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Autore: Lady_Cassandra    17/02/2014    1 recensioni
Dal primo capitolo:
"Punto il mio sguardo nel suo e noto i suoi occhi leggermente lucidi.
Capisco che le ho fatto più male di quello che credevo e mi sento mancare davanti a quella visione. Perché sono così idiota?
Scuoto la testa e la vedo afferrare la borsa, decisa ad uscire dalla camera, provo a bloccarla. “Caro, ti prego.. Come puoi pensare che io sia potuto arrivare a questo punto? Io non ti avrei presa in giro così..”
Lei mi guarda e si libera dalla mia presa. “Vai a morire” mi dice assumendo un’espressione gelida in viso.
Mi volta le spalle ed esce dalla mia camera senza aggiungere una parola di più.
Arrivata a metà corridoio, ritorna indietro e, piazzandosi di fronte a me, mi tira un sonoro schiaffo.
Rimango basito, incapace di reagire, e incasso il colpo senza replicare.
Si gira nuovamente e si avvia lungo il corridoio senza voltarsi. La sento soffocare un singhiozzo, intanto che abbassa la maniglia della porta d’ingresso, e stringo la mascella mormorando un tardivo ed insignificante “mi dispiace” "
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Taking her heart again

 

 

Sbagli giovanili

 

Settembre 2007

 

«L’estate sta ormai volgendo al termine» osservo notando i primi segnali dell’autunno, già alle porte, che ne danno conferma e sentendo il leggero vento settembrino pizzicare lievemente il mio viso mentre guido il mio scooter diretto verso l’università.

Guidare lo scooter nella fresca brezza mattutina mi ha sempre rilassato; trovo che sia un modo perfetto per svuotare la mente, soprattutto quando la strada è sgombera davanti a te, evento nient’affatto consueto per gli standard della metropoli di Milano.

Ho sempre pensato che le mattinate di metà Settembre fossero piacevoli; il sole riscalda al punto giusto, la città inizia lentamente a ripopolarsi con i primi rientri delle vacanze, e nessun clacson seguito da un insulto gratuito nel dialetto locale ti rovina il resto della giornata.

Sopraggiungendo all’incrocio, noto il semaforo passare dal verde al giallo e accelero istintivamente sorpassando molto elegantemente una vecchia Fiat 500.

Questa mattina mi pesa poco varcare l’ingresso della facoltà di Economia.               

Cosa piuttosto rara per uno studente come me, che a stento ha frequentato le lezioni e ha passato gli esami del primo anno dopo diversi tentativi falliti miseramente, riuscendoci solo grazie ad un’estate trascorsa fra appunti, diapositive e libri, senza scordarsi dei continui esercizi somministrati da una bisbetica secchiona, come se fossero medicine contro un’allergia al polline.

Sorrido pensando che la bisbetica secchiona non è affatto male fra le lenzuola. Non avrei mai pensato che avrei unito l’utile al dilettevole quest’estate; eppure era successo, quasi per caso, e finora era stata un’esperienza del tutto rispettabile.

Sono avvolto nei miei pensieri quando mi accorgo di essere arrivato a destinazione, parcheggio il mio bolide avviandomi a passo vincente verso lo studio del professor Lazzini per convalidare il mio meritato e sudato ventisette in Microeconomia.

Mentre salgo i gradini diretto al secondo piano, il mio occhio cade di sfuggita su un volantino che pubblicizza l’ennesima festa organizzata da un’associazione studentesca della facoltà appeso alla bacheca.

«Potrebbe essere interessante. Lo proporrò a Caro..» valuto dopo averlo letto.

Il nome della mia bisbetica secchiona è Carolina; io mi diverto a chiamarla Caris, soprattutto nei nostri momenti d’intimità, nonostante lei non sembri molto gradire.

Intravedo a metà corridoio il gruppetto di ochette del mio corso ridere fintamente con l’unico scopo di attirare l’attenzione e sbuffo; incrocio le dita sperando che non mi fermino ed inventandomi un’inespugnabile scusa per l’eventualità. La loro compagnia oggi mi risulterebbe indigesta, non potrei ascoltarle blaterare sulle loro vacanze con tanto di racconti dettagliati riguardo le seratine in discoteca e bagni notturni seminude.

Mentre passo davanti a loro, faccio un lieve cenno con il capo a mo’ di saluto e accelero la mia andatura.

Avverto i loro sguardi puntati sulla mia schiena al mio passaggio e le sento sghignazzare alla battutina di una di loro, su cui non ho dubbi, riguardi il mio fondoschiena.

Sono consapevole di piacere ad Alessandra, l’ultima arrivata nel loro gruppo. Senza ombra di dubbio, si tratta una bellissima ragazza, contesa in facoltà dai maschietti e invidiata dalle sue false amiche.

D’altra parte, lei stessa sa di essere desiderabile e non prova a nasconderlo.

Ama giocare con il suo sguardo sensuale, puntandoti addosso i suoi grandi occhioni castani, mentre fa ondeggiare la sua folta chioma color del grano e accavalla le lunghe e sottili gambe fasciate nei suoi jeans attillati.

Tuttavia, togliendo il suo essere appetibile, non mi trasmette nulla, a differenza di Carolina.

Lei è diversa in tutto da Alessandra, non soltanto nel suo aspetto estetico che non può considerarsi affatto degno di nota. È un po’ rotondetta, anche se trovo abbia le curve nei punti giusti.

Non è affatto abile nell’arte della seduzione, a causa del suo essere impacciata ed insicura.

Passa inosservata la maggior parte delle volte, destando l’attenzione del pubblico solo con le sue plateali cadute o interventi a lezione. Tutti appropriati e apprezzati dai professori, ovviamente.

Carolina è il tipo di ragazza che non noti a prima vista, né ti colpisce particolarmente; appartiene alla categoria delle brave ragazze che devi scoprire pian piano per affezionarti.

Quelle che vedi solo come amiche o, nel mio caso, come il passaporto per un buon voto.

Simpatica ed intelligente, dotata di autoironia e brillante sarcasmo; capace di lanciare sottili frecciatine che pochi erano in grado di cogliere. Di sicuro, con Carolina non potevi annoiarti.

Ho realizzato in pochissimo tempo che trovavo incredibilmente piacevole trascorrere intere giornate con lei e la cosa mi aveva colto di sorpresa; ricordo che mi ero ritrovato ad applicare una leggera pressione sulle sue labbra, a schiudere le mie e ad entrare nella sua bocca senza minimamente accorgermene.

Ci eravamo baciati a lungo nel mio appartamento deserto un pomeriggio di luglio inoltrato durante una pausa studio e da quel momento non avevamo più smesso.

Molto probabilmente ad avere la meglio su di me erano state le pozze blu che aveva al posto degli occhi, capaci di leggerti dentro, di trafiggerti l’anima con lo sguardo.

D’altro canto, sebbene lo sguardo di Carolina non sia affatto sensuale, è altrettanto penetrante, se non di più.

«Ambrosi, sputa il rospo. Come cazzo hai fatto?»

La voce di Salvo, uno dei miei amici di facoltà, mi distoglie dai miei pensieri. Aggrotto la fronte e scrollo le spalle. «A fare cosa?» chiedo banalmente guardandolo.

«A prendere 27 con il Lazzini!» urla leggermente scandalizzato che non abbia colto il motivo della sua domanda.

«Oh..» farfuglio guardandomi le scarpe. «Ho preso delle ripetizioni» aggiungo tagliando corto.

«Avrai speso un capitale allora» commenta ridacchiando. Gli lancio un’occhiata di disappunto inarcando un sopracciglio. «Nient’affatto» ribatto stizzito.

«Anzi, me ne sono servite meno del previsto» dico vantandomi; d’altronde, era la verità, anche Carolina si era sorpresa della mia capacità di apprendimento.

«E chi è questo prof che ha compiuto simili miracoli?» domanda appoggiandosi al muro e incrociando le braccia al petto.

«Carolina Bertini» riferisco rimanendo sul vago e ridendo sotto i baffi pensando che aveva sì compiuto un miracolo, ma che non aveva nulla a che fare con la microeconomia.

Salvo spalanca la bocca e ridacchia. «Ti sei fatto aiutare da Betty la fea?» domanda usando il soprannome di Caro, attribuitole da uno della nostra compagnia che, durante le precedenti vacanze estive trascorse in Venezuela, aveva visto una soap opera con protagonista una secchiona sfigata di nome Betty.

Io annuisco e mi appoggio a mia volta al muro bianco del corridoio.

«Ti prego, dimmi che non te la sei fatta per convincerla ad aiutarti» esclama facendo una smorfia di disgusto al solo pensiero.

Mi stacco dal muro e sgrano gli occhi diventando rosso in viso. «Dio mio! No, ovvio! Non arrivo a questi livelli. L’ho pagata.. -guardo la sua espressione leggermente dubbiosa data la reazione esagerata che ho appena avuto e deglutisco- l’ho pagata 100 euro al mese» continuo moderando il tono.

Salvo annuisce con poca convinzione. «E come ti ci sei trovato a fare queste ripetizioni?»

«Quest’estate dopo la quarta bocciatura, sono venuto dal Lazzini a farmi spiegare dove sbagliavo. Ovviamente lo stronzo non mi ha detto nulla, ad eccezion fatta per il solito “deve studiare di più”, ed io stavo quasi per mandarlo a fanculo, quando mi propone di fare delle ripetizioni con qualcuno e mi ha fatto il nome di Carolina che, tra l’altro, era lì per convalidare Macroeconomia» inizio a raccontare sinteticamente quanto successo.

«Lei ha provato a replicare, ma il prof ormai sembrava aver deciso e ci siamo promessi che ne avremmo parlato per non contraddire il Lazzini. Alla fine, ci siamo visti sul serio e ci siamo accordati sul prezzo. D’altronde, anche a lei faceva comodo avere dei soldi in più» concludo sperando che Salvo non mi chieda altro.

«Ho capito» dice, apre la bocca per aggiungere altro quando sento chiamare il nome dell’assistente del Lazzini ed entro nella stanza.

«Ambrosi, siamo finalmente riusciti a convalidare Economia politica» osserva divertito il Lazzini guardandomi da sopra i suoi occhiali.

«Già..» mormoro leggermente infastidito intanto che porgo il libretto.

Lo guardo riempire la riga e apporre la sua firma, e dentro di me esulto per quella minuscola vittoria. Finalmente avrei salutato quello schifo inaudito di materia.

Firmo anche io il verbale dell’esame che mi porge l’assistente e stringo la mano ad entrambi rivolgendo un sorriso di cortesia ed infine esco dalla stanza dopo aver ringraziato il professore per la sua “disponibilità”.

All’uscita dalla stanza, Salvo tenta di fermarmi ancora una volta ma sfuggo alludendo a delle commissioni che dovevo fare per conto del mio coinquilino Tommaso, dopodiché lo saluto di fretta e mi avvio a passo svelto verso l’uscita.

Mentre mi sistemo alla guida nel mio scooter, rifletto sulla reazione di Salvo. Trovo che sia stata spropositata e fuori luogo, neanche se stessimo parlando della figlia illegittima di Marzullo.

Nemmeno aveva idea del rapporto che si era creato fra me e Carolina e già n’era schifato. Sarà questa l’accoglienza che mi riserveranno i miei amici quando lo sapranno?

Mi sorprendo di pensare di volerla presentare agli altri, non avevo mai riflettuto prima su quella possibilità. Forse non è il caso per il momento.

Già, è meglio addolcire prima la pillola, introducendola pian piano.

Oddio, ma è davvero così brutta?

Scuoto la testa a quel pensiero intanto che accendo il motorino e vedo Alessandra passare nel parcheggio.

Mi saluta con la mano rivolgendomi un sorriso leggermente malizioso e senza mancare di fare ondeggiare i suoi lunghi capelli biondi. Noto solo ora che indossa una gonna di jeans cortissima mettendo in bella mostra le sue splendide gambe.

Davvero uno schianto di ragazza, peccato che sono impegnato.

Scrollo le spalle e sorrido anche io malizioso; d’altra parte, non esiste alcun impegno, mica sono sposato con la Bertini.

«Vuoi un passaggio, Ale?» domando prendendo già il secondo casco, sicuro che accetterà. Era lì unicamente per ottenere quel passaggio.

Lei sorride di nuovo maliziosamente e annuisce. «Certo»

Afferra il casco e lo infila facendo attenzione affinché non le scompigli eccessivamente l’acconciatura e si adagia dietro salendo in un’unica agile mossa.

Non ho bisogno di domandarle dove abiti. È la figlia di uno dei clienti di mio padre, oltre ad essere una bella ragazza, è anche un ottimo partito.

Mi mordo le labbra pensando che Carolina non rientra in nessuna delle due casistiche.

Mio Dio, cosa diavolo pensavo quando me la sono scopata?

Nel frattempo, Alessandra mi cinge la vita infilando ingegnosamente le sue mani sotto la mia maglietta di cotone e accarezzando i miei addominali. Le lancio un’occhiata tramite lo specchietto retrovisore inarcando sottilmente un sopracciglio. Davvero audace, la ragazza.

Giunto all’angolo, curvo e sento le labbra baciare un lembo scoperto delle mie spalle. Ma ci sta provando così spudoratamente già sul motorino?

Faccio finta di nulla e continuo a guidare, ma istintivamente accelero mentre sorpasso le automobili. So perfettamente che mi chiederà di entrare a casa sua e dalla mia reazione so anche quale sarà la mia risposta.

Giungo a destinazione e freno senza scostarmi dal posto di guida, tanto sarà lei a fare la prima mossa.

«Vuoi salire?» domanda, difatti, ravvivandosi distrattamente i capelli.

Sorrido e arriccio le labbra fingendo di doverci riflettere per farla stare un po’ sulle spine.

«Certo. Ho sempre voluto vedere la casa dell’avvocato Spadoni» rispondo abbozzando un sorriso.

Non siamo nemmeno entrati in casa che si avventa sul mio collo trascinandomi per il colletto della mia polo verso la sua camera da letto.

Mi scaraventa sul letto e sale verso di me muovendosi come una gatta mentre mi sfila i pantaloni.

In meno di cinque minuti, ci troviamo nudi a stuzzicarci a vicenda. Guardo il suo corpo e l’eccitazione s’impossessa del mio basso ventre.

Mentre spingo dentro di lei, uno strano senso di colpa mi corrode lo stomaco.

Cazzo ho fatto? Non avrei dovuto tradire la fiducia di Carolina in questo modo.

Il corpo sudato di Alessandra struscia ancora contro il mio ed io chiudo forte gli occhi sentendo le sue mani palparmi in modo quasi volgare.

Carolina non è affatto volgare o spudorata, lei mi accarezza strofinando le sue guance contro il mio collo..

Scaccio quel pensiero e le consento d’infilarmi per l’ennesima volta la lingua in bocca e do un’ultima spinta.

Un senso di disgusto mi piomba addosso, dandomi il voltastomaco.

Mi rivesto velocemente evitando lo sguardo di Alessandra che si accende addirittura una sigaretta rimanendo nuda sul letto.

L’ennesimo atteggiamento da zoccola, cosa dovevo aspettarmi? Mi sfrego un braccio come se volessi grattare via lo sporco di quel coito infame appena consumato.

«È stato piacevole. Quando vuoi, sai dove trovarmi» sussurra sensuale mentre alzo la zip dei miei pantaloni.

Sorrido anche io dicendo che è stato piacevole anche per me ed esco velocemente da quella casa.

Risalgo sullo scooter e non smetto di pensare che sono stato un verme a trombarmi Alessandra. Avrei dovuto, perlomeno, lasciarla prima.

Cazzo, Daniele! Stai pensando già pensando di lasciarla? Ovvio, non è il caso di continuare con questa farsa.

A me lei non piace, altrimenti non mi sarei trombato la prima che mi è capitata sotto tiro, no?

Arrivo a casa, lancio le chiavi del motorino sul piattino d’ingresso ed entro in camera mia senza nemmeno salutare Tommaso che se ne sta rinchiuso nella sua stanza a studiare qualche follia astrofisica.

Ero convinto che avrei potuto riflettere su quanto avevo appena deciso ma, come al solito, i problemi bussano alla porta infilandosi nella tua vita senza chiedere permesso e soprattutto senza darti il tempo necessario per pensare ad una possibile soluzione.

Trovo, infatti, la mia ormai inconsapevole ex seduta alla scrivania che si gira nella mia direzione sfoggiando uno dei suoi sorrisi migliori. Sì, devo concederglielo: Carolina ha un bel sorriso.

Si alza dalla sedia e mi viene incontro buttandomi le braccia al collo e stampandomi un bacio rumoroso sulla guancia.

«Sei stato bravissimo!» trilla entusiasta ed io sospiro rassegnato. Sono la più grande merda dell’universo. Non ci sono dubbi.

Continua ad elogiarmi mentre io deglutisco per sciogliere il grappolo che mi si è formato in gola.

Ancora ignara della mia decisione, prova a baciarmi ma mi allontano; sento il suo sguardo confuso posarsi su di me.

«Cosa c’è, Dani?» chiede leggermente agitata, quasi avesse intuito che la mia risposta non sarà affatto piacevole.

«Mi sono fatto la Spadoni» confesso abbassando gli occhi.

«Quando?» domanda mostrando una strana calma.

«Stamattina»

Lei inspira profondamente e chiude gli occhi scuotendo la testa. «Avrei dovuto immaginarlo»

Alzo lo sguardo verso di lei e aggrotto la fronte confuso. «Cosa dovevi immaginare?»

Ride sarcastica piegando la testa. «Che appena avessi dato politica, mi avresti mollata. Francamente credevo che mi stimassi un minimo da evitare di cornificarmi, ma è evidente che a te non frega un cazzo di me!» urla arrabbiata con la voce tremante.

Non aveva mai usato parolacce prima d’ora, nella sua voce non percepisco rabbia, piuttosto delusione.

Punto il mio sguardo nel suo e noto i suoi occhi leggermente lucidi.

Capisco che le ho fatto più male di quello che credevo e mi sento mancare davanti a quella visione. Perché sono così idiota?

Scuoto la testa e la vedo afferrare la borsa, decisa ad uscire dalla camera, provo a bloccarla. «Caro, ti prego.. Come puoi pensare che io sia potuto arrivare a questo punto? Io non ti avrei presa in giro così..»

Lei mi guarda e si libera dalla mia presa. «Vai a morire» mi dice assumendo un’espressione gelida in viso.

Mi volta le spalle ed esce dalla mia camera senza aggiungere una parola di più.

Arrivata a metà corridoio, ritorna indietro e, piazzandosi di fronte a me, mi tira un sonoro schiaffo.

Rimango basito, incapace di reagire, e incasso il colpo senza replicare.

È ciò che merito per il mio comportamento, non posso biasimarla.

Si gira nuovamente e si avvia lungo il corridoio senza voltarsi; la sento soffocare un singhiozzo, intanto che abbassa la maniglia della porta d’ingresso, e stringo la mascella mormorando un tardivo ed insignificante “mi dispiace”.

 

*

Carolina’s PoV

 

Arrivo a casa e ringrazio tutti i santi che mia mamma abbia deciso di uscire per andare a trovare una sua amica portando con sé la mia sorellina più piccola, non sarei riuscita a parlare con loro in questo momento.

Entro in camera mia e sbatto la porta con tutte le mie forze, scaraventando la borsa contro il muro che si apre rovesciando tutto il contenuto.

Sento le lacrime rigarmi copiose le guance, i singhiozzi m’impediscono di respirare.

«Bastardo!» urlo con la voce rotta e dando un pugno alla porta.

Come ho potuto essere così stupida? Come ho potuto pensare che mi volesse davvero?

Mi appoggio di schiena alla porta e scivolo lentamente verso il basso fino a toccare per terra.

Ingoio le lacrime, prendendo la testa fra le mani, e faccio ampi respiri per calmarmi.

Non posso farmi piegare dal primo stronzo che incontro, devo reagire da persona matura e non comportandomi come un’idiota tredicenne alla prima cotta.

Non n’ero affatto innamorata, era stato solo l’impulso del momento.

Era l’estate a guidarmi, a portare cattivi consigli, ma ormai la bella stagione sta volgendo al termine.

Non posso più trastullarmi in inutili svaghi, avrei troncato io stessa questa relazione. Perché stare male? Oh, sì, questione di orgoglio ferito.

Intravedo il mio riflesso allo specchio e scuoto la testa. Ma chi voglio prendere in giro?

Quello stronzo mi piaceva, mi faceva sentire dannatamente bene.

Mi ero nutrita dei suoi sorrisi, avevo vissuto nei suoi grandi occhi grigi, facendomi cullare dai suoi abbracci, dai suoi baci.

Come ho fatto a non accorgermi che mi prendeva solo in giro?

Essere innamorati rende davvero così ciechi al punto da convincerci di vedere amore nell’altro quando in realtà è solo finzione?

Forse se fossi stata bella quanto la Spadoni, non sarebbe stato così facile lasciarmi; non lo avrebbe mai fatto, ne ho la certezza.

Mi alzo in piedi e raccolgo la borsa raccattando i vari oggetti sparsi sul pavimento.

Sento di nuovo le lacrime pungermi gli occhi e le ricaccio indietro.

Basta auto commiserarsi.

Si è fatto la Spadoni? Fatti suoi, ci stesse pure con quella vacca da quattro soldi.

È più bella di me? Solo perché è più magra e veste firmata dalla testa ai piedi grazie ai soldi di papà?

Anche io posso diventare magra e vestire alla moda.

Anche io posso essere “bella” e sarò anche meglio di quelle ochette viziate con la testa vuota piena di idiozie.

Sorrido soddisfatta fissando bene a mente i miei nuovi obiettivi. È la mia personale sfida e so che posso vincerla.

A quel punto, sarà difficile lasciarmi.

Sempre se riusciranno mai a conquistarmi.

 

*


Angolo autrice:

Salve, salvino :D
Ben ritrovati in questa mia storiella! Se stai leggendo questo, significa che sei arrivato/a fino in fondo quindi per me sei già un lettore/lettrice fantastico/a :D
Sì, mi rendo conto che non ha un prologo la mia storia! Diciamo pure che questo è il "capitolo 0" e che sostituisce il prologo *ammicca*
Comunque spero che vi abbia un minimo incuriosito e che vogliate saperne di più :) 
Io ce la metterò tutta per accontentarvi! c: 
Un bacio e a presto!

PS: Non so quando aggiornerò di nuovo :( periodo di esami u.u sicuramente dopo il 27,  i miei aggiornamenti saranno più svelti! Grazie mille per aver letto ancora questa storia *_*
  
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