Due anni. Due anni che stavano insieme tra alti e bassi. Ma non li avrebbe scambiati per niente al mondo. All'inizio non era
stato facile. Ricordava ancora i baci rubati di nascosto e il far finta che al lavoro niente fosse cambiato per via della
regola di Gibbs. Ma tutti lo sapevano. McGee ogni tanto gli lanciava occhiate divertite e si dirigeva nel laboratorio di
Abby sicuramente a sparlare di loro. L'unico che speravano non se ne fosse accorto era Gibbs, ma un giorno in ascensore
quando c'erano solo loro tre disse: 'Continuate a mantenere sta storia fuori dall'ufficio come state facendo e potete
continuare a frequentarvi' lasciandoli completamente a bocca aperta.
In realtà a volte avevano faticato a separare vita privata e lavoro. Ricordava ancora quella volta quando per poco non si
erano dati da fare in ascensore, ma per fortuna Ziva aveva più controllo di lui. Stare con lei non era mai stato facile, ma
estremamente stuzzicante si. All'inizio non sapeva esattamente cosa lo spingesse verso di lei, ma ora forse ne era consapevole.
Ricordava ancora quel dialogo sulle anime gemelle che Ziva tentò di fare prima ancora che si mettessero insieme. Era vero. Erano
anime gemelle. Anche quando litigavano, quando sembrava che la loro storia non avesse più un futuro, riuscivano sempre a tornare
insieme, in un modo o nell altro. Si era così talmente legato a lei che non ne avrebbe più saputo farne a meno. Non era solo
la sua ragazza, era la sua amica, la sua confidente, colei che lo sollevava nei momenti più bui. E sapeva che anche per lei era
lo stesso. Non glielo aveva mai detto, ma lo sapeva.
Ricordava ancora quella volta quando il sentimento che provava era diventato troppo grande per tenerlo nascosto.
Erano sdraiati sul divano a guardare un film e lei era accoccolata contro il suo petto. Il 'ti amo' era venuto spontaneo mentre
la guardava che rideva ad una scena buffa. Ziva si era voltata di scatto, lo aveva guardato sbalordita, poi un leggero sorriso si
era affacciato sulle sue labbra. I suoi occhi si erano fatti intensi e dolci e sapeva che stava per replicare la stessa cosa, ma
non ci riuscì. Abbassò lo sguardo e disse che doveva andare in bagno. Ma potè quasi avvertire un 'ti amo anche io' sussurrato
mentre usciva dalla stanza.
Ziva era fatta così. O la si amava o la si odiava. E lui aveva deciso di amarla. Purtroppo si era troppo lasciato andare e ora
non poteva fare a meno di soffrire per la separazione forzata a cui erano obbligati. Perchè il Mossad aveva dovuto richiamarla?
Perchè suo padre aveva minacciato di ucciderlo se Ziva non fosse tornata in Israele?
La sera prima avevano litigato. Lui non voleva lasciarla andare e le aveva assicurato che non temeva suo padre. Ma lei era
irremovibile. Dopo avergli urlato contro di tutto cercando di fare in modo che lui la odiasse, ma vedendo che non sortiva
l'effetto sperato, calde lacrime sincere avevano bagnato le sue guance.
"Non posso perderti capisci? Sei l'unica cosa che mi sia rimasta e per la quale sono pronta a sacrificare tutto."
Quella frase valeva più di 100 ti amo. E alla fine lui aveva ceduto.
Ora si ritrovava qui all'aereoporto gremito di persone, con lei al suo fianco che trasportava un borsone. Ziva si fermò davanti
a lui. Era giunto il momento. Forse il momento dell'addio o forse di un arrivederci. Lei lo guardò con occhi sinceri. Lui aprì
le braccia e Ziva gli si accoccolò contro come se fosse l'ultima volta. Poi si staccò e lo guardò negli occhi.
"Ti amo" gli disse. E sapeva che non era mai stata più sincera. La baciò come se fosse la sua ancora di salvezza.
Si staccarono e si guardarono negli occhi. In quel momento una sensazione fortissima dentro di loro gli disse che non sarebbe
stata l'ultima volta. Lei sarebbe tornata e lui l'avrebbe aspettata.
Ziva gli strinse la mano brevemente prima di voltarsi e dirigersi verso il suo imbarco. Tony la guardò andare via e rimase
immobile lì fino a quando il suo aereo non fu partito.
Sorrise. Si sarebbero ritrovati come avevano sempre fatto.