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Autore: padme83    21/02/2014    23 recensioni
Personalissima rivisitazione degli accadimenti dell'ep. 24 - Una fuga misteriosa.
Dal testo: "Sei qui. Sei venuto a salvarmi. Come sempre. Mi hai sentito, vero? Hai sentito il mio richiamo, e sei corso da me. Sì, come sempre. Come sempre."
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Jeanne Valois, Nicholas De La Motte, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sei il mio artiglio nel mondo, in questo mondo che avanza senza cambi di stagione.
(Margaret Mazzantini - Non Ti Muovere)

 

 

Ma che piacevole situazione in cui ritrovarsi.

Sinceramente, non so come mi vengano certe idee.

Cos’è che non fai altro che ripetermi da sempre, André?

Ah, sì. Pensa almeno cinquanta volte a quello che stai per fare prima di metterlo in atto. Non che io sia solita ignorare i tuoi consigli, ma questa non è sicuramente una delle occasioni in cui li ho seguiti.

Ma cosa credevo?

Che entrando da sola nella tana del lupo avrei avuto qualche possibilità di ammansirlo? Che sarei riuscita a farlo ragionare? Peccato che il lupo in questione si chiamasse Jeanne Valois De La Motte. La donna che da sola ha sfidato la casa reale di Francia, che ne ha quasi messo in ginocchio la regina; la donna che, pur sapendosi ormai condannata, non ha chinato il capo neppure un solo istante davanti ai suoi giudici e carnefici, ma ha lottato fino all’ultimo pur di mantenere ciò che di più caro aveva al mondo, la sua libertà.

Davvero pensavo che questa donna avrebbe accettato di parlarmi e eventualmente scendere a patti con me? Perché mai avrebbe dovuto? Cosa sono io per lei, cosa rappresento? Niente. Per lei sono solo un’estranea, una figura oscura che si muove all’ombra delle loro Maestà, talmente lontana dal suo mondo e dal suo modo di concepirlo e agire in esso, che anche in condizioni normali non riusciremmo ad avere tra noi una discussione sensata, ma ci limiteremmo a barcollare in precario equilibrio su due rette equidistanti e parallele destinate a non incontrarsi mai. Per di più – fatto direi assolutamente non trascurabile, anche se a questo punto sono costretta ad ammettere di non averlo preso nella debita considerazione – io sono l’ufficiale incaricato di darle la caccia e di riportarla là dove è evidente che non vuole tornare, ovvero il carcere della Conciergerie. Belle premesse, per intavolare un negoziato. Brava Oscar, questa volta hai superato te stessa, ti faccio i miei più sinceri complimenti.

Perché adesso sei tu quella che rischia di non andare più da nessuna parte.

Nicholas: altro elemento trascurato. Il grande, grosso, nerboruto Nicholas, che ora ti stringe le sue enormi mani intorno al collo, e cerca di ucciderti. Possibile che tu non l’abbia capito? Eppure è abbastanza evidente. Questi due saranno anche in trappola – secondo una tua confutabile valutazione personale, tra l’altro – ma non è gente disposta a lasciarsi abbattere nemmeno dalla mancanza di vie d’uscita; sono coraggiosi, spregiudicati, senza scrupoli e, quel che più di tutto conta, sono disperati. Non si tireranno indietro davanti a niente, perché al punto in cui sono arrivati niente hanno da perdere, ma, anzi, tutto da guadagnare. E la tua vita, cara il mio Colonnello, non rientra certo nelle loro previsioni attive di bilancio.

Ed è così che, per la tua mania di voler dimostrare al mondo intero di sapertela cavare da sola sempre e in ogni occasione, dopo aver dato ordini ai tuoi bravi soldatini di non avvicinarsi al convento senza un tuo preciso segnale, sulle fredde pietre di quello stesso convento ti ritrovi ad emettere quello che potrebbe essere il tuo ultimo respiro - schiacciata dal peso e dalla forza di un uomo il cui solo scopo in questo momento è quello di annientarti, facendo espiare a te, quale degna rappresentante (la donna vestita da uomo amica intima della Regina austriaca, poteva sperare di meglio?) tutte quelle che secondo lui sono le colpe della classe sociale che lo ha portato a compiere ciò che ha compiuto.

André André André

M’è bastato uno sguardo prima di entrare per capire che non la consideravi una buona idea, quella di incontrare Jeanne tutta da sola. Allora perché non mi hai fermata?

Perché hai la massima fiducia in me e nelle mie capacità, in primo luogo (oh, caro!), e, inoltre, perché non avresti mai voluto sminuire la mia autorità davanti ai miei uomini, mettendoti a contraddire un ordine che proveniva da chi, in teoria, ai loro occhi dovrebbe esercitare su di te – un servo - quasi un diritto di vita e di morte.

L’assurdità di questo ultimo pensiero mi fa venire la nausea; o forse è il fatto che ormai Nicholas sta riuscendo nel suo intento a provocarmi questo dolore sordo e diffuso in tutto il corpo?

André André

La gola brucia straziata nella morsa ferrea del mio aguzzino, e ormai sento che le forze mi abbandonano, la lucidità viene meno (o forse se n’è già andata da tempo?) la mia bocca riarsa cerca disperata una boccata di ossigeno, non voglio arrendermi, non può, non deve finire così, Andrè non mi perdonerà mai se stavolta ci rimetto la pelle… André… André…

All’improvviso, sento il corpo liberato dalla forza bruta che lo opprime, e la gola... ah la gola, oddio che sollievo, posso respirare! Bolle di ossigeno vivificante mi gorgogliano dentro alle vene, aria, mio Dio, aria! Aria buona, pura, tanta…

Troppa! L’esofago, fino a poco fa stretto nella micidiale presa di Nicola, non è ancora in grado di accogliere tutta questa dirompente forza salvifica, e la rimanda indietro, contro la mia volontà che è invece quella di trattenerla il più possibile. Tossisco convulsamente per un tempo che mi sembra non finire mai, e penso che no, non sono ancora in salvo, c’è puzza di fumo ora, hanno appiccato un incendio, qui fra poco sarà un inferno di fiamme, e io non sono in grado nemmeno di alzare la testa dal pavimento… La polvere da sparo! Mio Dio, ho visto dei sacchi di polvere da sparo quando sono entrata! Non appena il fuoco li raggiungerà, di questo posto, e di me, non rimarranno che briciole, e forse neanche quelle…

Un calore che nulla ha a che vedere col fuoco, ma che è altrettanto intenso, se non di più, mi avvolge la schiena, mi attira a sé, e d’un tratto sono sollevata da terra, avvinghiata alla salvezza che mi sta trasportando fuori da questa trappola tenendomi stretta tra due braccia forti, marmoree, braccia che mi fanno volare al di là del portone d’ingresso e poi giù, lungo il pendio, verso la vallata, le tue braccia…

André…

Sei qui. Sei venuto a salvarmi. Come sempre. Mi hai sentito, vero? Hai sentito il mio richiamo, e sei corso da me. Sì, come sempre. Come sempre.

Una detonazione assordante interrompe la nostra fuga, correndo perdi l’equilibrio e cadiamo entrambi rovinosamente a terra. Strano, l’impatto con il suolo duro che mi aspettavo non arriva, anzi atterro sul morbido. Sul tuo petto, per la precisione. Sento il tuo cuore battere accanto al mio orecchio mentre aggiungo mentalmente anche questa tua squisita cortesia alla lista infinita di cose di cui già ti devo ringraziare questa sera.

Il boato continua a sfregiare il silenzio della notte, il convento sta esplodendo in migliaia di frammenti che ci cadono addosso come proiettili; ancora, mi spingi di lato e mi fai scudo con il tuo corpo contro questa pioggia di pietra; siamo talmente vicini che sento il tuo respiro sulla mia guancia sinistra, e la tua voce, la voce che più di ogni altra ho agognato di sentire questa sera, - Stai tranquilla, siamo ormai abbastanza lontani dal convento, qui non ci raggiungono che piccoli detriti - mi penetra fin nelle viscere fino a che non mi sento finalmente al sicuro. Non posso fare a meno di avvicinarmi ancora di più a te, affondo il viso nella tua spalla e mi lascio cingere completamente. Sprofondata nel tuo abbraccio, mentre il mondo al di là delle mie palpebre serrate sembra andare in milioni di pezzi, cerco di calmare il tremore che mi ha colto dentro a quel maledetto convento e che ancora mi scuote da capo a piedi. Vorrei che questa deflagrazione andasse avanti per sempre, per poter rimanere all’infinito avvolta in questa meravigliosa sensazione di calma e sicurezza, senza dover per forza rendere conto a nessuno – nello specifico ai miei soldati – del fatto che il loro comandante si ritrovi sull’erba avviluppata in questo modo al suo ‘attendente’.

Sì, per me il mondo potrebbe veramente frantumarsi sotto di noi in questo momento, e non ne rimarrei per niente turbata.

Basta che mi conceda di restare tra le tue braccia, André, e mi lascerei frantumare serenamente insieme a lui.

 

Ma a questo mondo niente si frantuma, a parte le illusioni, e prima ancora che possa rendermi conto di essere davvero fuori pericolo, il rumore tutto attorno a noi si affievolisce, e il rimbombo della polvere da sparo viene sostituito dal crepitio del fuoco e dalle urla dei miei uomini, che si incitano a vicenda nel tentativo di domare l’incendio che ora divora quel che resta del convento.

Tengo ancora gli occhi serrati e non accenno a staccarmi da te, ma ormai i soldati ci stanno raggiungendo, in men che non si dica saranno intorno a noi; delicatamente ti liberi dal mio abbraccio e ti discosti da me quel tanto che basta per metterti seduto.

Ah! Il dolore, lancinante, mi percorre il corpo là dove poco fa sentivo il tocco caldo del tuo, come se allontanandoti mi avessi strappato la carne viva dalle ossa, lasciandomi mutilata e sanguinante sull’erba. Un nodo di lacrime mi serra la gola ancora bruciante e un singulto soffocato mi esce dalle labbra, mentre un rivolo di acqua salata mi scava la guance. In un attimo sei di nuovo accanto a me.

- Oscar, cosa c’è, ti senti male? - mi chiedi con un tono la cui apparente calma lascia tuttavia trapelare il reale stato d’ansia in cui ti trovi.

Cerco di articolare la parola ‘acqua’ - ne sento il disperato bisogno per lenire il calor bianco che mi sta devastando la gola - ma la mia bocca riesce a produrre solo un suono inarticolato, prima che io sia presa da un nuovo accesso di tosse incontrollabile. All’improvviso mi rendo conto di quanto il colletto della divisa mi stringa il collo e mi impedisca di tornare a respirare normalmente, e con le mani cerco di aprirlo, quasi strappandomelo di dosso tanto è pressante, urgente, il mio bisogno di aria. La lotta contro i lacci di questo accidenti di indumento subisce una repentina svolta nel momento in cui anche tu scendi in campo a darmi man forte, e in pochi secondi le tue mani mi liberano da questo opprimente fardello; non solo, le sento che si avventurano decise anche più sotto, a sciogliere il nastro che mi tiene chiusa la camicia, finché la mia gola non è finalmente libera da ogni costrizione.

Brividi, che niente però hanno a che fare con la crisi respiratoria che non accenna a darmi tregua, corrono lungo la schiena e invadono ogni mia singola estremità, cosicché sono colta da un capogiro, tanto profonde sono le percezioni, sia fisiche che emotive, a cui il mio cervello (o è il cuore?) è chiamato a stare dietro nello spazio di pochi attimi. Per fortuna sono ancora sdraiata a terra.

Cercando con un enorme sforzo di recuperare lucidità, mi concentro sul ritmico abbassarsi ed alzarsi del mio petto, fino a quando non sono sicura di aver inalato abbastanza ossigeno da permettermi di pronunciare un paio di sillabe.

- Ac-qu-a - tento di dire ancora, questa volta con maggiore successo. Almeno così credo, visto che sei immediatamente corso via, dirigendoti verso la macchia di alberi dove abbiamo lasciato i cavalli.

Torni dopo qualche istante, meno male, stavo già per avere un’altra crisi di panico quando ho visto che ti attardavi, ma adesso sei qui, e, sollevatami delicatamente la testa con una mano, con l’altra mi porgi la borraccia dell’acqua. Una deliziosa freschezza mi scorre giù per la gola, e piano piano va a irrorare parti di me che neanche sapevo di avere, ma che adesso ne hanno più che mai un disperato bisogno.

Nel frattempo l’incendio comincia ad arretrare, ma i miei soldati continuano a sfrecciarci vicino, rischiando di inciamparci addosso correndo avanti e indietro.

- Ti dispiace se evito di farci calpestare? Ne abbiamo già prese abbastanza, stasera. - dichiari con il tono di chi non ammette repliche, quello che di solito usi quando ti ritrovi a dovermi tirare fuori dai pasticci.

Senza aspettare un mio eventuale cenno di assenso, ti alzi in piedi; contemporaneamente, mi sollevi di nuovo tra le braccia, senza alcuno sforzo, e cominci a dirigerti verso la macchia dove poco fa hai preso la borraccia con l’acqua dalle bisacce dei cavalli.

Sento i pezzi di me che pensavo ti fossi portato via tornare al loro posto, e un benefico balsamo va a lenire le ferite infertemi dalle migliaia di pugnali che mi hanno trafitto quando, poco fa, ti sei staccato da me; non posso fare a meno di lasciarmi sfuggire un grato sospiro di sollievo. Per evitare che possa succedere di nuovo, ti circondo il collo con le braccia (facilitandoti in questo modo anche il compito di trasportarmi) e affondo il viso nei tuoi capelli, che sanno di fumo, di legno e di sandalo, un profumo che mi è familiare quanto, e forse più, del mio.

Prova adesso a liberarti da questa presa ferrea, se ci riesci.

 




NOTA DELL'AUTRICE (ahahahahahahahha, che ridere):
.... ed eccomi qui! Dopo anni di silenziosa presenza su questo sito, mi sono decisa ad essere finalmente più attiva. Questa è la prima ff che pubblico su EFP, siate tranquillamente brutali. Mi rendo conto di essere forse caduta un po' troppo nell' OOC, domando umilmente perdono! Sono completamente neofita per quanto riguarda i meccanismi interni di questo sito, per cui perdonate se per i primi giorni sarò completamente impedita riguardo ad eventuali risposte ad eventuali commenti o ad altre situazioni più prettamente 'tecniche'. Ringrazio sin d'ora chiunque mi voglia lasciare un qualsiasi segno della sua presenza, sarà molto apprezzato, ve lo assicuro. :Kissssssss :)

 

 

 

 

 

 

   
 
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