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Autore: Amarida    19/02/2014    3 recensioni
"Dammi ascolto per una volta e in un paio di giorni potrai tornare a sfoderare la tua arma più letale…”
“Come, scusa?” chiese Sherlock curioso...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Che il suo coinquilino fosse un uomo decisamente pericoloso a John Waston erano bastate poche ore per capirlo.
Gli ci volle molto più tempo, invece, per accorgersi che, oltre a un’intelligenza decisamente fuori dall’ordinario, possedeva e sapeva usare con innata maestria anche un altro paio di micidiali armi improprie, con le quali era in grado di colpire chiunque all’improvviso con impressionante precisione.
 
Poteva accadere nei momenti più impensati: nel corso di un inseguimento, quando le sue lunghe ed eleganti falcate lo portavano inevitabilmente a distanziare il dottore, che continuava ad arrancargli dietro, non sapendo se ammirarlo o insultarlo. Giusto un attimo prima che questi si arrendesse, dando ascolto alla milza dolorante e al fiatone, e rischiando così di perderlo di vista, Sherlock si girava con uno scatto improvviso e bum! Gli scoccava un colpo secco e preciso in mezzo agli occhi, cavandogli fuori da chissà dove tutte le energie che ancora gli restavano, e lo costringeva a seguirlo.
 
Oppure quando, per individuare un sospettato, toccava a loro, creature tendenzialmente solitarie, tuffarsi in una folla di sconosciuti: poteva trattarsi di un centro commerciale di sabato pomeriggio, con bambini urlanti che facevano lo slalom tra i carrelli e ragazzette assetate di shopping; oppure durante una festa talmente esclusiva (maledetto Mycroft!) da costringerli a inguainarsi in scomodi vestiti da sera – scomodi per lui, perché Sherlock riusciva ad abbattere porte e scavalcare cancelli anche in smoking. Proprio quando l’ambiente inusuale e la vicinanza di troppe persone cominciavano a metterlo a disagio, e Waston si rendeva conto di non avere la più pallida idea di dove si fosse cacciato il suo imprevedibile compagno d’avventure, ecco che lo vedeva farsi largo tra la gente senza tanti complimenti e, appena l’aveva individuato, bum! Con un colpo studiato e bene assestato lo inchiodava sul posto finché non riusciva a raggiungerlo.
 
Capitava, a volte, anche quando erano perfettamente soli e stranamente tranquilli nel caos polveroso della loro casa in Baker Street: John tentava di convincere Shelock che non era una buona idea comporre musica – per quanto bella fosse – alle tre del mattino; o si lamentava dell’ennesima sostanza putrida o velenosa (o entrambe le cose) stanata fortunosamente dal frigorifero o dei resti del suo ultimo esperimento malriuscito, che erano andati a decorare il soffitto della cucina di macchie sanguigne, ed ecco che, un momento prima che il dottore perdesse veramente le staffe e passasse alle maniere forti, il consulente investigativo lo colpiva per l’ennesima volta dritto al cuore, con mira quasi chirurgica.
 
Pur sapendo di essere lui il suo bersaglio preferito ed essendone in qualche modo lusingato, John era troppo onesto con sé stesso e con gli altri per non ammettere serenamente di condividere questa strana sorte con Molly, Lestrade, Mrs Hudson e poche altre persone, compresi il temibile Moriarty e l’ambigua Irene: perché in quel caso faceva davvero poca differenza essergli amici o nemici.
 
Ma anche le armi perfette, talvolta, s’inceppano.
Per questo a John non pareva vero di potersi prendere una piccola rivincita sul suo irritante coinquilino.
Sfoderando il suo piglio di soldato, oltreché di medico, ora incombeva su di lui tenendolo bloccato sulla poltrona con un ginocchio premuto sul diaframma e una mano aperta alla base del collo.
“Stai fermo e non fare il bambino!” disse severo.
“Ma mi farai male…” piagnucolò l’altro, la testa completamente reclinata all’indietro sulla testiera della poltrona.
“No che non te ne farò: sono un dottore! Dammi ascolto per una volta e in un paio di giorni potrai tornare a sfoderare la tua arma più letale…”
“Come, scusa?” chiese Sherlock curioso, schiudendo appena le palpebre che fino ad allora aveva tenuto ostinatamente serrate: solo una lama di luce verdeazzurra s’intravedeva tra le ciglia scure.
John sorrise: ormai era fatta.
 
“I tuoi occhi, dannazione, i tuoi occhi!” esclamò il dottore: “hai una vaga idea della quantità di danni che riesci a fare con una sola occhiata? Puoi far confessare un criminale impunito, conquistare una donna e… far fare ai tuoi amici quasi tutto quello che vuoi” disse d’un fiato.
 
E Sherlock, come previsto, li spalancò quegli occhi dalla forma e dal colore indefinibili, e glieli puntò addosso, con un misto di stupore e compiacimento.
John non poté fare a meno di notare che erano luminosi ed espressivi, nonostante fosse preda di una delle più feroci congiuntiviti che avesse mai visto. Poi, con una mossa fulminea, si chinò su di lui e riuscì, finalmente, a somministrargli il collirio.
  
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