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Autore: Beapot    19/02/2014    4 recensioni
“Ti è mai capitato di provare qualcosa di unico e meraviglioso tanto da sentirti completo grazie a quello, ma di non riuscire a spiegare cosa fosse?”
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Emozioni

 

 

Quanto tempo aveva passato a cercare una definizione per lui, una definizione per loro e per quello che erano? Probabilmente lo aveva fatto per una vita, prima per cercare di spiegarlo a se stessa, poi per spiegarlo agli altri - a chi le parlava dietro e la chiamava infedele e traditrice - fino a che non ci aveva rinunciato definitivamente nel momento in cui aveva scoperto che “la definizione” in realtà non esisteva.
Le era servito il tempo dell'infanzia per provare a capirlo, quando i sorrisi erano ampi e spontanei e non c'era la vergogna di vincere la paura tenendosi per mano; poi era stato necessario anche il tempo della crescita, in cui ogni gesto e ogni parola detta o non detta potevano ferire e far male più di quando si potesse sopportare. Infine era stata troppo occupata a gestire se stessa per preoccuparsi anche di quello, ed era andata avanti vivendo il tempo della maturità e della responsabilità, quello in cui non si vive solo per se stessi ma anche per insegnare a qualcun altro a farlo, quello in cui si rivivono i ricordi mentre si guarda la vita passare sul viso di un bambino che ha gli stessi occhi o lo stesso sorriso della persona a cui si è dato tutto l'amore possibile.
Era andata avanti senza più cercare quella definizione, ma anche allora non poteva non accorgersi che le sue emozioni erano un puzzle a cui mancava l'ultimo tassello, quello senza il quale l'immagine non sarebbe mai stata davvero completa - perché avrebbe lasciato un buco, proprio lì, al centro, a urlare l'imperfezione dell'opera a chiunque la guardasse.

 

*

 

Quando lo aveva visto arrivare si era automaticamente spostata per fargli posto sulla vecchia panchina di legno umido del giardino della Tana, era rimasta assorta nei suoi pensieri e aveva lasciato che si sedesse a fianco a lei senza dire niente.
“A cosa stai pensando?” la voce di Harry era premurosa come sempre mentre seguiva il suo sguardo e si ritrovava a guardare a sua volta i bambini che si rincorrevano sul prato. Le aveva portato un bicchiere di succo di zucca ghiacciato per resistere al sole che quel giorno era più caldo che mai.
Hermione accettò la sua offerta e lo ringraziò con un sorriso, senza però rispondere alla sua domanda. Avrebbe potuto dire qualunque cosa, sarebbe bastato lamentarsi per l'afa o per il lavoro che negli ultimi tempi era sempre più pesante, o addirittura fingersi ansiosa per l'inizio del primo anno a Hogwarts di Rose, ma nessuna di quelle sarebbe stata una risposta sincera.
“Ti è mai capitato di provare qualcosa di unico e meraviglioso tanto da sentirti completo grazie a quello, ma di non riuscire a spiegare cosa fosse?”
Harry si voltò a guardarla stupito. Non aveva capito bene di cosa stesse parlando, ma quello che lo aveva sorpreso più di ogni altra cosa era stato il tono con cui lei aveva parlato. Sembrava triste e stanco, quasi frustrato a giudicare dal modo in cui aveva stretto le mani attorno al bicchiere quando aveva pronunciato l'ultima parola, e fu proprio quello a lasciarlo stordito per qualche istante.
Lei aveva stretto le labbra e aveva continuato a guardare Albus e Hugo che giocavano con una vecchia Pluffa a qualche metro di distanza da loro.
Era una domanda strana, che gli ricordò ciò che Remus gli disse mentre gli insegnava a evocare il Patronus.
Un ricordo felice, Harry, il più bello che hai. Purché sia intenso.”
Si ripeteva spesso quelle parole: ogni volta che correggeva qualcuno dei suoi allievi in difficoltà all'Accademia, ogni volta che doveva evocare il suo cervo argenteo per proteggersi, o anche solo per ricordarsi che c'era qualcosa per cui valesse la pena resistere quando gli sembrava che tutto stesse andando a rotoli. Era la voce calma di Remus che veniva dai suoi tredici anni a scuoterlo, e Harry ricordava fin troppo bene quanto era stato difficile allora.
Purché sia intenso.” e la sua prima volta su una scopa non era andata bene. “Un ricordo felice.” e l'unico ricordo che avrebbe voluto avere era lontano anni, aveva la voce e i sorrisi dei suoi genitori, e forse non era nemmeno mai esistito.
Poi aveva trovato le emozioni e i ricordi veri, quelli che lo avevano sorretto e fatto crescere, ed erano la gioia di vedere una massa di capelli crespi al suo fianco e l'allegria di sentire la risata del suo migliore amico. Con gli anni si era aggiunto il tocco delicato della mano di Ginny sulla propria e il suo profumo, la voce dei suoi figli mentre lo chiamano “papà” per la prima volta, e il cervo era ogni volta più luminoso.
“Le emozioni.” rispose dopo qualche istante. “Sono le emozioni quelle che non riesci a spiegare. Le provi, ti riempiono, ma non le puoi spiegare.”
Remus gli aveva detto che non era necessario che gli dicesse a cosa stesse pensando o il ricordo che aveva scelto, e poi lui aveva capito che anche volendo non sarebbe stato in grado di spiegarglielo.
Hermione chiuse gli occhi e trattenne il fiato, rimanendo in silenzio. Pensò a mille cose insieme e a nessuna in particolare, lasciò che il succo di zucca si scaldasse nel bicchiere e si fermò ad ascoltare i rumori intorno a lei. Le risate di sua figlia, le voci che provenivano dall'interno della Tana, il fischio leggero del vento caldo che le scompigliava i capelli. Il respiro di Harry al suo fianco mentre i suoi occhi erano ancora puntati su di lei.
Aveva ragione, le emozioni non si potevano spiegare. Allora erano quelle che la riempivano. Tante emozioni, troppe e sempre tutte insieme, così intense da far male ogni volta che si fermava a cercare di dar loro un nome. Quelle che provava anche in quel momento, seduta su una panchina sotto il sole d'agosto con lui.
“Non sopporto di non poterlo fare. Vorrei che avessero un nome, un significato, un motivo di esistere.” ribatté quasi con rabbia, riaprendo gli occhi e incontrando quelli di lui.
Harry sorrise e le prese una mano tra le proprie.
“Ma ce l'hanno.” le assicurò con convinzione. “Ce l'hanno un significato e un motivo di esistere, e se a volte non hanno un nome è solo perché non ne hanno bisogno.”
Hermione rimase a guardarlo per qualche istante, perdendosi nel calore dei suoi occhi e nella sincerità delle sue parole mentre cercava di capirne il significato.
Non aveva bisogno di una definizione, dunque. Non aveva bisogno di chiamare in qualche modo definito l'intensità di quello che provava. Forse doveva fidarsi di Harry e lasciare semplicemente che quelle emozioni la travolgessero ogni volta senza preoccuparsi di chiedersene il motivo, eppure era così difficile...
“Sai, credo che sia proprio questo a renderle uniche. E in fondo è giusto che sia così.” Harry le strinse la mano con più fermezza, spingendola a voltarsi verso di lui e a incrociare il suo sguardo.
Avevano entrambi capito molto di più di quello che avevano espresso a voce, e finalmente Hermione comprese.
“Sì,” pensò, appoggiando la testa sulla spalla di Harry, “in fondo è giusto così. In fondo così è perfetto.”


 


NdA: Che cos'è? Non lo so, lo ammetto. L'inizio di questa storia era finito nel dimenticatoio e oggi ho sentito il bisogno di riprenderla in mano, perciò eccola qui ^^

Bea

   
 
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