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Autore: Aly_WritingDreams    19/02/2014    1 recensioni
Dovrebbe smetterla di sorridermi, ogni volta che lo fa mi sento morire al solo pensiero di abbandonarla a se stessa. Dovrebbe smetterla di guardarmi, con i suoi bellissimi occhi neri, ogni volta che lo fa decido di restare. Dovrebbe smetterla di muoversi, gli dei non camminano in terra.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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NDA: Buonasera a tutti, premesso che questa più che un'idea è quasi un'autobiografia, volevo solo dirvi che se volete, se vi piace, posso trasformarla da una One-Shot ad una Fanfiction a capitoli, il che la renderebbe meno autobiografica, essendo recente, ma non mi dispiacerebbe poter lavorare con la fantasia (Il rating della storia è giallo, in caso voi decideste di volerla trasformare in una Fanfiction a capitoli diverrebbe rosso^^ ). Insomma, tutto questo discorso per dirvi che le recensioni sono ben accette e che il destino di questa storia è nelle vostre mani. Vi auguro buona lettura! -A


Decidere, un verbo scritto in grassetto nel dizionario dell’amore.

 

Troppo reale, troppo forte e troppo incombente per poterlo affrontare. Così sono i problemi, così è anche questo. La confusione di chi non sa più chi guardare, ma sa da chi fuggire, di chi non sa in che braccia rifugiarsi, ma sa da quali braccia allontanarsi. La confusione di una ragazza: non troppo bella, non troppo intelligente e non troppo felice. Questa è la mia storia.

“Giò, Cosa scrivi?” Mi chiese Giulia, la mia compagna di banco.

Alzai gli occhi dal foglio, per poi guardarla con aria leggermente persa, tutte le volte che scrivevo mi perdevo nel mio mondo. “Niente di particolare, Giuli.”

“Posso leggere?” Disse, indicando il foglio.

“Preferirei di no, non è niente di che, davvero”

“Solitamente mi lasci leggere tutto quello che scrivi, se ora non posso vuol dire che riguarda qualcosa di importante” Osservò, al che io non risposi, aveva ragione.

Spostai lo sguardo nuovamente sul foglio, ripresi la mia penna preferita, e tornai a scrivere.

La mia storia però, inevitabilmente, si intreccia con delle vite, come per esempio la sua. Lei potrebbe prendermi e strapparmi, baciarmi e distruggermi, io la guarderei, senza parlare, e mi arrenderei a lei. Potrei guardarla in eterno, perché quando sono con lei il tempo diventa uno stupido indicatore. Dovrebbe smetterla di sorridermi, ogni volta che lo fa mi sento morire al solo pensiero di abbandonarla a se stessa. Dovrebbe smetterla di guardarmi, con i suoi bellissimi occhi neri, ogni volta che lo fa decido di restare. Dovrebbe smetterla di muoversi, gli dei non camminano in terra. Odio me stessa perché ti penso mia, anche se so che non lo sei, ma odio anche te perché tu vivi e fai vivere nell’illusione. Sei l’amore impossibile e la mia coscienza si rifiuta di inseguirti ancora.

Scrissi quelle ultime parole e contemporaneamente suonò la campanella che enunciava la fine della quinta ora, quella di Letteratura Italiana. Frequentavo la quinta classe di un istituto professionale a Novara, in Piemonte. Nonostante quello fosse il mio ultimo anno non prestavo mai tanta attenzione alle lezioni in classe, non ritenevo i professori in grado di trasmettere qualcosa di interessante, o almeno, non la maggior parte di loro. Questa idea si era istaurata nella mia mente al seguito del trasferimento della donna che era riuscita a farmi piacere la letteratura ed a farmi amare la scrittura, ovvero la mia ex professoressa di Lettere: Eleonora Giannetti, anche detta, da me, fascino.

“Fascino ha creato un mostro” Disse Giulia, alzandosi in piedi per stiracchiarsi, il cambio dell’ora era l’unico momento libero per sgranchirsi un po’ le vertebre.

“Che c’entra?” Risposi, non capendo a cosa faceva riferimento.

“Eri talmente persa nel tuo mondo che non ti sei resa conto che leggevo tutto quello che scrivevi.”

“Oh, sempre rispettosa delle volontà altrui vedo.”

“Certo, come sempre, tesoro.” Ribatté, con la sua solita aria da schiaffi.

Ero conosciuta per il mio poco autocontrollo e per la mia poca pazienza, ma con Giulia non avevo mai mostrato nessuno di questi due difetti, altrimenti la nostra amicizia sarebbe durata poco, essendo lei talvolta molto fastidiosa.

“Lella, dovresti smetterla di guardarmi con quell’aria, mi conosci, lo sai che odio le persone che mi guardano così.”

“Eppure, anche se le odi, non mi hai ancora sbattuta al muro.”

“Tu sei mia amica, non voglio.” Risposi, leggermente più seria. Non ebbe la possibilità di fare altrettanto perché esattamente in quel momento si avvicinò al mio banco la terza, e ultima, femmina della classe: Chiara. Chiara ed io eravamo amiche ai tempi dell’asilo, le nostre madri ci portavano tutti i pomeriggi a giocare a calcio in un parco vicino a casa mia, crescendo c’eravamo semplicemente perse di vista. La rividi per la prima volta dopo 12 anni dai tempi del calcio, nessuna delle due si ricordava dell’altra. Fu un incontro casuale tra le nostre madri a rivelarmi che, non solo andavo nella stessa scuola della mia vecchia migliore amica, ma addirittura costei era proprio la ragazza nuova della mia classe, quella che odiavo tanto. Nel corso dell’anno scolastico, fortunatamente, ero stata costretta a conoscerla e avevo scoperto che era una persona davvero speciale, nonché una bella ragazza. Chiara, fisicamente, era il tipo di ragazza che da sempre mi piaceva, nonostante questo, però, non ero interessata a lei, almeno in principio.

Giulia, una volta notata la presenza di Chiara, mi lanciò uno sguardo cupo e si allontanò dal banco.

“Farà così per sempre? Sarà gelosa in eterno?” Mi chiese Chiara, riferendosi a Giulia.

“No, suppongo di no, ma non perché la smetterà di esserlo, perché tra qualche mese non potrà più farlo.”

“Non vedo l’ora Giò! Non vedo l’ora di poter stringere in mano quel diploma, ci pensi? Abbiamo quasi finito.”

“Forse Chiara, forse.” Risposi, pensierosa.

“Che cosa facevi?”

“Niente di particolare, stavo scrivendo, come sempre”

“Ancora note dedicate a Margherita?”

“Si, il mio cervello è davvero incasinato.”

“Cos’è che non va? Puoi parlarmene, lo sai…” Disse, sedendosi al posto di Giulia.

“Non lo so, ti giuro che non lo so. La mia rottura con Diletta mi ha davvero distrutta, mi ha fatta arrivare ad essere in una condizione pessima, non mi ero mai ridotta in quello stato. Poi ho rincontrato Margherita e tutto sembra essere tornato come prima, eccetto per i sogni, quelli riguardano ancora Diletta. Insomma Chia’, ho davvero un immenso casino in testa!” Spiegai, lasciandomi ricadere pesantemente sul banco.

Chiara sorrise e appoggiò una mano sulla mia spalla. “Andrà tutto bene Giorgia, tutto si sistemerà.”

“Oppure tutto si incasinerà ancora di più.”

“Su questo effettivamente non posso dirti niente, ma ricordati, qualsiasi sia la tua felicità, tu inseguila.”

“Grazie mora” Risposi, sorridendole.

Lei si alzò e dopo avermi lasciato una carezza sulla testa mi sorrise a sua volta. Quel gesto attirò l’attenzione di alcuni ragazzi della mia classe, i quali, ovviamente, non fecero mancare i commenti. Ero lesbica dichiarata e, in quella scuola di ottusi, se una qualsiasi ragazza faceva un gesto carino nei miei confronti, automaticamente, questa diventava omosessuale. Insomma, avevo la fama di quella che ormai, nel linguaggio moderno, si chiama Talent Scout. La guardai tornare al suo posto, soffermandomi sul suo fisico, era davvero bellissima. La mia mente non era sicuramente sana, e questo lo sapevo, ma da lì ad arrivare a pensare che lo strano effetto che mi causava la mia amica era dato dall’attrazione era davvero fuori dal mondo. Sicuramente, anche fosse stata attrazione, in questo caso sarebbe stata positiva, la sua compagnia mi spingeva tutte le mattine ad andare a scuola di buon umore, cosa non da poco. La guardai sedersi e girarsi nuovamente verso di me.

Una partita al cellulare ti va?” La sentì dire.

“Certo, perché no.” Risposi, sorridendo.

Al che lei sorrise ancora di più ed io mi soffermai a pensare, per l’ennesima volta in quel giorno, che aveva davvero un fantastico sorriso. Spostai lo sguardo verso la mia borsa, per cercare il telefono e mi soffermai a pensare nuovamente alla mia vita. Avrei potuto scrivere davvero un libro sulla mia vita, magari avrebbe fatto successo quanto La vie d’Adele.

   
 
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