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Autore: Kiara_99    20/02/2014    0 recensioni
Ciao, questa è la prima storia che pubblico, spero vi piaccia (se notate troppi errori grammaticali o non vi piace la tolgo subito). Dal testo
"Dicono che quando si cambia città si cambia vita. Io ho cambiato città talmente tante volte che oramai non ricordo più la mia città natale. Guardo fuori dal finestrino annoiata il paesaggio che cambia velocemente. dissi assonnata. mi disse la mamma girandosi leggermente e abbassando il volume della radio che da tre ore rompeva il silenzio tra me e i miei genitori"
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Nuova città

Dicono che quando si cambia città si cambia vita. Io ho cambiato città talmente tante volte che oramai non ricordo più la mia città natale. Guardo fuori dal finestrino annoiata il paesaggio che cambia velocemente.  <> dissi assonnata. <> mi disse la mamma girandosi leggermente e abbassando il volume della radio che da tre ore rompeva il silenzio tra me e i miei genitori. Non ho mai imparato il nome di quella minuscola città , forse non l’ho mai voluto imparare perché sapevo che l’avrei dimenticato comunque. Sapevo solo che era in provincia di Palermo. Sospirai stanca e mi accasciai sullo schienale sedile chiudendo gli occhi <> avevamo appena lasciato Parigi solo per trasferirci in quella città che non aveva nemmeno un nome per me. Sentii la macchina fermarsi e aprii gli occhi. Fuori dal finestrino la casa piccola a due piani si confondeva con il resto della via. La vernice rosa salmone e le finestre contornate di bianco le davano un aspetto carino e accogliente. Presi la mia borsa colorata e scesi dall’auto. Per circa una mezz’oretta non facemmo altro che scaricare bagagli. Anche da dentro la casa era carina, piccola, ma carina. Entrai per prima,come sempre: esplorare le case nuove e arredare al meglio la mia stanza era la cosa che preferivo di più del trasferimento. Appena entrata mi ritrovai in un piccolo corridoio di parquet lucido, davanti a me una grande scala in legno, a destra il salone, a sinistra una porta scorrevole chiusa. Mi avventurai per il grande salone: sul fondo della stanza c’erano finestre altissime che andavano dal soffitto bianco al pavimento, filtrando tutta la calda luce del sole. Davanti a me un divano rosso di pelle rivolto verso la parete destra fissava una grande televisione al plasma, dietro di esso si estendeva la parete lattea a cui era appoggiata solo una libreria di legno chiaro. Uscii correndo e aprii la porta scorrevole: dava sulla sala da pranzo, anch’essa grande, con un tavolo in legno al centro e in fondo la cucina, con una finestra per illuminare la stanza nei giorni soleggiati. Corsi ancora fuori e salii le scale velocemente <> mi sgridò la mamma, ma i non la ascoltavo, non volevo mi rovinasse quel dolce momento. Al piano di sopra si estendeva un altro piccolo corridoio, con quattro stanze: una di quelle doveva essere la mia camera. Aprii la prima porta esclamando <>, ma era il bagno. Rimasi comunque ammaliata nel vedere quella stanza piastrellata di azzurro chiaro con la vasca da bagno in fondo. Chiusi subito la porta e mi girai di spalle alla stanza, rivolta verso la porta opposta. Corsi veloce e esclamai ancora <> ma era la stanza dei miei genitori. Non la guardai nemmeno, chiusi la porta e aprii velocemente quella accanto. Un altro fallimento: era lo stanzino. Rimaneva una sola porta. Mi girai lentamente con gli occhi che brillavano. Aspettai un po’, poi corsi come un fulmine ad aprire la porta. Non potevo credere ai miei occhi. Era una grande stanza con due finestre lucide in fondo contornate da tende rosa antico, sotto le quali c’era il letto con coperte leggere dello stesso colore, con qualche cuscino bianco. Al lato c’era una scrivania beige e tre mensole agganciate al muro bianco, e sull’altra parete una libreria in legno e un armadio. Credo che stessi sorridendo da tanto tempo, perché le guance mi facevano male. Lanciai la borsa sul pavimento e mi buttai sul letto. Era cos’ morbido, sembrava di stare sulle nuvole. <>. Mi alzai dal letto, presi le mie valigie e sistemai tutta la mia roba. Aprii l’armadio e sistemai tutti i vestiti e le scarpe accanto al’armadio. Riempii la libreria di libri, CD, foto e piccoli accessori raccolti qua e là e cose di scuola. Sulla scrivania misi i miei album, i carboncini, i colori a tempera e i pennelli. Sono una che ama disegnare e dipingere. Dalla borsa tirai fuori il computer, il telefono e il caricatore. Buttai tutto sul letto e scesi in salone: dopo tre giorni di viaggio avevo voglia di guardare un po’ di televisione. Mi lanciai sul divano e accesi la tv su MTV. La mamma si avvicinò al divano e mi fissò <>  <> la interruppi io <<… Ma dovresti andare al supermercato qui vicino per comprare qualcosa da mangiare per sta sera>> continuò leggermente irritata. Io sbuffai e mi alzai, salii in camera e presi borsa e telefono, poi riscesi e mi feci dare i soldi e la lista delle cose da comprare. Uscii di casa e mi incamminai, cercando di trovare il supermercato. La strada della via non era asfaltata, ma era lastricata.  Non passavano quasi mai macchine, ma spesso vedevo persone in bici o che passeggiavano. Si giravano tutti verso di me, probabilmente perché non mi avevano mai vista in quel piccolo paesino. Non ci badai. Dopo poco trovai un super market aperto e ci entrai. Lessi la lista:
-2 cartoni di latte, cereali, biscotti e caffè
-3 confezioni di uova e insalata
-sale  zucchero e olio
-4 confezioni di acqua e 3 pacchi di pasta a scelta tua

Arrivata alla pasta, ricontrollai la lista e notai che mancava una cosa fin troppo importante: la coca cola! Presi il primo pacco da sei bottiglie e andai alla cassa. La ragazza mi squadrò mentre passava i prodotti alla cassa: dai capelli neri lunghi, passando per la maglia larga bianca con il giacchetto di jeans e i pantaloncini azzurri, fino alle converse bianche. <> mi chiese mentre faceva lo scontrino <> risposi. <> continuò lei <> lei rise un po’ <> mi diede le buste e io la salutai. Era simpatica, e io non potei fare a meno di sorridere. Per strada mi fermai a pensare <> un brivido mi percosse la schiena.
  
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