qualcuno che può esserti utile, Matt Murdock.
L'avvocato trasalì. Poche persone conoscevano la sua identità segreta. E colui che gli stava parlando non era certamente tra queste.
Ma quest'ultimo continuò a parlare, prima che l'altro avesse il tempo di elaborare e dire alcunché.
- Volevi sapere chi sono. Il mio nome non ha importanza. Posso però dirti che appartengo a un'organizzazione che ti è ben nota.
- La mano. - Murdock strinse i denti.
- Esattamente. Ora, - proseguì, - il caso vuole che entrambi ci troviamo in un momento di necessità. Un momento in cui ognuno di noi desidera ardentemente qualcosa.
L'istinto di togliete di mezzo quel poco di buono, e di impedirgli di parlare ancora, si riversò su Matt come un fiume in piena. Eppure, per qualche motivo non lo fece.
Forse perché nutriva ancora dei sentimenti di speranza. O forse, solo per semplice curiosità.
- Cosa vuoi? - domandò Matt, aspro.
- Forse è più importante capire cosa vuoi tu.
Matt strinse i pugni. - Tu non sai cosa voglio.
L'altro uomo ridacchiò. - Oh sì, certo che lo so. Lo si eccome, è palese agli occhi di chiunque ti abbia osservato per almeno mezza giornata. - Fece una pausa, che a Matt sembrò eterna. - Tu rivuoi il tuo amico indietro.
Matt spalancò gli occhi. Colpito nel suo punto più debole, e tuttavia incapace di sentire il nome della persona più importante del mondo, per lui, sulle labbra di quel criminale.
- Il "mio amico" è già con me, - ribatté freddamente Murdock.
- Ma ancora per poco, giusto?
Matt tacque. Dove voleva arrivare quell'uomo?
- Bene, Murdock. Non ho bisogno di conferme. Riesco a leggere nel tuo cuore, e so che il tuo maggior desiderio è quello di salvarlo. Io te ne sto dando l'opportunità.
- Come? – chiese, freddamente, come se non gli importasse.
- La completa guarigione del tuo amico in cambio dei tuoi poteri. Mi sembra uno scambio equo, no?
- Non mi fido. Non ti credo.
- Cosa c'è, il tuo superudito non vale una vita umana, forse?
Matt digrignò i denti.
- Capisco la tua indecisione, ma ricordati che ogni istante che perdi potrebbe essere l'ultimo a sua disposizione.
- Te l'ho già detto. Non mi fido.
- Capisco. Ti darò qualche giorno di tempo per pensarci, allora. Ci vediamo presto.
E, con una mossa fulminea, si alzò sopra i tetti della città. Lasciando Matt solo, a riflettere, sotto una fitta pioggerellina sottile.


* * *



Foggy non la smetteva più di vomitare.


- Ehi, ehi, tranquillo, - gli disse Matt, quando l'uomo sollevò finalmente la testa dal secchio.
L'amico tremava.
- Non vedo l'ora che sia tutto finito...
- Ehi, ehi, non dire così! - Matt non sapeva perché, ma quelle parole lo fecero entrare nel panico, nonostante riflettessero solo la verità dei fatti. Foggy voleva forse morire?
- Perché no? Non mi vuoi di nuovo in forma, fuori da quest'ospedale?
Matt si accigliò. - Certo che sì, ma...
- Beh, allora speriamo che tutti questi dannati farmaci facciano effetto alla svelta. Non capisco perché abbiano tutti questi effetti collaterali...
Matt lo fissò come se all’improvviso gli fossero spuntate tre teste.
- Non lo so, - disse, non sapendo che altro fare. - Sono sicuro che passerà presto.


- È nella fase del rifiuto, - spiegò il medico, una volta che fu uscito da quella stanza. - Non c’è niente di strano. A un certo punto, semplicemente la mente non vuole ammettere che la fine è vicina, ed è come se il paziente “rimuovesse” in che condizioni si trova.
- Quindi, è come se Foggy non sapesse perché si trova qui.
- Esattamente.
Matt indirizzò il suo senso radar, in modo da poter “guardare” dentro la stanza dell’amico. Anche se non poteva vederlo, poteva percepire i cambiamenti che questi aveva subito. Questi era seduto sul letto, la testa contro il cuscino; il volto era sempre più magro e scavato, profonde occhiaie gli incupivano gli occhi. La pelle emanava sostanze chimiche e radioattive, le labbra erano tirate, l’espressione vuota e stanca. Le braccia e le mani erano sempre più scheletriche, tanto che si potevano percepire più chiaramente che mai le ossa.
Una morsa gli strinse il cuore.
- Comunque, - disse il medico, - per quel che vale, lei sta facendo un ottimo lavoro. Il paziente è tranquillo, oserei quasi dire sereno, mentre lei è qui.
Già, Matt stava facendo del suo meglio. Ma, purtroppo, non bastava.


* * *



Erano passati tre giorni, dal suo incontro con l’uomo della Mano. Era seduto sul tetto di un grattacielo particolarmente alto, e non faceva altro che pensare a quanto accaduto in quell’ultimo periodo. A quanto tutto fosse successo troppo, troppo in fretta.
E se non avesse chiarito con Foggy, prima di tutto questo? Se non avessero fatto pace?
Ora, l’amico sarebbe rimasto solo. Solo ad affrontare quella che, per lui, poteva essere l’ultima battaglia.
No.
Non lo sarebbe stata. Lui non lo avrebbe permesso.


* * *



La pioggia cadeva forte, quella sera. Il suo scrosciare gli faceva impazzire i sensi, e si domandò se l’uomo misterioso avesse guardato le previsioni del tempo, prima di decidere quando avere un contatto diretto con lui.
Sospirò. Poteva davvero fidarsi di lui? Non ne era certo. Ma non è che avesse molte alternative, dopotutto.
Ignorarlo, avrebbe voluto dire condannare Foggy a morte certa, e questo lui non avrebbe mai potuto farlo.
Forse era un atto di egismo, in fondo: senza Foggy, non avrebbe saputo come andare avanti. Senza di lui, sarebbe morto nel giro di pochi giorni, ne era certo.
E l’unica cosa che adesso contava – l’unica – era salvarlo.
Alle conseguenze ci avrebbe pensato in seguito.


Di nuovo, udì quel rumore di passi attutiti. L’uomo si stava avvicinando. Questa volta lo riusciva a percepire più chiaramente – forse perché lo stava aspettando, forse perché l’altro stava facendo meno attenzione a non farsi udire. Sapeva che Matt era praticamente disperato, e sicuramente sapeva che non lo avrebbe attaccato. Non prima di avergli parlato.
L’uomo giunse alle sue spalle, e Matt non si voltò.
- Allora, hai preso una decisione?
- Che garanzie ho che manterrai il tuo patto?
- Posso dirti che fare un patto con me sarà come fare un patto con il diavolo. Ti troverai all’inferno, Murdock, e non potrai uscirne finché non sarò io a volerlo, se mai lo vorrò. Ma come ogni patto che si rispetti, se non manterrò la mia parte il contratto sarà nullo. E per me non avrebbe senso, rinunciare a ridurti in rovina per uccidere un avvocatucolo qualsiasi.
- Lavori per Bullseyes?
L’uomo rise.
- Può darsi. Ma non è un problema che ti riguarda, no?
Già. Indipendentemente da chi lo avesse mandato, a Matt non cambiava nulla. Avrebbe perso in ogni caso.
- Dunque, - domandò ancora l’uomo, - qual è la tua decisione?
L’avvocato non ebbe neppure bisogno di pensarci su.
- Accetto.
* * *



Il telefono continuava a squillare, ma Matt non aveva nessunissima intenzione di rispondere. Era stanco, e gli faceva male la testa.
Dopo aver vissuto per anni mostrandosi come un cieco, ora lo era per davvero. Niente radar, niente super udito. Niente. E doveva imparare a conviverci in fretta, o il mondo si sarebbe accorto del fatto che qualcosa, in lui, non andava.
Non era stato doloroso, né difficile. L’uomo gli aveva semplicemente preso la testa tra le mani, e aveva operato come una sorta di magia. Tipico, per gli uomini della Mano.
Mentre l’altro compiva le sue stregonerie, Matt si era sentito come svutotato. Come se qualcosa stesse scivolando via da lui. Qualcosa che gli era sempre appartenuto, e che ora non sarebbe esistito più.
“E non cercare di fare il furbo. Se tentassi di riappropriarti dei tuoi poteri contro il mio volere, il tuo amico tornerebbe nelle stesse condizioni di prima. Come ho detto, se una delle due parti viola gli accordi di un patto, il patto è nullo…” gli aveva detto l’uomo. Aveva imprecato mentalmente. In qualche modo, aveva pensato di risolvere il problema una volta che Foggy fosse stato meglio – se questo sarebbe avvenuto – ma ora si rendeva conto che non c’era via d’uscita: era finito in trappola come uno stramaledetto topo, e ci si era infilato da solo, per giunta.
Eppure, non riusciva a pentirsene.


I primi minuti, era stata particolarmente dura. Sebbene privo della vista, era ormai abituato a cavarsela come se ci vedesse. Così, anche ora che era arrivato a casa, camminare senza perdere l’equilibrio, stando attento a ogni passo per paura di incappare in qualche ostacolo che il suo bastone non era riuscito a incontrare, era stata veramente una sfida. A maggior ragione lo era stato in quegli attimi in cui, smarrito, si era trovato in una strada sconosciuta, senza aiuto e senza punti di riferimento.
L’uomo della Mano – di cui non sapeva neanche il nome – lo aveva lasciato lì, da solo, e lui doveva tornare a casa, in un modo o nell’altro.
Un altro tempo, in un’altra vita, avrebbe chiamato Foggy, avrebbe inventato una scusa, e si sarebbe fatto accompagnare a casa. Ma Foggy non c’era, e lui doveva cavarsela da solo.
Era inciampato, più di una volta. Si era bagnato il costume, e aveva realizzato che sarebbe stato davvero ridicolo, se qualcuno lo avesse visto: Devil ridotto in quelle condizioni, un vero spasso per chiunque avesse un minimo di senso dello humor.
Ma si era fatto forza, e aveva cominciato a camminare.
Per quanto avesse sempre creduto di essere sempre riuscito a cavarsela solo grazie ai suoi sensi iper sviluppati, la verità era che gran parte del lavoro lo faceva anche la sua memoria. Così, un passo dopo l’altro, si era reso conto che, in qualche modo, ricordava la strada verso casa. Una piccola fortuna, un barlume di speranza in quella situazione così tragicomica.
Era arrivato a casa, distrutto sia dentro che fuori come mai lo era stato prima di allora. E in quel momento si era reso conto che Devil, probabilmente, non sarebbe mai più esistito. Non c’era modo perché esistesse, non in quelle condizioni. E lui non avrebbe certo rischiato la vita di Foggy, neppure per quel costume, per quel simbolo. Neppure se ne fosse andato della sua vita.
Questa ulteriore consapevolezza lo colpì come un pugno allo stomaco. Sapeva già che Fpggy Nelson era importante per lui, lo aveva sempre saputo. Ma non aveva mai realizzato quanto sarebbe stato disposto a sacrificarsi, per lui. Quanto poco valore dava a ogni altra cosa riguardante la propria vita, comparato alla sua mera presenza.
Foggy era la sua unica certezza, e avrebbe continuato a esserlo, di questo ne era certo.
Forse avrebbe potuto lasciare il suo costume a un altro, avrebbe potuto trovare un successore, un erede, e continuare con la sua vita di avvocato.
Forse, con il tempo, la gente avrebbe dimenticato le dicerie sul fatto che lui era Daredevil in persona, e tornare a esercitare la professione seriamente. Tornare in aula, come avrebbe sempre fatto.
Certo, non avrebbe più potuto avere la certezza del fatto che i suoi clienti fossero veramente persone innocenti. Avrebbe dovuto affidarsi solo al suo istinto, ammesso che almeno quello funzionasse ancora bene.
Sospirò, e sentì un nodo alla gola.
Aveva di nuovo Foggy, non doveva sentirsi così, si disse. Doveva solo essere felice di quanto ottenuto, e non pensare a ciò che stava perdendo.
Se solo non fosse stato così maledettamente difficile.
Così, si era seduto sulla poltrona, e aveva semplicemente aspettato, non sapeva neppure lui cosa. Ma la verità era che non aveva voglia di fare niente. Neppure di alzarsi.
L’uomo senza paura era ridotto praticamente a un vegetale, e aveva il terrore perfino di scivolare sul pavimento di casa sua. Wow.
Quando il telefono aveva incominciato a squillare, si era alzato di istinto – dentro casa propria, non aveva mai dovuto fingere di aver bisogno del suo bastone – ma si era subito reso conto che le vecchie abitudini avrebbero dovuto morire, e alla svelta. Così aveva allungato la mano per cercare quel solido aiuto, solo per non trovare niente.
Si era poggiato di nuovo sullo schienale, mandando al diavolo chiunque ci fosse dall’altra parte. La testa gli stava scoppiando, e perfino gli occhi gli facevano male. Voleva solo che tacesse.
Per un po’, lo fece. Ma subito cominciò a squillare il suo telefonino.
Lo estrasse dalla tasca, cercando con le dita il tasto per ripondere. Fortuna che, per mantenere le apparenze, aveva continuato a usare un cellulare con la tastiera, o non ne sarebbe mai venuto a capo.
Premette un pulsante, e rispose.
- Pronto?
- Salve, è il signor Murdock? - La voce dall’altra parte del telefono sembrava ansiosa.
Matt trattenne il respiro.
- Sì, sono io. Con chi parlo? - domandò, sebbene lo immaginasse benissimo
- Parla con il centro oncologico del Saint Luis.
Ok, ora era agitato.
- Sì? È successo qualcosa?
Il suo amico, Franklin Nelson. Ha avuto un attacco particolarmente acuto. E ora è in fase di terapia intensiva. Se potesse venire, avremmo bisogno di qualcuno che l’uomo conosce bene, in modo che gli sia accanto nel momento del risveglio.
Matt si sentì pietrificato sul posto. Era stato ingannato? Avrebbe dovuto prevederlo. Stupido, stupido, stupido idiota.
- Va bene, arrivo subito, - disse solo. Sperava solo di riuscire ad arrivare in tempo, e di risolvere in qualche modo quella situazione.


   
 
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