Libri > Altro
Segui la storia  |       
Autore: laura_souffle_girl    19/02/2014    0 recensioni
[Whateley Academy]
[Whateley Academy][Whateley Academy]Essere la ragazza nuova in una scuola per supereroi non è per nulla semplice. Specialmente quando sei stata un ragazzo fino alla settimana scorsa.
In un mondo alternativo dove esistono mutanti alla X-Men, Alex ha sempre sognato di essere un supereroe. Il suo sogno si avvererà, ma è davvero pronto a prendere tutto il pacchetto?
"Alex sedeva sul letto di camera sua, rigirandosi tra le mani la foto del bisnonno, desiderando ardentemente che lui fosse vivo. Lui si che avrebbe potuto consigliarlo.
Il suo sogno proibito si era avverato. Aveva ricevuto la sua benedizione, e la sua maledizione.
Aveva perso il suo corpo, avrebbe perso i suoi amici e il suo luogo di nascita.
Ma aveva guadagnato la possibilità di seguire davvero i passi del suo eroe."
Genere: Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie '[Whateley academy] We could be heroes'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
eroe Prefazione: una piccola introduzione...

La storia che avete di fronte è ambientata nell'universo della "Whateley Academy", una ambientazione inventata da un gruppo di scrittori online di storie a tema transgender.
Sostanzialmente è quello che salterebbe fuori se buttaste X-Men ed Harry Potter in uno shaker con un pizzico di Miti di Cthulhu e una sana dose di temi LGBT.

Si, è esattamente folle quanto sembra.

A questo proposito, riporto qui il disclaimer ufficiale per le fanfiction su Whateley:

"This is fan fiction for the Whateley Academy series. It may or may not match the timeline, characters, and continuity, but since it's fan fiction, who cares?"


Il che dovrebbe dire molto.

Ci tengo a sottolineare che nulla, in questa storia, è da considerarsi canon nell'ambientazione.

Capitolo 1: Eroi e mutanti

Ottobre 2011, da qualche parte nella periferia di Washington DC, USA

"Ancora con quei fumetti?"

Alex alzò gli occhi dall'ultimo numero di Avengers, facendo cenno all'altra persona di sedersi accanto a lui. Ellen si aggiustò i corti capelli castani e accettò l'invito.

"Non troverai mai una donna a forza di perdere tempo su quella roba sai?" disse, posando il vassoio della mensa sul tavolo, e scartando le posate di plastica.

Alex posò il fumetto sul tavolo accanto al proprio vassoio, appena in tempo per veder arrivare il terzo elemento del loro gruppetto: Richard, un ragazzo alto e grasso dagli spessi occhiali.

Loro tre erano il gruppo fisso degli outsider in classe, dato che non erano per nulla parte dei gruppi socialmente "in". Richard perchè era notoriamente gay, Ellen per via del suo atteggiamento da "ragazza ribelle punk" e Alex a causa della sua ossessione per due cose: i fumetti e la storia.
In effetti, non è che fossero proprio un gruppo bene assortito. Ma la loro sorte comune li aveva spinti a stare insieme e col tempo erano diventati amici.

"Avete sentito di Detroit?" chiese Richard.

Gli altri annuirono. La sera prima, un gruppo di terroristi mutanti aveva attaccato una scuola a Detroit. Avevano preso in ostaggio gli alunni e i negoziati per il loro rilascio erano ancora in corso.

"Ci vorrebbe qualche squadra di supereroi come si deve. Loro si che li tirerebbero fuori dai guai." commentò Alex.

"Cosa? Quella è gente matta. Mutanti che si montano la testa, si sbattono addosso un costume e giocano a fare gli eroi. Follia." rispose Richard.

"Eppure qualche volta vengono bene, anche alla polizia."

"Bah. Leggi troppi fumetti Alex. Torna alla realtà: quelli non sono eroi. Sono ragazzi che scherzano con la loro vita."

Ellen nel frattempo stava mangiando il suo purè di patate, guardando la scena divertita.
"Uff. Maschi." ridacchiò. "Sempre a pensare a eroi e cattivi..."

I due ragazzi la guardarono con un'aria esageratamente ferita.

"Comunque i mutanti eroici esistono." disse Alex.

"Oddio adesso non ricominciare, eh?" disse Ellen, aspettandosi l'ennesimo sproloquio su quanto sarebbe bello avere i superpoteri.

"Che schifo. Come faranno mai a piacervi i mutanti!" disse una voce femminile. Era Carey, la sorella gemella di Ellen. Tanto identiche erano nell'aspetto, tanto diverse erano nella personalità.

"Lo sanno tutti che i mutanti sono pericolosi. Non mi avvicinerei nemmeno per sbaglio a gente così. Una volta in TV ne ho visto uno con il corpo di lumaca! Era orribile!"

"Oh povera sorellina. Cosa farai quando il mutante cattivo ti verrà a mangiare?" le disse Ellen, sprezzante.

"Già. Dicono che David, il mio vicino di casa, sia un mutante sai? Dicono che è per quello che non viene più a scuola e non esce mai. Però aveva un debole per te una volta." disse Richard con un ghigno. "Secondo me, un giorno ti troverai i suoi tentacoli viscidi nel letto."

Carey lo guardò con un'espressione a metà tra l'orrore e lo sdegno.
"Voi siete malati, ve lo dico io." ripetè, prima di voltarsi e allontanarsi a passo rapido.

I tre si guardarono e scoppiarono a ridere sguaiatamente. Prendere in giro Carey era l'attività preferita di Ellen, e le riusciva benissimo.

Sfortunatamente, loro tre erano tra i pochi a non avere un'opinione negativa dei mutanti. La maggior parte del mondo la pensava esattamente come Carey, e si premurava di far notare questa opinione ad ogni occasione. I mutanti venivano scacciati dalle famiglie, dalle scuole, non trovavano lavoro nè partner. Erano reietti.
Richard guardò l'orologio a muro. "Meglio finire di mangiare, prima di fare tardi alle lezioni."

--------------------------------------------------

Tornato a casa Alex si alzò dalla poltrona ed aggiunse il fumetto appena finito alla lunga fila di albi che, in perfetto ordine, si susseguivano nella libreria di camera sua. Con la massima cura si assicurò che non potesse cadere, sgualcendosi.

Sullo stesso scaffale stavano, fianco a fianco, fumetti di ogni genere e libri. La maggior parte parlavano della seconda guerra mondiale.
I suoi occhi caddero sullo scaffale più alto. Un piccolo spazio dedicato al suo eroe, l'uomo che più aveva adorato al mondo. Prese in mano una vecchia foto in bianco e nero in una semplice cornice di legno, ritraeva cinque uomini in uniforme da paracadutisti. Seconda guerra mondiale. Francia, dintorni di Bastogne. Al centro della foto, seduto sui resti di un Panzer tedesco, un ragazzo con i capelli scompigliati: suo bisnonno, il Sergente Rupert Hess. Meglio noto con il nome in codice di Stalker.

Non è che al tempo di suo bisnonno i mutanti godessero di fama molto migliore che nell'anno 2014, ma gente con le loro capacità era un "male" necessario in guerra. E Rupert Hess era il miglior soldato mutante degli Stati Uniti.

Tanto per cominciare, era della 101ma paracadutisti: una leggenda della guerra, duri come roccie e pronti al peggio. In più suo bisnonno aveva il potere di diventare invisibile nelle ombre e sgusciare alle spalle di chiunque.
L'avevano messo a capo di una unità speciale all'interno della compagnia. Tutti mutanti. I "Cacciatori di Hess" li chiamavano.

Alla sua destra, nella foto, un uomo di colore alto e snello. Nome in codice: Deadeye. I suoi riflessi sovrumani lo rendevano il miglior cecchino della compagnia. Poi c'era Tank, tre metri di altezza e così forte da sradicare un albero. Blaster, capace di sparare raggi di energia. E infine Gearhead, l'esperto di demolizioni nonchè in grado di mettere insieme qualunque congegno meccanico a partire dalle cose più improbabili.

Alex fissò la foto per un momento, poi la posò di nuovo al suo posto, vicino ad un'altra cornice che conteneva la mostrina della 101ma, con la testa d'aquila, che era appartenuta a suo bisnonno.

Un giorno sarò come te. Pensò. Sarò alla tua altezza.

La maggior parte dei suoi familiari non volevano pensare a Stalker. Discendere da un mutante era per loro una vergogna da nascondere. Ma non per lui. Lui ricordava i lunghi pomeriggi passati a parlare con sua bisnonna Betty, quando gli raccontava dei pochi mesi trascorsi con suo bisnonno.

Era una storia quasi da film. Nelle settimane dopo il D-Day, i Cacciatori si erano mossi davanti alla forza principale tagliando le linee nemiche come burro. Avevano fatto saltare casematte e catturato ponti. Alla fine, i tedeschi avevano dovuto mandare loro contro un'altra unità di mutanti. Lo scontro, a detta dei testimoni, fu epico. E i Cacciatori ebbero la meglio, anche se suo bisnonno rimase ferito.

Passò un mese in un ospedale da campo e lì conobbe sua bisnonna. Il soldato e l'infermiera, un classico senza tempo. Fu amore a prima vista e il giorno prima del suo ritorno al fronte, Rupert Hess sposò Betty Hamilton.

Fu l'ultima volta che si videro. Rupert combattè a Bastogne, in Belgio, partecipando alla storica difesa della cittadina. Pochi giorni dopo aver scattato quella foto, Rupert morì. Dove fallirono i tedeschi e l'inverno, riuscì un bombardamento d'artiglieria alleata fuori bersaglio.

Con tutta l'ironia del mondo, a uccidere Rupert Hess, detto Stalker, fu un proiettile calibro 105, 100% made in USA.

Alex aveva sempre desiderato seguire i passi del bisnonno. Una volta diplomato, voleva entrare nell'esercito. Un metro e ottantuno, ben piantato sui piedi, vista impeccabile. L'avrebbero ammesso di sicuro. E una volta lì, avrebbe servito il suo paese come Stalker prima di lui.

Ma a volte, la sera, nel buio della sua camera, immaginava qualcos'altro. Sognava un giorno di scoprire di avere i poteri di suo bisnonno. Dove altri avrebbero rabbrividito all'idea di diventare un mutante, Alex la accarezzava come un sogno proibito. Come sarebbe stato scivolare tra le ombre, inosservato, alle spalle di qualche supercriminale? Oppure volare nel cielo, o scagliare raggi di luce come i compagni di Stalker?

Una volta, a otto anni, sua madre gli chiese cosa voleva fare da grande. Lui rispose: "Il supereroe.". A volte rideva ancora della sua ingenuità, eppure... A sedici anni il sogno, in fondo, non era mai morto davvero.

"Forza Alex, alzati. Farai tardi a scuola!" gli gridò sua madre.

Alex imprecò tra sè e sè alla fitta di mal di testa che quella frase gli provocò. Si sentiva solo vagamente sveglio, aveva la testa nel pallone, le tempie che gli pulsavano e tutti i muscoli indolenziti. Sembrava quasi come la mononucleosi che aveva avuto l'anno precedente, solo mille volte peggio.

Tentò di alzarsi a sedere, ma la stanza prese a girare e ricadde pesantemente sul cuscino.

"Mamma non sto bene." biascicò. "Credo di essermi beccato qualcosa. A scuola gira l'influenza."

Sua madre Lara si sedette vicino a lui e come ogni chioccia che si rispetti gli posò la mano sulla fronte esclamando "Sei caldo! Devi avere la febbre!"

Alex rispose solo grugnendo.

"Resta a casa, chiamerò io la scuola. Io devo andare al lavoro, fammi sapere se peggiora."

Lui si girò dall'altra parte e si riaddormentò.

Oscillò per un lungo periodo di tempo tra sonno e veglia. Era solo vagamente cosciente del suo corpo dolorante ed ogni tanto delle voci gli arrivavano dal mondo della veglia, un luogo che sembrava un altro universo.
Alla fine, perse i sensi completamente.

--------------------------------------------------

Quando Alex si riprese, si rese conto di essere perfettamente sveglio e che il corpo non gli faceva più male. Tutti i dolori erano passati. Eppure, qualcosa non andava.

"Alex" disse sua madre, da qualche parte alla sua destra. "Sei cosciente. Stai calmo, chiamo il dottore."

Lui aprì gli occhi e vide bianco ovunque. Una camera d'ospedale. Cosa era successo? Era così grave?
Girò la testa e guardò sua madre. I suoi lunghi capelli rossi erano scompigliati, e aveva gli occhi cerchiati di scuro. Sembrava stanchissima. E preoccupata.

Una donna di mezza età, di colore, fece il suo ingresso nella stanza. Aveva un camice bianco e un badge di plastica al taschino. Il medico, evidentemente.

"Alex, sei cosciente. Bene! Ora rilassati. Hai avuto... un brutto episodio."

Lui la guardò, poi si sollevò a sedere. Subito avvertì un peso strano sul suo petto, e una cascata di capelli gli cadde davanti al viso.

"Cosa... Che..." mormorò, spostandoli di lato. Poi guardò giù e vide... un corpo...

Era il suo corpo. OK. Ma al contempo non lo era. Era un corpo di donna, e lui lo stava guardando dal di dentro!

"Ma che diavolo!" esclamò, in una voce che non gli apparteneva. "Sono..."

"Alex calmati, è tutto ok." disse sua madre preoccupata.

"Cosa? Ma sono... sono una..." ripetè

"Si, immagino tu l'abbia notato. Ora ascoltami." iniziò il medico. "Sono la Dottoressa Tanya Grant. Ti hanno ricoverato qualche giorno fa. All'inizio avevi la febbre alta ed eri incosciente. Non ci capivamo molto. Poi però... hai cominciato a cambiare."

Un pensiero si fece strada nella mente di Alex. Un'idea spaventosa e al contempo stranamente attraente.

"Sono... sono un mutante?"

La dottoressa lo guardò, poi dopo un attimo annuì.

"Così pare. Deve essere dura."

"Quanto... sono cambiato?" disse, poi azzardò di nuovo uno sguardo in basso. Era una ragazza. Una vera e propria donna. Sollevò due braccia più esili di quelle che ricordava, senza peli. Il peso sul suo petto era esattamente ciò che temeva: un paio di seni. Più giù non poteva vedere, coperto com'era dalle lenzuola.

"Beh credo tu abbia notato che ora sei... una ragazza..." disse la dottoressa. "Mi dispiace, sul serio."

Alex si alzò dal letto ancora incredulo. Poteva sentire tutte le sue nuove curve spostarsi coi suoi movimenti. Non sentiva la stanchezza o la spossatezza che si sarebbe aspettato dopo quello che aveva passato. Al contrario, si sentiva al massimo della forma fisica, pieno di energia, come se in qualche modo il suo nuovo corpo fosse una macchina perfettamente progettata.

Si diresse ad uno specchio alla parete e guardò il suo riflesso.
Lo colpì la somiglianza con sua madre. In qualche modo, il suo cambiamento doveva aver dato libero sfogo ai suoi geni irlandesi, perchè di fronte ad Alex stava una ragazza dai folti ricci rossi e dai penetranti occhi verdegrigi. Una spruzzata di lentiggini decorava un piccolo naso. Poteva vedere la somiglianza col vecchio Alex, certo. Ma nel complesso, la sensazione era quella di guardare un fiore appena sbocciato. Dove prima c'era un ragazzo bruttino, ora stava una ragazza che avrebbe certamente attirato la sua dose di sguardi. Specialmente con quel seno appena più generoso del solito per una persona della sua età.

"Sono... davvero io? E' così incredibile..."

Alex sapeva che avrebbe dovuto sentirsi inorridire dalla prospettiva di essere una donna. Eppure non riusciva a staccare la mente da un pensiero fisso:

Sono un mutante. Probabilmente ho dei poteri.

Sua madre gli si avvicinò, adesso solo di pochi centimetri più bassa di lui.

"Va tutto bene tesoro?" chiese, visibilmente preoccupata.

Alex si voltò, con uno sguardo ancora incredulo. "Credo... credo di si. Per ora."

--------------------------------------------------

Alex venne dimesso la sera del giorno stesso, dopo un attento esame medico.
Aveva scoperto che il suo periodo di incoscienza era durato ben tre giorni. Alla fine della prima giornata, sua madre era tornata a casa dal lavoro e l'aveva trovato in una pozza di sudore, con i primi cambiamenti già visibili. Aveva chiamato immediatamente i medici ed era stato ricoverato.

Dalla visita medica, decisamente più scrupolosa di quel che avrebbe gradito dato che comportò anche un esame ginecologico, Alex apprese di essere ora alto un metro e settanta, di essere in linea con le tappe della pubertà di una ragazza (sigh) della sua età, di doversi aspettare che lì sotto tutto funzionasse a dovere, compreso un probabile ciclo (doppio sigh) e la possibilità di restare incinta (triplo sigh). Ah, scoprì anche di essere completamente una rossa.
In compenso, nonostante alcuni test di base, nessuno riuscì a dimostrare che Alex avesse dei poteri.

All'uscita dall'ospedale, gli sembrava di essere stato sputato fuori da una lavatrice. Era anche un po' deluso dal fatto di non aver scoperto ovvi poteri, non che avesse intenzione di gettare la spugna: avrebbe sperimentato un po' una volta a casa.

"Alex, bisogna che mi ascolti bene." disse sua madre con un tono grave, una volta in viaggio verso casa.

"Se tu raccontassi cosa è successo, saremmo immediatamente i bersagli di tutta la città. Dobbiamo andarcene. Domani chiederò il trasferimento a un'altro ufficio. New York, probabilmente. Una volta là, ci comporteremo come se nulla fosse successo, e tu sia esattamente quello che sembri: una normale ragazza adolescente."

Alex la guardò colpito.

"Cosa? Ma mamma... e i miei amici? La scuola?"

"Devi capire che la tua vecchia vita è finita, Alex. Non possiamo permetterci che la gente sappia che sei un mutante. A questo proposito, finchè resteremo in città tu sarai per tutti tua cugina Daisy. Non è mai venuta a trovarti qui e nessuno la conosce di persona." proseguì lei.

"Ah, e un'altra cosa. Da questo momento, voglio che tu impari a riferirti a te usando il femminile. Devi abituarti finchè ne hai la possibilità, o qualcuno rischierebbe di sospettare qualcosa."

In auto cadde il silenzio, mentre Alex contemplava la fine della sua vita come la conosceva.

--------------------------------------------------

Alex sedeva sul letto di camera sua, rigirandosi tra le mani la foto del bisnonno, desiderando ardentemente che lui fosse vivo. Lui si che avrebbe potuto consigliarlo.

Il suo sogno proibito si era avverato. Aveva ricevuto la sua benedizione, e la sua maledizione.

Aveva perso il suo corpo, avrebbe perso i suoi amici e il suo luogo di nascita.

Ma aveva guadagnato la possibilità di seguire davvero i passi del suo eroe.

Non nell'esercito, certamente. Oggigiorno i mutanti non erano praticamente mai ammessi. Uno che avesse cambiato sesso, poi? Insensato.

Ma se avesse davvero scoperto di avere dei poteri...

Sua madre era al lavoro, così come i vicini. Era il momento perfetto. Gettò la foto sul letto e corse in giardino, sul retro della casa. E iniziò a sperimentare.

Il primo e più ovvio tentativo fu di accucciarsi nell'ombra della casa, chiudere gli occhi, e desiderare di scomparire.

Gli parve di sentire qualcosa, come se le tenebre lo avvolgessero. Che stesse funzionando?

Poi sentì un miagolìo. Era Red, il gatto dei vicini, intento come al solito a strusciarsi sulle sue gambe.

Si sentì un perfetto idiota. Accarezzò il gatto, poi si alzò e decise di tentare qualcos'altro.

E subitò gli venne in mente un'idea. Cosa potevano fare, gli eroi dei suoi fumetti, che valesse davvero la pena di tentare?
Sorrise, poi iniziò a concentrarsi sull'idea di sollevarsi in aria.

Di colpo tutto il suo mondo finì sottosopra. Persino più di quello che non fosse già, si intende. Per un breve momento sentì la gravità sotto i suoi piedi ridursi, poi improvvisamente si ritrovò a cadere. Di testa. Verso l'alto! Entrò in panico, e perse la concentrazione. Di colpo, si stava muovendo dritto verso il muro della casa. Lo colpì con la schiena, poi ricadde al suolo di faccia.

Si alzò in piedi, la testa che girava in tutte le direzioni, barcollò, poi svuotò il suo stomaco in un cespuglio.

--------------------------------------------------

E va bene, così posso volare, pensò. O almeno scegliere in che direzione cadere...

Stava per accendere il computer di camera sua per dare un'occhiata a una certa idea quando sentì la voce di sua madre chiamare dal piano di sotto.

"Daisy, scendi. Forza."

Alex soppresse un moto di rabbia a sentirsi chiamare come quella testa vuota di sua cugina, che odiava cordialmente da quando aveva dichiarato di vergognarsi di discendere da uno "schifoso mutante".

Scese al piano di sotto, ancora in pigiama.

"Che c'è mamma?" chiese

"Dobbiamo andare a fare acquisti. Non hai più un vestito che ti vada bene."

Alex la guardò come se fosse matta.

"Cosa? Non ti aspetterai che..."

"Niente storie. Una giovane ragazza come te ha bisogno di un guardaroba adatto."

Gettò ad Alex un sacchetto di carta. Conteneva un insieme di vestiti che dovevano essere appartenuti a sua sorella Heather, prima che andasse al college. Top bianco, gonna di jeans e scarpe da ginnastica. Più un set di reggiseno e mutandine nuovi di pacca.

"Una gonna? Ma mamma!"

"I jeans di tua sorella non ti andrebbero, lei è più bassa. Ora vatti a cambiare, su."

Alex obbedì riluttante e si preparò per andare al macello.

--------------------------------------------------

Di ritorno da una estenuante sessione di shopping, Alex era sdraiato a faccia in giù sul suo letto.

Era stato terribilmente umiliante.
Sua madre non gli aveva risparmiato nulla. Dall'intimo alle scarpe, dai vestiti ai trucchi, l'aveva trascinato in giro senza tregua. Insistendo per tutto il tempo che non era normale per una ragazza della sua età non godersi un'uscita per negozi, e che avrebbe dovuto fare di più per fingere che gli piacesse o la gente avrebbe sospettato qualcosa.

L'aveva persino trascinato in un salone di estetista, dove l'aveva costretto a farsi sistemare i capelli, le unghie e persino a forarsi le orecchie.

Si sollevò dal letto maledicendo il dio che gli aveva giocato questo brutto tiro, poi decise che era ora di consolarsi con qualcosa di meglio e accese il computer.

Col suo interesse per il bisnonno, Alex si era informato molto sui mutanti. Non solo quelli del passato, ma anche quelli del presente. Era bene a conoscenza del fatto che esisteva un sistema di classificazione dei poteri, e che le mutazioni spesso comportavano enormi cambiamenti fisici. E anche che non era così raro che un mutante cambiasse sesso, come successo a lui.
Ricordò un certo sito internet e lo richiamò sul browser.

Oh si, mamma. Adesso sono io a divertirmi.

E mandò in stampa.

--------------------------------------------------

"COSA?" disse la mamma incredula. "Una... scuola per mutanti?"

Alex annuì, agitando la brochure che aveva in mano davanti alla madre. Era scritta in chiare lettere sullo sfondo di una foto di un palazzo, in un paesaggio collinare.

Era intitolata: "Whateley Academy - il posto giusto per il vostro figlio mutante"

"E' la soluzione migliore, no? Avrei intorno gente come me, e mi insegnerebbero a scoprire i miei poteri. E ad usarli senza far del male a nessuno."

"Mia figlia non andrà in una scuola piena di... quella gente!"

"Tua figlia è una di quella gente!" rispose Alex, esasperato. "Voglio dire... pensaci! Non avrei bisogno di fingere di essere mia cugina!"

Aprì la brochure e mostrò a sua madre una foto. Rappresentava un gruppo di studenti in abiti formali, il logo della scuola bene in vista sul petto. La didascalia diceva: Diplomi, anno 2011.

Puntò il dito su una ragazza dai capelli rossi in prima fila.

"Questa è come me. Ha cambiato sesso con la sua mutazione. Fino ai tredici anni era un maschio. L'ha detto lei stessa quando le hanno chiesto di raccontare di sè."

Sua madre guardò la foto intensamente, poi prese la brochure dalle mani di Alex.

"E va bene, ci penserò su. Ma non ti prometto nulla, ok?"
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Altro / Vai alla pagina dell'autore: laura_souffle_girl