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Autore: _joy    19/02/2014    4 recensioni
Contesto: tra "Morsi di ghiaccio" e "Il bacio dell'ombra":
Rose non ha ancora visto il fantasma di Mason, non sono ancora iniziati i problemi legati allo Spirito. Lei e Lissa sono tornate all'Accademia e hanno ripreso le loro vite. Finché Lissa non le chiede di tornare a NYC e riprendere le loro vecchie identità in nome di un amore passato.
ATTENZIONE: questa storia è sempre un crossover con Gossip Girl ma non c'entra niente con "Escape": non sono legate, è diverso il contesto e Lissa e Rose sono scambiate rispetto a quella storia: Rose è Serena Van der Woodsen e Lissa è Blair Waldorf (capelli a parte!)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dimitri Belikov, Lissa Dragomir, Rose Hathaway
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“I find more peace with you.” 
DimitriVampire Academy

 
 


Nell’ascensore l’aria era a dir poco tesa.
 
Lissa fingeva di non accorgersene e fissava il quadrante dell’ascensore, mentre salivamo fino al loft.
Alto era furibondo, Celeste nervosa.
Dimitri era l’unico a sembrare calmo, ma io che lo conoscevo sapevo che era irritato.
Però, almeno, lui non mi dava la colpa di quello ce stava succedendo.
 
La salita, benché rapida, si svolse in un silenzio irreale e pesante.
Quando le porte si aprirono, i Guardiani fecero per uscire in avanscoperta, ma Lissa lanciò uno strillo euforico e salò dentro casa, urlando:
«Dorota! Dorota!»
Celeste si sporse per prenderla, ma lei si divincolò.
Io entrai con gli occhi al cielo e lei era già tra le braccia della nostra fidatissima cameriera tuttofare, Dorota, che ripeteva estasiata:
«Signorina Blair! Signorina Blair!»
Vidi Dimitri ispezionare con gli occhi l’interno della stanza, mentre Alto sembrava voler aggredire la cameriera.
Poi lei si separò da Lissa, asciugandosi gli occhi, e vide me.
Altro urlo.
«Signorina Serena!!»
Io le sorrisi e lei mi stritolò in un abbraccio.
«Ehi Dorota, mi soffochi!» mugugnai «È bello vederti»
Non potevo essere arrabbiata con Dorota. La fedele Dorota.
Quando finì di abbracciarci e ripetere che eravamo via da troppo, finalmente notò i guardiani ed apparve decisamente perplessa.
Lissa entrò in azione in un attimo.
«Dorota» le si mise davanti e la fissò negli occhi, usando una leggera compulsione «È tutto a posto. Loro nostri… nostri… ehm…amici…anzi, parenti, e staranno qui per un po’. Tutto bene»
Lo sguardo vitreo di Dorota mi disse che la compulsione di Lissa l’aveva già soggiogata.
Sperai non lo notasse nessuno, perché nel nostro mondo usare la compulsione non era visto di buon occhio.
Vero che Dorota era umana, ma…
«Perfetto, signorina Blair» rispose lei docile «Preparo tre stanze?»
Lissa annuì e ringraziò, ma Alto si intromise:
«Dormiamo tutti insieme, per proteggervi meglio»
Dorota sgranò gli occhi e Lissa gli rise apertamente in faccia:
«Può dormire sul pavimento, se preferisce, ma io dormo in camera mia. Da sola»
Lui divenne di un brutto color mattone e io segretamente fui grata a Lissa: Alto era quello che mi dava più filo da torcere, a scuola, e non mi dispiaceva vederlo ridimensionato.
Mossi qualche passo per l’appartamento e fui sorpresa di sentirmi… a casa.
Quel posto era la cosa più simile a una casa che avevamo, tra Lissa che aveva perso la famiglia e io che non vedevo mai mia madre.
Quando a mio padre, nemmeno sapevo chi era.
Guardai la mia amica e la vidi emozionata allo stesso modo.
Mentre Alto ringhiava ordini, io e lei stupimmo tutti dicendoci ad alta voce, all’unisono:
«Bentornata a casa!»
 
 
Ed era proprio un ritorno a casa, pensai più tardi, immersa nella mia vasca, nel mio bagno, circondata dalle mie cose.
Le cose che appartenevano ad un’altra vita.
I trucchi costosi, gli asciugamani raffinati, il marmo prezioso.
Oltre la porta, c’era la mia camera da letto: pizzi e sete anche lì e una cabina armadio che avrebbe contenuto tranquillamente tre volte la stanza in cui dormivo in Accademia.
Piena di abiti firmati, di borse esclusive e di scarpe fantastiche.
Misi la testa sott’acqua.
Era il paradiso.
 
Tornai in camera avvolta in un asciugamano di morbida spugna e, mentre mi pettinavo i capelli, sentii bussare alla porta.
Risposi ed entrarono Dimitri e Celeste.
Incontrai gli occhi di lui nello specchio ed arrossii per il mio abbigliamento.
Lui rimase impassibile, ma sapevo che lo aveva notato.
Restò un passo indietro rispetto a lei e io mi strinsi nell’accappatoio, imbarazzata.
«Sì?» chiesi.
Celeste si guardò attorno, sembrava spiazzata.
Lo notò anche Dimitri, e anche lui percorse con gli occhi la stanza.
Ci credo che erano sorpresi: la ragazza che viveva lì non ero io.
O meglio: non era la Rose Hathaway che conoscevano loro.
 
Rose Hathaway era forte, determinata, insofferente all’autorità, sempre coperta di graffi e  lividi perché passava le sue giornate in palestra ad allenarsi.
Mentre quella che vedevano ora era l’altra parte di me.
Glamour e sofisticata, Serena Van der Woodsen era una ragazza ricca, alla moda, che non indossava mai lo stesso vestito due volte. Sempre perfettamente curata, sempre pettinata alla perfezione.
Ti credo che erano straniti: sembrava una cosa completamente antitetica.
Eppure ero io.
O meglio: qui avevo tirato fuori la parte più glamour e disinvolta di me.
Sapevo benissimo che la mia vita non sarebbe stata così, per via del lavoro che avrei fatto e che mi avrebbe fatta essere l’ombra di Lissa, per cui nel nostro periodo newyorkese mi ero sfogata per bene.
Dimitri stava guardando una mia foto formato gigante in cui sfilavo con un abito scintillante addosso.
«Era una sfilata di beneficenza, ho partecipato per quello» mormorai, quasi scusandomi.
Lui sussultò e distolse lo sguardo.
Chissà che effetto gli faceva vedere quella Rose così curata e bella?
Me lo chiesi, prima di riportare la mia attenzione su Celeste.
Lei era ancora più perplessa di lui.
Per le donne essere un Guardiano significava quasi sempre rinunciare alla propria femminilità: le Guardiane si tagliavano i capelli (per praticità e per mostrare i molninja, tatuaggi sul collo che indicavano quanti Strigoi avevi ucciso), non si truccavano, non si vestivano bene, avevano la pelle rovinata dalle intemperie perché erano sempre all’aperto.
Sentii una fitta d’ansia.
Lo so, ero vanitosa.
Ma cavolo, avevo diciassette anni!
Io adoravo essere carina.
«Sì?» ripetei.
Celeste distolse gli occhi dalle mie fotografie e sembrò concentrarsi con un certo sforzo.
«Ah…Rose… ehm… dunque, volevamo chiederti una mano nella…nella gestione della situazione»
«A me?» ero sinceramente stupita, abituata che i guardiani potessero fare tutto da soli.
Dimitri annuì.
«So che non sei contenta che Lissa sia qui, ma proprio per la sua sicurezza puoi aiutarci a lavorare meglio» 
«Sarà anche un bel test per te» confermò Celeste «Una prova da guardiana»
«Ma voi…mi volete a lavorare con voi?» chiesi.
Si scambiarono un’occhiata, perplessi.
«Voglio dire» precisai «Io proteggerò sempre Lissa al meglio delle mie capacità, a prescindere da chi c’è con noi, ovvio… solo non pensavo che…bè, che mi voleste con voi»
Dimitri mi rivolse uno sguardo di calda approvazione e Celeste sembrò spiazzata.
«Unire le forze migliora le prestazioni e…»
«Sì, lo so» la interruppi «Ma voi guardiani tenete sempre un atteggiamento da professori e…»
«Bè, sì» ammise lei «Ma fuori dall’Accademia, nel mondo reale, è diverso»
Annuii.
«Va bene» dissi «Posso dire una cosa?»
«Certo»
«Non pensate di andare in giro vestiti così, vero?»
Mi guardarono come se avessi annunciato uno spettacolo di lap-dance.
Sospirai.
«Ascoltate, non è per frivolezza, ma non avete idea di quanta formalità ci sia qui, in questa città e nel contesto in cui io e Lissa ci muovevamo. Se volete passare inosservati non potete indossare maglie termiche né felpe»
Si scambiarono un’altra occhiata perplessa.
«Non credo sia così importante…» iniziò Celeste.
«Cosa? Integrarsi? Passare inosservati?» la interruppi, innocente «Non volevate il mio aiuto?»
Li avevo fregati e lo sapevo.
«Va bene» annuì Dimitri «Se dici che qui è così importante ti crediamo»
Il suo tono era talmente sicuro che Celeste annuì di riflesso.
«Ok anche per me…. certo che è un posto strano»
Le sorrisi.
«È un posto fantastico! Davvero! Senta, dia pure un’occhiata tra la mia roba e prenda quello che le serve»
Le indicai con la mano la cabina armadio e lei si avvicinò con aria preoccupata e circospetta.
«Non ci sono Strigoi dentro, lo giuro!» ridacchiai e potevo giurare di aver visto Dimitri nascondere un sorriso.
Celeste aprì la porta e non trattenne un’esclamazione di stupore.
Persino il mio impassibile mentore sembrava stupito.
 
E ti credo.
La mia cabina armadio era il regno delle fate.
 
Celeste mosse un paio di passi incerti all’interno, tra file di scarpe e borse.
«Per te non ho nulla, compagno… ti tocca andare a fare shopping, domani!»
«Non chiamarmi così» replicò lui «Non credo che…»
«Hai detto che ti fidavi!»
«Mi fido. Solo che…»
«Bene! Sono una personal shopper fantastica!»
Il suo sguardo mi diceva che era chiaramente preoccupato.
 
 
Quando Lissa e Dorota entrarono in camera mia Celeste non era ancora riemersa.
«Ah!» urlò Dorota «Ferma, lei! Gli abiti della signorina Serena!»
Scappò nella cabina, mentre io le gridavo dietro di non preoccuparsi.
Lissa posò una tazza di cioccolata calda sulla mia toilette.
«Sei ancora arrabbiata?» mi sorrise speranzosa.
«Non sono arrabbiata, Liss. Sto disapprovando»
«Smetti presto, vero?» chiese lei, ansiosa.
Mi scappò un sorriso.
In quel momento Celeste rientrò in camera, a mani vuote.
«Non le piace nulla?» chiesi, perplessa.
«Non…non lo so. C’è talmente tanta roba che…»
 
Guardiani.
Dai loro da uccidere e lottare e va tutto bene, ma perdono la testa davanti ai vestiti.
Tipico.
 
Mi diressi alla cabina e ne uscii dopo poco con una vestaglia, una camicia da notte, pantofole, jeans e due maglioncini.
«Per iniziare» le dissi, porgendoglieli.
Lei li prese, confusa.
«Ma…ma…» sembrava imbarazzata «Questa cosa sarebbe?»
Io e Lissa ci scambiammo uno sguardo perplesso.
«È una camicia da notte» le dissi, con il tono di chi pensa di avere a che fare con un folle.
Lei arrossì.
«Ma…ma… è così…leggera….»
«C’è il riscaldamento centralizzato» obiettò Lissa «La casa è calda»
Celeste sembrava ancor più in difficoltà.
«Ma…non…non vorrei che si…rompesse…»
Io e Lissa ghignammo, all’unisono.
«Tranquilla, è resistente. A meno che qualcuno non gliela strappi di dosso» le dissi.
Capivo cosa non stava dicendo: era di raso e pizzo e le sembrava eccessiva.
Lei guardò Dimitri in cerca di aiuto e lui batté precipitosamente in ritirata bofonchiando una scusa.
Mi venne da ridere.
 
Fu Dorota a sbuffare.
«Attenta ai vestiti della signorina Serena, lei! Sa quanto costano quei jeans?»
«Dorota!» dissi io «Va tutto bene, non c’è problema!»
Dorota insistette, testarda:
«Sono 7 for all mankind! Miss Serena mette solo quelli!»
E, quando disse il prezzo di un paio, temetti davvero che a Celeste venisse un infarto.
«Per un paio?!» ripeté basita.
Poi me li tese.
«Non posso prenderli!»
Sospirai.
«Certo che può. Glieli ho dati io. Tranquilla, sono solo jeans»
«Costano come un gioiello!»
«Ma sì, stia tranquilla»
La spinsi, recalcitrante, verso il corridoio.
«Vada a provarli e se non le vanno bene le trovo altro. Domani pensiamo a Dimitri e al Guardiano Alto»
Quando rientrai in camera scambiai un’occhiata con Lissa e lei sospirò:
«Giurami che non diventerai mai, mai così!»
 
 
Eppure la mattina dopo ero segretamente felice.
Mi svegliai con la consapevolezza che avrei accompagnato Dimitri a fare shopping.
Rotolai giù dal letto e mi fiondai a prepararmi.
Lo avrei avuto per me in una giornata quasi normale.
A New York.
E c’era il sole.
Fantastico.
Stavo per infilare dei jeans quando mi venne un’idea migliore e, sorridendo, li riposi.
 
Quando scesi a colazione, Lissa era seduta al tavolo e stava leggendo dei giornali.
Anche Dimitri aveva in mano un giornale e beveva caffè.
Celeste rimirava uno yogurt con aria assente e Alto mangiava per tre.
Storsi il naso, disgustata.
Lissa mi vide e disse:
«Buongiorno! C’è il funerale oggi pomeriggio…»
Annuii brevemente, mentre con la coda dell’occhio guardavo Dimitri.
Aveva alzato la testa dal giornale per lanciarmi un’occhiata e ora mi stava fissando.
Lo ammetto, volevo stupirlo.
E qui avevo i mezzi per farlo.
Indossavo dei jeans a vita alta, bianchi e aderentissimi, con sopra un top bianco.
Le spalle e le braccia erano coperte solo da un’impalpabile velo di tulle con leggerissimi pois.
Ai piedi tacchi alti.
Lissa annuì compiaciuta.
«Stai benissimo»
Le sorrisi, euforica al pensiero di aver stupito Dimitri.
«Anche tu»
Ed era vero: Lissa vestiva bene anche all’Accademia, ma qui a New York aveva anche lei una disponibilità di abiti che avrebbe fatto impallidire qualunque Moroi, forse persino la regina.
No, non esagero: qui uscivamo parecchio e la città stessa ti spingeva ad essere sempre alla moda e perfetta.
Il guardaroba di Lissa, anche qui, era molto bon ton; io, che ero quella più spregiudicata, osavo di più ma restavo nei limiti.
Più o meno.
 
«Ma non vorrete andare ad un funerale vestite così, vero?» esclamò Celeste, che poi arrossì sentendosi addosso gli sguardi dei colleghi.
Dorota, che mi stava servendo dei pancake caldi, la gelò con un’occhiataccia:
«Ma certo che no! Le signorine si vestono dopo, il funerale è alle 16! Lei si vestirebbe adesso per le 16 di oggi pomeriggio?»
L’occhiata di Celeste diceva chiaramente che lei si vestiva una volta sola, la mattina, e non si cambiava più, per nessuna ragione.
Soffocai un sorriso nella tazza e guardai Lissa, che mi strizzò l’occhio.
Lo so che disapprovavo, ma insomma… ormai eravamo lì, io c’ero per controllarla… e, insomma, New York!
Eravamo tornate!
C’era Dimitri con noi.
Sorrisi felice e il sorriso di Lissa, in risposta, si allargò.
Divorai i miei pancake e chiesi a Celeste se i vestiti le piacevano.
Lei mugugnò qualcosa di indefinito.
Indossava i jeans e uno dei maglioncini, ma sembrava portasse una tuta di spine da quanto pareva a disagio.
Sospirai.
«Vada pure a scegliere altro… io accompagno Dimitri e il guardiano Alto a comprarsi qualcosa»
Alto si strozzò quasi con il suo cappuccino, ma fu Celeste ad intervenire in mio aiuto, spiegandogli la situazione.
Non che questo gli impedì di protestare a gran voce.
Alla fine, anche Dimitri concordò sulla necessità di passare il più inosservati possibile.
Se devo dirlo, non era facile: Dimitri da solo passava i due metri. Per non parlare poi di quanto era figo.
Fu Lissa a chiudere la discussione, suggerendo garbatamente ad Alto di fare due passi in giro per constatare di persona se gli sembrava di potersi mimetizzare tra gli uomini di Manhattan.
«Mentre lei fa questa verifica» disse, garbata «Io posso aiutare Celeste a districarsi nel guardaroba di Ro… di Serena. E per la ceretta»
«Ceretta?!»
Celeste la guardò orripilata e io non trattenni le risate.




P.S. outfit
Questo per darvi un'idea dell'outfit di Rose :)
   
 
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