Pretty
good.
Avvicina ancora la tazza alle labbra.
Il caffè era ancora bollente, e si è scottato la
lingua.
È perfettamente in grado di nasconderlo, però. Si
concede appena una piccola smorfia: ne ha viste ben di peggiori,
rispetto ad una brodaglia un po’ troppo calda. Poggia la
bevanda sul legno pregiato della sua scrivania, poco lontano dal
vassoio con cui Petra glielo ha servito. I suoi occhi color caramello
lo scrutano, preoccupata.
«Che c’è?» le chiede, seccato.
Sembra coglierla di sorpresa: sussulta, arrossisce.
«N–... niente, Caporale», borbotta.
Levi cerca i suoi occhi, ma non li trova: lei sta accuratamente
evitando il suo sguardo. Si tortura le mani, accarezzandosi
freneticamente il dorso e le dita.
Rinuncia nella sua impresa e se ne torna alle sue carte; vuole finire
di revisionare le relazioni al più presto.
Ora, il caffè sembra essersi freddato. Riprende la tazza e
si concede un sorso: è tiepido e amaro, come piace a lui.
Aspetta qualche secondo prima di buttarlo giù, lascia che
gli accarezzi il palato e dia sollievo alla lingua ustionata.
«Pensavo...» Esita, Petra.
«Mh?»
«Pensavo non le piacesse il mio caffè,
Caporale.»
La squadra: ha le dita intrecciate dietro la schiena e la testa
è volta verso la parete alla sua destra. I suoi occhi
brillano di curiosità, di quella che ti brucia dentro, ma
che forse non vuoi soddisfare del tutto.
«E perché lo pensi?»
Petra si gira di scatto, rossa fino alla punta dei capelli. Il
Caporale, però, è tornato alle sue carte, e
sembra esaminarle con premurosa attenzione.
Inspira, si fa coraggio: «La sua espressione»,
dice. «Sembrava... disgustato.»
Non risponde. Non la guarda neppure. Gli occhi rivolti ai documenti,
Petra non è neanche sicura che gli abbia prestato ascolto.
È indecisa, se andarsene o restare ancora. Vorrebbe dire
qualcosa, spezzare il silenzio. Non sa proprio come fare.
Azzarda un passo verso la porta alle sue spalle. «Caporale,
io...»
«È buono.»
Si ferma. Gli occhi azzurri di lui ora sono fissi nei suoi; arrossisce,
ma non distoglie lo sguardo. Qualcosa, in quelle iridi, sembra essersi
spezzato: ora non sembrano esprimere quella durezza che le caratterizza
per la maggior parte del tempo. Il Caporal Maggiore Rivaille adesso non
sembra altro che un uomo stanco dopo una lunga giornata di lavoro.
«Come?»
«Il tuo caffè» dice, pacato.
«È buono.»
Se Petra credeva di non arrossire più di quanto non avesse
già fatto, evidentemente si sbagliava. Lui è
ancora col capo chino sui fogli, e lei riesce a sciogliersi.
«Davvero, Caporale?»
«Non vedo perché dovrei mentirti, Petra.»
Cerca il suo sguardo, e lei lo lascia fare. Lascia che le iridi
s’incatenino, che lui indaghi, anche se solo per un attimo,
nell’ambra dei suoi occhi.
Sorride, Petra, dolcemente; con le guance ancora arrossate e gli occhi
ridenti, è davvero bellissima.
«Sono felice» dice solo; ma lo è, lo
è davvero.
L’angolino
di Umiko.
Oh, be’. Salve.
Ebbene sì, un’altra Rivetra. Linciatemi pure,
sarebbe legittimo.
Diciamo pure che ne ho già un’altra in archivio,
quindi state pronti.
Ho sempre paura di mettere mano alla tastiera quando ho sotto il naso
un personaggio come Levi: non poterlo far sorridere, o fargli dire
frasine sdolcinate mi disorienta parecchio. Spero di non averlo
sconvolto troppo.
Quindi... magari fatemi sapere con una recensione.
Anche piccola, eh. Mica sono allergica.
Alla prossima!
Chu.