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Autore: StoryGirl    18/02/2014    2 recensioni
Spostò lo sguardo dai primi raggi del sole, che illuminavano il parcheggio, ai suoi polsi fasciati. Il ricordo di ciò che si era autoimposto unicamente per non dover più sentire tutto quel dolore. Il dolore del cuore che, nonostante continuasse a battere, sembrava privo di vita, di felicità o semplicemente di quella scintilla di magia che, quando Minho era ancora vivo, gli illuminava il volto.
Choi Minho, Lee Jinki { MinEw }
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Key, Minho, Onew
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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TITOLO: A man who lives fully is prepared to die at any time.
AUTORE: StoryGirl.
GENERE: Oneshot. Au. SUPER DEATHFIC.
RATINGS: PG.
DISCLAIMERS: Nessun personaggio mi appartiene, purtroppo.
PAIRING: Choi Minho, Lee Jinki { MinEw } .
RIASSUNTO: Spostò lo sguardo dai primi raggi del sole, che illuminavano il parcheggio, ai suoi polsi fasciati. Il ricordo di ciò che si era autoimposto unicamente per non dover più sentire tutto quel dolore. Il dolore del cuore che, nonostante continuasse a battere, sembrava privo di vita, di felicità o semplicemente di quella scintilla di magia che, quando Minho era ancora vivo, gli illuminava il volto.
THANKS: A [info]yuya_lovah -Hisa-Hime su EFP-, perchè l'ha betata, as always.
PAROLE: 1816, con il conteggio di word.

A man who lives fully is prepared to die at any time

Death is no more than passing from one room into another. But there's a difference for me, you know. Because in that other room I shall be able to see. - Helen Keller

La camera d'ospedale era completamente bianca, così bianca che la prima volta che Jinki aveva riaperto gli occhi al suo interno si era sentito abbagliato da tanta luminosità. Non vi erano molte cose a fargli compagnia: un comodino accanto al letto, un armadio quasi perennemente chiuso, come se si aspettassero che il paziente si nascondesse al suo interno a morire, e una finestra di quelle che si aprivano unicamente dall'alto. Non poteva neppure arieggiare la stanza a quel modo perché la finestra si apriva solo di pochi centimetri, un misero spiraglio verso l'agognata libertà, e l'odore di medicinali permeava l'aria.
Jinki se ne stava in silenzio sdraiato sotto le lenzuola bianche di quel letto che non sentiva veramente suo, a guardare fuori dalla finestra, immaginandosi un mondo migliore di quello che realmente esisteva; un mondo in cui il suo Minho era ancora vivo, un mondo in cui Jinki stesso non aveva tentato il suicidio per ricongiungersi all'amato.
Spostò lo sguardo dai primi raggi del sole, che illuminavano il parcheggio, ai suoi polsi fasciati. Il ricordo di ciò che si era autoimposto unicamente per non dover più sentire tutto quel dolore. Il dolore del cuore che, nonostante continuasse a battere, sembrava privo di vita, di felicità o semplicemente di quella scintilla di magia che, quando Minho era ancora vivo, gli illuminava il volto.

"Perché mi hai lasciato solo? Mi avevi promesso che saresti sempre stato con me!" l'urlo che riecheggiò nella stanza non era diretto a nessuno in particolare o meglio, a nessuno di presente. Il dolore era fisico, ma soprattutto mentale.
Buttando a terra gli ultimi quadri rimasti miracolosamente attaccati ai muri, Jinki si sentì spossato. Aveva messo a soqquadro la loro casa, ma non riusciva comunque a sentirsi meglio. Rompere i quadri contenenti le fotografie scattate insieme non faceva comunque scomparire i ricordi che gli distruggevano il cuore.
Cadendo a terra, in ginocchio e con le mani raccolte davanti a sé, Jinki si sentì improvvisamente minuscolo e indifeso. Senza Minho a proteggerlo dalle sue paure, chi altri lo avrebbe fatto? Se non ci fosse stato il suo ragazzo a sorreggerlo ogni volta che gli sembrava di cadere in un baratro nero, chi lo avrebbe aiutato?
Jinki aveva degli amici, ma non era sicuro che avrebbero davvero fatto qualcosa per lui. Erano più amici di circostanza, non erano così legati da pensare che si sarebbero sentiti ogni giorno, che avrebbero potuto aiutarlo nei momenti di difficoltà. Jinki era solito tenersi tutto dentro e l'unico che riusciva a capire quanto stesse male era Minho. Gli bastava guardarlo negli occhi e sapeva esattamente dove premere per permettere a Jinki di sfogarsi e stare meglio.


"Senza di lui non sono nessuno..." ormai aveva iniziato a pensarlo sempre più spesso e sussurrarlo in una stanza vuota d'ospedale non faceva che rendere il tutto più reale.
Jinki non riusciva a immaginarsi una vita senza Minho perché sarebbe stata una vita vuota. Come avrebbe potuto alzarsi al mattino ogni giorno, per il resto della sua vita, senza trovare al suo fianco Minho? Senza essere svegliato da Minho stesso?
Minho era anche stato colui che lo aveva spinto al raggiungimento dei suoi sogni. Non aveva mai dubitato di lui e aveva continuato a incoraggiarlo finché Jinki non era riuscito a diventare un fotografo. Ora erano quelle stesse fotografie a distruggerlo sempre di più, fotografie di un mondo diverso, di una realtà che ormai era svanita. Fotografie dei suoi momenti migliori passati insieme a Minho, fotografie che avrebbe volentieri fatto a pezzi se questo avesse fatto scomparire insieme a loro anche i suoi ricordi.

"Non è giusto, Jinki-ah! Tu scatti sempre e solo fotografie di me, ma non ne fai mai di te stesso o di noi insieme!"
Il broncio di Minho era così carino che Jinki si ritrovò a scoppiare a ridere mentre stringeva forte la sua macchina fotografica. Ovviamente scattò subito una fotografia per suggellare quel momento. Il broncio del suo ragazzo era troppo bello per non immortalarlo per sempre su carta.
"Perché io sono il fotografo e il fotografo non si vede nelle fotografie che scatta, è ovvio!" Minho scosse la testa e dopo averlo attirato a sé con una mano sui fianchi, lo fece sedere sul letto aiutandolo a puntare la fotocamera verso di loro.
"Così se scatti una fotografia potrai esserci anche tu insieme a me!" Jinki era arrossito, ma aveva scattato comunque permettendo così a Minho di ottenere ciò che voleva: un ricordo indelebile di loro due insieme.


Senza Minho che lo incoraggiava, che lo aiutava a porsi in un modo diverso alla vita, cosa sarebbe successo?
Si sentiva addolorato e mentre guardava i suoi stupidi polsi fasciati, pensò immediatamente a quanto era stato stupido a tentare di uccidersi in quel modo. Aveva creduto, erroneamente, che nessuno sarebbe mai riuscito a trovarlo prima che fosse morto dissanguato. Ovviamente si era sbagliato.

"Jinki-ah? Jinki-ah? JINKI!" l'urlo di Kibum echeggiò nella stanza e persino Jinki, morente in un lago di sangue, mugugnò infastidito per quel rumore. La voce di quello che aveva sempre considerato il suo migliore amico - ma lo era davvero? - era sempre stata fin troppo alta e stridula. In quel momento poi, era divenuta un vero e proprio spaccatimpani.
"Shhh..." fu l'unica cosa che riuscì a pronunciare prima di avvertire delle gocce sopra il suo viso. Stava per caso piovendo in camera sua? Era così strano... forse però era il suo Minho che dal cielo stava facendo cadere un po' di pioggia, o meglio ancora, di neve a coprire il suo corpo morente. Le lenzuola bianche del letto erano ormai chiazzate irrimediabilmente di rosso scuro. Chissà con cosa avrebbero coperto il suo cadavere. Non si usavano delle lenzuola bianche per questo scopo? Forse avrebbero aperto l'armadio trovandone altre, o forse le portavano già loro quando entravano in azione.
Ma chi entrava in azione? I poliziotti? O direttamente il coroner?
Perso com'era nei suoi pensieri, non avvertì Kibum singhiozzare pesantemente al telefono con l'ospedale. Non sentì i medici arrivare e cercare di frenare la sua emorragia, non sentì il suo migliore amico imprecare, e quando si svegliò in ospedale non poté fare a meno di sentirsi triste per non essere finalmente morto.


Lui glielo aveva detto di non prendere quel volo. Le previsioni del tempo non erano delle migliori, si diceva che avrebbe nevicato e si temevano persino dei piccoli uragani. Lo aveva pregato di mandare al diavolo tutto e di non salire su quello stupido aereo, ma lui non lo aveva ascoltato perché per lui era troppo importante essere al fianco di Jinki durante il loro anniversario.

"Non importa Min! Non importa! Ti prego, non prendere l'aereo, non vuol dire niente se non sei qui a festeggiare insieme a me! Mi sei vicino con il cuore e questo mi basta!" ma non bastava a Minho, che mise da parte tutte le sue proteste rispondendogli che non c'era niente che poteva dire che gli avrebbe fatto cambiare idea.
"Ho preso fin troppi aerei per avere paura di un po' di turbolenza! Se questo volo parte significa che hanno già valutato tutti i pro e i contro, non avrò problemi e sarò da te in tempo per baciarti in questo giorno speciale! Ti amo!" Jinki sentiva che la voce di Minho era serena come al solito e per questo non ebbe poi tanta paura. Se Minho diceva che andava tutto bene, allora tutto sarebbe andato bene, no?
"Ti amo anche io!" quelle furono le ultime parole che si scambiarono perché quella sera, Jinki, scoprì l'amara notizia. L'aereo che Minho aveva preso era caduto a metà strada. L'Italia non era così vicina alla Corea, erano troppe le ore di viaggio in condizioni così pessime e Jinki si ritrovò improvvisamente a odiare il lavoro di Minho. Quel lavoro che lo portava così spesso in giro per il mondo.
Quel lavoro che solitamente lo rendeva fiero di lui. Avere come compagno un calciatore professionista non era cosa da poco!


E Jinki ora non ce la faceva più senza di lui. Non ce la faceva ad andare avanti e a resistere a quella vita così miserabile senza Minho al suo fianco.
Non gli importava neppure che i suoi amici fossero andati a trovarlo cercando di tirargli su il morale, quegli stessi amici che lui aveva creduto non avrebbero fatto niente per aiutarlo. Jonghyun, Kibum, Yonghwa e Changsun. Nessuno di loro era Minho, nessuno di loro poteva ridargli il fuoco che alimentava la sua speranza nella vita.
Tornando a guardare fuori dalla finestra, sorrise sapendo che ben presto sarebbe stato vicino al suo Minho. Avrebbe dovuto tentare un modo diverso per uccidersi perché, proprio come era effettivamente successo, chiunque lo avesse trovato in tempo aveva l'occasione per salvarlo e infatti quello che aveva in mente ora era qualcosa di completamente diverso. Nessuno sarebbe riuscito a rimettere insieme i suoi pezzi in quel modo, nessuno!
Quando tolse l'ago che lo collegava a un macchinario ronzante si sentì finalmente libero. Non importava che quel macchinario maledetto avesse iniziato a emettere BIP sempre più forti, non avrebbero mai fatto in tempo, le infermiere erano tutte troppo impegnate per notare lui e la sua porta chiusa. Scendendo da quel letto fin troppo bianco, si avvicinò al comodino accanto a lui e lo prese in mano ridacchiando divertito: ora che era così vicino alla morte non poteva fare altro che sentirsi felice. Non sapeva se fosse il suo cervello che scaricava adrenalina ed emozioni per non fargli pensare a quello che stava realmente per fare, ma non gli importava.
Che fosse o meno davvero felice, presto sarebbe stato insieme a Minho e niente avrebbe mai potuto superare quell'emozione.
Quando lanciò il comodino contro la finestra, che si ruppe producendo un suono fragoroso, Jinki rise ancora più forte. Non gli importava che avessero appena aperto la porta, che un infermiera si fosse lanciata verso di lui. Lui era già sul cornicione, i pezzi di vetro che gli ferivano i piedi nudi senza che sentisse nulla, prima di lanciarsi nel vuoto.
L'aria gli fischiò nelle orecchie ma lui smise di pensare molto prima di arrivare in fondo.

"Non avresti dovuto farlo. Io desideravo che tu continuassi a vivere, che andassi avanti senza di me. Avevi così tanto da dare al mondo Jinki-ah... sei stato uno stupido, lo sai vero?"
Jinki scosse la testa baciando Minho, finalmente tornato al suo fianco.
"Lo sai che non ce l'avrei mai fatta senza di te, per me era importante essere di nuovo al tuo fianco."
  
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