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Autore: waferkya    19/06/2008    4 recensioni
[Hotch/Morgan] [3300 parole]
Sconvolto per il divorzio, semi-depresso, Hotch commette un errore, e può solo fuggire, ma Derek ha conservato la sua cravatta, ed è pronto a sorridere. Solo Derek ha quel qualcosa che cancella ogni stitichezza emotiva dal cuore dell'Agente Speciale Supervisiore.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aaron Hotchner, Derek Morgan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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EDIT: ho aggiustato la formattazione °ò°

titolo: Tanto, prima o poi, ti copri di avvoltoi
fandom: Criminal Minds
personaggi: Aaron "Hotch" Hotchner, Derek Morgan
pairing: Hotch/Morgan
rating: PG14
conteggio parole: 3300 (W). CRISTO HO DETTO TREMILATRECENTO.
note: lime =ç=
prompt: Ho conservato la tua cravatta @ syllablesoftime
tabella: [qua], sul mio LJ
disclaimer: Non mi appartengono, non esistono, non ci guadagno.

~ Tanto, prima o poi, ti copri di avvoltoi.

Si stanno baciando, e oh santissimi déi si stanno baciando con la lingua. E Hotchner è tutto preso dal tentare di slacciare la camicia di Derek, e Derek arranca disperatamente per liberare Hotchner dalla cintura. E in tutto questo, si stanno baciando, a casa di Derek, sul divano di Derek, e Derek è sotto Hotchner e Hotchner è totalmente fuori controllo.

La causa di questo incredibile viaggio nel mondo dell'omosessualità è senza dubbio la mirabolante richiesta di divorzio che Haley ha avanzato una settimana e mezzo fa.

Hotchner ne è stato così sconvolto e traumatizzato, poverino, che stanotte, sull'orlo di una crisi depressiva, è sgattaiolato fuori di casa ed è andato a trovare l'unica persona con la quale avrebbe potuto avere uno straccio di dialogo. Derek Morgan, chi altri? Jason lo avrebbe psicanalizzato. Reid era sicuramente a nanna. Emily e JJ sono delle accidenti di donne, non avrebbero capito. E, in ogni caso, con nessuno di questi soggetti Hotch si sarebbe sentito abbastanza a proprio agio da snocciolar via la propria anima.

Solo Derek ha quel qualcosa che cancella ogni stitichezza emotiva dal cuore dell'Agente Speciale Supervisiore.

E quindi, Hotch è magicamente comparso sulla soglia dell'appartamento di Morgan, un paio d'ore fa, è stato cortesemente accolto, nonostante il padrone di casa fosse pericolosamente vicino a morire d'infarto per l'emozione, e ha addirittura avuto modo di cenare — con cibo messicano, thailandese e una pizza dal diametro di mezzo metro, il tutto scrupolosamente ordinato da Derek, che deve avere qualche strana fissazione per consolare la gente col cibo.

Dopo aver guardato un vecchio, vecchissimo film di Marlon Brando, Hotchner ha timidamente dato avvio alle confessioni, raccontando sottovoce di come si è innamorato di Haley, e di quando si sono fidanzati, e del giorno del matrimonio e della nascita di Jack e oh santi numi dell'universo era così bello che Derek l'avrebbe mangiato volentieri.

Poi, anche le chiacchiere si sono esaurite, ma il silenzio non è stato particolarmente pesante – anzi, stranamente confortante. E, ad un certo punto, Derek, che non ha scollato gli occhi dal suo boss nemmeno per un secondo, ha visto il viso di Hotch farsi sempre più vicino.

Ed è accaduto che le loro bocche s'incontrassero in uno dei modi in cui le bocche di due colleghi non dovrebbero mai incontrarsi. E poi si sono incontrate le lingue, le mani, i fianchi e, beh, sì, eccoli qua a rotolarsi metaforicamente sul divano, tra ansimi e gemiti fin troppo espliciti.

Derek stringe le braccia intorno al collo di Hotch, mormorando sconnesse richieste di darsi una mossa perché 'maledizione, Hotch, non ce la faccio più'. E Hotch decide per la brutalità, strappando senza rimorsi la camicia dal petto del collega, e poi avventandosi sulla pelle di uno straordinariamente invitante color cioccolato.

Derek ringrazia sentitamente, e ricambia il favore torturando i muscoli tesi della schiena di Hotch.

Quando i pantaloni di entrambi vengono appropriatamente mandati a morire in angoli oscuri della stanza, Morgan riempie l'aria con un gemito di pura estasi. Non credeva che il contatto con la pelle nuda e calda e, santo cielo, totalmente glabra dell'inguine di Hotch potesse essere così paradisiaco.

"Hotch…" chiama, senza avere idea del perché anche in quest'assurda intimità continui ad utilizzare il cognome. Hotchner, comunque, non dà segni di malcontento, anzi, mugugna in risposta, e sembra decisamente soddisfatto, mentre si strofina lievemente contro i fianchi di Derek.

Ad essere sinceri, Aaron non è totalmente in sé. Lo stoico supervisore non s'intratterrebbe mai e ripeto mai in simili passatempi con un proprio subordinato, certo che no. Il padre di famiglia non andrebbe mai a letto con un uomo senza essere nemmeno un po' ubriaco. Lo studente di giurisprudenza potrebbe elencare almeno seicentodiciassette motivi per cui è inopportuno intrattenere una relazione sessuale con un collega, amico e affascinante uomo di colore.

Ok, anche la parte razionale di Hotch sta cominciando a capitolare in un'iridescente vertigine che ha la voce di Morgan. Meglio spegnere definitivamente il cervello, e dedicarsi in toto alla piacevolissima frizione delle cosce di Derek contro i propri fianchi.

"Derek…" ansima Hotch, leccando quasi timidamente il lobo dell'orecchio nel quale ha appena sospirato, e soltanto questo basterebbe perché Morgan abbia un orgasmo. Derek si ritrova ad aggrapparsi febbrilmente al corpo caldo e candido di Hotch, pregando perché le mutande vadano al diavolo e si dia inizio allo spettacolo vero e proprio. E nessuno osi sibilargli all'orecchio che, siccome soltanto i preliminari lo stanno mandando fuori di testa, farebbe meglio a non esagerare.

Hotchner si affretta a soddisfare l'amante e, per tutti gli déi di tutti gli universi conosciuti e non, è semplicemente meraviglioso il modo in cui le loro erezioni s'incastrano l'una contro l'altra, premendo e pulsando all'unisono, invitando i rispettivi possessori ad azzardare qualcosa di più.

Derek respira a stento quando le mani di Hotch s'insinuano tra le sue cosce, carezzando e stringendo piano, stuzzicando e molestando senza pudore. Seppellisce il volto contro il collo del suo boss, ansimando per le innumerevoli, formicolanti sensazioni che gli stanno intasando il sistema nervoso.

C'è qualcosa di profondamente perfetto nella gentilezza dei polpastrelli di Hotchner, che si arrampicano e giocano sulla sua pelle, risvegliando la sensibilità erotica di parti del proprio corpo che Derek nemmeno sapeva di avere.

"Oh, dio, Hotch…"

E quando, finalmente, le impudiche dita di Hotchner trovano lo stretto anello di muscoli rinchiuso tra le natiche d'acciaio di Morgan, tutto il mondo si riempie di colori ipersaturati, simpatiche marmotte esplodono in miriadi di stelline davanti agli occhi dell'uomo e non c'è assolutamente nulla che lo trattenga dal gridare con tutto sé stesso.

A questo punto, non c'è più modo di dire dove termini la realtà e dove, invece, cominci ad agire la fantasia spudorata di ognuno dei due amanti, così presi dalle proprie torride attività da non badare a nient'altro — né al temporale che esplode sulla città, né al divano che agonizza, profondamente seccato dalle loro inopportune acrobazie.

L'ultimo pensiero razionale di Derek Morgan è che la pelle del collo di Hotchner profuma di Earl Grey.







Uccellini cinguettano, e Hotch mugugna frustrato, profondamente tentato dall'idea di recuperare la pistola e far fuori le rumorose creature una ad una. Alle narici gli giunge un penetrante odore di pioggia e caffè, e allora lui aggrotta le sopracciglia, socchiude un occhio e presto si accorge di non essere a casa.

Perché il suo letto non ha mai avuto lenzuola blu notte.

Perché le pareti della sua camera non sono mai state tappezzate di gigantografie di personaggi più o meno famosi, nemmeno quando aveva quindici anni e la sua massima aspirazione tradurre Il Capitale di Marx in lettone.

Il fatto che l'armadio sia un'unica, enorme lastra di vetro nero, opaco e pulitissimo, gli richiama alla memoria gli avvenimenti delle ultime ore.

È andato a letto con Derek, giusto. E ora – giustamente – si è svegliato nel letto di Derek.

C'è una logica in tutto questo, peccato che aver fatto sesso con un collega sia un concetto totalmente privo di senso, agli occhi ormai tranquilli e razionali del Supervisore Hotchner.

Dovrò scusarmi con lui, è il primo pensiero di Hotch. No, aspetta, sarebbe così… patetico, se mi scusassi. Certo, però, non posso nemmeno dirgli 'Bella scopata, Morgan, ti va di bissare, prossimamente?' Come minimo mi picchia. Poi mi fa internare in manicomio e, oddio, sarebbe un'ottima idea, ora come ora.

Hotch rotola sulla schiena, coprendosi gli occhi con un braccio.

Per la miseria, sono anche praticamente nudo…

L'unica idea sul da farsi che Hotchner abbia, riguarda improbabili viaggi indietro nel tempo per impedire a sé stesso di avere il migliore orgasmo degli ultimi… Dio, se non riesce nemmeno a ricordarselo, dev'essere passato veramente troppo tempo.

In ogni caso, ci pensa la realtà a muoversi per lui: così silenziosamente da far spavento, la porta viene aperta e Derek fa capolino nella stanza, avvicinandosi al letto in punta di piedi, per non svegliare il suo superiore.

"Aaaww," soffia Morgan, con un sorriso, e Hotchner sente qualcosa di preoccupantemente piacevole contorcersi all'altezza del cuore, e rallentargli il respiro.

"Buongiorno, Derek," mormora, ed è certo di sentire il collega sobbalzare.

"Wah, Hotch, pensavo dormissi. Buongiorno, comunque. Sto… come dire, preparando la colazione, ecco. Il bagno… hmm, la porta accanto al letto è quella del bagno. Sai, doccia, e… ok, vado di là, voglio evitare di dar fuoco alla casa," conclude, sottovoce, Derek, e poi fugge, visibilmente imbarazzato.

Hotchner ringrazia il cielo per questo. Pare che il suo collega sia nelle sue stesse condizioni, perciò non avrà problemi a fingere che nulla sia accaduto, stanotte, sebbene l'Agente Supervisore sia consapevole del fatto che non è certamente una pistola a tendergli la parte anteriore dei boxer.

Racimolando un po' di forze, – e sì che il sesso con Derek l'ha sfiancato, ma è stata una pessima idea ripensarci, accidenti! – Aaron riesce a trascinarsi fino a quella che gli è stata indicata essere la porta del bagno. Si sente abbastanza a disagio ad infilarsi in una doccia estranea, ma la sensazione passa istantaneamente nel momento in cui stappa il flacone di bagnoschiuma, e le sue narici vengono invase dal meraviglioso odore della pelle di Derek.

Pessimo pensierino, Agente Hotch. Ora, l'unico modo per tornare presentabile è sottometterti all'orribile tortura della doccia gelida. Ti tocca, Hotch, ti tocca, perché, d'altra parte, Derek, l'uomo con cui hai passato la più cocente notte – beh, ammettilo – della tua vita – non è stato tanto brutto, no? -, non è che due pareti più in là, pronto a farti eccitare da capo, non appena il tuo sguardo inciamperà sulle curve morbide delle sue spalle.




Derek punzecchia la frittata per la dodicesima volta negli ultimi minuti, controllando ancora, con cura quasi maniacale, che non si attacchi alla padella. Non lo sopporterebbe, ecco, e ogni cosa deve essere perfetta.

Gli è bastato uno sguardo per capire che Hotch si è pentito di essersi metaforicamente rotolato con lui sul divano, e vuole metterlo a proprio agio preparandogli una colazione quanto meno decente.

Sì, Derek Morgan ha decisamente una strana fissazione per consolare la gente col cibo.

Sente l'inconfondibile chiasso della doccia, e gli ci vuole uno sforzo immenso per rimanere concentrato sulla frittata – e non è sicuro che sia un buon segno il fatto che l'impugnatura della padella gli richiami alla mente immagini vietate ai minori.

Quando, infine, la doccia smette di rumoreggiare e la frittata è pronta e la tavola è apparecchiata e Hotchner è apparso sulla soglia della cucina e le forchette s'intonano al cento per cento con la sfumatura arancio-rossastra del succo di frutta, Derek azzarda un'occhiata al suo capo, che sembra mortalmente imbarazzato, a disagio, per una volta, nell'elegante completo da ufficio.

"Hotch, mi dispiace, ti avrei prestato qualcosa di mio, ma mi sa che avresti difficoltà a entrarci," commenta, a mezza voce, e vede Hotchner scuotere il capo con un sorriso di circostanza, e mormorare che non importa, e che anzi è stato gentile a fargli usare la doccia.

Derek non può evitare di pensare che Hotch volesse con tutte le proprie forze liberarsi di ciò che stanotte gli ha lasciato addosso.

"Beh… mangiamo, ok?"







Una settimana dopo; Quantico, Virginia – Sede Centrale dell'Unità di Analisi Comportamentale



Derek non ha assolutamente intenzione di tornare a casa, sebbene oggi sia martedì, cioè, teoricamente, il suo giorno libero. Normalmente, avrebbe trascorso queste ventiquattro ore di pace in svariate attività ricreative: dodici ore in letargo, dodici a disputare tornei online di videogiochi nerd e masturbarsi.

Oggi, invece, Derek rimane a Quantico, in ufficio, lontano da casa, perché il rubinetto del terzo lavandino del bagno del secondo piano – bagno che non usa nessuno, ma figuratevi se Der bada a questi dettagli – perde, e non sia mai rimanga senza controllo, potrebbe allagare tutta la base! Perciò Derek, il paladino dei rubinetti, ha eroicamente deciso di trascorrere il proprio fottutissimo giorno libero a fissare lo sgocciolare dell'acqua nel cesso della BAU. E per fortuna che qualcuno ha abbandonato un divano sfondato contro la parete del bagno.

In ogni caso, non è che Derek abbia improvvisamente sviluppato una masochistica intolleranza per il parquet di noce o i divani di pelle o i videogiochi nerd o il suo comodo letto; è solo che, maledizione, non riesce proprio più a starci in quella casa.

E la colpa è tutta di Hotchner che, dopo averlo scopato con foga preoccupante e aver intasato l'aria del suo odore di tè, ha accuratamente evitato di far vertere le loro conversazioni sull'argomento 'OHGAWDABBIAMOFATTOSESSO'. E le occasioni non sono state poche, ecco.

Morgan s'imbroncia, incrociando le braccia al petto. Mai come in questa settimana ha odiato Hotchner e sé stesso. Se solo uno dei due avesse la forza di guardare l'altro negli occhi e ammettere che sono stati un'ottima distrazione l'uno per l'altro, andrebbe tutto infinitamente meglio.

Invece no, ci vorrebbe una pinza di sei metri per scucire qualche parola dalla gola di Hotch, e una buona dose di alcol etilico forse scioglierebbe la lingua di Derek, che in ogni caso rimane angosciato dall'idea di tornare a casa e venire assalito dai torridi ricordi di quella notte del cazzo.

L'aitante profiler si sfila il cellulare dalla tasca e lo butta in un angolo del bagno, il più possibile lontano, incurante della possibilità che si fracassi. Sinceramente, non gl'importa di nulla; è il suo giorno libero, perciò prima che venga richiesta la sua presenza sul campo dovrà scatenarsi un'emergenza a livello di galassie, e, in ogni caso, lui è dentro la base, e per questo reperibile. Certo, non ci sono molte persone sulla faccia della terra che verrebbero a cercarlo nell'inutilizzato bagno del secondo piano, ma questo rientra nelle cose di cui non gl'importa.

Dopo aver contemplato per un po' la piccola scatoletta nera abbandonata sul pavimento, Derek tira fuori dalla tasca posteriore dei jeans il portafogli, e ne estrae un rettangolino di stoffa, accuratamente ripiegato. Risistema il portafogli al suo posto e poi, con estrema attenzione, spiega quella che si rivela essere una cravatta a righe nere e vinaccia. Rimane ad osservarla, lo sguardo perso a contare il numero di volte in cui le fibre della seta si accarezzano l'un l'altra, poi se la passa intorno al collo, sprofondando un po' di più nel divano.

La cravatta è di Hotchner, ovviamente.

L'Agente Supervisore l'ha dimenticata sotto il divano di casa di Derek, il quale si è guardato bene dal restituire l'unico rimasuglio di quella notte — l'unica cosa che ancora gli permette di esser certo di non esserselo sognato, Hotchner che gli ansimava sulle labbra mentre…

Ecco, pessimo pensierino, Agente Morgan, anche per te.

Ora dovresti soltanto infilare la testa sotto un rubinetto e affogarti di acqua ghiacciata. Ma, ehi, è il tuo giorno libero, non possono dirti nulla.

C'è qualcosa di più triste dell'essere stato piantato dopo una notte di grande sesso, comunque, ed è il pensiero di non essere in grado di fare nulla per cambiare le cose. E la certezza che, d'ora in poi, andrà sempre peggio, perché ogni uomo che ti sorriderà non sarà in grado di competere con Hotch, e nessun tocco sarà mai delicato ed emozionante come quello di Hotch, e niente, maledizione, niente e nessuno ti toglieranno mai più dalla testa Hotch, e quel suo dannato odore di tè.

E poi la porta si apre.

La porta del bagno del secondo piano della BAU, quello che nessuno usa mai perché sperduto in fondo ad uno spaventoso dedalo di corridoi, si apre. Ne entra luce, tanta, e bianca, un cazzotto sulle retine, e insieme alla luce compare la sagoma – inconfondibile – di Hotchner. Che si richiude la porta alle spalle, sbuffando, perché sta armeggiando con il palmare ed è evidentemente lontano anni luce dal Sistema Solare.

E poi Hotch calpesta il cellulare di Derek, lo osserva perplesso, alza la testa e – oh.

Derek.

"Derek," mormora Aaron, genuinamente stupito, e rimane per un secondo a bocca aperta, e non è in grado di proferire altro verbo, perché il suo cervello è andato momentaneamente in tilt, e tutte le sue terminazioni nervose non fanno che pulsare la parola Derek, Derek, Derek, Derek, in un mantra pigro e imbarazzante.

"Oi, Hotch. Suppongo che questo divano sia tuo."

"Sì… sì, in effetti sì. Il vecchio divano di famiglia."

Hotchner mette da parte il palmare e si siede compostamente accanto a Derek.

"Quella cravatta, invece… è mia, non è così?"

Morgan ne solleva un lembo e lo fa oscillare in aria con noncuranza.

"Sì. L'hai lasciata da me, uhm… la settimana scorsa, Hotch?"

"Immaginavo."

"Già," replica Derek, semplicemente, poi aggiunge: "Non ho intenzione di restituirtela."

"Non… non avevo intenzione di chiederla indietro."

"Uh, perfetto, allora. Finalmente, una cosa che funziona, tra noi."

Hotch deglutisce, allentando lievemente il nodo della propria cravatta. Gli è appena venuta in mente un'altra cosa che, tra lui e Derek, ha funzionato decisamente bene.

"…sesso a parte, ovviamente."

Ecco, quello.

E Derek si sparerebbe un colpo alla tempia, se solo non avesse lasciato la pistola sul ripiano dei lavandini, cinque metri più in là.

Meno male che non dovevo essere in grado nemmeno di parlarne, si dice, e comincia seriamente a detestare la propria lingua lunga che parla da sé — perché, se questo dannato muscolo fosse connesso al cervello, eviterebbe di profondersi in frasi tanto inopportune.

"Hotch, io," tenta di rimediare Derek, momentaneamente tornato al comando del proprio corpo, ma Hotch si volta a guardarlo con un'espressione spaventosamente decisa sul volto, e Morgan quasi trema, a vederlo. Di sicuro, comunque, perde ogni voglia di continuare a blaterare.

"Derek, non so perché tu abbia conservato la mia cravatta, ma," e a questo punto il cellulare che Hotch tiene nascosto in qualche tasca della giacca si mette a pigolare, ma l'Agente non intende perdere quest'occasione in cui il coraggio sembra aver fatto miracolosamente capolino, "desidero che quello di una settimana fa non rimanga un episodio isolato," Dio, pensa Derek, stupefatto, sembra che stia parlando di un omicidio, ma pensa pure che Hotch sia irrimediabilmente carino, "e voglio scusarmi, perché di certo sono stato un pessimo uomo, nonché un orribile amico, in questi sette giorni. Perciò, Derek, vorrei che tu… accettassi di cenare con me, magari oggi stesso."

Derek non riesce a pensare: il suo cervello è orribilmente pressato dall'insistente suoneria del telefono di Hotch ed è inspiegabilmente saturo di sangue, per via di quell'idiota di un cuore che si sta dando da fare come mai prima. L'unica informazione che Morgan riesce a metabolizzare è il fatto che Aaron Hotchner, l'uomo di cui è innamorato da, tipo, il primo momento in cui l'ha visto, lo sta guardando in attesa di una risposta ad un invito — del quale Derek non ha percepito i dettagli, ma che capisce essere di fondamentale importanza per l'instaurarsi di una eventuale relazione sentimentale tra lui e l'uomo dei suoi sogni.

Per questo, Derek annuisce lievemente — quasi spaventato, agli occhi di Hotch, che accenna un sorriso sollevato, fa un impercettibile movimento del capo e finalmente risponde a quel cazzo di telefono.

La chiamata è lunga abbastanza perché il cuore di Derek si stanchi di pompare sangue a velocità supersonica e torni a ritmi più umani, permettendo all'uomo di comprendere, finalmente, in che diavolo di situazione s'è andato a cacciare.

Quando Hotchner attacca, e guarda Derek quasi timidamente, da sotto in su, con un'espressione infinitamente adorabile, questi non può che sorridere e spostare il capo in avanti, cercando la bocca del proprio capo, per baciarlo, finalmente sicuro che non sarà picchiato né ignorato per una settimana, dopo questo gesto.

"Meglio tardi che mai, eh, Hotch?" gli soffia poi sulle labbra, e quello si stringe nelle spalle, con aria noncurante.

"Aspettare un po' non fa male a nessuno," replica. Derek sorride.

"Aspettare per sempre fa male di certo, Hotch;"

"Nessuno aspetta per sempre," una pausa lunga un bacio e un sospiro, "tanto, prima o poi, ti copri di avvoltoi."

E il bagno risuona della risata calda di Derek.

  
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