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Autore: Marty_99    19/02/2014    1 recensioni
Nessuno avrebbe mai pensato che Coline e Sophie fossero sorelle, men che mai gemelle. L'una perfetta da fare invidia, l'altra... semplicemente "diversa". Non le si vedeva mai insieme, neanche si rivolgevano la parola. Fino a quando un ragazzo non entrò nella loro vita, sconvolgendola completamente.
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Mi svegliai una mattina di un giorno normale, in una camera normale, in una casa normale, con un famiglia normale, con una madre normale che mi chiamava dal piano di sotto, normalmente preoccupata che facessi tardi il primo giorno di scuola. Un sole normale mi accarezzava il viso, in una normale mattina di settembre. Si, quel giorno per qualunque sedicenne sarebbe stato un normale primo giorno di scuola dopo le vacanze estive, un normale giorno deprimente per la fine dell'estate, ma non per me. Aprii gli occhi, con la familiare stretta allo stomaco del pre-primo-giorno-di-scuola che mi tediava da ormai due giorni. Sospirai, e rassegnata a quello che mi aspettava, mi seddetti sul bordo del letto e gridai "si mamma sono sveglia!" per farla tacere. Mi alzai, e schivando gli scatoloni che ancora non avevo messo in ordine dal giorno del nostro arrivo a Holboorg, circa una settimana prima, mi avviai verso l'armadio, ancora semivuoto. Fortunatamente, la sera prima, non riuscendo a dormire avevo tirato fuori i vestiti che avrei dovuto mettere il giorno dopo. Indossai la camicia bianca di pizzo della divisa, una minigonna rossa, una cravatta arancione e gialla con scarpe in tinta. Rabbrividii davanti allo specchio. Davvero orrendo. Forse la felpa larga unisex arancione e bianca era l'unica cosa accettabile della divisa, e malgrado facesse molto caldo, decisi di indossarla per coprire quell'orrida camicia di pizzo bianco e quella cravatta a strisce sgargianti. Eliminai la gonna estiva e la sostituii con i jeans neri della divisa invernale. Le scarpe, purtroppo, non cambiavano dall'estate all'inverno e dovetti per forza mettele, pur gialle canarino com' erano. Sollevai le maniche della felpa fino ai gomiti, per dare un po di sollievo alla pelle già accaldata. Legai i lunghi capelli rossi ricci in una coda alta, per evitare che andassero da tutte le parti quando mi muovevo. Quanto odiavo i miei capelli. Mi truccai leggermente, per evitare l'effetto maschera e, una volta pronta, corsi giù in cucina per fare colazione. "'Giorno" dissi a mia madre, dandole un bacio al volo. Mi sedetti al tavolo della cucina, accanto a mio fratello Andy che aveva la faccia immersa nella tazza di latte  e cereali. Sbadigliai davanti al bicchiere di yoghurt che mi mise davanti mia madre. "Sei stanca?" mi chiese, preoccupata. "N-n-oo" risposi, sbadigliando nuovamente. "Sophie... dovresti andare a letto presto, la sera" mi rimproverò con sguardo severo. La guardai male e mi concentrai sul bicchiere di yoghurt che mi stava davanti. Improvvisamente, ma non inaspettatamente, lo stomaco tornò a contorcersi dall'ansia. Mi premetti in braccio sulla pancia, facendo una smorfia. In quel momento entrò nella cucina la mia perfetta sorella,  con i capelli biondi lisci che le cadevano perfettamente sulle spalle, gli occhi azzurri ben truccati e la divisa estiva della scuola, che le metteva in risalto le gambe perfette. Nessuno avrebbe mai pensato che fossimo gemelle, tutti davano per scontato che fosse lei la più grande delle due, senza sapere che io ero nata tre ore e venticinque minuti prima di miss perfettina. Appena mia madre la vide corse verso di lei "buongiorno Coline!" squittì, abbracciandola "pronta per il primo giorno di scuola?" le chiese. "si Culin, pronta per il primo giorno di scuola?" le feci eco io, a denti stretti. "Si, mamma" rispose Coline, poi aggiunse rivolgendosi a me "E tu, Sophie, sei pronta?". La guardai con finta sorpresa e risposi con una calma che non mi apparteneva "Non so, Culin. Ma io se dovessi andare in giro con una faccia di culo come la tua non sarei mai pronta". Senza darle il tempo di ribattere, o di lanciarmi un tazza addosso, mi alzai bruscamente prendendo la borsa e le chiavi della moto, dandole per sbaglio in testa ad Andy, che borbottò arrabbiato "e stai un po attenta!". Uscii dalla stanza con tutti gli occhi fissi su di me,  ma ero abituata a quel genere di cose, e anche mia madre, che oramai non ci faceva quasi più caso. Corsi al piano di sopra a prendere il mio giubbotto di pelle bianco, che usavo per la moto. Afferrai il casco rosso e corsi giù nuovamente, alla velocità della luce, tanto che un paio di volte rischiai di inciampare nei miei stessi piedi. Passai di corsa davanti alla cucina, ma riuscii comunque a sentire Andy che chiedeva un passaggio a Coline. Corsi fuori casa e mi sbattei la porta alle spalle, dirigendomi al garage che purtroppo dovevo dividere con Coline. Attesi che la porta si aprisse e mi fiondai dentro, oltrepassando la Porche rosa shocking di Coline e dirgendomi direttamente verso la mia Ducati da corsa rossa. Di solito non usavo quella moto per andare a scuola, dava troppo dell'occhio ed io non volevo essere notata. Normalmente avrei usato la Volvo bianca decappottabile, ma per rilassarmi avevo bisogno di correre e speravo di farmi una corsetta in autostrada, dato che mancava ancora mezz'ora alle 8. Montai in sella e diedi gas alla bestia, che partì con un rombo.
  
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