Storie originali > Horror
Ricorda la storia  |      
Autore: Heaven On Fire    20/02/2014    1 recensioni
Mangtas è qui e prenderà anche te.
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La pioggia batteva incessantemente sul vetro della finestra, il cielo era stato grigio per tutto il tempo, finché non era arrivata la sera a tingere la coltre nuvolosa di nero.
Io ero ancora in ufficio; dovevo finire di scrivere una pratica. Le palpebre mi stavano cedendo, dato che lavoravo da questa mattina alle sette e adesso erano quasi le undici, io rimanevo qui, mentre tutti ormai se ne erano già andati dalle proprie famiglie.
Sinceramente non avevo più molta voglia di lavorare se non di rimanere sveglia ancora per un po', quindi spensi il computer, ricordandomi di salvare tutti i documenti, presi il cappotto attaccato ad un gancio nero vicino alla porta del piccolo ufficio, poi agguantai la mia borsa e me la misi a tracolla. Spensi tutte le luci e percorsi il corridoio verso l'uscita: sul pavimento c'era un tappeto rosso che seguiva tutto il percorso delle stanze e ad ogni angolo vi era un distributore di merendine con accanto un bottiglione d'acqua.
Uscita, girai la chiave nella toppa della serratura e misi due mandate, per essere sicura di aver chiuso bene.
Mentre camminavo verso la macchina, il silenzio regnava nel parcheggio vuoto assieme all'oscurità. Nell'aria si sentiva un odore dolciastro, quasi di marcio, ma sicuramente era la spazzatura che emanava quell'odore.
Cercai le chiavi dell'auto in borsa e premetti il bottone dell'apertura, per vedere poi i fari lampeggiare; segno che la macchina era aperta. Salii e chiusi la portiera, ma mentre giravo le chiavi nella fessura, mi parve di sentire un rumore strano,come un bussare, quindi mi girai sul sedile in una posizione alquanto strana per riuscire a guardare dietro: niente. Il sonno mi giocava brutti scherzi; mi conveniva andarmene a dormire se non volevo incontrare un fantasma nelle mie allucinazioni.
Accesi il motore e la vibrazione dell'auto mi attraversò tutto il corpo, facendomi sobbalzare, quando mi resi conto di essermi quasi addormentata. Percorsi tutta la strada fino al mio appartamento, rischiando anche di andarmi a schiantare contro un palo della luce.
Parcheggiai difronte al condominio e, dopo essere scesa, chiusi la macchina; quindi cercai per quasi cinque minuti le chiavi nella borsa.

Solitamente non tornavo a casa così tardi, ma quando lo facevo l'assenza dell'ascensore si faceva sentire e salire le scale era un vero e proprio pugno nello stomaco; avevo anche pensato di stendermi sul pavimento di marmo del secondo piano, ma scartai velocemente l'idea.
Arrivata davanti alla mia porta tentai di cercare le chiavi, ma poi mi ricordai che ce le avevo in mano; dovevo davvero dormire per almeno otto ore di fila, perché la mancanza di sonno mi stava letteralmente prendendo a cazzotti.
Lavorare in uno studio legale non era un gran divertimento, soprattutto per il fatto che io ero una nuova arrivata e le scartoffie varie – quelle che ovviamente nessuno aveva voglia di fare – toccavano a me.
Entrai nell'appartamento e gettai la borsa sul divano, anche se probabilmente era volata per terra o aveva preso qualcosa, ma non me ne curavo troppo.
Mi misi il pigiama e mi infilai nel letto, confortata dal fatto che adesso fossi sotto lenzuola calde e confortanti. Mi rilassai e lasciai andare tutte le tensioni della giornata, chiudendo dolcemente gli occhi.

 

Dormi. Chiudi gli occhi e dormi, mio piccolo fiore, ti verrò a prendere quando il tempo sarà giunto.

 

Mi svegliai di soprassalto sudata fradicia e avvolta dal buio, terrorizzata.
Non avevo fatto nessun incubo e nemmeno sapevo perché mi sentissi così spaventata e allo stesso tempo riposata, senza il bisogno di dormire ancora, come quando ti svegli alle dieci e mezza di mattina e sei completamente sveglia. Guardai l'ora stranita e mi accorsi con mia grande sorpresa che erano le tre e trentatré di notte. Ci misi un po' a riaddormentarmi, ma lo feci comunque.

Il giorno dopo andai a lavoro e raccontai cosa fosse successo la notte prima ad una collega; mi disse che spesso anche lei tornava a casa tardi e la mancanza di sonno faceva questo effetto piuttosto brutale.
Quella stessa mattina il telefono continuava a squillare senza che nessuno chiamasse, quindi dopo una mezzora di squillare incessante, io, esasperata, staccai i fili.
Quel giorno feci presto a tornare a casa, ma mi risvegliai di nuovo in preda al panico e di nuovo alle tre e trentatré di notte.
Sentii ancora quella voce parlarmi prima del risveglio traumatico.

 

Dormi, dormi mio piccolo fiore. Il tempo sta scadendo e tu verrai con me quando quando il sole tramonterà nelle terre lontane.

 

L'indomani, alle sette, ero già sul posto di lavoro. Non volevo rimanere sola; avevo paura.
La mattina passò lentamente, come una tortura interiore, come se sapessi e non volessi sapere qualcosa di brutto.
Perché proprio a me? Non avevo mai fatto niente di male, non potevo meritarmi una cosa del genere.
Ero confusa, non capivo.
La stessa notte avevo così tanta paura di addormentarmi, che cercai di rimanere sveglia il più possibile, invano.

 

Il sole sta tramontando e dal sonno eterno non puoi scappare...

 

Le tre e trentatré. Ancora. Ero tormentata.
Il silenzio mi circondava e il buio mi avvolgeva come una coperta calda; mi stava soffocando.
Presi delle pillole, tante pillole, per riuscire a rilassarmi.
La mattina seguente entrai in ufficio poco più tardi del solito, ma non c'era nessuno all'entrata. Anche se sentivo i passi e le voci delle persone, probabilmente erano tutti in un'altra stanza.
Giravo per l'ufficio spaesata, non trovando anima viva ma sentendone i suoni; sentivo le voci delle persone, ma le persone non c'erano.
Mi misia a correre; stavo impazzendo, forse?
La testa iniziò a girarmi e a farmi male; caddi a terra e le voci rallentarono fino a smettere di parlare.

 

Il sole è tramontato, Mangtas ti ha trovato, adesso il sonno eterno è tuo.

 

Ero ancora stesa a terra in posizione fetale con le mani a coprirmi le orecchie, ma l'immagine cambiò: ero nella mia stanza e mi vedevo dormire beatamente nel mio letto, quando mi alzai e avvicinai la mia mano a mio viso bianco cadaverico, quella lo attraversò. I brividi iniziarono a salire e scendere, attraversando la mia pelle, come una lama affilata che cercava di staccarmela di dosso.
Adesso vedevo anche persone portarmi via dal mio letto su una barella e impaccettarmi in un enorme sacco nero, mentre due poliziotti discutevano davanti alla porta della mia camera dicendo che avevo avuto un'overdose di sonniferi mischiati ad antidepressivi.
Cosa mi sta succedendo?

 

Il sole è tramontato, Mangtas ti ha trovato, adesso il sonno eterno è tuo. Adesso e per l'eternità tu sarai un'anima persa. Loro non ti vedono, loro non ti sentono e tu sei condannata a vagare, tormentandoti, sola.
Così sei, così sempre resterai, sei l'Electus. Sei stata scelta per soffrire.

Mangtas è qui e verrà a prendere anche voi, quando il vostro momento arriverà.

 

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Horror / Vai alla pagina dell'autore: Heaven On Fire